🎧 Teatro della Pergola, Firenze e Teatro Era d Pontedera, nuova stagione

Firenze, lanciata la campagna abbonamenti della nuova stagione Pergola-Era, che vede in cartellone un totale di 23 appuntamenti, di cui 15 al Teatro della Pergola a Firenze e 8 al Teatro Era di Pontedera, e altri eventi collaterali per il saloncino ‘Paolo Poli’ della Pergola.

Si inizia il 28 dicembre con il primo spettacolo in abbonamento alla Pergola con Maria Amelia Monti e Marina Massironi nella commedia ‘Il marito invisibile’. Il teatro Era, invece, parte il 4-5 dicembre con ‘Io Sarah, io Tosca’ in cui Laura Morante è Sarah Bernhardt, l’attrice cui Victorien Sardou dedicò La Tosca.

In podcast l’intervista al presidente della Fondazione Teatro della Toscana, Tommaso sacchi e il presidente del Teatro Era Antonio Chelli, a cura di Gimmy Tranquillo.

Il teatro civile sarà portato in scena da Stefano Accorsi con il debutto di ‘Storia di 1’; da Fabrizio Gifuni in ‘Con il vostro irridente silenzio’, uno studio sulle lettere dalla prigionia e sul Memoriale di Aldo Moro.

Ferzan Özpetek poi porta a teatro la sua ‘Ferzaneide’, un viaggio sentimentale attraverso il racconto dei suoi ricordi, e la trasposizione del film Mine vaganti. Il teatro classico, invece, è rappresentato da Glauco Mauri e Roberto Sturno con ‘Il canto dell’usignolo’, poesie e monologhi di Shakespeare; da Monica Guerritore con ‘L’anima buona’ di Sezuan di Brecht, da Gabriele Lavia con ‘Il berretto a sonagli’ di Pirandello.

A Elio Germano si deve la sperimentazione di ‘Così è (o mi pare)’, una riscrittura per realtà virtuale dell’opera di di Pirandello, programmato nel saloncino ‘Paolo Poli’.

Tra gli artisti internazionali presenti in cartellone Bob Wilson e CocoRosie che presentano Jungle Book; Emmanuel Demarcy-Mota che dirige Six Personnages En Quête D’Auteur di Pirandello.

 

Al Teatro Era “The Deep Blue Sea”, con Luisa Ranieri

Al Teatro Era di Pontedera, oggi alle 21 e domani alle 17.30, Luca Zingaretti dirige Luisa Ranieri in “The Deep Blue Sea”, capolavoro di Terence Rattigan, tra i più popolari drammaturghi inglesi del XX secolo. Una straordinaria storia d’amore e di passione, con uno dei più grandi ruoli femminili mai scritti nella drammaturgia contemporanea.

Sir Terence Mervyn Rattigan, (10 giugno 1911 – 30 novembre 1977) nasce a Londra, nel quartiere di South Kensinghton, da una famiglia di estrazione protestante. Suo nonno era Sir William Henry Rattigan, suo padre, un diplomatico. Non stupisce, quindi, che i suoi lavori siano ambientati in quella che potremmo definire la “upper middle class”. Sir Rattigan si definiva un “omosessuale inquieto” e un outsider. Nelle sue pièce amava trattare “problemi di frustrazione sessuale, relazioni fallite e adulteri” e rappresentare un mondo di repressioni e reticenze.”The Deep Blue Sea” è una pièce sulle infatuazioni e gli innamoramenti che sconvolgono mente e cuore.

L’amore folle che tutto travolge, a cominciare dal più elementare rispetto di se stessi. Cosa siamo capaci di fare per inseguire l’oggetto del nostro amore? E com’è possibile che, pur di raggiungerlo, siamo disposti a sacrificare qualunque cosa? È una storia di strade perse e ritrovate, di fatalità e indeterminatezze che risolvono, ma, soprattutto, “The Deep Blue Sea” è una storia sulla casualità delle vite umane. Rattingan disegna personaggi di potenza straordinaria e forza assoluta. In mezzo a loro emerge, come una regina, la protagonista, Hester Collyer Page, che incarna l’essenza stessa della capacità di amare, resistere e rinascere delle donne. Una produzione Zocotoco Srl, Teatro di Roma, Fondazione Teatro della Toscana.

