Alluvione di Firenze, la città riflette sul rischio idrogeologico

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    Alluvione Frienze, Funaro
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    Alluvione di Firenze, la città riflette sul rischio idrogeologico
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    A Firenze sono i giorni delle alluvioni, da quella di Firenze del ’66 fino alla Piana fiorentina, falcidiata dal maltempo due anni fa. Il 4 novembre un grande convegno in Palazzo vecchio farà il punto sulla riduzione del rischio alluvioni. Ma ancora oggi il territorio resta fragile.

    Mentre si susseguono gli eventi per le alluvioni di due anni fa nella Piana fiorentina o per ricordare la grande alluvione di Firenze di 59 anni fa che segnò una generazione, è in atto una allerta gialla. Piove. Come da sempre accade da queste parti all’inizio di novembre, con in più tutte le distorsioni della crisi climatica. Il 4 di novembre, una grande Conferenza Internazionale sulla Riduzione dei Rischi da Alluvioni e Siccità nel 59esimo anniversario dell’alluvione di Firenze 1966, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio. Sarà l’evento principale per tornare a parlare di una questione che in un modo o in un altro investe tutto il paese. Negli ultimi 50 anni si sono contati almeno 115 grandi eventi alluvionali con un bilancio superiore a 4.000 vittime e danni per circa 253 miliardi di euro. E la domanda è sempre la stessa: che fare? Quanto accaduto in Toscana, tra le regioni più colpite da questi fenomeni, è cartina di tornasole, e racconta del ruolo dell’antropizzazione dei territori e delle regole che organizzano le nostre vite. La diga di Bilancino ad esempio ha messo in sicurezza Firenze città, ma gli altri territori? Dunque come costruiamo e dove, come facciamo manutenzione, come modifichiamo i nostri territori per renderli permeabili e resilienti? E quali regole servono ad attraversare questi fenomeni senza stravolgere le vite delle persone coinvolte? Dal ’66 degli Angeli del fango alle scene che abbiamo visto due anni fa a Montemurlo o a Campi, resta la lentezza, restano le burocrazie, i lavori che non partono e se partono non finiscono e i ristori che per farli arrivare necessitano di una schiera di avvocati e commercialisti. Quasi sessanta anni dopo, abbiamo il coraggio di dire che abbiamo imparato la lezione?