Banca Etruria, processo per truffa: un condannato e 6 assolti

Nuova sentenza  per il filone d’inchiesta relativo alla truffa, in merito al crac di Banca Etruria. Il giudice Claudio Lara del tribunale di Arezzo ha condannato a dieci mesi, con la condizionale e la non menzione, uno degli imputati. Sei invece sono gli assolti. In tre casi ha dichiarato il non doversi procedere perchè le querele erano state ritirate. In totale sono circa una quarantina le cause per truffa istruite che andranno presto a processo.

L’accusa formulata dal pool dei magistrati è quella di aver venduto a clienti disinformati prodotti poi risultati a rischio e azzerati dal decreto Salvabanche. Il 30 settembre, in un altro processo sempre del filone truffa, erano stati assolti 9 imputati mentre 4 sono stati condannati a 10 mesi.
Nella giornata di domani ci sarà l’udienza camerale davanti al gup Piergiorgio Ponticelli per le indagini relative al trattamento di fine rapporto dell’ex ad Luca Bronchi. Lo stesso giudice infatti questa estate aveva respinto la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura, per l’accusa di bancarotta, nei confronti di dodici componenti del vecchio cda. Tra questi c’è anche  il padre dell’ex ministro Maria Elena, Pierluigi Boschi. Il giudice dovrà decidere se si va verso un ulteriore giudizio, imponendo la formulazione dell’imputazione coatta o se la vicenda si esaurirà come già richiesto dalla procura.

Etruria: 17 avvisi conclusione indagine per bancarotta, c’è anche Boschi senior

Bancarotta è il reato ipotizzato dalla procura di Arezzo nei 17 avvisi di conclusione indagine notificati a tutti i componenti dell’ultimo consiglio di amministrazione di Banca Etruria allora presieduto da Giuseppe Fornasari. Tra loro anche a Pierluigi Boschi, padre dell’ex ministro Maria Elena Boschi. Due avvisi sono stati consegnati agli ex direttori generali dell’ex istituto bancario, Luca Bronchi e Daniele Cabiati. E’ quanto scrive oggi La Nazione.

C’è anche Pierluigi Boschi, padre di Maria Elena, ex ministra delle Riforme nel governo Renzi, tra i 17 ex amministratori di Banca Etruria a cui in questi giorni il pool di magistrati della Procura di Arezzo, che si occupa della vicenda inerente al crac dell’istituto di credito aretino, ha inviato la notifica di chiusura delle indagini per il filone d’inchiesta sulle consulenze affidate dalla banca per alcune centinaia di migliaia di euro, che vennero decise tra giugno e ottobre del 2014 in vista della fusione, e che, secondo l’accusa, sarebbero state inutili.
Per tutti i 17 indagati, tra i quali figurano anche l’ex presidente di Banca Etruria Lorenzo Rosi e i suoi vice, Alfredo Berni e Boschi, e gli ultimi due direttori generali, il reato ipotizzato è la bancarotta semplice o colposa.
Ora il padre dell’ex ministro e gli altri 16 indagati, precisa “La Nazione” che ha dato la notizia, hanno venti giorni di tempo per convincere la Procura a cambiare strada. Lo possono fare con richiesta di interrogatorio, memorie difensive scritte e altri atti. Altrimenti, trascorso il termine si andrà all’udienza preliminare dal Gip. Nel mirino ci sono le consulenze per alcune centinaia di migliaia di euro che vennero decise tra giugno e ottobre del 2014 in vista di una possibile fusione di Banca Etruria con un altro istituto. Furono affidati incarichi a Mediobanca, che avrebbe dovuto essere l’advisor dell’operazione, e ad alcuni studi legali per gli aspetti giuridici.

Sotto accusa c’è l’ultimo Cda di Bpel, quello presieduto da Lorenzo Rosi, che aveva per vice presidenti Alfredo Berni e Pierluigi Boschi. Secondo le indiscrezioni, raccolte sempre dalla
“Nazione”, l’avviso di fine indagine coinvolgerebbe gli ex consiglieri, Luca Bronchi, direttore generale fino alla fine di giugno 2014, e il suo successore Daniele Cabiati.
Ai 17 indagati non viene imputata una bancarotta dolosa ma la negligenza nel controllare i risultati di quelle consulenze, che si sarebbero tradotte in pagine spesso pletoriche e ripetitive, senza apportare un reale contributo al piano di fusione. Per il pool di pm
della Procura di Arezzo, gli incarichi sarebbero stati inutili, sostanzialmente uno spreco di denaro della banca, perchè dai conti uscirono somme consistenti ma che non avrebbero portato alcun risultato.
Finora Pierluigi Boschi, coinvolto nell’inchiesta, aveva schivato la mina del falso in prospetto sulle obbligazioni subordinate (archiviato) e anche quella della bancarotta relativa alla liquidazione dell’ex dg Luca Bronchi (richiesta di archiviazione).

