“Non si può morire per una consegna”, a Firenze il presidio per Sebastian Galassi

“Non si può morire per una consegna” e “La mia vita vale più di un panino”: queste sono le frasi che si leggono sullo striscione steso sugli scalini della chiesa e sui cartelli appesi ai box per la consegna dei rider presenti al presidio indetto da Filcams, Filt e Nidil Cgil in piazza S.Ambrogio a Firenze in seguito alla morte di Sebastian Galassi, il rider 26enne deceduto mentre stava effettuando una consegna sabato sera a Firenze.

Sono più di duecento le persone che hanno partecipato al presidio, non solo i colleghi del ragazzo, ma anche molti lavoratori scossi per l’accaduto. La rabbia è tanta perché, come dicono i rider presenti, “Sebastian non è stato ucciso da un suv, ma da un algoritmo”: un algoritmo che non conosce pietà, visto che il giorno successivo alla tragedia è arrivata una mail con cui Glovo, l’azienda per cui lavorava il ragazzo, lo licenziava per la mancata consegna. I colleghi di Sebastian, insieme ai sindacati, chiedono maggiori diritti e tutele, a partire da un corretto inquadramento contrattuale.

Intanto sono in corso le indagini: gli  investigatori stanno vagliando i video delle telecamere di sorveglianza della zona per ricostruire l’esatta dinamica dell’incidente e oggi è stata eseguita l’autopsia sul corpo del giovane. Unico indagato per omicidio stradale è il conducente del Suv, che, secondo alcune testimonianze pare sia passato all’incrocio con il colore giallo.

Rider morto, Nardella: “Serve legge per delivery”

Filcams-Filt-Nidil Cgil hanno proclamato per il 5 ottobre prossimo uno sciopero di 24 ore dei rider fiorentini in seguito alla morte di un giovane rider, 26 anni, avvenuto ieri in ospedale per le ferite riportate in un incidente stradale verificatosi sabato sera nel capoluogo toscano. Per il sindaco di Firenze Dario Nardella “non possiamo chiudere gli occhi davanti a queste tragedie”.

Per il sindaco di Firenze Dario Nardella “abbiamo già più volte detto che è necessario individuare il rapporto di lavoro nell’ambito di un contratto collettivo nazionale, ma soprattutto chiediamo una nuova disciplina a tutela dei lavoratori che fanno questo tipo di attività, ma anche a regolare in maniera semplice ed efficace il settore del delivery. Come città di Firenze lanceremo ai nostri parlamentari del territorio ed anche del resto del Paese, la proposta di scrivere insieme ai rappresentanti dei riders una norma di questo tipo perché se non la fa il Governo, saremo noi a spingere”.

Per Nardella “non possiamo chiudere gli occhi davanti a queste tragedie. La vita umana vale più di qualsiasi altra cosa. Che ci sia qualcuno che perda tempo e chiuda gli occhi davanti a questi eventi drammatici è inaccettabile”. Sui riders, ha poi aggiunto, “quello che abbiamo chiesto al Governo e al Parlamento uscenti lo chiediamo ai nuovi con grande forza: occorre una legge semplice, ma chiara per disciplinare tutto il settore del delivery che ha molti margini economici a scapito dei clienti che pagano di più, dei ristoratori che pagano percentuali molto alte per avere questo servizio e soprattutto dei lavoratori – ha concluso – che lavorano in condizioni davvero precarie con
pochissimi diritti e zero tutele”.

Il Coordinamento Rider della Cgil Torino (Camera del Lavoro, Nidil e Filt Torino) esprime cordoglio e vicinanza alla famiglia del ragazzo: “Il giorno prima nella nostra città – prosegue il sindacato – sono accaduti tre infortuni, di cui uno particolarmente grave. Il problema non è solo il cottimo nelle consegne che costringe i rider a correre per poter guadagnare qualche euro e non scendere nel ranking reputazionale che permette di avere accesso ai turni “più remunerativi”, ma soprattutto le condizioni di lavoro. Il luogo di lavoro sono infatti le strade delle nostre città con qualsiasi condizione meteo”.

“Nonostante la norma nazionale su salute e sicurezza e alcuni protocolli aziendali – prosegue il sindacato – continua a non esserci tutela soprattutto nei casi di pioggia e intemperie, perché le aziende non accettano di fermare il lavoro per tutelare la sicurezza dei lavoratori. Purtroppo, conosciamo solo
gli infortuni che i lavoratori possono dichiarare perché la maggioranza non vengono denunciati per diversi motivi: per paura di ritorsioni da parte delle aziende, per l’impossibilità di lavorare con la propria identità (caporalato digitale) dovuta alle norme sbagliate sull’immigrazione e perché, nonostante le norme, l’Inail difficilmente riconosce gli infortuni in questo settore”. “Chiediamo inoltre nuovamente – chiude il coordinamento rider – un’attenzione e un intervento da parte di tutte le Istituzioni preposte” ricordando che per informazioni e tutele è presente uno sportello rider al sindacato.

Per Emiliano Fossi, neo deputato del centrosinistra della provincia di Firenze: “La morte di un giovane di 26 anni è sempre una tragedia, ma quella di Sebastian porta con sé anche un fortissimo senso di ingiustizia. I rider hanno pochi diritti, tanti rischi: è ora di intervenire. Da parte mia mi impegnerò in
prima persona per combattere contro il precariato e contro chi non si preoccupa della sicurezza dei lavoratori”.  “Sono d’accordo col sindaco Nardella – aggiunge in una nota -, è necessaria una nuova disciplina a tutela dei lavoratori. Giovani e no, senza tutele, senza garanzie: o facciamo qualcosa adesso per loro oppure perdiamo tutti”.

