Firenze: “Dieci storie proprio così-Terzo atto” al Niccolini

Martedì 19 marzo, ore 21, e mercoledì 20 marzo, ore 10, arriva al Teatro Niccolini di Firenze Dieci storie proprio così – Terzo atto, una ‘ragionata’ provocazione contro quella rete mafiosa, trasversale e onnipresente, che vorrebbe sconfitta la coscienza collettiva, la capacità di capire e reagire. È lo svelamento dei complessi legami che si intrecciano tra economia “legale” ed economia “criminale”, legami che uccidono il libero mercato e minacciano gravemente il nostro futuro.

Da un’idea di Giulia Minoli, drammaturgia di Emanuela Giordano e Giulia Minoli, regia di Emanuela Giordano. Una produzione Teatro di Roma, Teatro Stabile di Napoli, ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione, Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani Onlus, in collaborazione con Teatro Stabile di Torino e Co2 Crisis Opportunity Onlus.

Emanuela Giordano e Giulia Minoli sono partite nel 2012 scavando nella memoria, per ricordare chi ha combattuto le mafie. Questo inizio costituisce l’ossatura imprescindibile della loro esperienza. Da allora hanno viaggiato in tutta Italia, approfondendo il tema della lotta alla criminalità organizzata grazie all’aiuto di alcune università italiane e ai tanti testimoni che hanno raccontato le loro storie.

Per questa ragione hanno deciso di concentrarsi sul presente, su ciò che accade ora e su quello che ognuno di noi può realmente fare, assumendoci la responsabilità di un cambiamento faticoso, difficile, ma irrinunciabile. Si è affrontato il tema della scelta.

Storie e riflessioni che sintetizzano la complessità di un problema che non può più essere affrontato tracciando con sicurezza una linea di demarcazione tra chi è ‘contaminato’ e chi non lo è.

La criminalità organizzata si sta appropriando della nostra economia e noi non ce ne siamo accorti? È una forma di distrazione di massa o siamo complici? Cambia la logica del merito, del diritto, cambiano le regole del profitto e del mercato e siamo incapaci di reagire, ammutoliti e stanchi. Dieci storie proprio così – Terzo Atto con Maria Chiara Augenti, Daria D’Aloia, Vincenzo d’Amato, Valentina Minzoni, Alessio Vassallo, e con Tommaso Di Giulio alle chitarre, Paolo Volpini alla batteria (musiche originali di Tommaso Di Giulio), traccia il profilo di personaggi collusi, grazie alla loro complicità le mafie hanno potuto infiltrarsi in tutti i settori dell’economia, e non solo di quella.

Ma non è con il disincanto che possiamo combatterli. Non è l’assenza di impegno a salvarci. Per fortuna c’è chi si oppone, rischia, denuncia, indica alternative fattibili a questo degrado. C’è chi sceglie. Dieci storie proprio così – Terzo Atto vuole raccontare un’Italia poco conosciuta: il sindaco che combatte le logiche mafiose che intossicano la sua città, il commercialista che contrasta il rapporto tra aziende e denaro sporco, il giornalista, il collaboratore di giustizia, il testimone. Si intende far conoscere le strategie di impegno di un gruppo di liceali, la sfida di alcuni imprenditori, un’Italia viva di aziende, università, comunità che propongono un modo diverso di concepire le risorse economiche, gli spazi comuni, la nostra stessa esistenza.

Possiamo farlo anche noi. Stare insieme, in teatro, può aiutarci a imparare.

Le Storie

Bruno Caccia: procuratore della repubblica di Torino, ucciso dalla ‘ndrangheta nel giugno del 1983. La controversa storia dell’unico omicidio di ‘ndrangheta nel nord Italia lascia trasparire in filigrana la fitta rete di relazioni che negli anni Ottanta connetteva alcuni membri della criminalità organizzata calabrese a esponenti delle istituzioni e della magistratura piemontese.

Cortocircuito: è un’associazione culturale antimafia di Reggio Emilia, formata da studenti universitari. Nasce nel 2009 come giornalino studentesco indipendente e web-tv per le scuole. Attraverso delle video-inchieste e dei reportage ha messo in luce la penetrazione della criminalità organizzata di stampo mafioso nel territorio.

