Nuovo incendio a Levane (Ar), azienda Lem in fiamme

Un incendio si è sviluppato in un’azienda a Levane (Arezzo), vicino ai fabbricati industriali completamente distrutti dal rogo il 2 aprile scorso.

Operazioni di spegnimento molto difficili a Levane nel comune di Bucine (Arezzo) dell’incendio che ha distrutto il capannone della Lem, azienda specializzata in finiture metalliche. Il rogo, scoppiato nella tarda serata di ieri quando nell’azienda non c’era nessuno, ha provocato danni ingenti. Nessuno è rimasto ferito.

Sul posto vigili del fuoco da Arezzo e Firenze che stanno ancora lavorando per bonificare l’area, già colpita il 2 aprile scorso fa da un altro incendio che ha devastato lo stabilimento Valentino shoes.

Le operazioni di spegnimento si sono rivelate pericolose per la presenza nel capannone di prodotti utilizzati per la lavorazione galvanica. Il fuoco ha aggredito sia la parte interna che quella esterna del fabbricato.

Sul posto sono accorsi il responsabile dell’azienda, diversi dipendenti e il sindaco di Bucine Nicola Benini che ha spiegato: “Questo incendio non è una conseguenza di quello che ha distrutto giorni fa l’azienda Valentino. Sono senza parole”. Sul posto anche i carabinieri che insieme ai vigili del fuoco dovranno far chiaro sull’accaduto. L’incendio presenta molte analogie con quello dello stabilimento bruciato giovedì scorso e per il quale sono in corso indagini definite dagli investigatori molto complicate.

Una settimana fa andò distrutta  gran parte dello stabilimento “Valentino”, compreso il reparto produttivo. Le operazioni di spegnimento avevano  visto impegnati anche venerdì scorso, uomini del comando di Arezzo e dei distaccamenti di Montevarchi, Cortona, Bibbiena e Pratovecchio. In supporto al personale dei vigili del fuoco di Arezzo anche uomini e mezzi provenienti dal Comando di Firenze e dai distaccamenti di Figline Valdarno e Firenze Ovest.

Le fiamme, sviluppatesi poco dopo la mezzanotte nel capannone, per cause ancora da accertare da parte dei vigili del fuoco e dei carabinieri di San Giovanni Valdarno, hanno distrutto l’azienda e il materiale in pelle, nonché i macchinari contenuti all’interno. Data l’ora, non c’erano dipendenti all’interno della struttura, e nessuna persona è rimasta coinvolta. L’incendio ha attaccato anche tre fabbriche vicine ma è stato bloccato da 15 squadre dei vigili del fuoco, prima che le fiamme interessassero una ditta con forni per la galvanica. Sul posto per tutto il giorno i vigili del fuoco per bonificare la zona che è stata
posta sotto sequestro.

Chiede aiuto via mail, Carabinieri liberano giovane segregata famiglia

E’ riuscita a chiedere aiuto inviando una mail ai carabinieri che hanno liberato la giovane segregata in casa

La giovane, come spiega dall’Arma in una nota, sarebbe stata tenuta segregata in casa dalla famiglia per impedirle di frequentare il fidanzato a causa della diversa fede religiosa. Tutto è accaduto lo scorso fine settimana in provincia di Arezzo. Alla giovane, di origine straniera come il fidanzato, vent’anni circa, era stato tolto il cellulare e poteva uscire di rado e ‘scortata’. Per inviare la mail avrebbe approfittato dell’uso del pc consentitole per la dad.

Nella mail ai carabinieri, la giovane, da alcuni anni residente nell’Aretino con la famiglia e ora ospite in un centro, si era presentata come “una ragazza pakistana, reclusa in casa dai propri familiari per impedirle di frequentare il proprio fidanzato”, di origine indiana. Avrebbe anche scritto, riferiscono i militari, che se non avesse chiuso la relazione “i suoi parenti erano pronti a riportarla con la forza” in Pakistan o a “usare la violenza nei confronti suoi e del fidanzato, sino addirittura a minacciarli di morte”. A voce la giovane avrebbe poi motivato l’opposizione dei suoi parenti per la diversa fede: lei musulmana, lui indù. I carabinieri si sono così presentati a casa della ragazza e “adducendo un motivo pretestuoso per non far insorgere sospetti nei familiari” l’hanno portata in caserma. Confermato che era lei l’autrice della mail, la giovane avrebbe poi spiegato che “da poco meno di un anno frequentava un ragazzo indiano, poco più grande di lei. Tutto era andato bene fino al momento in cui” la sua famiglia aveva saputo della relazione “disapprovandola nel modo più assoluto a causa della diversa fede religiosa”. Così avrebbero “segregato la giovane in casa, privandola del telefono cellulare e dei documenti d’identità, consentendole di uscire solo laddove assolutamente necessario, e solo accompagnata dai fratelli, al fine di accertarsi che non incontrasse più il fidanzato”. Di fronte poi alla volontà della giovane di proseguire la relazione i familiari sarebbero arrivati “a minacciare esplicitamente di uccidere sia lei che il fidanzato”. Per questo la ragazza avrebbe deciso di rivolgersi ai carabinieri: così, approfittando dei momenti in cui la famiglia le lasciava utilizzare il computer per la dad, avrebbe creato una casella di posta elettronica e inviato la mail ai militari. Quest’ultimi stanno svolgendo ulteriori indagini “per approfondire i contorni della vicenda, e definire con esattezza le responsabilità dei singoli familiari”.

