IL CAFFE’ SCORRETTO 5 ottobre 2020 – La Toscana non si Lega. Ma si maschera.

La rubrica va in onda tutte le mattine alle 8.10 nella trasmissione 30 Minuti su Controradio. Per leggere ed ascoltare tutti i ‘caffè’ vai QUI

La Toscana non si Lega ma  a quanto pare si maschera. E non è un bell’inizio per il nuovo governatorato. diciamola tutta. Soprattutto nella terra della scienza, della civiltà e della tolleranza. Al momento non esiste nessuna evidenza scientifica che l’uso indiscriminato del mascherine porti un qualche reale beneficio. Anzi sappiamo che, In Spagna, in Francia e ovunque siano state imposte  anche all’aperto, non hanno prodotto risultati apprezzabili.  Invece  i Paesi che hanno scelto altre strade, puntando sulla consapevolezza dei cittadini, hanno avuto risultati di gran lunga migliori. Basti pensare, senza citare il caso  controverso della Svezia, a Paesi come  la Norvegia, la Danimarca, la Germania, la Svizzera, per stare solo agli esempi più eclatanti.

Lo stesso Crisanti, non certo un negazionista anzi, interrogato sul punto dall’Hufflington Post sostiene che il provvedimento serva essenzialmente solo ‘per tenere desta l’attenzione’. Una connotazione etica del ruolo dello Stato che lascia di stucco, ricordandoci  pessimi periodi della nostra Storia. in pratica serve perché, lasciati a sé stessi, i cittadini non saprebbero comportarsi. Uno stato d’eccezione preventivo, come quello che si rinnoverà fino al prossimo 31 gennaio. Un’emergenza senza emergenza, che alimenta emergenza. Per altro,  nel Paese che, a detta dello stesso Governo,  se la sta cavando meglio a livello continentale. E allora? Le regole ci sono già: si porta nei locali chiusi aperti al pubblico,  quando non si può tenere le distanze, in presenza di assembramenti.

A cosa serve una mascherina camminando a debita distanza, magari isolati? A niente evidentemente. Se non ad alimentare una tensione continua, un’immagine di pericolo costante, di cui francamente non abbiamo bisogno. Certe cose lasciamole a ducetti su di giri  che hanno fatto del terrorismo la loro fortuna. In Toscana,  non abbiamo alcun  bisogno di assecondare l’oscurantismo populista. Il coronavirus si sconfigge con la consapevolezza e la scienza, non con la creduloneria e l’asservimento.

DG

IL CAFFE’ SCORRETTO – 2 OTTOBRE 2020: Io non sono un virologo  (ma la ASL di Reggio Emilia sì)

Il caffè scorretto di Domenico Guarino- venerdì 2 ottobre 2020

La rubrica va in onda tutte le mattine alle 8.10 nella trasmissione 30 Minuti su Controradio. Per leggere ed ascoltare tutti i ‘caffè’ vai QUI

In questi  giorni stiamo raccontando spesso storie che hanno a che fare con la questione dei tamponi, soprattutto  nelle scuole. Tamponi che se non vengono regolati con coscienziosità e buon senso rischiano, come già sta accadendo, di cacciare tutti in un collo di bottiglia, impallando il sistema, e generando un mare di analisi inutili. Soprattutto per la scuola, dicevamo, in quanto gli effetti che lì si generano hanno  a cascata una ricaduta per l’intera società;  perché un bambino si tira dietro  un’intera famiglia immobilizzata nell’attesa dell’esito, senza contare lo stress e l’ansia che tale attesa comporta.  Storie kafkiane se non veri e propri gironi infernali che bloccano classi intere, o interi  istituti, per giorni  o settimane. 

Proviamo allora ad immaginare un metodo diverso. Ad esempio che non si proceda con l’allontanamento di bambini o ragazzi con semplice rinite, naso rosso o tosse,  a meno che non abbiano anche febbre o difficoltà respiratorie.

Che il mal di testa per essere considerato un sintomo covid sia persistente, e non giustificato. 

Che il vomito o la diarrea siano  ritenuti sospetti se sono ripetuti e non sporadici, che  in ogni caso vadano  inquadrati nella valutazione complessiva del soggetto.

Che la certificazione pediatrica per il rientro non sia   prevista anche a seguito di assenza per più giorni a meno che il soggetto non abbia in corso tampone per sospetto di covid. 

Sento già l’obiezione: ma che ne sai tu che non sei un esperto! Ed infatti. io non lo so.

Però l’azienda Sanitaria di Reggio Emilia sì. Ed infatti quello che vi ho illustrato a Reggio Emilia  è già prassi dal 10 settembre. 

