Lun 20 Mag 2024

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Cosa hanno in comune intelligenza artificiale, acque reflue e olivicoltura?

Intelligenza artificiale e impiego delle acque reflue in soccorso dell’olivicoltura minacciata dagli effetti della crisi climatica e dal progressivo abbandono delle piante che si stima riguardi tra il 20% ed il 30% delle superfici olivicole regionali

L’intelligenza artificiale e l’impiego delle acque reflue appaiono essere le due strategie in grado di prestar soccorso all’olivicoltura e agli olivicoltori minacciati dagli effetti della crisi climatica e dal progressivo abbandono delle piante, che si stima riguardi tra il 20% ed il 30% delle superfici olivicole regionali.

Da un lato, l’ultima frontiera della tecnologia per aiutare i ricercatori a selezionare più rapidamente i genotipi che meglio si adattano al nuovo scenario climatico e ai territori dove saranno introdotti, dall’altro, l’utilizzo delle preziose acque di scarico che, una volta depurate, potranno garantire i necessari livelli di irrigazione in agricoltura soprattutto nei periodi siccitosi per l’olivicoltura

Strategie come quelle appena viste, possono essere utilizzate sia nel caso degli olivi che in quelli, ad esempio, della vigna o degli alberi da frutto.

I progetti sull’olivicolturasono stati presentati in occasione dell’assemblea annuale del Consorzio di Tutela dell’extravergine Toscano IGP che si è tenuta al Giardino di Zago a Greve in Chianti. All’iniziativa, moderata dal direttore di Teatro Naturale, Alberto Grimelli hanno partecipato On. Paolo De Castro, Europarlamentare e relatore riforma IG, Gennaro Giliberti, Dirigente Agricoltura Regione Toscana, Marino Uceda Ojeda, IADA Ingegnieros, Mauro Centritto, Direttore CNR Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante, Riccardo Gucci, Professore di Coltivazioni Arboree Dipartimento Scienze Agrarie UNIPI, Tiziana Sarnari, analista di mercato Ismea, Mauro Rosati, Direttore Origin Italia, Fabrizio Filippi, Presidente Consorzio Tutela Olio Toscano IGP.

“Senza l’acqua non si fa l’olio. Se l’avessimo detto trent’anni fa nessuno avrebbe preso seriamente quell’affermazione a metà strada tra la provocazione e il surrealismo” ha affermato Fabrizio Filippi, Presidente Consorzio Toscano IGP.

Il nuovo scenario, ha insistito, “ci impone di alzare il livello di guardia e di cambiare approccio nella gestione dell’olivo e dell’olivicoltura, che deve essere più razionale e sostenibile per superare l’altalena produttiva che influenza il mercato. I cambiamenti climatici sono diventati strutturali. La siccità si alterna a stagioni di piovosità estrema che influenzano la capacità produttiva delle piante. Gli strumenti per difenderci ci sono e sono già a nostra disposizione. Il Consorzio Toscano IGP sta tracciando la nuova rotta e vuole continuare a porsi come faro per tutta l’olivicoltura regionale di qualità”.

Sul ruolo di tutela dell’Europa, si è espresso Paolo De Castro, europarlamentare e relatore della riforma IG, secondo il quale: “La produzione di olio assicura sostenibilità ai nostri territori e da opportunità di reddito e stiamo facendo passi avanti anche delle tutele. Il tema delle IG interessa tutto il mondo della qualità europea e dunque anche l’olio extravergine che è un simbolo del Made in Italy, della dieta mediterranea e dei prodotti di qualità del nostro paese”.

Secondo i dati raccolti da ISMEA, la produzione IG della Toscana è dominata su fronte quantitativo dalla IGP Toscano che negli ultimi anni rappresenta circa il 95% dell’intera produzione certificata della regione. Seguono a molta distanza le altre 4 DOP regionali.

La produzione in valore nel 2021 ha superato i 29 milioni di euro con una quota pari al 32% dei 91 milioni nazionali. Anche in valore c’è una fortissima polarizzazione verso l’IGP Toscano (27,8 milioni di euro). Nonostante i tanti primati, l’olio Toscano IGP prodotto non basta.Il presidente Filippi ha fatto, infatti, notare:  “C’è una grande richiesta mondiale di olio toscano IGP ma non siamo nelle condizioni di soddisfarla perché la produzione cala. E’ necessario mitigare al più presto gli effetti dei cambiamenti climatici ed investire per recuperare quelle centinaia di ettari di superfici coltivate ad olivo che sono state disattivate perché poco produttive e poco redditizie”.

Ad indicare la rotta è stato Mauro Centritto: “Per mitigare gli effetti che stiamo vedendo come l’aumento delle temperature dobbiamo continuare a lavorare sull’individuazione di varietà resistenti alle alte temperatura e alla siccità utilizzando anche meccanismi di intelligenza artificiale che ci consentano di accelerare sulla selezione dei genotipi che devono essere adattati ai diversi ambienti.  L’altro aspetto è quello della disponibilità di acqua. In questo senso non potremo fare a meno di utilizzare le acque reflue urbane. Sono acque dolci, costanti tutto l’anno e ricche di sostanza organica. Acque buone, in definitiva, per l’irrigazione”.

L’altro tema, ricorrente, è quello dell’abbandono. Non esistono statistiche a riguardo ma secondo gli esperti tra i 15 mila ed i 20 mila ettari di oliveti sono soffocati. “E’ un fenomeno che porta con se una ovvia minore produzione ma anche, e soprattutto, problemi di erosion”, ha spiegato Riccardo Gucci. Ad oggi, chiude, “non ci sono numeri sicuri sulle superfici effettivamente abbandonate, c’è però una larga superfici olivicola che non viene gestita e che pur figurando nelle statistiche, sta transitando verso il bosco o è semi abbandonata. In Toscana stimiamo che queste superfici siano tra il 20% ed il 30% della superficie olivicola complessiva”.

 

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