La storia, che si svolge durante l’arco di un’unica giornata, inizia con la scoperta, da parte dei suoi vicini di appartamento, del fallito tentativo di Hester Collyer di togliersi la vita con il gas. La donna ha lasciato il marito, facoltoso e influente giudice dell’Alta Corte, perché innamorata del giovane Freddie Page: un contadino, ex pilota della Raf, ormai dedito all’alcool. La relazione, nata sull’onda della passione e della sensualità, si è, però, andata raffreddando. Le difficoltà economiche (Freddie è da tempo disoccupato) e le differenze di età e ceto hanno logorato il rapporto, lasciando Hester sfinita e disperata. Lo shock per il tentato di suicido di Hester e la discussione che ne segue non migliorano le cose. A complicare il tutto, nel pomeriggio, arriva la notizia che Freddie ha, finalmente, trovato lavoro come collaudatore di aerei: dovrà, però, trasferirsi in South Carolina.

Alla fine della giornata, grazie all’intercessione di Mr. Miller (un inquilino del palazzo, ex dottore, radiato dall’albo per ragioni sconosciute) Hester, per continuare a vivere, sarà costretta a prendere una decisione particolarmente difficile. Questi due reietti, emarginati dalla società per il loro eccessivo “amare”, si scopriranno legati da una curiosa e commovente solidarietà. 

Tutti i dettagli su www.teatroera.it. Biglietti 20 euro intero, 18 euro ridotto.

Al Teatro Era La Compagnia Luca de Filippo con “Ditegli sempre di sì”

Sabato 22 e domenica 23 febbraio al Teatro Era (Pontedera), è di scena una delle opere più emozionanti di Eduardo: “Ditegli sempre di sì”. La regia, firmata dal magistrale Roberto Andò, ne mette in risalto i lati più affascinanti e imprendibili, grazie all’interpretazione degli attori della Compagnia Luca De Filippo: Carolina Rosi, Gianfelice Imparato, Edoardo Sorgente e tanti altri. 

Si tratta di una commedia in bilico tra la pochade e un vago pirandellismo, un congegno bizzarro, in cui Eduardo De Filippo si applica a variare il tema della normalità e della follia, consegnando al personaggio di Michele Murri, il protagonista, i tratti araldici della sua magistrale leggerezza. Via via che ci si avvicina al finale, il fantasma delle apparenze assume un andamento beffardo, sino a sfiorare, nel brio del suo ambiguo e iperbolico disincanto, una forma spiazzante.

“Ditegli sempre di sì” è uno dei primi testi scritti da Eduardo De Filippo. Si tratta di un’opera vivace, colorata, il cui protagonista, Michele Murri, è un pazzo metodico, con la mania della perfezione. Una commedia molto divertente che, pur conservando le sue note farsesche, suggerisce serie riflessioni sul labile confine tra salute e malattia mentale. Gianfelice Imparato interpreta il ruolo di Michele Murri, Carolina Rosi è sua sorella Teresa, la regia è affidata a Roberto Andò, qui alla sua prima esperienza eduardiana.

“L’intreccio è di una semplicità disarmante – afferma Andò – e si direbbe che l’autore si sia programmaticamente nascosto dietro la sua evanescenza, per dissimulare l’inquietudine e la profondità che vi stava insinuando. Come se ne avesse pudore o paura. Ecco la storia: un pazzo, erroneamente congedato come guarito dal manicomio che lo ha ospitato, torna a casa dalla sorella Teresa e inizia, lucidamente, furiosamente, a sperimentare e stravolgere gli effetti della cosiddetta normalità”.

La prima versione della commedia risale al 1925, ed è dunque la prima volta che in un lavoro di Eduardo compare il tema della follia. Nonostante il grande successo tributatole negli anni della compagnia Scarpetta prima e nelle stagioni del Teatro Umoristico poi, come altre commedie dei “giorni pari”, “Ditegli sempre di sì”, a un certo punto, venne messa da parte. Probabilmente, per attenuare, dopo la separazione artistica dei due fratelli De Filippo, il ricordo dell’interpretazione di Peppino nei panni di Luigi Strada, lo studente pazzo di teatro. Come il Bernhard di Minetti, anche Eduardo crede infatti che il rapporto tra l’attore e la pazzia sia insito nell’arte drammatica.

