🎧 Violenza di genere: a Pisa apre primo sportello interuniversitario. Intervista alla Casa della donna di Pisa

Pisa – Allo sportello si potrà accedere su appuntamento, sarà gratuito e senza obbligo di denuncia.

Apre a Pisa lo sportello interuniversitario contro la violenza di genere su impulso dei tre atenei cittadini ed è il primo in Toscana in ambito universitario e il primo in Italia creato per iniziativa congiunta di più istituzioni accademiche. Un luogo fisico, ma segreto, al quale si potrà accedere previo appuntamento.

Il servizio, che è stato inaugurato oggi 8 giugno 2022, sarà gestito dalla Casa della donna. Lo sportello, gratuito e senza obbligo di denuncia, è disposizione per chi studia, fa ricerca, insegna e lavora nei tre atenei pisani. Chiunque abbia subito atti di discriminazione e violenza di genere o comunque legati alla propria identità sessuale, anche in luoghi diversi da quelli universitari, vi si potrà rivolgere. Lo sportello offre, sia in italiano che in inglese, un servizio di ascolto, assistenza, informazione sui diritti, indirizzando, in caso di bisogni particolari o di maggiore complessità, verso strutture, associazioni, istituzioni socio-sanitarie o giudiziarie del territorio.

“Nel 2021, 27 donne che studiano e lavorano nelle università cittadine – ha detto Giovanna Zitiello della Casa della donna – si sono rivolte ai nostri centri d’ascolto e nel primo semestre 2022 siano già a 16 casi. Sono numeri che dimostrano quanto sia necessario un servizio del genere rivolto a una comunità di oltre 60mila persone” tra studenti e personale docente e non. Per il rettore dell’Università di Pisa Paolo Mancarella lo sportello “rappresenta una presa di posizione chiara e nasce dalla nostra ferma volontà di dire basta alla violenza di genere”.

Il servizio, ha aggiunto Sabina Nuti, rettrice della Scuola Sant’Anna, “testimonia la volontà dei tre atenei pisani di incidere attivamente su questa problematica molto più presente nella vita quotidiana dei nostri studenti di quanto si creda”. Secondo il direttore della Normale Luigi Ambrosio “avvalendosi operativamente della Casa della Donna, garantisce professionalità collaudate nel gestire problematiche così delicate”.

🎧 Pisa: Mobilitazione contro allontanamento forzoso di un bambino di 8 anni dalla madre

Una sentenza di allontanamento che rimanda ancora una volta la sindrome di alienazione parentale (PAS) considerata incostituzionale dalla Procura della Cassazione

Un bambino di 8 anni, affidato congiuntamente ai due genitori ed in custodia alla madre, è oggetto di provvedimento del Tribunale di Pisa che ha decretato un improvviso allontanamento dalla madre con spostamento immediato e forzato del bambino dalla Toscana alla Sicilia, dove risiede il padre e dove il bambino non ha mai abitato.
La presidente del Tribunale di Pisa, Maria Giuliana Civinini, ha ordinato di prelevare il minore ove si trovi, anche a scuola, con l’assistenza delle forze di sicurezza. Tutto ciò perché, nel gennaio 2020, dopo ben 32 visite protette, il piccolo si è rifiutato di incontrare il padre. Di fronte a quel rifiuto il Tribunale di Pisa dispone il ‘collocamento’ forzato dal padre “quale ultimo tentativo di ricostruzione della bigenitorialità”.
Le associazioni locali come MaternaMente e la Casa della donna Pisa si sono mobilitate per denunciare l’accaduto. “Ci stiamo occupando da tanti anni di questi problemi e non ripariamo ogni giorno riceviamo una chiamata di una donna disperata”, spiega Paola Pieri dell’organizzazione MaternalMente, “Stiamo cercando di dare voce a questa madre che si è barricata in casa perché c’è una sentenza con cui il figlio di 8 anni viene affidato al padre dopo che ha vissuto tutta la vita con la madre. Nei tribunali abbiamo la famosa legge 54 relativa alla bigenitoralità anche nei casi in cui i padri sono violenti. Anche in questo caso ci sono state delle denunce che sono scomparse, che sono state archiviate”.
Le attiviste hanno scritto anche una lettera alla ministra della giustizia Marta Cartabia. “Chiediamo che vengano mandati gli ispettori nei tribunali, che venga fatta chiarezza perché il tribunale civile e penale sono separati nelle cause. Quando una donna denuncia una violenza il tribunale civile va per conto suo e non tiene conto delle denunce. Chiediamo che la Pas (sindrome di alienazione parentale) venga eliminata”, conclude Pieri.
La sentenza di Pisa come altre, tra cui quella di Laura Massaro, nasconde l’uso della sindrome di alienazione parentale, un pseudo-teoria è già stata censurata sia dalla Corte di Cassazione sia dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali e infine dalla Organizzazione Mondiale della Sanità che l’ha considerata una mera strategia giudiziaria; in Italia più di recente è stata considerata incostituzionale dalla Procura della Cassazione.

