Beni confiscati alle mafie, Bugli: “Accelerare assegnazioni”

Oggi  palazzo Strozzi Sacrati  incontro con il prefetto Frattasi, direttore dell’agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. “L’obiettivo i – spiega l’assessore Bugli – è migliorare ancora di più quello che stiamo facendo e  definire strumenti nuovi per questo obiettivo”.

E’ passato un anno dall’assegnazione alla Regione, che la gestisce attraverso l’Ente Terre, della tenuta di Suvignano tra Monteroni d’Arbia e Murlo, il bene simbolo delle confis che alla criminalità organizzata in Toscana, diciassette edifici rurali e 21 mila metri quadri tra immobili e magazzini, una chiesetta di fianco all’edificio principale, una colonica di pregio e 713 ettari di terreno, a due passi dalla via Francigena.

A Suvignano, assegnato alla Regione undici anni dopo la sentenza passata in giudicato, durante la scorsa estate sono stati organizzati una festa della legalità con enti locali ed associazioni e due campi di lavoro con i ragazzi, come quelli che fino ad oggi si svolgevano in Sicilia e dove i giovani toscani non sono mai mancati. “Iniziative dal forte valore simbolico che vogliamo riproporre” annuncia l’assessore toscano Vittorio Bugli. La Regione ha anche stanziato 1 milione e 514 mila euro in due anni per il recupero degli immobili, tra cui la palazzina dove abitava il boss Vincenzo Piazza, da trasformare in casa della legalità, e sta mettendo a punto il piano industriale per la gestione dell’attività agricola che punti sulla riconversione biologica .

Ma gli immobili confiscati nella regione a mafia, camorra, ‘ndrangheta ed altri gruppi criminali sono molti di più. Una buona parte sono confische definitive, solo però 135 sono gli immobili assegnati (a cui si aggiungono 11 aziende). Almeno altrettanti potrebbero essere da subito assegnati. L’obiettivo condiviso è accelerare nelle procedure di destinazione definitiva, che negli ultimi anni si sono comunque un po’ sveltite, proponendo la firma tra tutti i soggetti di un protocollo d’intesa. La riunione convocata oggi dalla Regione serviva giusto a fare il punto e a determinare i principali contenuti di un accordo.

“Non vogliamo lasciare da solo nessuno – assicura il prefetto Bruno Frattasi, direttore da un anno dell’agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata – Insieme possiamo trovare le risposte giuste a tutte le difficoltà”.

“L’obiettivo di oggi – spiega l’assessore Bugli – è migliorare ancora di più quello che stiamo facendo e dar vita all’ulteriore strutturazione di un sistema regionale, ipotizzando eventualmente un protocollo d’intesa, per accelerare il più possibile la messa a disposizione dei beni alle realtà locali e per definire strumenti nuovi per questo obiettivo”. Bugli elenca già i punti al centro del del lavoro da fare. “Occorre valutare – dice – se ci siano possibilità di utilizzo temporaneo dopo il sequestro iniziale individuando, con il coinvolgimento di Regione e Comuni, quelle attività che rendano ovviamente possibile il poter tornare indietro nel caso in cui l’iter successivo non possa giungere all’assegnazione definitiva”.

C’è anche la necessità del maggior scambio di informazioni possibile sui beni, dal sequestro in poi. “Già esiste – ricorda l’assessore – una buona banca dati dei beni a livello nazionale, che è Open Regio. C’è già un supporto geolocalizzato della Regione. Un maggiore scambio di informazioni ci permetterebbe di seguire tutti i passaggi d ei beni con informazioni aggiornate”.