“È da notare – osserva Roberto Andò – come, pur facendo molto ridere, a partire da certi anni, “Ditegli sempre di sì” sia stata sempre definita una “commedia dolorosa”. Frutto di successive elaborazioni e, per un certo tempo, nel suo derivare dalla farsa scarpettiana, lasciata aperta all’improvvisazione, Eduardo provvide a darne una versione definitiva e italianizzata in occasione della sua regia televisiva del 1962, in cui, a mio parere, rivestendo ancora una volta i panni del protagonista, si produsse – commenta – in una delle sue più grandi interpretazioni”.

In “Ditegli sempre di sì”, la pazzia di Michele Murri è vera: è stato per un anno in manicomio, e solo la fiducia di uno psichiatra ottimista gli ha permesso di ritornare alla vita normale. Michele è un pazzo tranquillo, socievole, cortese, all’apparenza un uomo normalissimo, ma in verità la sua follia è più sottile, perché consiste essenzialmente nel confondere i suoi desideri con la realtà che lo circonda: eccede in ragionevolezza, prende tutto alla lettera, ignora l’uso della metafora, puntualizza e spinge ogni cosa all’estremo.

“Il tema della pazzia ha sempre offerto spunti comici o farseschi, ma di solito – precisa Andò – è giocato a rovescio, con un sano che si finge pazzo. Invece, in “Ditegli sempre di sì”, il protagonista è realmente pazzo: da qui, il dolore e il senso di minaccia che pervadono l’opera. Tra porte che si aprono e si chiudono, equivoci, fraintendimenti, menzogne, illusioni, bovarismi, lo spettatore – continua – si ritrova in un clima sospeso tra la surrealtà di Achille Campanile e un Pirandello finalmente privato della sua filosofia, irresistibilmente proiettato nel pastiche”.

Tornato a casa dalla sorella Teresa, Michele si trova a fare i conti con un mondo assai diverso dagli schemi secondo i quali è stato rieducato in manicomio. Il luogo dove siamo convocati è il tipico interno piccolo-borghese di Eduardo, il salottino, che subito diviene lo specchio scheggiato della follia del protagonista, l’antro in cui la sua mente può elaborare, manipolare, distorcere i ragionamenti e i sofismi di chi gli viene a tiro, scardinandone la fragilità e la vanità.

Ditegli sempre di sì

“Sarebbe facile dire che Michele Murri ci è vicino, e affermare – continua Roberto Andò – che il suo continuo attentare alla logica, il suo modo di vigilare sullo sguardo degli altri, il suo deviare continuo dal senso delle parole e delle intenzioni, assumendone la letteralità, è un filtro che, prima o poi, ognuno di noi ha temuto o desiderato. Come sarebbe anche facile dire che Michele, come ogni pazzo che si rispetti, è un forsennato contestatore della vita e del suo senso. Alla fine – conclude – la questione è la stessa che, anni dopo, il genio di Thomas Bernhard riassumerà in una scarna e micidiale domanda: è una commedia? È una tragedia?”.

 

Tutti i dettagli su www.teatroera.it. Biglietti 20 euro intero, 18 euro ridotto.

“The Night Writer” arriva al Teatro Era

Al Teatro Era di Pontedera, venerdì 14 febbraio, alle 21 arriva l’attesissimo “The Night Writer” dell’artista fiammingo Jan Fabre, con protagonista una delle figure del teatro e del cinema italiano più apprezzate del momento, Lino Musella, che per questo ruolo è stato insignito del Premio UBU 2019 come miglior attore.

