Così Anna De Gaio e Francesca Basanieri, rispettivamente presidente nazionale delle commissioni pari opportunità e presidente della commissione pari opportunità della Toscana, sull’approvazione in Senato del disegno di legge sul femminicidio.
Un primo, importantissimo, traguardo, una “svolta culturale” è la definizione bipartisan, di certo “quando si decide per la libertà e la piena parità dei diritti, non esiste colore politico. Stiamo costruendo una società più giusta in cui l’esercizio dei diritti non deve essere ostacolato dalle differenze di genere”. Così Anna De Gaio e Francesca Basanieri, rispettivamente presidente nazionale delle commissioni pari opportunità e presidente della commissione pari opportunità della Toscana, sull’approvazione in Senato del disegno di legge sul femminicidio.
“L’approvazione unanime in Senato del disegno di legge sul femminicidio segna una svolta storica – sottolinea in una nota De Gaio – e rappresenta la conquista di una società democratica e matura che, prendendo atto della gravità della condotta di chi uccide una donna, ha qualificato il delitto commesso come ‘atto di odio o di discriminazione o di prevaricazione o come atto di controllo o possesso o dominio in quanto donna, o in relazione al rifiuto della donna di instaurare o mantenere un rapporto affettivo o come atto di limitazione delle sue libertà individuali”.
“Esprimo – continua – soddisfazione per questo primo step, in attesa del passaggio alla Camera per l’approvazione definitiva, che introduce una fattispecie specifica di omicidio, aggiungendo il nuovo articolo 577 bis al codice penale. Questo intervento normativo va nella direzione della tutela dei diritti delle donne, contribuendo a creare una società più giusta e consapevole del problema della violenza di genere. Suggella, inoltre, l’impegno dello Stato a contrastare un fenomeno dilagante ed estremamente complesso per le sue molteplici implicazioni economiche, culturali, antropologiche, criminologiche e sociali”.
Per Basanieri, “siamo di fronte ad un traguardo importante, frutto di un lavoro congiunto del Parlamento che evidenzia ancora una volta, se mai ce ne fosse necessità, che la lotta contro la violenza sule donne e il raggiungimento della piena parità di diritti e di opportunità non ha colore politico ma è una lotta di civiltà e progresso. Chiamare il femminicidio finalmente con il suo nome significa riconoscerne la specificità rispetto agli altri reati violenti. Non è un omicidio frutto di un raptus, casuale e inaspettato, ma è sempre frutto di una cultura di odio contro le donne che genera incapacità di gestire le relazioni e di riconoscerne la libertà di scelta”.