 

Sgombero Limonaia Pisa, Casa della donna: atto grave e ingiustificato

L’associazione Casa della donna di Pisa esprime solidarietà e sostegno al collettivo femminista Limonaia – Zona Rosa che lo scorso 26 gennaio le forze dell’ordine hanno sgomberato dall’edificio di vicolo dei Ruschi.

L’edificio, di proprietà della Provincia di Pisa, era da molti anni in stato di abbandono ma, sottolinea la Casa della donna, grazie all’attività svolta dal collettivo Limonaia – Zona Rosa è tornato a nuova vita diventando un luogo di iniziativa femminista con importanti attività e servizi per le donne e per la città: dallo sportello su diritti e salute ai corsi di italiano, dai percorsi di supporto all’interruzione di gravidanza alla distribuzione di generi di prima necessità alle famiglie in difficoltà a causa della pandemia. La Limonaia – Zona Rosa, come tutti i luoghi delle donne, sottolineano le attiviste della Casa della donna, è un bene pubblico, un bene quindi da salvaguardare e sostenere, non da chiudere. “I luoghi delle donne non si chiudono”, dichiarano.

La Casa della donna esprime, inoltre, forte preoccupazione per il clima che si respira in città. Lo sgombero ingiustificato della Limonaia segue, infatti, di pochi giorni – osservano dall’associazione – la chiusura di un altro luogo fondamentale per la città, il Teatro Rossi Aperto.

“Siamo molto preoccupate per ciò che sta accadendo in città”, afferma Carla Pochini, presidente della Casa della donna. “Dopo la chiusura senza nessuna spiegazione del Teatro Rossi Aperto, di cui abbiamo sottoscritto l’appello per la riapertura, si è deciso di sgomberare la Limonaia e chiudere uno spazio femminista con un atto di forza e, ancora una volta, senza nessuna interlocuzione e confronto. Un atto che ci appare molto grave oltre che ingiustificato, soprattutto in un periodo come questo segnato da un’emergenza sanitaria senza precedenti e una profonda crisi economica-sociale che, è bene ricordarlo, sta colpendo duramente proprio le donne. Lo sgombero ci pare l’ennesima prova di miopia e incapacità ad ascoltare e offrire risposte ai bisogni della città, in particolare delle donne.

Sappiamo che il presidente della Provincia di Pisa, ente proprietario della Limonaia, ha dichiarato di non avere richiesto nessun sgombero e di non essere stato informato prima dell’intervento della polizia e ciò aumenta la nostra contrarietà e preoccupazione. Sappiamo anche – continua Pochini – che il presidente Angori si sta muovendo per aprire un confronto con le donne del collettivo Limonaia – Zona Rosa. Invitiamo vivamente il presidente Angori a trovare una soluzione condivisa che permetta al collettivo femminista di riprendere quanto prima le proprie attività. È inaccettabile che si chiuda un prezioso spazio di donne per le donne, oltretutto in un edificio di proprietà pubblica, che offre socialità e servizi. Ed è ancora più inaccettabile che lo si chiuda con la forza, senza spiegazioni, senza informare l’ente pubblico proprietario e, soprattutto, senza la possibilità di confronto e di alternative. Compito delle istituzioni – conclude Pochini – è trovare soluzioni che vadano incontro e non contro cittadine e cittadini”.