“The Night Writer. Giornale notturno” è un autoritratto. Jan Fabre di notte scrive, disegna e raccoglie, come in un flusso, i suoi pensieri sull’arte e sul teatro, sul senso della vita, sulla famiglia, sul sesso, sull’amore: dai vent’anni di un giovane di provincia, sino alla maturità dell’artista, celebrato in tutto il mondo. Come in una confessione, un mettersi a nudo con spregiudicatezza, con ironia e crudeltà, il copione raccoglie diverse pagine dei diari personali dell’autore, oltre abrani tratti dai suoi scritti per il teatro: La reincarnazione di Dio’ (1976), ‘L’Angelo della Morte’ (1996), ‘Io sono un errore’ (1988), ‘L’imperatore della perdita’ (1994), ‘Il Re del plagio’ (1998), ‘Corpo, servo delle mie brame, dimmi…’ (1996), ‘Io sono sangue’ (2001), ‘La storia delle lacrime’ (2005), ‘Drugs kept me alive’ (2012).

La lettura del diario – spiega il traduttore Franco Paris – ci introduce alle molteplici, contraddittore e intriganti sfaccettature di Jan Fabre, che si rivela di volta in volta visionario, disarmante e scaltro, pungente e commovente, provocatorio ed esitante, sovversivo e orgoglioso della propria tradizione figurativa fiamminga. Emerge poi un’evidente e significativa discrepanza tra la vita del giorno, ricca comunque di impressioni, sensazioni, lavoro, performance, mostre, progetti e quella – se possibile, ancora più intensa – della notte, intima, lacerante, sconvolgente, colma di furia creativa, ora meditativa, ora “sanguigna”. L’affermazione di una curiosità senza limiti e di un’inesauribile energia ruotano già in queste pagine intorno al ruolo del corpo, un corpo che è nel contempo spirituale e materiale, culturale e viscerale, sede del pensiero ma anche di sangue, urina, sperma, nucleo dell’eterno flusso di nascita-morte-rinascita. Un ritratto al rosso, profondo e coinvolgente.

Un’immagine tratta dallo spettacolo di “The Night Writer”

Le musiche dello spettacolo sono state realizzate dal musicista Stef Kamil Carlens, fondatore della band dEUS e leader degli Zita Swoon Group.  

Jan Fabre(Anversa, 1958) è artista visivo, regista e autore teatrale, da quarant’anni tra le figure più innovative della scena internazionale. Le sue opere sono state presentate nelle più importanti rassegne internazionali, tra cui la Biennale di Venezia, la Biennale di Lione, la Biennale di San Paolo, dOCUMENTA a Kassel. È il primo artista a cui il Museo del Louvre dedica un’importante mostra monografica (L’ange de la metamorphose, 2008). Negli ultimi anni, sono state allestite in Italia diverse personali dedicate alla sua opera: tra le più importanti ricordiamo quella di Palazzo Benzon di Venezia (Anthropology of a planet, 2007), del MAXXI di Roma (Jan Fabre. Stigmata, 2013) e quella realizzata nel centro storico di Firenze (Spiritual guards, 2016).

Tra le recenti pubblicazioni in Italia: Giornale notturno III (1992-1998), Edizioni Cronopio, Napoli, 2019, il terzo di tre volumi che raccolgono i diari personali dell’artista. Per Editoria&Spettacolo è uscito a marzo 2019 Jan Fabre. Teatro I primo volume di un progetto editoriale per la pubblicazione di tutti i testi per il teatro.

Lino Musella(Napoli, 1980), Premio Hystrio Anct 2015, ha lavorato tra gli altri con Antonio Latella, Mario Martone, Valter Malosti, Serena Sinigaglia; ha recitato nelle serie tv  ‘The Young Pope’  di Paolo Sorrentino e  ‘Gomorra’. Dal 2009 anima, con Paolo Mazzarelli, la Compagnia Musella Mazzarelli, con la quale ha dato vita agli spettacoli  ’Due Cani-ovvero la tragica farsa di Sacco e Vanzetti’ (2009), ’Figlidiunbruttodio’ (Premio In-box 2010), ’Crack Machine’ (2011), ’La Società-Tre atti di umana commedia’ (2012), ‘Strategie Fatali’ (Premio Hystrio alla Drammaturgia 2016), ‘Who’s the King'(2018).