Per guadagnare tempo nelle fasi successive al sequestro e favorire un utilizzo tempestivo del bene Bugli propone di pensare alla possibilità di costruire il progetto di utilizzo definitivo già dopo la sentenza di secondo grado. “ L’esperienza ci insegna – dice – che a quel punto la possibilità che si arrivi alla confisca del bene è alta e poter progettare l’uso del bene prima dell’assegnazione definitiva consente di essere pronti non appena questa arrivi”. Un altro obiettivo, che riguarda le aziende sottratte alla criminalità organizzata, è avere accortezza affinché non vi siano perdite di posti di lavori e permettere ai dipendenti di disporre di adeguati percorsi formativi. La Regione propone pure, mettendosi a disposizione a questo scopo, di rafforzare la formazione per gli amministratori giudiziari dei beni sequestrati.

“La confisca – commenta Bugli – è uno strumento importante nella lotta alla criminalità organizzata. Ma occorre utilizzare e restituire alla collettività il primo possibile e con le progettualità migliori questi beni e poi garantirsi che il loro uso sia positivo in termini economici e sociali. L’obiettivo è questo”.

All’incontro di oggi a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze, oltre all’assessore Bugli e al prefetto Frattasi, direttore dell’agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, hanno partecipato la prefetta di Firenze Laura Lega, coordinatrice di tutte le prefetture toscane, Raffaele d’Isa per il tribunale di Firenze e la presidente della Corte di appello di Firenze Margherita Cassano, i sindacati e le associazioni che si occupano di antimafia. C’erano anche Anci Toscana e diversi sindaci ed amministratori dei territori interessati.

“L’aumento in Toscana dei sequestri apre problemi sulla gestione amministrativa e degli iter – sottolinea Cassano -. Bene dunque un protocollo per non trovarsi impreparati alla gestione del bene e bene la condivisione degli archivi elettronici tra agenzia, Regione e magistratura”. “Occorre uno scambio informativo ma anche operativo e già in fase di sequestro i beni possono essere concessi in comodato agli enti” aggiunge Raffaele d’Isa. D’accordo su un protocollo che fluidifichi i meccanismi anche la prefetta Lega. “Il rischio, nel caso non si veda l’uso concreto del bene – avverte -, è infatti quello di delegittimare l’intera operazione di confisca”. “Dobbiamo dimostrate di saper fare meglio di Vincenzo Piazza (il boss che era il proprietario della tenuta di Suvignano ndr) anche in ambito imprenditoriale” conclude il sindaco di Monteroni d’Arbia Gabrie le Berni, al tavolo in rappresentanza anche di Anci.

Il punto sui beni sequestrati
I beni confiscati alla criminalità organizzata in Toscana non sono pochi. Sono 135 in tutta la Toscana (fonte database Openregio) quelli già destinati e 11 le aziende. In gestione all’agenzia nazionale, ultimo dato disponibile, rimangono 43 aziende e 383 immobili, tra cui si contano una sessantina di appartamenti, ventisei case indipendenti, dieci ville. otto alberghi e pensioni, tredici fabbricati industriali e poi negozi, botteghe, stalle, fabbricati rurali, edifici dagli usi più vari e terreni. Di questi gli immobili confiscati definitivamente ma ancora in gestione all’agenzia, distribuiti in ventotto diversi comuni, sono 143 e 29 le aziende. Su questi ultimi la Regione Toscana chiede un’accelerazione.

A marzo nuova conferenza di servizi
Che le procedure per l’assegnazione definitiva dei beni possano ed anzi abbiano bisogno di essere ancora ottimizzate lo dimostra l’esito dell’ultima conferenza di servizi che si è svolta un anno e mezzo fa, a maggio 2018. Fu convocata per assegnare appunto 68 immobili situati in dieci diversi comuni, ma ad oggi solo 57 sono stati realmente consegnati ed undici mancano all’appello, tra cui l’albergo di Montecatini che dopo Suvignano è un altro simbolo del contrasto alla criminalità.

“Quanto prima, – dice Bugli – chiediamo venga organizzata una nuova conferenza servizi per l’assegnazione di una parte dei 143 beni e 29 aziende confiscati definitivamente ma ancora in gestione all’agenzia nazionale. E c’è la massima disponibilità della Regione e dei Comuni per aiutare a fare questo lavoro”.