Violenza sulle donne e pandemia: a Pisa record di chiamate al centro antiviolenza nel 2020

intervista di Chiara Brilli a Giovanna Zitiello

Casa della donna, “un anno terribile per le donne: 1.296 telefonate, 409 le donne che hanno chiesto aiuto. Mai un numero così alto e oltre la metà delle donne ha chiamato nel post lockdown, con un picco tra giugno e luglio”

In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, l’associazione Casa della donna ha presentato in diretta Facebook, i dati relativi all’attività del centro antiviolenza nel 2020. “Un anno terribile per le donne”, lo hanno definito Giovanna Zitiello, coordinatrice del centro antiviolenza della Casa della donna, e Francesca Pidone, coordinatrice del Telefono Donna.

“Nel 2020 abbiamo registrato un aumento senza precedenti delle telefonate al centro antiviolenza”. Dal 1 gennaio al 15 novembre il Telefono Donna, la linea di ascolto e accoglienza del centro antiviolenza pisano (che risponde al numero 050 561628), ha ricevuto 1.296 telefonate, un record rispetto al 2019 (1.149) e agli anni precedenti. L’aumento delle chiamate si registra soprattutto con l’inizio dell’emergenza coronavirus, con un picco tra giugno e luglio. A telefonare sono state 409 donne (363 nel 2019), un numero mai toccato fino ad oggi. Ben 312 hanno contattato il Telefono Donna per la prima volta e per 220 donne sono stati attivati percorsi di uscita dalla violenza.

Secondo la coordinatrice del centro antiviolenza pisano Giovanna Zitiello, il forte aumento delle telefonate e delle donne che si sono rivolte alla linea di ascolto è strettamente connesso alla pandemia. “A marzo e aprile, in piena emergenza, ci hanno contattate 55 donne, un numero alto ma è soprattutto dalla fine del lockdown che abbiamo registrato un aumento importante delle richieste di aiuto”, sottolinea Zitiello.Da maggio ad oggi ci hanno contattate 207 donne su un totale di 409, con una media di 30 donne al mese e con un picco tra giugno e luglio. Un aumento che non deve affatto sorprenderci. La fine dell’isolamento domestico – continua Zitiello – ha comportato un allentamento dell’enorme controllo e pressione a cui erano sottoposte le donne tra marzo e aprile. In molte hanno detto che ci chiamavano perché non volevano più vivere i maltrattamenti, gli abusi che avevano vissuto durante il lockdown. Ciò che avevano subito in quei mesi era stato terribile. Così da maggio, non più costrette a casa, più libere di muoversi e pensare, hanno trovato la forza di chiamarci. Avere consapevolezza della violenza a cui si è sottoposte – afferma Zitiello – è il primo passo per uscirne. E per compiere quel passo ci vuole tanta forza e coraggio, soprattutto durante un’emergenza di questa portata, che non può che amplificare la paura di non farcela, l’ansia per il futuro, il senso di precarietà. Ecco perché i dati che presentiamo oggi non sono ‘solo numeri’ e non ci parlano solo di violenza: raccontano anche la grande forza delle donne, la loro capacità di reagire e ricominciare una nuova vita”.

A chiamare il Telefono Donna sono soprattutto donne tra 30 e 49 anni, in continuità con gli anni precedenti, ma c’è una tendenza all’aumento per la fascia d’età 18-29 anni. Oltre il 74% è italiana e nel 49,6% dei casi sono donne con figli/e. La maggioranza lavora, è sposata/convivente oppure separata/divorziata. Rispetto alla tipologia di violenze, le donne subiscono soprattutto violenze di tipo psicologico (82,8%) e fisico (54,2%), seguono la violenza economica (17,1%) e lo stalking (6,3%).