Stef Kamil Carlens (Anversa, 1970) è compositore, cantante, musicista. Fonda nel 1991 con Tom Barman la band dEUS, che raggiunge il successo internazionale con Worst Case Scenarionel 1994. Nel 1996 lascia il gruppo dEUS e fonda la bandZita Swoon; collabora con musicisti della scena belga, quali Tom Pintens, Bjorn Eriksson, Tomas De Smet, Aarich Jespers. Carlens è anche artista visivo e compositore di musiche per il teatro.

Teatro Era

Via Indipendenza, s.n.c. – Pontedera (Pisa)

Mail: teatroera@teatrodellatoscana.it – Telefono: 0587.213988

“Le Signorine” Isa Danieli e Giuliana De Sio in scena al Teatro Era

Domani alle 21 e domenica 8 dicembre alle 17.30, in scena al Teatro Era (Pontedera) “Le Signorine”, una commedia di Gianni Clementi che sa sfruttare abilmente la comicità che si cela dietro al tragico quotidiano, soprattutto grazie a due attrici come Isa Danieli e Giuliana De Sio, dirette da Pierpaolo Sepe, che trasformano i litigi e le miserie delle due sorelle, in occasioni continue di gag e di risate. La voce del mago è di Sergio Rubini.

Oggi invece alle 17.15 nell’atrio di Palazzo Stefanelli su Corso Matteotti, le due protagoniste de “Le Signorine” saranno presenti all’inaugurazione del progetto di allestimento di Pontedera in vista delle festività natalizie. Presenti il Sindaco Matteo Franconi, il Presidente del Consiglio Comunale Eugenio Giani.

“Nella loro veracità napoletana, Rosaria e Addolorata sanno farci divertire e commuovere, raccontando con grande ironia, gioie e dolori della vita familiare. Un testo irriverente e poetico che ci ricorda come la famiglia sia il luogo dove ci è permesso dare il peggio di noi, senza il rischio di perdere i legami più importanti. Due sorelle zitelle, offese da una natura ingenerosa, trascorrono la propria esistenza in un continuo e scoppiettante scambio di accuse reciproche.

È in una piccola storica merceria in un vicolo di Napoli, ormai circondata da empori cinesi e fast food mediorientali, che Addolorata e Rosaria passano gran parte della loro giornata, per poi tornare nel loro modesto, ma dignitoso appartamento poco lontano. Una vita scandita dalla monotona, ma rassicurante ripetizione degli avvenimenti.

Addolorata, dopo una vita condotta all’insegna del sacrificio e del risparmio, cui è stata obbligata dalla sorella, vuole finalmente godersi la vita. Rosaria, che ha fatto dell’avarizia e dell’accumulo il fine della propria esistenza, non ha nessuna intenzione di intaccare il cospicuo conto bancario, cresciuto esponenzialmente nel corso degli anni. Anche l’uso del televisore, con conseguente consumo di energia elettrica, può generare un diverbio.Costrette a una faticosa convivenza, le due ‘signorine’, ormai ben oltre l’età da matrimonio, non possono neanche contare su una vita privata a distrarle da quella familiare. Le poche notizie che gli giungono dal mondo provengono dai pettegolezzi dei parenti o dai reality in televisione.

L’unico vero sfogo per Rosaria e Addolorata sembra essere il loro continuo provocarsi a vicenda, a suon di esilaranti battibecchi senza esclusione di colpi. Rosaria domina e Addolorata, a malincuore, subisce. Ma proprio quando le due sorelle sembrano destinate a questo gioco delle parti, un inaspettato incidente capovolgerà le loro sorti, offrendo finalmente ad Addolorata l’occasione di mettere in atto una vendetta covata da troppi anni.

Le Signorine è una commedia che sa sfruttare abilmente la comicità che si cela dietro al tragico quotidiano, soprattutto grazie a due formidabili attrici del nostro teatro, che trasformano i litigi e le miserie delle due sorelle, in occasioni continue di gag e di risate.Nella loro veracità napoletana, Rosaria e Addolorata sanno farci divertire e commuovere, raccontando con grande ironia, gioie e dolori della vita familiare. Un testo irriverente e poetico che ci ricorda come la famiglia sia il luogo dove ci è permesso dare il peggio di noi, senza il rischio di perdere i legami più importanti.”