La Regione, per sostenere concretamente le amministrazioni impegnate nell’uso di questi immobili a vantaggio dell’intera collettività, ha anche pubblicato l’anno scorso, per la prima volta, un bando da 200 mila euro. Una strada dunque, anche questa, già tracciata.

“La confisca – avverte Frattasi – è una sfida con un alto valore etico ma è molto complicata per le diversità dei casi. Abbiamo dovuto restituire tanti beni, addirittura un parco eolico in Sicilia. I beni confiscati vanno gestiti in una logica complessiva di sistema, non gestiti da solisti”. Occorre lavorare tutti assieme.

Immobili confiscati definitivamente, ancora in gestione a ANBSC

Comuni Numero beni

Altopascio 2

Arezzo 21

Bagno a Ripoli 2

Buggiano 8

Camaiore 1

Campi Bisenzio 2

Campiglia Marittima 5

Cascina 3

Castagneto Carducci 14

Cecina 6

Chiesina Uzzanese 3

Firenze 5

Massa 4

Montecatini Terme 9

Montemurlo 1

Montepulciano 6

Montignoso 3

Piombino 2

Pistoia 3

Poggio a Caiano 2

Prato 16

Quarrata 1

Rosignano Marittimo 2

San Vincenzo 4

Santa Maria a Monte 1

Serravalle Pistoiese 2

Sorano 3

Nel 2020 ci sarà più tempo per pagare debiti alla Regione Toscana

Firenze, ci sarà più tempo nel 2020, per pagare sanzioni amministrative e debiti extratributari dovuti alla Regione Toscana.

La giunta della Regione Toscana ha approvato infatti una delibera, presentata dall’assessore al bilancio Vittorio Bugli, che, a fronte di forti segnali da parte di soggetti con debiti che lamentano crisi di liquidità e termini di pagamento che non consentono rate di rimborso sostenibili, ha deciso la conferma anche per il prossimo anno di più ampi tempi per dilazioni e rateizzazioni.

Le agevolazioni riguardano sia le imprese che le persone fisiche.

Si tratta di un intervento in funzione anticrisi.  In particolare, la dilazione nel pagamento potrà arrivare fino a 9 mesi per importi fino a 50 mila euro e fino a 12 mesi se superiore.

Quanto ai rateizzi, per le persone fisiche saranno possibili nel caso la somma dovuta superi i duemila euro mentre per le imprese l’importo dovrà essere superiore a cinquemila.

Le rate potranno essere al massimo semestrali e distendersi su un periodo, per le famiglie, fino a due anni per importi da 2000 a 20 mila euro, fino a 60 mesi da 20 mila a 40 mila euro e fino a 72 mesi oltre.

Nel caso delle imprese le rateizzazioni si potranno addirittura allungare da 24 mesi (per importi fino a 10 mila euro) fino a 108 mesi (nel caso di somme dovute tra 500mila e un milione di euro) o addirittura a dieci anni, per debiti ancora maggiori.

Un caso particolare, che costituisce una novità della delibera di quest’anno, è quello che riguarda le imprese in liquidazione: la rateizzazione nella fattispecie è concedibile, in relazione alla motivata necessità di liquidare l’attivo patrimoniale, fino ad un massimo di 30 rate mensili a condizione che l’ultimo bilancio approvato rilevi un utile di esercizio oppure una perdita non superiore al 20 per cento  del capitale sociale.

Dilazioni e rateizzazioni possono essere sommate e si possono richiedere anche in momenti diversi.

Stanziati 2 milione e mezzo per cassa espansione a Fibbiana

 L’obiettivo è ultimare entro il 2020 la cassa di espansione di Fibbiana a Montelupo Fiorentino, Capraia e Limite sull’Arno (Firenze).

