IL CAFFE’ SCORRETTO 13 ottobre 2020 – Un altro Giro di giostra

La rubrica a cura di Domenico Guarino  va in onda tutte le mattine alle 8.10 nella trasmissione 30 Minuti su Controradio. Per leggere ed ascoltare tutti i ‘caffè’ vai QUI

E così, tutto sembra tornare al punto di partenza. tra la popolazione civile,  decine di risoluzioni ONU, migliaia di  progetti umanitari.  La storia torna al punto di partenza, e sembra una resa, un deja vu.  Un tragico  scherzo beffardo,  O se preferite, un nuovo  buco nero.

Il conto che arriva sul tavolo dell’Occidente distratto. 

Dopo quasi vent’anni di guerra, in Afghanistan i  talebani sentono di essere vicini alla vittoria ed escono allo scoperto con la parata simbolica che ha accompagnato il governatore ombra della provincia di Logar, nell’Est del Paese, che ora vuole tornare al potere dopo il ritiro americano, che secondo un tweet di Donald Trump sarà completato entro Natale. Del resto l’accordo siglato a Doha nello scorso febbraio parla chiaro: i talebani torneranno ad essere la spina dorsale del Paese.

In realtà, dal controllo del Paese -in maniera diretta ed indiretta attraverso la diplomazia o le bombe- i talebani , quelli del Burka e della segregazione femminile, quelli di al Queda, e del terrorismo sanguinario, quelli della lotta iconoclasta e dell’-islam più radicale, al governo hanno sempre partecipato. Nonostante la farsa messa in piedi dall’Occidente.

Dopo 20 anni, la strategia delle ‘guerre per esportare la democrazia’ (così erano chiamate), finisce dunque  miseramente, lasciando conflitti irrisolti e dubbi sul futuro. Cosa prenderà il posto del vuoto che si è cerato (in Afghanistan, come Siria, come nei Paesi delle cosiddette primavere Arabe, a partire dalla Libia?) E’ ancora presto da vedere. Comunque si volta pagina. Oggi, in epoca covid, anche  la questione dei diritti umani, in nome dei quali siamo stato chiamati alla armi sembra perdere senso. Altre priorità. Altra guerra. Altro giro di giostra. Con un’unica certezza: la guerra i problemi non li risolve mai. E molto spesso li complica.

 

DG

IL CAFFE’ SCORRETTO 12 ottobre 2020 – Firenze: il Museo che non c’è e il coraggio delle scelte

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Prende corpo nel dibattito politico e culturale l’idea di ‘allargare’ gli Uffizi, collegandoli alle Ville Medicee, in un percorso teso a spalmare l’offerta museale e di conseguenza i flussi turistici, diversificando le proposte  in vista di quando, tra qualche mese o qualche anno, i visitatori torneranno copiosi ad affollare Firenze. Un’idea giusta, che va nel senso di quello che avevamo detto qualche giorno fa: il futuro non può essere la riproposizione pedissequa di quanto accaduto finora, con il quadrilatero d’oro tra Duomo, Palazzo  Vecchio ed Uffizi assediato quotidianamente da milioni di turisti,  e poi il resto semivuoto.

Bene dunque puntare sulla Villa Medicea di Careggi per un polo che unisca l’arte e la ricerca medico-scientifica. Ma si potrebbe e si può fare di più. Ad esempio  trovando finalmente il coraggio di riunire le straordinarie collezioni  che sono nella pancia dell’università di Firenze, dando forma ad un grande e  moderno museo della scienza e della tecnologia di livello internazionale, multimediale, allestito in collaborazione col polo scientifico di Sesto Fiorentino, e  accompagnato da un percorso attraverso le arti visive.

Il Rinascimento fu esattamente questo: un fiorire di studi interconnessi dove i letterati erano anche, spesso, uomini di scienza. Ecco allora che si potrebbero riunire i meravigliosi erbari della facoltà di botanica, con le collezioni litologiche e mineralogiche,   con i fossili del museo di paleontologia. E poi gli straordinari reperti  del museo di Antropologia di via del Proconsolo, solo per dirne alcune.

Tutte collezioni che per valore storico museale non hanno nulla da invidiare rispetto ai più importanti musei scientifici del mondo. Magari collegando il tutto con le collezioni del Museo della Specola. Un polo museale che faccia parte di un percorso ben identificato e ben raggiungibile, con servizi dedicati e specifici pacchetti promozione. Un progetto di cui parlammo per la prima volta una ventina di anni fa. Ma, per dirla con uno slogan che ebbe un discreto successo qualche tempo addietro,  se non ora, quando?

IL CAFFE’ SCORRETTO 9 ottobre 2020 – “Combattere il cambiamento climatico? Non ha più senso!”