Banca Etruria, Pierluigi Boschi: nuova richiesta di archiviazione

Nuova richiesta di archiviazione, nell’ambito dell’inchieste sull’ex Banca Etruria, per Pierluigi Boschi, per il reato di bancarotta fraudolenta contestato per liquidazione da 700.000 euro all’ex dg dell’istituto di credito Luca Bronchi. Ora l’attesa è per la decisione del gip di Arezzo.

Il pool guidato dal procuratore della Repubblica Roberto Rossi non ha ravvisato elementi contro Pierluigi Boschi, il 70enne padre dell’ex ministra e sottosegretaria Maria Elena. A febbraio scorso era stata archiviata per Boschi l’accusa di ‘falso in prospetto’.

Con l’eventuale accoglimento della nuova richiesta di archiviazione, Boschi, dal 2011 consigliere di Bpel e dal 2014 vice presidente fino alla messa in risoluzione del 22 novembre 2015, vedrà cadere tutte le contestazioni penali ipotizzate nei suoi confronti, restando in piedi l’azione di responsabilità promossa dal liquidatore Giuseppe Santoni e le sanzioni elevate da Banca d’Italia (recente la conferma in Cassazione per 144 mila euro).

Secondo il Corriere di Arezzo, che riporta stamani la notizia della richiesta di archiviazione per il reato di bancarotta fraudolenta nell’ambito di Banca Etruria, Pierluigi Boschi potrebbe presto “vedere la fine dei suoi guai giudiziari”. Le indagini della procura di Arezzo, sempre secondo il quotidiano, avrebbero concluso che Boschi non avrebbe responsabilità nella dissipazione del patrimonio della banca, in particolare riguardo all’assegnazione di una maxi-liquidazione lorda di 1,2 mln di euro all’ex direttore generale Luca Bronchi. Così la procura ha proposto richiesta di archiviazione al gip.

Già da qualche mese, invece, il gip di Arezzo ha messo in archivio, cancellandola, l’accusa di falso in prospetto per lo stesso Pierluigi Boschi, che per questo filone particolare della vicenda Bpel era indagato in un gruppo di 21 soggetti ex amministratori e dirigenti della banca. Su questa accusa il gip aveva concluso che 18 indagati, tra cui Boschi, fossero da archiviare dato che il cda aveva delegato il dg Bronchi a redigere il prospetto per il collocamento di obbligazioni alla clientela.

Etruria :archiviazione Pierluigi Boschi per “Falso in prospetto”

Pierluigi Boschi, padre di Maria Elena,  figurava tra altri 18 indagati, cioè membri del cda tra 2011 e 2014 e sindaci revisori per cui inizialmente il pm Julia Maggiore aveva aperto un fascicolo (in tutto 21 persone con dirigenti della banca).

Archiviazione per Pierluigi Boschi, padre di Maria Elena Boschi, dall’accusa di ‘falso in prospetto’, filone maturato all’interno dell’inchiesta su Banca Etruria ad Arezzo per false comunicazioni ai risparmiatori.

E’ quanto scrive oggi La Nazione riportando i contenuti di un decreto del gip di Arezzo emerso ieri a margine dell’udienza preliminare in cui, invece, restano imputati per la stessa accusa l’ex presidente Giuseppe Fornasari, l’ex direttore generale Luca Bronchi e il funzionario Davide Canestri.
Pierluigi Boschi figurava tra altri 18 indagati, cioè membri del cda tra 2011 e 2014 e sindaci revisori per cui inizialmente il pm Julia Maggiore aveva aperto un fascicolo (in tutto 21 persone con dirigenti della banca). Ma lo stesso pm nel maggio 2018 ha fatto richiesta di archiviazione per 18 su 21, una notevole scrematura riferita al fatto che il cda delegò il dg Bronchi ad occuparsi di redigere il prospetto per il collocamento di bond. La Nazione poi riferisce che il gip ha firmato l’archiviazione il 18 ottobre 2018.

 

Chiesta archiviazione, ma resta indagato, Pierluigi Boschi

Arezzo, alcuni quotidiani riportano oggi la richiesta dell’archiviazione, per quanto riguarda il filone delle indagini del falso in prospetto, per gli ex componenti del CDA di Banca Etruria, tra cui Pierluigi Boschi, padre dell’ex ministro Maria Elena.