Le risorse saranno così ripartite: 2 milioni ce li metterà la Regione (l’assessore Bugli, per conto della giunta, presenterà un emendamento alla legge finanziaria regionale 2020-2022), altri 500 mila euro arriveranno dalla Città metropolitana. Lo riporta una nota. Il punto sugli interventi da mettere in opera è stato fatto nel corso di un incontro a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze fra l’assessore alla presidenza Vittorio Bugli e la vice della Città metropolitana Brenda Barnini, sindaco di Empoli, assieme ai rispettivi tecnici.
La cassa di espansione di Fibbiana – si ricorda – è un’opera già finanziata a suo tempo dalla Regione Toscana per 10,8 milioni, ma che richiede adesso ulteriori risorse per essere portata a termine e resa operativa, con lo scopo di raccogliere oltre tre milioni di metri cubi di acqua in caso di bisogno. Negli anni ci sono stati vari passaggi di competenza e adesso l’appalto dell’opera è gestito dalla Città metropolitana di Firenze. Durante il vertice – aggiunge la stessa nota – è stato deciso di sottoscrivere un accordo di programma che, sulla base delle risultanze tecniche del commissario incaricato dell’attuazione dell’intervento, individui le risorse necessarie per i rimanenti lavori dell’opera idraulica e la sua conclusione nel corso del 2020. Da qui gli impegni di Regione Città metropolitana per due milioni e mezzo di euro complessivi.
“Questa opera è strategica, garantirà un ulteriore e efficace presidio idraulico nella zona empolese – spiega l’assessore alla presidenza e al bilancio, Vittorio Bugli -. Dopo l’ultima piena dell’Arno ed il sopralluogo effettuato nei giorni successivi, ci siamo dati da fare per arrivare in tempi rapidi alla conclusione dei lavori, come ci eravamo impegnati. Mi pare quindi che, grazie anche alla collaborazione della Città metropolitana, abbiamo dato una risposta veloce, che probabilmente consentirà di completare l’opera entro il 2020, aumentando il livello di sicurezza dei cittadini”. “Ringrazio – dichiara Brenda Barnini- l’assessore Bugli e i tecnici di Regione e Città Metropolitana che si sono adoperati per trovare la strada giusta, al fine di concludere, nel più breve tempo possibile, un’opera strategica per la messa in sicurezza idraulica del nostro territorio. Non era scontato, né facile, riprendere in modo positivo questo cammino e, se ci siamo riusciti, si deve in gran parte allo spirito di collaborazione istituzionale con cui abbiamo proceduto in queste settimane”.

Inail: in Toscana meno morti sul lavoro nei primi 10 mesi 2019

In Toscana nei primi dieci mesi del 2019 si registra una diminuzione degli incidenti mortali sul lavoro denunciati, 61 rispetto ai 69 dello stesso periodo del 2018. Lo affermano i dati Inail presentati oggi al convegno organizzato dalla Regione Toscana per presentare il Piano operativo 2020 per la sicurezza del lavoro.

Nel quadriennio 2014-2018, secondo lo studio dell’Inail, il 29% degli incidenti mortali è avvenuto nell’ambito dell’agricoltura, il 18% delle costruzioni, il 13% nel settore manifatturiero, il 12% nell’ambito dei lavori di trasporto e magazzinaggio, l’11% nelle attività di silvicoltura, il 7% nell’estrazione di minerali. Per quanto riguarda gli infortuni gravi, il primato negativo spetta alle attività manifatturiere (1.088 casi nel triennio 2015-2017), seguite da trasporto e magazzinaggio (892), e dalle costruzioni (862).

In generale agricoltura, manifatturiero, logistica e costruzioni sono i comparti dove si registra la maggior parte degli infortuni più gravi.
Sono questi i più recenti dati statistici presentati nell’ambito dell’iniziativa che la Regione Toscana ha dedicato oggi, venerdì 13 dicembre, alla sicurezza nei luoghi del lavoro.