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“Abbattere l’aumento delle temperature è oramai impossibile nel breve termine, dovremmo smettere di concentrare tutte le nostre energie su una battaglia già persa e concentrarci su altre battaglie più realistiche” Nel giorno in cui i ragazzi di Fridays for Future tornano in piazza per la prima manifestazione post lock down, fanno indubbiamente scalpore le parole di Jonathan Franzen, giornalista e scrittore pluripremiato. Nel suo ultimo saggio, “E se smettessimo di fingere” Franzen sostiene che trent’anni di lotta contro il riscaldamento globale non sono serviti a niente, e che adesso è troppo tardi per evitare un aumento destabilizzante della temperatura globale. “Sperare di poter evitare la catastrofe climatica è ammirevole” dice l’autore di Freedom e Purity (colo per citare gli ultimi best sellers- ) “ma la scienza ci mostra che questo genere di speranza è ormai irrealistica. Non significa che la lotta alle emissioni di CO 2 vada abbandonata, ma è altrettanto importante prepararsi ai numerosi shock che verranno”. Insomma: realismo contro chimere. Perché dice Fraznen “finché continueremo a fingere di essere in grado di “risolvere” il problema del clima, correrremo il rischio di trascurare minacce più immediate all’ambiente e all’ordine sociale».
Quindi? Quindi dovremmo concentraci su altri obiettivi che sono oggi altrettanto importanti ma anche più raggiungibili. Come ad esempio agire sulla crisi globale nella sfera della biodiversità, elaborare strategie per combattere gli incendi devastanti, agire sull’efficienza energetica delle abitazioni, bloccare la deforestazione o la distruzione delle zone di pesca”. Tutte cose complicate ma “ sempre molto più facili che arrivare a zero emissioni di carbonio a livello globale” . “Il clima merita di essere centrale” sottolinea Franzen “Ma è ormai tempo di includere nel dibattito l’inevitabilità delle catastrofi: dobbiamo insomma parlare di più di come prepararci ad affrontarle e meno di una battaglia persa. Anche perché raggiungere o meno il traguardo di emissioni zero in un Paese europeo nel 2030 non avrà nessun effetto apprezzabile sul mondo del 2070».
E il green new deal di cui tanto si parla? Se ci si concentra solo sui trasporti non ha senso, sostiene Franzen che cita l’esempio della sua California: lì è in programma la costruzione di una linea ferroviaria ad alta velocità tra San Francisco e Los Angeles da decine di miliardi di dollari. “Ma ora come ora, -dice lo scrittore – quelle decine di miliardi di dollari andrebbero investite nella gestione degli incendi e nell’edilizia urbana”.
“Abbiamo provato per 30 anni a usare i sensi di colpa e le paure per motivare l’opinione pubblica a intraprendere serie iniziative sul clima, ma la gente ha continuato a comportarsi come sempre: guidare grosse auto, costruire grandi case, comprare prodotti cinesi a buon mercato: è ora di cambiare strategia” conclude Franzen.
DG

IL CAFFE’ SCORRETTO 8 ottobre 2020 – La storia del Mammuth, delle due bambine, e dell’uomo comune

Il CAFFE’ SCORRETTO giovedì 8 ottobre 2020

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Potrebbe riportare in vita i mammut, copiando i geni dei pachidermi estinti e incollandoli nel Dna degli elefanti. Intanto nel 2018 ha portato ai primi esseri umani ogm: due bambine nate in Cina con il Dna modificato mentre erano embrioni. Nel mezzo un universo infinito di possibilità. perché, per dirla con Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna “solo l’immaginazione può porre limiti alle applicazioni di Crispr”. Charpentier e Douduna sono le due ricercatrici che ieri hanno vinto il Nobel per la chimica, mentre Crispr è sostanzialmente una sorta di “taglia e cuci del Dna”. Va detto che lo scienziato dell’intervento sulle due bambine He Jiankui, è stato condannato a tre anni di prigione. Ma lo scenario che si apre con Crispr pone alcuni temi non più eludibili in un momento in cui la scienza e la tecnologia stanno facendo progressi mai visti, in tempi così brevi, che stargli dietro diventa addirittura impossibile per l’uomo comune. Ed il tema è proprio questo: cos’è , cosa sarà, l’uomo comune nel prossimo futuro? Tutto quello che abbiamo conosciuto sta cambiando velocissimamente sotto i nostri occhi (si pensi alla vicenda covid). Le impalcature (culturali, sociali, economiche, istituzionali, democratiche, psicologiche) su cui finora si è retta la nostra vita, rischiano di franare all’improvviso. Sappiamo che le applicazioni delle scienze hanno in moltissimi casi migliorato la nostra vita, in tanti altri l’hanno complicata se non addirittura messa a rischio: si pensi alle questioni legate al riscaldamento globale, o al nucleare, o alle controverse vicende degli ogm e della clonazione.
E allora? Allora servirebbe un vero dibattito democratico che coinvolga la comunità scientifica e che crei un ponte tra il presente ed il futuro. Partendo da una domanda che oggi si pone con una forza mai vista prima: che umanità stiamo costruendo? Servirebbe dunque una politica che cominci a parlare di questo, per evitare che siano gli interessi economici a guidare il processo. Una politica cioè che guardi in maniera ambiziosa al suo stesso futuro. Ed insieme una società che capisca il tema della posta in gioco. Purtroppo al momento appare difficile scorgerle all’orizzonte. Quindi per ora, complimenti a Charpentier e Douduna. E che Dio ce la mandi buona.
DG