Morti Archivio Stato Arezzo: gup,a processo 11 persone per omicidio colposo

Due indagati archiviati. Processo verte su manutenzione impianto Archivio Stato Arezzo

Per i due impiegati che morirono all’Archivio di Stato di Arezzo, il tribunale ha deciso 11 rinvii a giudizio con l’accusa di omicidio colposo plurimo. Il processo per la morte di Filippo Bagni e Piero Bruni, i due dipendenti dell’Archivio deceduti per esalazioni di gas argon, inizierà il 7 luglio. La decisione è stata presa dal gup Claudio Lara questa mattina, al termine dell’udienza preliminare. Due, tra gli indagati, le posizioni archiviate per le quali il giudice ha rigettato la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla pm Laura Taddei non ritenendo vi fossero profili di responsabilità. Andranno invece a processo, di fronte al giudice Giorgio Margheri, anche il direttore dell’Archivio Claudio Saviotti e l’ex direttrice Antonella D’Agostino.

Tra gli imputati figurano anche incaricati delle ditte di manutenzione alternatesi per la cura dell’impianto. Il processo si svolgerà con rito ordinario. La tragedia accadde il 20 settembre del 2018. Filippo Bagni e Piero Bruni accorsero per verificare come mai stesse suonando l’allarme antincendio e, secondo i consulenti dell’accusa, in seguito ad una serie concatenata di eventi legati al malfunzionamento dello stesso impianto, furono vittime di un’uscita di gas argon che tolse loro l’ossigeno facendoli morire in pochi minuti.

Una valvola malfunzionante e la mancanza di sfiatatoi nello sgabuzzino delle bombole sarebbero all’origine dell’incidente accaduto il 20 settembre 2018 all’Archivio di Stato di Arezzo costato la vita a Filippo Bagni, 55 anni e Piero Bruni 59 anni, i due dipendenti accorsi sul posto per verificare come mai suonasse l’allarme antincendio.

Appello bis Martina Rossi: legale ‘Corsa contro prescrizione’

“La prescrizione scatterà ad agosto, o poco oltre, per cui dovremo fare una corsa contro il tempo: avvocato Martina Rossi

“Bisogna assolutamente non arrivare alla prescrizione”. Così l’avvocato Stefano Savi legale dei genitori di Martina Rossi, alla vigilia del processo di appello bis per la morte della 20enne studentessa genovese, deceduta dopo essere precipitata dal balcone di una camera d’albergo a Palma de Maiorca (Spagna) il 3 agosto 2011.

Il 21 gennaio scorso la Cassazione ha ordinato un nuovo appello nei confronti di Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, i due imputati di tentata violenza sessuale di gruppo sulla studentessa. L’appello bis inizierà domani al palazzo di giustizia di Firenze.

In primo grado il tribunale di Arezzo aveva condannato Albertoni e Vanneschi a 6 anni di reclusione ritenendo che Martina fosse precipitata dal balcone della camera dove alloggiavano i due imputati – nello stesso hotel della studentessa genovese – per fuggire a un tentativo di stupro. In appello invece, lo scorso 9 giugno, Albertoni e Vanneschi sono stati assolti dall’accusa di tentata violenza sessuale di gruppo con la formula “perché il fatto non sussiste” mentre è stato dichiarato prescritto il capo di imputazione di morte come conseguenza di altro reato. Lo scorso gennaio la Cassazione, accogliendo il ricorso presentato dalla procura generale di Firenze, ha annullato la sentenza disponendo un nuovo processo.