“Queste sono tematiche da affrontare in maniera seria, approfondita, anche scientifica, in modo da trarre le corrette conclusioni. Il quadro che emerge è quello di una diminuzione del numero di incidenti sul lavoro in Toscana, anche se sono sempre troppi. Nel protocollo del 2018, stipulato con le categorie sociali e le istituzioni che hanno il dovere di seguire queste problematiche, concordammo che l’Inail si sarebbe fatta carico di studiare la complessità della situazione. Gli enti preposti al controllo, evidentemente, stanno ottenendo dei risultati importanti”, ha detto l’assessore alla Presidenza della Regione, Vittorio Bugli.
“Gli incidenti, ripeto, sono in diminuzione, ma la cifra è notevole. I settori più complicati continuano ad essere l’agricoltura, la logistica, parte del manifatturiero e il comparto delle costruzioni”, ha aggiunto l’assessore Bugli. “E’ interessante però analizzare questi dati anche in relazione con quanto emerge da un recente studio dell’Irpet, che ha accertato che i posti di lavoro, in Toscana, sono negli ultimi tempi aumentati e non diminuiti. Il problema, semmai, è che la tipologia del lavoro, oggi, è meno strutturata che nel passato, con l’aumento dei rischi per i lavoratori. Ecco perché è particolarmente importante registrare la diminuzione degli incidenti sui luoghi di lavoro pur in presenza di un aumento dell’occupazione e la modifica della tipologia dei lavori oggi maggiormente svolti”.

All’iniziativa, con l’assessore regionale Bugli, hanno preso parte la viceprefetta di Firenze Alessandra Terrosi, il sostituto procuratore della Procura generale fiorentina Sergio Affronte, il direttore regionale dei Vigili del fuoco Giuseppe Romano, il direttore dell’Irpet Stefano Casini Benvenuti, il dirigente vicario della direzione generale toscana dell’Inail Mario Papani, Giuseppe Campo della direzione centrale dell’Inail, Gioconda Rapuanodell’Ispettorato toscano del lavoro e il direttore generale della Giunta regionale Davide Barretta. Una tavola rotonda con i rappresentanti delle parti sociali ha concluso il seminario.

I dati
A livello statistico, secondo le elaborazioni presentate dall’Inail, gli infortuni sul lavoro registrano una progressiva contrazione: dai 54.942 denunciati nel 2013 ai 49.224 del 2018.
I casi di infortunio con esito mortale seguono un andamento più oscillante: nel 2018 sono stati 86 rispetto ai 77 dell’anno precedente (in 26 casi si è trattato di incidenti “in itinere”, cioè avvenuti negli spostamenti da e per il lavoro).
La quantità complessiva degli infortuni denunciati in Toscana nel 2018 corrisponde al 7,62% del totale nazionale (di 645.390 denunce), quelli mortali (1.247 in Italia) rappresentano il 6,9%.
I dati, ancora ovviamente incompleti, relativi al 2019 mostrano qualche piccola variazione: nei primi dieci mesi dell’anno in corso si registra una diminuzione degli incidenti mortali denunciati (61 rispetto ai 69 dello stesso periodo del 2018).
L’analisi dei dati più recenti riguarda peraltro gli infortuni “denunciati” appunto, cioè gli infortuni che non sono ancora definitivamente accertati come tali, ma devono passare il vaglio dell’indagine da parte di Inail affinché sia certo che si tratti di effettivi incidenti sul lavoro e non dovuti ad altre cause o modalità; gli infortuni denunciati sono in numero maggiore di quelli effettivi.
L’Inail ha anche presentato uno studio sugli infortuni gravi (cioè con più di 40 giorni di prognosi) e mortali suddivisi per comparto: nel quadriennio 2014-2018 il 29% degli incidenti mortali è avvenuto nell’ambito dell’agricoltura, il 18% delle costruzioni, il 13% nel settore manifatturiero, il 12% nell’ambito dei lavori di trasporto e magazzinaggio, l’11% nelle attività di silvicoltura, il 7% nell’estrazione di minerali. Gli stessi settori sono grosso modo ai vertici numerici dello studio riguardante gli infortuni gravi: in questo caso il primato negativo spetta alle attività manifatturiere (1.088 casi nel triennio 2015-2017), seguite da trasporto e magazzinaggio (892), e dalle costruzioni (862).