Il CAFFE’ SCORRETTO 7 ottobre 2020 – Covid: il salto nel buio

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Il lockdown fu una misura di ‘cupa disperazione’. Ad affermarlo non è un negazionista dell’ultima ora, ma il professor Walter Ricciardi, consulente del ministro della salute e docente di igiene alla Cattolica; ovvero uno dei punti di riferimento della strategia governativa in questi mesi. Il passaggio è contenuto in un articolo scientifico firmato dallo dello stesso Ricciardi il 2 aprile scorso e contenuto in un rapporto dell’OMS. Non solo, in quell’articolo, Ricciardi metteva nero su bianco come fosse ““difficile predire gli effetti delle decisioni come il lockdown sull’andamento della pandemia”. “Per esempio -sosteneva il consulente del ministero- non si sa se l’attuazione di un lockdown conduca a una situazione in cui molte persone possono infettare gli altri e potrebbe portare le persone a passare più tempo in stretto contatto con gli anziani e con coloro che sono più vulnerabili” cose per altro tutte verificatesi. ”Allo stesso modo -continuava Ricciardi- non è dato sapere se una nuova ondata epidemica possa riemergere quando vengano rimosse le misure di isolamento”.
E ancora, il consulente del ministero, si chiede se “ lo stress e il panico di una crisi pubblica che porta a gravi disordini e all’isolamento possano avere aumentato la vulnerabilità degli anziani e delle persone fragili rispetto a un virus respiratorio”.
Insomma, il lockdown fu un salto nel buio. Una sorta di esperimento sulla pelle viva del Paese, reso necessario, afferma sempre Ricciardi, dal fatto che in Italia non sarebbe stato possibile mettere in campo la strategia di tracciamento attraverso test e tamponi che era stata vincente a Vo Euganeo e prima ancora in Corea del Sud. Già, ma perché era impossibile? Perché, afferma il consulente del ministero, “non eravamo pronti”, mancava tutto, a partire dai tamponi e dai reagenti. E allora la domanda è: come mai non eravamo pronti dopo che da gennaio si inseguivano le notizie di polmoniti atipiche e mortali in Cina? Dopo che il virus era già stato isolato e denominato? Chi doveva provvedere ad elaborare tempestivamente una strategia e non lo fece? Perché anche le indicazioni contenute nel vecchio piano pandemico, poi secretato, ovvero l’approvigionamento di DPI, la creazione di percorsi differenziati negli ospedali, l’attenzione ai luoghi sensibili come le RSA, non furono implementate nelle settimane precedenti al lock down? Domande a cui la procura di Bergamo, nel silenzio pressoché totale dei media sta tentando di rispondere. Anche per evitare altri salti nel buio. Anche per rendere omaggio alle 36 mila vittime.
DG

Il CAFFE’ SCORRETTO 6 ottobre 2020 – Politica: la lezione dei ballottaggi

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L’alleanza tra Pd e Movimento 5 Stelle comincia mettere radici politiche. Nata come cartello parlamentare  sulle ceneri del Papeete , si è via via strutturata,  trasferendosi, come i ballottaggi dimostrano, sul piano dei territori. Segno che la scommessa di Franceschini, più che di Renzi o Zingaretti, era stata lungimirante. Il patto giallorosso conquista Pomigliano, Matera, Termini Imerese, e mette lo zampino anche nella vittoria di Cascina. Piccole piazze,  certo. Ma ora la partita si sposta sulle grandi città, a partire da Roma e Torino Del resto, conti alla mano, Movimento Cinque Stelle più PD  rappresentano ben oltre la maggioranza dell’elettorato e possono diventare competitivi anche in piazza finora appannaggio esclusivo del centrodestra.

Certo ci sarebbe da fare  un ulteriore pezzo di strada, il Movimento andrebbe incontro ad un’inevitabile spaccatura, con Di Battista leader degli scissionisti; ma il percorso a questo punto appare più che segnato. Sotto l’egida di Conte e la sapiente regia di Mattarella. Renzi non ha i numeri per far saltare il banco e, come dimostrato dalle amministrative, deve casomai porsi il problema del significato di un’operazione politica, quella di Italia Viva che al momento l’elettorato non sembra aver digerito . Al punto che qualcuno già pensa ad un dietrofront con tanto  di rientro nel Partito Democratico. Un ulteriore collante dovrebbe arrivare dalla pioggia di miliardi attesi con il Recovery Found.  Insomma, se tutto andrà come sembra, il Movimento nato per dar corpo al rifiuto della politica tradizionale, si trasformerà in una forza di stabilizzazione del quadro politico. Un’evoluzione positiva indubbiamente. A dimostrazione del fatto che governare è diverso da protestare. Una lezione che forse anche la sinistra cosiddetta radicale dovrebbe cominciare ad apprendere. Pena la condanna alla definitiva marginalizzazione. 

DG

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