“UNTIL WE RETURN”, mostra fotografica di Dalia Khalissy che racconta la vita dei profughi siriani in Libano

UNTIL WE RETURN – cioè “Fino al nostro rientro” o “fino al momento di ritornare” –  è la mostra organizzata in concomitanza con il Festival Middle East Now con la quale la fotografa Dalia Khamissy ci racconta la vita dei tantissimi profughi siriani che hanno trovato rifugio in Libano.

UNTIL WE RETURN di Dalia Khamissy è alla FSM Gallery – Fondazione Studio Marangoni. Curata da Alessandra Capodacqua è una delle tre mostre organizzate dal Festival Middle East Now e che raccontano il Medio Oriente oggi.

Come è risaputo, il Libano ha accolto una quantità enorme di profughi siriani. Più di un milione, solo in Libano! Dal 2011 Khamissy li va fotografando in modo da raccontare per Ong, giornali e magazine internazionali le diverse storie di persone fuggite da una guerra terribile. E riesce a farlo con un perfetto mix di rispetto e grazia. Così le sue immagini penetrano potentemente la coltre della nostra assuefazione e indifferenza.

Si tratta di belle fotografie, che riescono molto abilmente a evitare il registro patetico. Anche quando le loro didascalie raccontano storie tremende (vedi sotto).

Khamissy riesce a portarci al fianco delle donne, dei bambini e dei vecchi che hanno dovuto lasciare tutto conservando, nonostante tutto, dignità e speranza. Speranza di poter tornare, come è ricamato in arabo su una tendina alla finestra di una roulotte: “Refugees and, God willing, Returnees”. E cioè, “Rifugiati e, Dio volendo, persone che ritorneranno”.

Con le sue fotografie, Khamissy racconta storie di uomini, donne e bambini fuggiti dagli attentati, dalle battaglie, dai rapimenti.

Alcuni di loro sono stati gravemente feriti, altri hanno perso i familiari o le persone amate, altri ancora sono fuggiti perché minacciati a causa della loro identità sessuale o perchè a rischio di essere rapiti.

Tutti tentano di costruirsi un’esistenza dignitosa in Libano. Vivono in rifugi di fortuna, fanno lavori precari, riescono a malapena ad andare avanti: e nonostante tutto, riescono anche a ritagliarsi qualche spazio di gioia. E i loro bambini studiano. Per costruirsi un futuro migliore. In patria. Insh’allah.

Le altre due mostre del festival Middle East Now sono Flavours of Iraq, installazione multimediale di video e immagini di Feurat Alani e Léonard Cohen, presso il Cinema La Compagnia; e The Glass Between Us, di Mohammad Alfaraj, giovane artista saudita scelto per la residenza d’artista “Middle East Now x Crossway Foundation Residency ” realizzata in collaborazione con Le Murate. Progetti Arte Contemporanea.

Margherita Abbozzo. Le fotografie della mostra sono mie, quelle individuali sono courtesy of Dalia Khamissy.

Didascalie delle foto in ordine di apparizione:

1 –  Samira, 27, rifugiata siriana, con la sua figlia più piccola, Rawan, 19 mesi, a Nabatiyeh, nel sud del Libano, 2015. Samira e i suoi 4 figli sono stati abbandonati dal marito che è andato in Germania lasciandola sola e piena di debiti.

2 – Khalida, 34, rifugiata siriana, con i suoi due figli, Nourjan, di 9 anni, e Mohammad, di 2, nel campo di Chatila, alla periferia di Beirut, 2015.

3-  Tenda nella roulotte di un rifugiato siriano nel campo di Zaatari con ricamata la frase “Rifugiati, e con l’aiuto di Dio, persone che ritorneranno”, Giordania, 2013.

4 – Wadha e su cognata Mashhadiyeh, libanesi, con i loro bambini nel villaggio di Akkar, nel nord del Libano.

 5 – Rami e  Ahmed nel loro appartamento a Beirut, Libano, 2014.

6 –Dina e Hala, sorellastre, nel campo per rifugiati siriani nella valle della Beeka, 2015.

La mostra rimane aperta fino al 31 maggio. Info pratiche sul festival qui.

Manifesta a Palermo, 6° e ultima puntata

Manifesta 12, la Biennale nomade di arte contemporanea aperta a Palermo, dove rimane fino al 4 novembre, ha portato tante mostre ed eventi in tutta la città e ha scatenato un’infinità di energie locali.

 

Grazie a Manifesta ci sono mostre collaterali dappertutto. Impossibile parlare di tutte. Tra le più interessanti ne segnalo tre. Quella dedicata a Gino De Dominicis al Museo Riso; e siccome De Dominicis non voleva che le sue opere fossero fotografate, qui non ne vedrete alcuna immagine;

poi Resignifications, una grande ed interessante collettiva di artisti allo Zac dei Cantieri culturali alla Zisa, curata da Awam Amkpa, che esplora questioni come la rappresentazione degli africani nell’arte occidentale, le migrazioni, il commercio di schiavi, e le idee di confine, mobilità, cittadinanza, e diritti umani.

Espongono qui anche due brave artiste che lavorano a Firenze, Alessandra Capodacqua e Alessandra Ragionieri.

Infine il museo archeologico Salinas, da poco riaperto, propone una ampia personale dell’artista russo Evgeny Antufiev, che per When Art became part of the Landscape, chapter 1, mimetizza i suoi lavori tra i meravigliosi pezzi del museo.

Insieme a tutti questi eventi e ai tanti altri che avranno luogo nelle settimane e nei mesi prossimi, per i quali consiglio di consultare il sito della biennale, Manifesta 12 ha fatto spuntare decine di mostre e studi aperti in giro per la città.

Raccontare tutto in maniera esauriente è una vera mission impossible. Allora chiudo in bellezza questo lungo racconto dedicato a Manifesta 12 a Palermo segnalando la bella mostra della fotografa Gaia Cambiaggi.

La sua Invernaderos, curata da Emilia Giorgi e allestita negli spazi di Studio Gibel a Palermo in Corso Vittorio Emanuele, 484, dove rimane aperta fino al 14 settembre,

presenta immagini tratte dalla ricerca che la impegna da tempo intorno alla produzione agroalimentare intensiva. L’argomento tocca questioni legate al territorio, all’economia comunitaria e al flusso di lavoratori coinvolti.

A Palermo, Gaia Cambiaggi espone immagini realizzate nel Sud della Spagna, intorno ad Almeria, dove le serre plastificate si estendono quasi senza soluzione di continuità a coprire di polietilene grandi aree di terreno, in una zona detta El Mar de Plastico.

Non appaiono umani, ma è ovvio pensare a chi lavora in questi posti e a cosa può arrivare lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali… e di conseguenza il pensiero si alza in volo per tornare al Giardino Planetario che è stato il tema centrale della biennale nomade di arte contemporanea Manifesta 12, tutta composta intorno al proposito ideale, davvero positivo e pieno di speranza, di Coltivare la Coesistenza.

Manifesta 12 è proprio una gran bella biennale. Non solo è colma di lavori che fanno pensare, offre anche l’occasione di conoscere Palermo dal di dentro. Cercate di andare a vederla.

 

Margherita Abbozzo. 6, fine!

 

Tutte le fotografie sono mie, a parte quelle del lavoro di Gaia Cambiaggi, courtesy of the artist. In ordine di apparizione ho fotografato i lavori di Delphine Diallo, Alessandra Capodacqua ed Evgeny Antufiev.

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