Le azioni
Il protocollo prevede uno strumento, il piano operativo, in grado di indirizzare le strategie di prevenzione e di vigilanza. Questo strumento, predisposto dalla Regione Toscana in collaborazione e sinergia con tutti i sottoscrittori, serve a individuare i settori che necessitano delle azioni più specifiche. Ai settori delle costruzioni, della logistica e dell’agricoltura verso i quali si erano indirizzate le attività del piano 2019, si aggiunge da quest’anno, anche alla luce dei dati Inail, anche il manifatturiero . Si tratta di un comparto con rischi lavorativi fortemente differenziati che include, ad esempio, l’industria conciaria, il comparto tessile, il comparto della lavorazione del legno, l’industria metalmeccanica.
Verso i settori considerati più a rischio saranno rafforzate le attività di ispezione, saranno realizzate azioni formative e campagne di comunicazione.
Esattamente ciò che è avvenuto nel corso del 2019: nell’anno che va a concludersi sono state, per esempio, effettuate oltre 6.000 ispezioni dalle Ausl.
Nel corso del convegno sono stati presentati anche i dati Irpet sull’andamento dell’occupazione in Toscana, da cui emerge che la Toscana, insieme al Trentino Alto Adige, è l’unica regione in cui l’occupazione dal 2013 ad oggi risulta in crescita. Peggiora però la qualità del lavoro, che diventa a tempo parziale e determinato, con un invecchiamento della popolazione lavorativa. In tali circostanze ci si aspetterebbe un aumento degli infortuni del lavoro, in conseguenza di una minore esperienza nel lavoro e minor tempo dedicato alla formazione.
Un trend di infortuni in diminuzione è la dimostrazione dell’efficacia delle attività svolte da tutti i soggetti preposti alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

Rapporto Criminalità in Toscana: crescita gruppi criminalità organizzata

?Firenze, presentato il terzo rapporto sui fenomeni di criminalità curato dalla Scuola Normale superiore di Pisa su incarico della Regione Toscana.

Il rapporto conferma quanto emerso nei due precedenti anni: le quattro mafie storiche, a guardare le carte dei tribunali, continuano infatti a non manifestarsi con una presenza di insediamenti stabili sul territorio. Sono però sempre più riconoscibili le ‘tracce’ di una crescita di gruppi di criminalità organizzata nel territorio.

Le cosche considerano la Toscana come una terra di conquista. Preferiscono, piuttosto che colonizzare, esternalizzare a gruppi autoctoni o mimetizzarsi. Ma non si limitano a riciclarvi denaro ma la usano anche per farvi affari.

Gli episodi emersi nel 2018 chiariscono la logica del ‘fare impresa’ delle mafie in questa regione: più che ‘sostituirsi’ al mercato ricercando forme di oligopolio criminale nell’economia legale, pare che la strada battuta sia quella di mettersi ‘ al servizio’ del mercato attraverso l’esercizio abusivo del credito, l’erogazione di servizi illeciti finalizzati a reati tributari ed economici o all’abbattimento dei costi di impresa attraverso attività illecite di intermediazione del lavoro o nel ciclo dei rifiuti.

È stabile, dice sempre il rapporto, il numero delle condanne definitive per associazione mafiosa, ma sono in calo i procedimenti definiti. Le sequenze e i numeri dell’Istat dal 2010 al 2017 passati al setaccio dalla Scuola Normale raccontano in ogni caso di un aumento del rischio di criminalità.

È il caso dell’elevato tasso delle denunce per estorsione e riciclaggio, ma anche degli attentati (sia pur in modo più lieve). Rimangono alte, rispetto al Centro Nord, anche le denunce con aggravante mafiosa.