La gran parte dichiara di essere venuta a conoscenza del centro antiviolenza attraverso internet e mass media, a seguire il passaparola di amiche e familiari. “È la prima volta – sottolinea Francesca Pidone, coordinatrice del Telefono Donna – che il primo canale di informazione risulta essere internet e mass media. Fino ad oggi, infatti, era il passaparola. Anche questo ci appare un effetto della pandemia: non solo in questi mesi le donne, come tutti, hanno trascorso più tempo online e ascoltando radio e tv, ma su media, web e social sono aumentate le campagne di informazione, anche da parte del nostro centro antiviolenza, e questo ha senz’altro aiutato, ha spinto più donne a chiedere aiuto”.

Rispetto alla provenienza geografica, delle 409 donne che nel 2020 hanno contattato il centro antiviolenza della Casa della donna, 200 sono residenti nei comuni della zona pisana, il resto abita in Toscana o fuori regione. In particolare, per la zona pisana, i numeri più alti si segnalano a Pisa, Cascina, San Giuliano Terme, Calci.

E chi sono i maltrattanti? Anche i dati di quest’anno confermano un profilo ormai noto da tempo: si tratta soprattutto di uomini tra 30 e 49 anni, nel 70% dei casi di nazionalità italiana, in gran parte occupati, partner o ex partner. “Tuttavia – precisa Francesca Pidone – rispetto agli anni passati, nel 2020 abbiamo notato un aumento lieve (3%) ma significativo di donne che hanno subito violenza dai familiari (12%), come padri o fratelli. Si tratta di un altro effetto della pandemia e della vita obbligata tra le mura domestiche”.

Come nel 2019 rimane contenuto il numero di donne che denuncia la violenza, ovvero il 24%. Il dato, però, risulta superiore alla media nazionale del 14% e negli anni registra un costante, seppur contenuto, aumento. Nel 2018 era infatti il 22%.

“C’è poi un altro dato che fa riflettere, strettamente connesso all’isolamento domiciliare imposto dalla pandemia, sottolinea Francesca Pidone. “Tra le donne che ci hanno chiesto aiuto in questi mesi di emergenza, ben 32 hanno espressamente chiesto di poter entrare nella nostra casa rifugio, perché sentivano forte e urgente il bisogno di allontanarsi dal proprio domicilio. Nel 2019 sono state 20. Quindi nel 2020, anche per effetto del lockdown, è aumentato il numero di donne che si è sentita in pericolo in casa propria e che avvertiva la necessità di trasferirsi in un luogo sicuro. Un dato preoccupante – osserva Pidone – ma che rappresenta anche una spia importante della consapevolezza acquisita dalle donne che subiscono violenza domestica. Il fatto che le donne si rendano conto per tempo di essere in pericolo e che, nonostante le difficoltà dovute all’emergenza, siano capaci di chiedere aiuto per allontanarsi dal maltrattante contribuisce a ridurre il numero di femminicidi. Nel 2020 in Italia si sono verificati 59 femminicidi, di cui 16 solo tra marzo e maggio. Senza il lavoro dei centri antiviolenza e delle case rifugio –  conclude – questo numero sarebbe certo più alto”.

‘Casa della Donna’ non diffamò l’ex assessore, querela archiviata

Pisa, nessun intento diffamatorio ma legittima critica da parte dell’associazione femminista Casa della Donna. nei confronti dell’ex assessore alla cultura del Comune di Pisa, Andrea Buscemi.

Lo ha stabilito, rende noto l’associazione femminista, il gip di Pisa che nei giorni scorsi “ha notificato l’archiviazione della querela che nel 2019 Buscemi aveva presentato contro Carla Pochini, presidente della Casa della Donna, ed Elisabetta Vanni, attivista della stessa associazione e promotrice della petizione online che, con oltre 45 mila adesioni, chiedeva le sue dimissioni da assessore alla cultura del Comune di Pisa perché colpevole di stalking nei confronti della ex compagna, Patrizia Pagliarone”.

