Mer 15 Mag 2024

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Hiv: scoperta nel Dna africano una variante genetica più resistente

Secondo lo studio pubblicato su Nature, e riguardante la relazione tra il genoma umano e il virus Hiv, nelle persone di origine africana sarebbe presente una variante genetica in grado di un miglior controllo dell’infezione

Lo studio, pubblicato su Nature da un team internazionale guidato dall’Imperial College di Londra, dal Politecnico federale di Losanna e dal Laboratorio nazionale di microbiologia in Canada, con il supporto delle équipe dell’Università di Siena, quella di Modena e Reggio Emilia e del San Raffaele di Milano, ha rivelato una variante genetica associata a un miglior controllo dell’infezione da Hiv: “Questa è presente nel 4-13% delle persone di origine africana e comporta una minore carica virale, una più lenta progressione della malattia e un minor rischio di trasmissione del contagio”

Considerato che gran parte di ciò che sappiamo sulla relazione tra il genoma umano e il virus Hiv proviene da studi su popolazioni europee, i ricercatori hanno deciso di allargare il campo di indagine analizzando il Dna di quasi 4.000 persone di origine africana, che convivono con il virus Hiv-1, il tipo più diffuso al mondo.

Dai dati raccolti è emersa una variante genetica che si associa a livelli del virus più bassi; questa variante, si legge su Nature, “è stata localizzata in una regione del cromosoma 1 che contiene il gene CHD1L, già conosciuto per il suo coinvolgimento nei meccanismi di riparazione del Dna: serve infatti a produrre una proteina che aiuta la doppia elica danneggiata a dispiegarsi per facilitare gli interventi di ‘manutenzione'”.

Resta ora da capire, continua i ricercatori interessati, “come CHD1L possa influire sulla carica virale”.

Dato che il virus colpisce le cellule immunitarie, i ricercatori hanno provato a vedere cosa succede se nel loro Dna viene spento il gene CHD1L. I risultati dimostrano che “la sua disattivazione favorisce la replicazione del virus nei macrofagi ma paradossalmente non nelle cellule T, che sono quelle maggiormente coinvolte nella replicazione virale”.

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