Diminuiscono però, in linea con il trend già registrato l’anno passato, quelle per contraffazione, rapine in banca, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione o per reati che hanno a che fare con droghe e stupefacenti.

Grosseto, Livorno, Prato e Massa-Carrara si confermano le province con il più elevato rischio di penetrazione criminale. Prato in particolare rimane al primo posto in Italia per numero di persone denunciate per reati di riciclaggio, con un aumento esponenziale a partire dal 2012 e livelli venti volte superiori al tasso nazionale. Livorno continua a registrare il tasso medio annuo più elevato per quanto riguarda le segnalazioni per traffico e spaccio di stupefacenti, seguito da Firenze.

Si tratta di un mercato tra i più internazionalizzati d’Italia e il 63,76% delle persone denunciate in tutta la Toscana sono straniere. Per alcuni prodotti l’intera filiera è straniera. Il porto di Livorno guadagna anche il primato nazionale per cocaina sequestrata nel 2018: 530 chili, che è una parte considerevole dei 589 recuperati in tutta la regione che catapultano la Toscana al terzo posto in Italia dopo Veneto e Lazio.

Prato conquista invece il primo posto nella regione per produzione, con 17 mila piante di marijuana sequestrate negli ultimi dieci anni. I beni confiscati alla criminalità organizzata in Toscana sono anch’essi in aumento: tolti i provvedimenti dall’esito ancora incerto, si tratta di 572 beni immobili, distribuiti in 67 comuni, ovvero il 23 per cento del territorio regionale. Di questi 145 sono quelli già destinati, come ad esempio la tenuta di Suvignano assegnata alla Regione Toscana.

La matrice camorristica è la più ricorrente, con quasi il 40 per cento dei beni, seguiti da Cosa nostra (11,5%) e ‘ndrangheta (6,2%). Quel che rimane è riconducibile alla Sacra Corona Unita, la Mala del Brenta o associazioni mafiose originarie del Lazio.

Quanto ai fenomeni di corruzione, le statistiche comparate prese in esame dal rapporto segnano un aumento percentuale, tra il 2016 e 2017, anche dei cosiddetti ‘crimini dei colletti bianchi’.

Crescono del 150 per cento le malversazioni, raddoppiano i reati di concussione, in crescita del 67 per cento gli abusi di ufficio e del 37 per cento i reati societari.

Il coinvolgimento di manager pubblici in vicende di corruzione risulta in Toscana ancora più marcato che nel resto d’Italia. Nell’analisi degli episodi che si sono succeduti nel 2018 emerge come, accanto ad imprenditori (29 casi) e funzionari o dirigenti pubblici (21 casi), in quasi la metà dei casi – 17 su 38 – vi siano coinvolti professionisti come avvocati, commercialisti, ingegneri, architetti, geometri, ragionieri, medici ma anche intermediari e faccendieri.

Ad aprire i lavori è stato l’assessore alla legalità della Toscana Vittorio Bugli, seguito dal Prefetto di Firenze Laura Lega, mentre hanno illustrato il rapporto Donatella Della Porta e Salvatore Sberna per la Scuola Normale Superiore e da Alberto Vannucci per l’Università di Pisa.

Da segnalare anche l’intervento del generale Giuseppe Governale, direttore della Dia, la direzione investigativa antimafia, mentre le conclusioni sono state fatte dal presidente della Regione Toscana Enrico Rossi.

Gimmy Tranquillo ha intervistato l’assessore alla legalità della Toscana Vittorio Bugli ed il generale Giuseppe Governale, direttore della Dia, la direzione investigativa antimafia:

https://www.controradio.it/wp-content/uploads/2019/12/191211_00_RAPPORTO-CRIMINALITA_BUGLI-GOVERNALE.mp3?_=2

“Un patto per San Lorenzo e Sant’Orsola”

“Domani, 5 dicembre, al primo piano di Palazzo Medici Riccardi, sede della Città Metropolitana di Firenze, nella Sala Pistelli, dalle 16.00 alle 19.00, si svolgerà l’incontro conclusivo del «Laboratorio San Lorenzo», il progetto partecipativo che ha coinvolto oltre duecento cittadini, rappresentanti di enti culturali, istituzioni e più di venti realtà associative, nell’elaborazione collettiva di un programma di interventi per la rigenerazione di un’importante porzione dell’area Unesco del centro storico fiorentino.”