Giovanni Tizian: è un giornalista calabrese, emigrato in Emilia Romagna dopo l’omicidio del padre, un funzionario di banca che non si era piegato alla ‘ndrangheta. Laureato in criminologia presso l’Università di Bologna, ha iniziato a scrivere con la ‘Gazzetta di Modena’ nel 2006 conducendo inchieste sulle infiltrazioni mafiose nel territorio. Dal 2011 vive sotto scorta.

Gaetano Saffioti: imprenditore edile calabrese. Per anni subisce le violenze della ‘ndrangheta, fino a quando decide di denunciare per riconquistare la propria libertà, diventando testimone di giustizia. La sua denuncia ha contribuito all’arresto di molti boss della Piana di Gioia Tauro. Oggi vive sotto scorta, ma continua a lavorare in Calabria.

Gabriella Augusta Maria Leone: Sindaco di Leinì, comune in provincia di Torino. La storia di un rinnovato impegno politico e sociale in un comune precedentemente sciolto per infiltrazioni mafiose.

Maria Stefanelli: la prima donna collaboratrice di giustizia contro la ‘ndrangheta al nord appartenente a famiglie mafiose. Vive con la figlia sotto protezione dello Stato ed è testimone al maxiprocesso Minotauro, che indaga le infiltrazioni delle cosche calabresi in Piemonte.

Sanitaensamble: orchestra giovanile attiva nel Rione Sanità di Napoli – un quartiere spesso associato a storie di degrado e marginalità – che offre a bambini, adolescenti e giovani una formazione musicale di alto profilo.

Federica Angeli: giornalista di La Repubblica che vive ad Ostia, il municipio di Roma sciolto nel 2015 per infiltrazioni mafiose. Per le sue coraggiose indagini e denunce oggi vive sotto scorta.

Cooperativa sociale La paranza: nata nel 2006 da un gruppo di ragazzi e ragazze del Rione Sanità di Napoli, ha contribuito alla riscoperta e alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale del quartiere. Negli anni hanno progettato e sviluppato percorsi formativi e processi di inserimento lavorativo, di scambio e di networking fra persone, enti ed associazioni.

Fiume in piena: un movimento popolare che raccoglie cittadini, studenti, associazioni, rappresentanze sociali e territoriali provenienti dal triangolo della Terra dei Fuochi, in prima linea nella lotta per la salvaguardia dell’ambiente contro gli abusi della criminalità organizzata.

La fattoria di Masaniello Ristorante – Pizzeria Etica: nasce nel quartiere Pilastro di Bologna e coinvolge lavoratori svantaggiati e una rete di associazioni e cooperative del territorio con cui mette in campo attività educative, formative e culturali. Per la sua cucina utilizza prodotti realizzati da cooperative sociali che lavorano su terreni confiscati alle mafie, presidi Slow Food, aziende antiracket o che operano in carcere.

L’Associazione Figli in Famiglia: ha creato un centro di aggregazione minorile in un appartamento confiscato al clan Mazzarella a San Giovanni a Teduccio, periferia est di Napoli.

Nicoletta Polifroni: calabrese, ha studiato legge a Bologna. Nel 1996 suo padre, un imprenditore edile, è stato ucciso dalla ‘ndrangheta perché si rifiutava di pagare il pizzo.

Tamara Ianni: collaboratrice di giustizia e testimone chiave nel processo al clan Spada. Per le sue dichiarazioni oggi vive con la sua famiglia in una località protetta.

“Il Palcoscenico della legalità” è un progetto sperimentale di collaborazione tra teatri, istituti penitenziari minorili, scuole, università e società civile. Sono coinvolte le maggiori Istituzioni teatrali d’Italia, le associazioni impegnate nell’antimafia e quelle che lavorano per il riutilizzo sociale dei beni confiscati.

Il progetto nasce nella sua prima forma di spettacolo, Dieci storie proprio così, dall’incontro con decine di familiari di vittime innocenti di mafia, camorra, criminalità e con i responsabili di cooperative e associazioni che sulle terre confiscate alla mafia hanno costruito speranze, lavoro, accoglienza, idee. Lo spettacolo, in seguito a questo primo traguardo, è diventato strumento di riflessione sul come strutturare un rapporto continuativo e di scambio benefico tra istituzioni pubbliche e private perché insieme si apprenda un nuovo alfabeto civile. Da allora nelle scuole sono stati attivati laboratori propedeutici alla visione dello spettacolo (più di 40.000 gli studenti coinvolti).