Sempre per il filone relativo all’accusa di falso in prospetto nell’ambito dell’inchiesta sul crac di Banca Etruria per il quale era indagato Boschi, la procura di Arezzo ha invece chiesto il processo per l’ex presidente dell’istituto Giuseppe Fornasari, l’ex dg Luca Bronchi e l’ex dirigente Davide Canestri, l’udienza preliminare è prevista per il 6 dicembre.

Ma il padre dell’ex ministra Boschi resta ancora indagato per bancarotta, nel filone sul crac di Banca Etruria, secondo l’accusa infatti, sarebbero state applicate delle ‘condotte distrattive’, per almeno 300 milioni, solo negli ultimi anni di vita della banca, da parte degli amministratori dell’istituto bancario.

Tra le ‘distrazioni’ ricordiamo il caso, che fece scalpore, del finanziamento alla ‘Privilege Yard’, per un fantomatico yacht, da 30 milioni, che avrebbe dovuto essere già in costruzione a Civitavecchia, che però non venne mai realizzato.

 

Banca Etruria, procuratore Rossi: “Già detto tutto quello che avevo da dire”

Il procuratore di Arezzo risponde in maniera secca alla notizia dell’apertura di un nuovo fascicolo di indagini sul cda di Etruria e su Pierluigi Boschi

“Tutto quello che avevo da dire l’ho detto in commissione giovedì scorso”. E’ la dichiarazione secca del procuratore di Arezzo Roberto Rossi circa le ultime indiscrezioni sul fascicolo aperto in procura per indagare sul cda di Banca Etruria, presieduto da Giuseppe Fornasari e di cui faceva parte Pierluigi Boschi, padre dell’attuale sottosegretario Maria Elena, per falso in prospetto e ricorso abusivo al credito. Tutto sarebbe partito dalle sanzioni da 2,7 milioni di euro elevate da Consob a settembre agli amministratori, sanzioni per le quali sono già scattati i ricorsi.

Questa parte dell’inchiesta non sarebbe emersa di fronte alla commissione banche nell’audizione della scorsa settimana del procuratore Roberto Rossi: il senatore di “Idea” Andrea Augello ieri ha annunciato di aver inoltrato al presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle banche, Pier Ferdinando Casini, una richiesta formale per verificare l’esistenza di un filone di indagine sulla denuncia della Consob riguardo alle falsificazioni dell’ultimo prospetto per l’emissione di obbligazioni subordinate di Banca Etruria.

“Ce le ricordiamo benissimo le esternazioni da parte dei renziani nei giorni scorsi, subito dopo l’audizione in commissione Banche da parte del procuratore di Arezzo che sembravano scagionare papà Boschi da ogni ulteriore coinvolgimento nella vicenda Banca Etruria. Vogliamo ascoltare cosa hanno da dire oggi gli stessi soloni che ieri esultavano”. Lo afferma il deputato del M5S in commissione Finanze Alessio Villarosa commentando la notizia che Pierluigi Boschi risulterebbe ancora indagato dalla Procura di Arezzo.

“Su Banca Etruria continuano ad emergere episodi inquietanti. Vogliamo giustizia per i risparmiatori e ancora aspettiamo le querele della Boschi a De Bortoli”. Così su twitter il deputato del MoVimento 5 Stelle Danilo Toninelli.

E ancora un commento dalla deputata 5 Stelle Laura Castelli: “Il Pd passa dagli starnazzamenti giulivi fuori luogo ai travisamenti della realtà. Facciamo notare agli ‘yes men’ renziani che qui si sta parlando di una indagine sulle due obbligazioni subordinate del 2013 che turlupinarono i piccoli risparmiatori per un totale di circa 110 milioni di euro, allo scopo di puntellare il malmesso stato patrimoniale della banca. E’ coinvolto tutto il Cda 2011-2014 e non ci pare che Pier Luigi Boschi fosse in quel momento un passante occasionale dalle parti di Etruria”.

“E’ ridicolo fare oggi la parte dei paladini del risparmio e attaccare Bankitalia quando, in mille giorni di governo, oltre agli scellerati provvedimenti presi, l’ex premier di Rignano non si è mai sognato di convocare uno straccio di Cicr per raddrizzare la situazione che si stava via via deteriorando o magari per ascoltare il governatore Visco. Ma gli italiani sanno con chi hanno a che fare – conclude Castelli – e parleranno chiaramente al momento del voto”.

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