Una sentenza che arriva a dieci anni dai fatti quando Martina Rossi era in vacanza nell’isola delle Baleari con delle amiche e all’alba del 3 agosto del 2011 di ritorno da una serata in discoteca la ragazza precipitò dal balcone della stanza 609, quella dei due giovani di Castiglion Fibocchi. Dopo le indagini in Spagna, dove la morte fu archiviata come suicidio, i genitori di Martina hanno lottato facendo riaprire il caso. L’inchiesta italiana, avviata a Genova, e’ passata per competenza territoriale ad Arezzo dove si e’ celebrato il primo grado di giudizio con la condanna dei due imputati. Sentenza poi ribaltata a Firenze dai giudici della Corte d’Appello.

Carovana ristoratori e partite iva diretta a Roma, bloccata dalla Polizia

Firenze, un gruppetto composto da addetti del comparto ristorazione da lavoratori a ‘Partita Iva’, circa 54 persone, che cercavano di partecipare alla carovana diretta a Roma per una manifestazione, è stato fatto uscire intorno alle ore 14:00 al casello di Arezzo dell’Autosole.

La carovana, proveniente da Firenze, viaggiava a passo d’uomo e stava creando difficoltà al traffico nel tratto autostradale tra il capoluogo toscano ed Arezzo. Al casello il gruppo è stato controllato dalla polizia stradale e dalla Digos, che hanno preso le generalità.

Altre due persone che avrebbero dovuto prendere parte alla carovana sono state fermate dalla polizia all’altezza del casello di Firenze Impruneta, dove il gruppo si era dato appuntamento per poi partire in direzione Roma. Per entrambe è scattata una multa da 400 euro per violazione delle norme anti Covid, per essersi spostate dal comune di residenza senza un valido motivo.

Ristoratori e Partite Iva toscani avevano già partecipato ad un’iniziativa del genere lo scorso febbraio, qualcuno con i mezzi propri altri con i pullman, quando avevano raggiunto piazza Montecitorio a Roma per partecipare alla manifestazione rilanciata sui social sotto l’hashtag #draghiarriviamo e promossa da Tni-tutela nazionale imprese-ristoratori Toscana, l’associazione che rappresenta 40mila imprese in Italia.

Proprio stamane a Firenze, Tni Horeca Italia, aveva annunciato nuove iniziative di protesta del mondo della ristorazione. “Imprese e famiglie sono sul baratro: in un anno non è cambiato niente, anzi, la situazione è peggiorata – aveva detto Pasquale Naccari, presidente di Tni Horeca Italia – Qualcuno negli ultimi giorni sta chiedendo di riaprire dopo Pasqua, una cosa che condividiamo”.

“Ormai tutti sono sulla stessa linea, distruggere il piccolo e medio imprenditore, a vantaggio delle multinazionali – aveva aggiunto Naccari – il sistema a colori è fallito, serve solo a far chiudere e aprire le attività commerciali, portando gli imprenditori alla disperazione”.

Banca Etruria: difesa imputato rinuncia citare come teste Pierluigi Boschi

La difesa di uno dei 25 imputati ha rinunciato alla sua convocazione come teste del padre della capogruppo di Italia Viva, Pierluigi Boschi

Pierluigi Boschi non era e non sarà in aula ad Arezzo per il processo per la bancarotta di Banca Etruria di cui è stato uno dei vice presidenti: la difesa di uno dei 25 imputati ha rinunciato alla sua convocazione come teste.

Il padre della capogruppo di Italia Viva alla Camera Maria Elena Boschi era stato convocato all’udienza che si sta svolgendo oggi, al palazzo della provincia di Arezzo (che ha offerto i proprio spazi per esigenze legate al Covid), tra i 25 imputati ex componenti dei cda e dirigenti.

A citare Boschi era stata la difesa di Alberto Bonaiti, ex consigliere d’amministrazione dell’istituto di credito, rappresentato dall’avvocato Stefano Pellizzari. Ma tramite il proprio avvocato Gildo Ursini, Boschi aveva anticipato la volontà di avvalersi della facoltà di non rispondere in quanto imputato nel filone consulenze d’oro del procedimento Banca Etruria. All’udienza odierna per la bancarotta il presidente del tribunale Gianni Fruganti ha invece disposto la convocazione coatta di Anna Nocentini Lapini, attuale presidente di Confcommercio Toscana ed ex membro del cda Etruria che, chiamata in causa come testimone dalle difese, ha prodotto un certificato per motivare l’assenza per motivi di lavoro.

Sono chiamati a rispondere per presunte consulenze disposte dal dicembre 2013 in materia di “assistenza legale nel contesto del progetto di aggregazione e integrazione della banca in un gruppo bancario di elevato standing”. In totale furono spesi circa 4,5 milioni di euro.

Il giudice ha ritenuto la motivazione non soddisfacente disponendo la convocazione coatta con i carabinieri per domani alle 9.30.

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