Il linguaggio e le tecniche teatrali sono diventati strumento per imparare il lavoro di squadra, ma soprattutto per ragionare sulla nostra responsabilità individuale e collettiva riguardo a logiche e culture mafiose.

Attualmente l’attività formativa è in corso in Toscana e nelle scuole di altre nove regioni italiane.

Parallelamente si è sviluppato il progetto di formazione sui mestieri del teatro negli Istituti Penitenziari Minorili di Airola (BN) e Malaspina (PA), da cui sono nati gli spettacoli Aspettando il tempo che passa nel carcere di Airola, Fiesta al Malaspina di Palermo e il brano rap Puortame là fore interpretato da Lucariello e Raiz. Nel 2017 è stato realizzato un film documentario, coprodotto da Jmovie e Rai Cinema, che percorre le tappe del progetto. La rete di associazioni che oggi sostiene le varie fasi di questo esperimento nasce dalla volontà di Giulia Minoli, con The Co2 Crisis Opportunity Onlus, di creare un legame virtuoso di progettualità e collaborazione.

Firenze:

INFO:

Teatro della Pergola, via della Pergola 30, Firenze

055.0763333

biglietteria@teatrodellapergola.com.

Dal lunedì al sabato: 9.30 / 18.30

Biglietteria serale

A partire da un’ora prima degli spettacoli presso la biglietteria del Teatro Niccolini, via Ricasoli 3, Firenze.

Pergola: Marco Sciaccaluga dirige “John Gabriel Borkman”

Al Teatro della Pergola di Firenze, da martedì 20 a domenica 25 novembre, Marco Sciaccaluga dirige Gabriele Lavia, Laura Marinoni, Federica Di Martino, in John Gabriel Borkman di Henrik Ibsen

Un’analisi lucida, filosofica e poetica, ma anche concretamente feroce e tragicomica, del destino che fa di ognuno un prevaricatore, un umiliato e offeso, che fa di ogni affermazione vitale anche un gesto di violenza. Una produzione Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Napoli, Fondazione Teatro della Toscana. “Mi sono soffermato su un’ambientazione di stampo contemporaneo – afferma Sciaccaluga – con l’illusione di riuscire a parlare con più veemenza al tempo presente. Inoltre, mi sono concentrato sul rapporto tra i vari personaggi, cercando di togliere ogni tipo di pateticismo o di melodramma. Credo che sia uno spettacolo – continua – basato su un’idea molto antica: l’uomo è crudele all’uomo, ovvero ogni essere umano è nemico di ogni altro essere umano.”

In scena ci sono anche Roberto Alinghieri, Giorgia Salari, Francesco Sferrazza Papa, Roxana Doran. La versione italiana è di Danilo Macrì, le scene e costumi di Guido Fiorato, le musiche di Andrea Nicolini, le luci di Marco D’Andrea.

Giovedì 22 novembre, ore 18, Gabriele Lavia, Laura Marinoni, Federica Di Martino e la Compagnia incontrano il pubblico. Coordina Matteo Brighenti. L’ingresso è libero fino a esaurimento dei posti disponibili. Inoltre, sabato 24 novembre, ore 10:30, Gabriele Lavia dialoga con Marco Giorgetti, direttore generale del Teatro della Toscana, su Dignità e Teatro, all’interno del ciclo Sulla scia dei giorni, ideato e promosso alla Pergola da Fondazione CR Firenze, mentre lunedì 26 novembre, ore 21:30, Lavia incarna Amleto in AmletOHamlet. In ambiente elettronico diretto da Giancarlo Cauteruccio al Tenax Theatre.

 

Edvard Munch lo definì “il più potente paesaggio invernale dell’arte Scandinava”. Ma il freddo dell’inverno, nella vicenda scabrosa e claustrofobica di John Gabriel Borkman, scritto da Henrik Ibsen nel 1896, è tutto interiore, dell’anima. Un’opera complessa, austera, inquieta, e di raffinata bellezza, per quei ritratti umani, per i dialoghi che possono essere attuali e al tempo stesso eterni.