Secondo quanto riporta il comunicato stampa del Santorsolaproject: “Dopo più di sette mesi di ascolto territoriale, workshop interattivi, incontri con esperti e amministratori, interviste agli stakeholder, raccolta e rielaborazione dei dati socio-economici e urbanistici del rione, nell’incontro “Un patto per San Lorenzo e Sant’Orsola” di giovedì 5 dicembre, il «Laboratorio San Lorenzo» giunge alla fase di restituzione finale dei suoi risultati.

La prima parte dell’incontro sarà aperta dai saluti di Giovanni Bettarini, Capo di Gabinetto della Città Metropolitana, ente proprietario dell’ex convento di Sant’Orsola. Subito dopo, i rappresentanti dei soggetti promotori del «Laboratorio San Lorenzo», il Prof. Francesco Alberti e il Prof. Goffredo Serrini per il Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze e per il Santorsolaproject, l’Arch. Marzia Magrini per l’Ordine degli Architetti di Firenze, illustreranno le azioni strategiche e le proposte progettuali emerse dal percorso partecipativo e sviluppate nell’ultimo laboratorio interattivo di co-progettazione “Progetti_amo San Lorenzo”.

Seguiranno i contributi dell’Arch. Chiara Pignaris, di Cantieri Animati, esperta di processi partecipativi, che illustrerà gli aspetti metodologici del progetto; e di Francesca Gelli, docente dell’Università Iuav di Venezia e direttore del Master ProPART, che descriverà i diversi strumenti in uso nel panorama europeo per la definizione di patti, protocolli d’intesa e sistemi di monitoraggio per la rigenerazione urbana partecipata.

Quindi, sarà presentato alla città e all’amministrazione il Protocollo di intesa “Verso un contratto di rione per la rigenerazione di San Lorenzo e del complesso di Sant’Orsola a Firenze”: l’accordo con cui i promotori del progetto, le amministrazioni pubbliche, le istituzioni e le realtà associative coinvolte nel corso del progetto partecipativo si impegnano a dare esecuzione, sviluppare e monitorare le azioni strategiche individuate dal percorso come necessarie per la rigenerazione degli spazi pubblici del rione di San Lorenzo e del complesso di Sant’Orsola.

Seguirà la tavola rotonda tra i rappresentanti dei diversi comparti dell’amministrazione pubblica per discutere gli aspetti delle azioni strategiche prodotte dal progetto partecipativo in base alle specifiche competenze di ciascun ente. Parteciperanno alla discussione: Vittorio Bugli, Assessore alla Partecipazione della Regione Toscana; Cecilia Del Re, Assessora all’urbanistica, ambiente e turismo del Comune di Firenze; Alessia Bettini, Assessora ai lavori pubblici, manutenzione e decoro, partecipazione, cittadinanza attiva, beni comuni del Comune di Firenze; Monica Marini, Delegata alla pianificazione territoriale di coordinamento e al patrimonio della Città Metropolitana di Firenze; Giacomo Parenti, Direttore generale della Città Metropolitana di Firenze.

Prima delle conclusioni, affidate al Dott. Emanuele Salerno, del coordinamento Santorsolaproject, ci sarà ampio spazio per gli interventi del pubblico e dei rappresentanti delle associazioni firmatarie del protocollo d’intesa.”

Tutti i materiali del progetto partecipativo sono consultabili sul sito Open Toscana Partecipa, alla pagina dedicata al «Laboratorio San Lorenzo»: http://open.toscana.it/web/laboratorio-san-lorenzo/home

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