Secondo il legale di Elisabetta Vanni, Ezio Menzione, “il gip ha accolto le nostre argomentazioni dichiarando che non c’era l’intento di diffamare ma vi era solo una legittima critica e quest’ultima è una precisazione importante perché il giudice che ha disposto l’archiviazione non si è fermato alle questioni formali ma ha affrontato, seppur brevemente, la sussistenza o meno della diffamazione”.

La Casa della donna è un’associazione femminista e di promozione sociale, senza scopo di lucro, fondata a Pisa nel 1996 ma attiva nella sede di via Galli Tassi fin dal 1990. È sostenuta dal lavoro volontario delle socie, aperta a tutte le donne senza distinzione di età, orientamento sessuale o religioso, stato sociale o provenienza geografica.

Alla Casa è attivo un centro antiviolenza (con casa rifugio) ed una biblioteca di genere, organizziamo corsi di formazione, incontri, laboratori e ogni tipo di iniziativa, culturale e politica, che favorisca la conoscenza e la valorizzazione delle donne, la promozione dei diritti e la lotta alle discriminazioni e alla violenza di genere.

La Casa fa parte della rete Non Una di Meno Pisa, della rete Educare alle Differenze Pisa, del coordinamento toscano dei centri antiviolenza Tosca e della rete nazionale dei centri antiviolenza Dire.

Casa della Donna di Pisa, riapre i battenti

Pisa, la Casa della donna riapre la sua sede in via Galli Tassi dopo oltre due mesi di chiusura. Con il lockdown, infatti, tutte le attività erano state sospese ad eccezione del centro antiviolenza, il cui servizio di ascolto e accoglienza ha ricevuto in questi ultimi due mesi ben 207 chiamate.

Da ieri, lunedì 18 maggio, sono di nuovo attive la segreteria e la biblioteca della Casa della Donna, che hanno riaperto al pubblico in sicurezza e nel rispetto delle misure anti-contagio.

Non solo, per offrire un aiuto concreto alle donne che, a causa del lockdown e della crisi innescata dalla pandemia, sono in situazioni di grande difficoltà economica la Casa della donna ha lanciato anche la campagna di crowdfunding “Nessuna da sola” sulla piattaforma Eppela.

Grazie al sostegno dell’azienda farmaceutica Msd ogni donazione verrà raddoppiata e permetterà di aiutare almeno 10 donne seguite dai servizi dell’associazione o in uscita dalla casa rifugio. Si tratta soprattutto di donne sole con figli e figlie, donne senza lavoro o precarie, donne migranti, donne con vissuti di violenza. Donne la cui vita è stata resa ancora più difficile dall’emergenza coronavirus.

“Dopo un gran lavoro per mettere in sicurezza la nostra Casa, finalmente riapriamo”, dichiara Carla Pochini, presidente della Casa della donna. “Abbiamo predisposto tutto ciò che le norme e il buon senso suggeriscono per garantire il distanziamento sociale. In particolare, per la biblioteca abbiamo previsto il servizio di prestito su appuntamento e anche una quarantena di 10 giorni per i libri che vengono restituiti. Riapriamo senza però dimenticare che la ripresa sarà lunga e difficile per molte donne. Ecco perché – continua Pochini – abbiamo deciso di lanciare anche la campagna di crowdfunding Nessuna da sola. Vogliamo offrire un aiuto concreto alle donne che, a causa di questa emergenza, vivono situazioni di grande precarietà. Questa emergenza, infatti, rischia di far pagare alle donne un prezzo altissimo in termine di lavoro, autonomia economica e sicurezza sociale”.

Grazie al denaro che verrà raccolto e raddoppiato dall’azienda Msd, la Casa della donna conta di offrire ad almeno 10 donne in difficoltà un contributo per pagare l’affitto e le utenze domestiche, acquistare vestiti, pannolini e materiale didattico per i figli. Per saperne di più e donare con carta di credito, prepagata e PostePay basta visitare il sito http://www.eppela.com/nessunadasola

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