Affidato all’interpretazione di tre grandi attori, a partire da Gabriele Lavia come protagonista, con Laura Marinoni e Federica Di Martino, il Borkman diretto da Marco Sciaccaluga al Teatro della Pergola di Firenze da martedì 20 a domenica 25 novembre fa esplodere le ambizioni di un secolo, l’Ottocento, intriso di superomismo e idealismo, di simbolismo e psicopatologia, ma che già svela, in nuce, i grandi traumi del Novecento. E forse di oggi. Una produzione Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Napoli, Fondazione Teatro della Toscana.

 

“Non ci troviamo davanti a una tragedia, piuttosto si tratta di un dramma grottesco: John Gabriel Borkman – afferma Marco Sciaccaluga ad Angela Consagra sul foglio di sala dello spettacolo – è un super uomo ridicolo e con certe caratteristiche perfino nietzschiane, si può dire; in realtà, lui è un uomo ossessionato da una mitologia assurda che si identifica con una produzione di tipo venale: la corsa economica, con la convinzione di creare felicità nell’uomo, rinunciando, invece, a ciò che è davvero essenziale nella vita: l’amore.”

 

Borkman è un self-made man: per lui conta la carriera, a tutti i costi. Brillante banchiere incorso in un fallimento finanziario di grandi dimensioni, da genio della finanza si ritrova a essere un fallito. Toccato dal disonore di otto anni di carcere, dissolta la stima degli altri nei suoi confronti, non sembra però disposto a considerarsi un vinto e continua a non avere dubbi sul valore demiurgico di quella che lui considera la sua missione. Si sente un creatore finanziario, quasi un artista della finanza, per la potenza visionaria del suo intendere. Ha rubato, sì, ma non per sé. Lo ricorda lo storico del teatro Roberto Alonge: Borkman ruba “perché si sente il portavoce del progresso, è l’angelo sterminatore del vecchio mondo precapitalistico”. In scena ci sono anche Roberto Alinghieri, Giorgia Salari, Francesco Sferrazza Papa, Roxana Doran.

 

“È un testo contro i totalitarismi dell’anima – riflette Sciaccaluga – tutti i personaggi sono talmente tormentati dalla realizzazione dei propri insensati desideri che vengono portati a negare un principio fondamentale dell’essere: la libertà e quindi l’ascolto degli altri. Certamente il contrasto tra maschile e femminile in questo testo è molto forte; la narrazione, per citare Bergman, è costituita da tante “scena da un matrimonio” dove il conflitto è l’unica forma di comunicazione che possa esistere tra l’uomo e la donna.”

 

Borkman si è chiuso in casa, in attesa della “grande occasione”. Piero Gobetti descrisse il teatro di Ibsen come “l’itinerario dell’eroe in cerca del suo ambiente”: e qui l’ambiente è condiviso da due sorelle, entrambe presenti nella vita dell’uomo. La moglie, Gunhild Borkman (Laura Marinoni), in un matrimonio freddo, aspro e irrisolto; e il primo amore, Ella Rentheim (Federica Di Martino), cui Borkman ha rinunciato per interesse. È uno scontro, è un abisso. Afferma ancora Alonge: “è l’universo della Cultura (che vuol dire repressione) contro la vita dell’istinto, della carne, della felicità”. La versione italiana è di Danilo Macrì, le scene e costumi di Guido Fiorato, le musiche di Andrea Nicolini, le luci di Marco D’Andrea.

 

Conclude Marco Sciaccaluga: “Mi sono soffermato su un’ambientazione di stampo contemporaneo, rinunciando alle atmosfere tipiche del mondo ottocentesco, proprio con l’illusione di riuscire a parlare con più veemenza al tempo presente. Le scelte musicali sono quasi provocatorie, nel senso che, per esempio, si sente la musica di un artista come Tom Waits e lui sa raccontare bene il lato grottesco dell’animo umano. Inoltre – prosegue – mi sono concentrato sul rapporto tra i vari personaggi, cercando di togliere ogni tipo di pateticismo o di melodramma. Credo sia uno spettacolo basato su un’idea molto antica: l’uomo è crudele all’uomo, ovvero ogni essere umano è nemico di ogni altro essere umano.”

