Da lunedì 9 marzo 2026 a sabato 21 marzo 2026
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La montagna, in quanto luogo dove ci s’avvicina al cielo, è un potente simbolo di innalzamento spirituale, e le religioni di ogni tempo e luogo se ne sono appropriate, santificando le vette che avevano a disposizione, dal Sinai ebraico all’Olimpo greco, dal Golgota cristiano al Taishan taoista. Tutte queste alture non paiono però che povere colline di fronte ai 6.650 m della cima sacra del Kailash, il mitico Monte Meru, dimora degli dèi induisti, o ai 7.810 m del Nanda Devi, oggettivizzazione di Parvati, moglie di Shiva.
Ai piedi dei ghiacci della montagna himalayana è sbocciato l’induismo, sono fioriti i poemi sacri dei Veda e delle Upanishad, è ambientata l’epopea del Mahabharata. La sterminata estensione di quest’ultimo poema, lungo tre volte la Bibbia, e sette volte l’Iliade e l’Odissea messe insieme, testimonia la caratteristica più evidente dell’ambiente himalayano, l’esagerazione. L’Himalaya si innalza quattordici volte sopra gli ottomila metri, e si estende per 2.500 chilometri, come una Grande Muraglia naturale che separa l’India e il Nepal dal Tibet e dalla Cina. Spazi esagerati che amplificano anche la percezione del pensiero. Il buddismo deriva proprio dall’ambiente himalayano la prevalenza dell’immanenza sulla trascendenza cristiana, cui seguono sia l’approccio fisio-psicologico, in qualche modo scientifico, alla religione come cura dei disagi mentali derivanti dall’attaccamento alle cose e alle persone, e dal desiderio di esse, sia l’atteggiamento antimetafisico nei confronti delle tematiche teologiche, liturgiche ed esistenziali.
In compagnia di Rossana Mamberto.
Info e iscrizione: http://www.tdsgruppi.net/
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