Ah, magari si potrebbe aggiungere che  pediatra faccia la sua parte valutando i decorsi, e  non facendo fare tamponi a tappeto. Ma, come detto, non sono un virologo. Solo uno che cerca di usare, e consigliare,  il buonsenso.

 

DG

lL CAFFE’ SCORRETTO – 1 ottobre 2020: L’AZOTO E IL VIRUS DELLA COMUNICAZIONE

Il caffè scorretto di Domenico Guarino – 1 ottobre 2020

La rubrica va in onda tutte le mattine alle 8.10 nella trasmissione 30 Minuti su Controradio. Per leggere ed ascoltare tutti i ‘caffè’ vai QUI

Secondo Legambiente ogni anno a Milano muoiono circa 600 persone solo a causa del biossido d’azoto emesso dai diesel fuori norma. La notizia è stata diffusa ieri ma ne trovate pochissima traccia sui quotidiani e nei notiziari. Eppure si tratta di una cifra considerevole, che si riferisce per altro ad uno solo degli inquinanti che quotidianamente respiriamo. La notizia fa il pari con gli studi, sempre più numerosi, che mettono in rapporto lo smog prodotto dalle combustioni in ambito urbano ed extraurbano, con la diffusione del virus. Secondo il principio della ‘massima cautela’ spesso indicato per giustificare le decisioni restrittive di governo e regioni, ed ancor più in ossequio del dogma chimerico di ‘rischio zero’ , da questi dati dovremmo aspettarci che ci sia un immediato blocco del traffico veicolare in tutte le zone dove il concentrato mefitico di azoto, pm10 ed altri inquinanti determini picchi di mortalità così alti. Invece nessuno, né le amministrazioni, né il governo, né noi stessi, ci sogniamo di farlo. Perché? Eppure una vittima di inquinamento non ha meno dignità di una vittima del coronavirus. Anzi spesso le due cose si sovrappongono, per cui è difficile capire chi abbia innescato l’esito fatale: il virus o tutto quello che ha contribuito a rendere fragile l’organismo della persona deceduta. Non lo facciamo semplicemente perché sappiamo che non è possibile. Che bloccando la circolazione ammazzeremmo l’economia e la società. Questo perché il criterio di ‘massima precauzione’ si connette sempre, automaticamente, ad una valutazione più ampia costruita sull’analisi dei costi e dei benefici. Se non fosse così l’umanità non sarebbe mai uscita dalle caverne. E’lo stesso criterio che stiamo usando per la lotta al corronavirus? Non sembra. E una delle ragioni è che ogni giorno veniamo martellati su contagi, ricoveri, e tamponi covid, ma nessuno ci parla delle vittime dell’azoto o delle pm10 o di altri inquinanti che infatti tutti continuiamo più o meno tranquillamente a produrre ed inalare.

IL CAFFE’ SCORRETTO 30 settembre 2020: DIGINITA’, NON CARITA’

Il caffè scorretto di Domenico Guarino- mercoledì 30 settembre 2020

La rubrica va in onda tutte le mattine alle 8.10 nella trasmissione 30 Minuti su Controradio. Per leggere ed ascoltare tutti i ‘caffè’ vai QUI

Cancellare il Reddito di Cittadinanza. Mentre ancora centinaia di migliaia di lavoratori aspettano di ricevere la cassa integrazione e in attesa di sapere quanto crescerà la disoccupazione a fronte di un crollo del Pil pari ad almeno il 9%, con un deficit al 10 ed un debito pubblico al 158, come da nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza svelata ieri, la gran cassa mediatico-politico-imprenditoriale torna all’attacco di uno strumento che non ha mai digerito, bollandolo come pessimo assistenzailismo.
Motivo: non ha funzionato, lo hanno preso anche i mafiosi e i delinquenti, disincentiva la ricerca di lavoro. E uno si chiede: ma quale lavoro, se non sappiamo nemmeno come recuperare i contratti a termine non rinnovati durante il lock down e siamo in attesa di capire cosa accadrà dopo la fine del blocco dei licenziamenti atteso per il 31 ottobre? Quel lavoro sottopagato, ricattabile, insicuro, che, anche grazie al reddito di cittadinanza qualcuno ha potuto rifiutare? E cosa dire allora degli incentivi alle imprese che sono andate anche a chi non ha avuto cali di fatturato? O della cassa integrazione percepita da chi ha continuato a lavorare, magari al nero? Aboliamo anche questi?
Se cancellassimo ogni strumento di welfare o forma di contribuzione pubblica semplicemente perché qualcuno ha fatto il furbo, non ne rimarrebbe uno in piedi. Soprattutto in un Paese dove il tasso di evasione fiscale è a livelli stratosferici come il nostro.
Alla fine l’impressione è che, come spesso accade, si voglia far pagare ai più deboli il prezzo delle inefficienze del sistema, facendo passare il messaggio che si tratti di una regalia immeritata e non, come è nella stragrande maggioranza dei casi, di uno strumento di dignità per ampie fette di popolazione di un Paese dove gli squilibri economici sono sempre più marcati. Una colpevolizzazione dei poveri, che fa il pari con la colpevolizzazione dei cittadini per coprire le inefficienze del sistema sanitario messo a drammatica prova dalla pandemia. Insomma, se il futuro post covid parte così, c’è poco da stare allegri.
DG