Federica Di Martino, Gabriele Lavia, Laura Marinoni

 

Intervista a Marco SCIACCALUGA

di Angela Consagra

 

Che tipo di eroe è, secondo Lei, John Gabriel Borkman?

“È un eroe ridicolo… Abbiamo lavorato insieme a Gabriele Lavia, Laura Marinoni, Federica De Martino e il resto della compagnia su questo grande capolavoro di Ibsen, accorgendoci di quanto possa essere stupefacente il confronto tra il testo e la nostra contemporaneità. Alla fine non ci troviamo davanti a una tragedia, piuttosto si tratta di un dramma grottesco: Borkman è un super uomo ridicolo e con certe caratteristiche perfino nietzschiane, si può dire; in realtà, lui è un uomo ossessionato da una mitologia assurda che si identifica con una produzione di tipo venale: la corsa economica, con la convinzione di creare felicità nell’uomo, rinunciando, invece, a ciò che è davvero essenziale nella vita: l’amore. Nel testo è presente una battuta lancinante: Borkman dice alla sua ex amante, forse l’unico amore della sua vita, che “se c’è una buona ragione per farlo, una donna può essere sempre sostituita con un’altra…” Ecco perché Borkman può dirsi ‘un eroe ridicolo’ o meglio ‘grottesco’, questa è la definizione più corretta.”

 

Forse l’aspetto più affascinante è che John Gabriel Borkman si identifica come un testo sul potere e le sue implicazioni, ma allo stesso tempo costituisce anche una fonte di riflessione sul rapporto tra femminile e maschile…

“Sì, non c’è dubbio; il testo è caratterizzato da un totale fraintendimento del destino identitario dell’uomo che acquista un senso solo quando è capace di raggiungere il potere e il comando, un’autorevolezza totalitaria dell’essere. E ciò vale anche per le donne: nonostante Ibsen sia stato un autore quasi protofemminista – Ibsen ha scritto dei personaggi femminili straordinari – in quest’opera vige comunque nelle donne un’ossessione legata al potere. Questo discorso, per esempio, si ritrova nella figura della madre in rapporto con il figlio, attraverso il quale lei sogna insensatamente di riscattare le colpe del padre, oppure nel personaggio dell’amante e seconda madre che ha il desiderio altrettanto insensato di possedere Borkman affettivamente. È un testo contro i totalitarismi dell’anima, tutti i personaggi sono talmente tormentati dalla realizzazione dei propri insensati desideri, che vengono portati a negare un principio fondamentale dell’essere: la libertà e quindi l’ascolto degli altri. Certamente il contrasto tra maschile e femminile in questo testo è molto forte; la narrazione, per citare Bergman, è costituita da tante “scena da un matrimonio” dove il conflitto è l’unica forma di comunicazione che possa esistere tra l’uomo e la donna.”

 

John Gabriel Borkman è un classico; in che modo questo testo è capace di ricondurci alla nostra attualità?

“Noi viviamo in una società allarmante in cui abbiamo, soprattutto attraverso l’uso dei social media, l’illusione di parlarci gli uni con gli altri. In realtà, questo nostro mondo rappresenta la mitologia dell’individualismo: non viviamo in una società che comunica, anzi, nella nostra collettività ognuno individualmente, e anche un po’ apocalitticamente, emana i propri editti. In questo senso, un’opera come John Gabriel Borkman costituisce un ritratto assai amaro del mondo attuale.”

 

E dal punto di vista della regia, qual è l’idea che ha perseguito?

“Mi sono soffermato principalmente su un’ambientazione di stampo contemporaneo, rinunciando così alle atmosfere tipiche del mondo ottocentesco, proprio con l’illusione di riuscire a parlare con più veemenza al tempo presente. Le scelte musicali sono quasi provocatorie, nel senso che, per esempio, si sente la musica di un artista come Tom Waits e lui sa raccontare bene il lato grottesco dell’animo umano. Inoltre mi sono concentrato anche sul rapporto tra i vari personaggi, cercando di togliere ogni tipo di pateticismo o di melodramma. Credo sia uno spettacolo basato su un’idea molto antica: l’uomo è crudele all’uomo, ovvero ogni essere umano è nemico di ogni altro essere umano.”

 

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