Teatro Era, si inaugura la stagione con la prima nazionale di “Anfitrione”

Martedì 29 e mercoledì 30 ottobre alle 21 inaugura la Stagione del Teatro Era a Pontedera con la riscrittura del capolavoro di Plauto “Anfitrione” per la regia di Filippo Dini e l’interpretazione di un cast brillante che vede sul palcoscenico Barbora Bobulova, Antonio Catania, Giovanni Esposito, Valerio Santoro, Gigio Alberti e Valeria Angelozzi. Dopo la prima nazionale a Pontedera, “Anfitrione” sarà al Teatro della Pergola di Firenze dal 26 novembre al 1° dicembre.

Verità e inganno, intesi e malintesi, situazioni comiche, bizzarre e spiazzanti fanno da specchio alle sempre più grottesche e disorientanti vicende di un dilettante populista dei giorni nostri. Una rilettura del classico di Plauto che diventa una riflessione profonda, quasi archetipica, del nostro essere mortali, del nostro rapporto con noi stessi, con le nostre paure. In definitiva, con il nostro doppio. “Abbiamo sentito il desiderio di ‘riscrivere’, proprio perché abbiamo sentito la necessità di iscrivere questa storia nell’oggi – spiega Filippo Dini – nel nostro quotidiano, con la speranza che pur mantenendo lo stesso divertimento, la stessa comicità, possa incidere ancora più prepotentemente nella nostra coscienza, nel nostro intimo, facendoci ritrovare forse, un dialogo con il nostro doppio, con quella zona remota e temibile del nostro essere, quel dio appunto, che tutto può, che tutto vede e domina, a nostra insaputa”. Racconta Antonio Catania: “Anfitrione è in questo caso un uomo politico che ha vinto le elezioni senza merito, per un piccolo partito senza potenzialità, e tutti si stupiscono sul fatto che un uomo così abbia potuto prendere il potere. Noi sappiamo che è accaduto grazie a Giove, che – come Plauto ci insegna – ha per la testa mire molto terrene… Ma devo dire che questa riscrittura può avere molte letture aperte nei confronti di un presente che ha continui tratti di cambiamento e vediamo cosa ci riserverà”.

Filippo Dini è nato a Genova. Inizia con il teatro muovendo i primi passi con l’Associazione per la Ricerca Teatrale di Genova. Dal 1994 al 1996 è allievo della scuola del Teatro Stabile di Genova. Nel 1998 fonda la compagnia teatrale Gloriababbi Teatro. Alla fine degli anni Novanta inizia una serie di tournée teatrali lavorando con Giampiero Rappa, Fausto Paravidino, Giorgio Barberio Corsetti, Carlo Cecchi, Valerio Binasco, Luca Barbareschi e Paolo Magelli. Esordisce come regista nel 2015 con l’Ivanov di Cechov che gli permetterà di vincere il Premio Le Maschere del Teatro Italiano per il miglior regista. Al cinema lo troviamo in Tu ridi dei fratelli Taviani, La via degli angeli di Pupi Avati, Antonia di Ferdinando Cito Filomarino, Mia madre di Nanni Moretti e Né Giulietta né Romeo di Veronica Pivetti. Nel 2013 ritorna a teatro da protagonista con Il discorso del re diretto da Luca Barbareschi. Questa interpretazione gli permette di vincere il premio Le Maschere del Teatro Italiano. Nel 2017 è di nuovo regista dell’adattamento teatrale de La guerra dei Roses con Ambra Angiolini e Matteo Cremon. Nello stesso anno dirige Rosalind Franklin – Il segreto della vita con cui Asia Argento debutta in teatro. Sul piccolo schermo partecipa come attore a varie serie tv tra le quali Pietro Mennea – La freccia del Sud di Ricky Tognazzi, Un passo dal cielo, Il giovane Montalbano, Distretto di polizia, Nebbie e delitti, Diritto di difesa, Casa famiglia. Tra il 2016 e il 2019 è tra i protagonisti della serie tv Rocco Schiavone di Michele Soavi nella quale interpreta il ruolo di Maurizio Baldi.

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