IL CAFFE’ SCORRETTO, martedì 29 settembre – QUEI VUOTI TRA I BANCHI CHE NESSUNO VUOLE VEDERE

L’editoriale di oggi Domenico Guarino. La rubrica va in onda tutte le mattine alle 8.10 nella trasmissione 30 Minuti su Controradio. Per leggere ed ascoltare tutti i ‘caffè’ vai QUI
Centinaia di bambini di origine cinese sottratti all’obbligo scolastico. Accade tra Prato e Firenze e la cosa non sembra fare scandalo. Anzi, a quanto ci raccontano, in alcune scuole addirittura genitori ed insegnanti ‘autoctoni’ tirano un sospiro di sollievo: “meglio, stiamo i più larghi” hanno pensato in molti e qualcuno lo ha anche detto apertamente. Ci piacerebbe sapere cosa dicono invece le istituzioni competenti.
Se cioè è possibile tollerare in nome che per motivi non meglio precisati, anche se tutti sanno quali sono, venga permesso di violare in maniera così palese e scriteriata una legge fondamentale dello Stato italiano, pregiudicando il futuro di un’intera generazione.
Accettare questa situazione significherebbe infatti due cose. Che la comunità cinese ha ragione a non fidarsi della situazione sanitaria delle nostre scuole (e allora verrebbe da chiedersi perché gli altri dovrebbero farlo). Che in nome di una mal intesa ‘integrazione’ si finisce per ammettere il principio di invalidazione delle leggi e della costituzione italiana. Con la conseguenza di alimentare da una parte la tensione sociale già altissima intorno alla scuola ed alla circolazione del covid, e di legittimare, sia pur involontariamente, una visione distorta della comunità cinese come di un gruppo avulso dal consesso civile.
Cosa gravissima in sé, che, paradossalmente, rende ancora più profondo quel fossato che negli anni un lavoro politIco, amministrativo e culturale intelligente aveva via via teso a colmare.
DG

IL CAFFE’ SCORRETTO 28 settembre 2020: UNA FORMALITA’, O UNA QUESTIONE DI QUALITA’?

L’editoriale di oggi Domenico Guarino. La rubrica va in onda tutte le mattine alle 8.10 nella trasmissione 30 Minuti su Controradio. Per leggere ed ascoltare tutti i ‘caffè’ vai QUI

 

E’ una questione di qualità o una formalità, non ricordo più bene. Così cantavano i CCCP la bellezza di 34 anni fa, incapaci di decidere se stare bene o stare male (o non saper come stare). Erano anni in cui si sgretolavano certezze epocali; da lì a poco il Muro sarebbe crollato, e con Berlino unita sarebbe nata una nuova Europa ed un nuovo mondo, lasciando interdetti i più. La canzone mi è tornata in mente pensando al caso che ha travolto il presidente dell’INPS Pasquale Tridico. Perché alla fine il tema è proprio quello: il rapporto tra la quantità e la qualità. 150 mila euro all’anno sono pochi o troppi? Al netto della tempistica, non certo felicissima, la risposta non può che essere: dipende! In assoluto per una responsabilità così pesante sarebbero anche pochi, considerato che un normale consigliere regionale prende più o meno la stessa cifra, mentre i dirigenti dello stesso ente ne guadagnano addirittura il doppio, così come i presidenti delle varie authority di stato: dall’agcom al garante della privacy a quello della concorrenza. Per non parlare delle partecipate, a livello centrale e locale. La questione riguarda anche la capacità attrattiva della pubblica amministrazione: se vogliamo uno Stato forte, capace, all’altezza delle sfide che ci attendono, non possiamo pretendere che gli stipendi siano da fame, come nel caso di molti sindaci, o comunque poco concorrenziali con i rispettivi ambiti privati. Quindi 150mila euro sono pochi se si lavora bene, sono troppi se si lavora male. Molto semplice. La differenza la dovrebbe fare come sempre la selezione ed il controllo. Solo che in tempi di populismo trasversale, da una parte si chiede più Stato, dall’altra si vorrebbe uno Stato povero, dequalificato ed incapace di stare sul mercato delle professionalità. In questa età di mezzo, Tridico è dunque vittima dunque proprio di quei partiti che lo hanno nominato. E che ora, paradosso dei paradossi, lo attaccano.

DG

Exit mobile version