Arriva anche il commento di Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana: “Siamo arrivati anche a provvedimenti legislativi in Consiglio regionale, ma è evidente che occorre andare ancora oltre: occorre una legge nazionale che ponga i rider fra i lavoratori con tutte le tutele del contratto
nazionale”. “Il fatto che possano essere precarizzati e sottopagati – ha
proseguito il governatore – è un qualcosa che urta la più profonda sensibilità di chi ha responsabilità istituzionali. Per questo quando vennero davanti alla Regione per invocare delle misure, io volli stare con loro, addirittura mi misi con il motorino a circolare con loro per dimostrare vicinanza. Ma soprattutto quello che conta è che poi stringemmo con dei protocolli di intesa le prime forme di tutela per il loro lavoro”.

Per Giovanni Galli e Federico Bussolin, rispettivamente consigliere regionale e comunale della Lega: “Il gravissimo fenomeno delle morti sul lavoro ha fatto, purtroppo, una nuova vittima a Firenze, dove un giovane rider ha perso la vita mentre stava facendo una classica consegna. E’ fondamentale che il tema della sicurezza in ambito lavorativo debba essere affrontato con la massima determinazione ed urgenza, e tale questione non deve richiamare le coscienze di tutti solo nei giorni successivi al drammatico episodio, per poi, colpevolmente, essere completamente dimenticata, aspettando la prossima vittima”.

“E’ compito delle istituzioni, ognuno a seconda delle proprie competenze, attivarsi – sottolineano in una nota – al massimo per fronteggiare questa vera e propria emergenza che è quasi quotidiana. Certo, poi vi sono delle categorie di lavoratori (come, appunto, i rider) che hanno davvero poche tutele e quindi la cosa, se possibile, è ancora più rilevante”. Galli e Bussolin invitano a non spengere “i riflettori troppo velocemente su vicende che dovrebbero essere costantemente attenzionate, puntando, realmente, ad elevare al massimo i livelli di sicurezza personale di chi lavora”.

Livorno, sindacati: “Sciopero in porto dovuto a criticità”

I segretari dei sindacati Giuseppe Gucciardo (Filt-Cgil), Filippo Bellandi (Nidil-Cgil), Dino Keszei (Fit-Cisl), Gianluca Vianello (Uiltrasporti), nel corso di una conferenza stampa indetta per fare chiarezza sulla vertenza del porto di Livorno, hanno riferito che: “Le organizzazioni sindacali, con la proclamazione dello sciopero in porto, a seguito della presentazione della piattaforma rivendicativa, hanno messo a nudo tutte le criticità che dopo anni di denunce non hanno ricevuto le soluzioni necessarie”.

“Dal 12 settembre – hanno spiegato i sindacati – primo giorno di sciopero, abbiamo ricevuto conferme delle responsabilità. Cos’è successo in questi giorni di sciopero e trattative? I
rappresentanti degli imprenditori portuali livornesi hanno dichiarato al tavolo che è stato un errore permettere l’acquisizione di quote societarie agli armatori e di non avere nessun potere contrattuale nei loro confronti. Le imprese portuali hanno chiesto l’adeguamento tariffario pena la tenuta stessa delle aziende, ed è stato riconosciuto oltretutto dall’AdSp un uso distorto del Ccnl unico dei lavoratori dei porti in materia di sicurezza e abuso dello straordinario. Su richiesta delle segreterie, hanno accordato 30 stabilizzazioni, per due terzi nei soggetti economici più deboli, che senza garanzie delle risorse economiche necessarie aggravano ulteriormente la crisi portuale”.

Questa valutazione, come hanno spiegato i segretari sindacali nel corso della conferenza,
“arriva dopo che, il 14 settembre, l’AdSp e gli imprenditori, avevano dato per certo un confronto nella giornata del 19 settembre con i rappresentanti degli armatori, per ridefinire un regime tariffario che garantisse una redistribuzione di ricchezza, dichiarazione sconfessata il 19 settembre”. “Pertanto – sottolineano ancora – rigettiamo ogni accusa: i lavoratori portuali sono le vittime del sistema porto, che ha negli imprenditori gli unici responsabili. La dimostrazione ne è il dato sulla produttività del porto di Livorno (Piano
dell’organico porto 2021-2023) che è in linea con tutti i porti europei”.

“I portuali hanno fatto il loro dovere – concludono i sindacati -. Adesso è il momento che coloro che hanno causato questo disastro porgono rimedi, invece di addossare le
responsabilità ai lavoratori. Queste sono le ragioni che hanno costretto le segreterie a proseguire lo sciopero”.

Stage, “più controlli contro sfruttamento”: studio di Cgil-Nidil a Firenze

Il sindacato: “Sì ai diritti di stagisti e tirocinanti, no allo sfruttamento: non è lavoro subordinato, è formazione. Si tratta di uno strumento di politiche attive sicuramente importante, nel quale vanno evitati usi distorti o impropri: servono più controlli, incentivi all’assunzione, individuazione di un limite di tirocini attivabili in maniera ripetitiva”

SCARICA LO STUDIO

“Giovani, carini e tirocinanti – Sì ai diritti, no allo sfruttamento”: è il titolo del convegno organizzato stamani a Firenze da Cgil e Nidil Cgil, nonché dello studio presentato nell’occasione che ha dato lo spunto alla discussione, in cui gli oratori si sono confrontati prima sull’analisi delle condizioni di stage e tirocini, stagisti, tirocinanti e aziende nel territorio fiorentino, e dopo su come migliorare lo strumento per evitare storture e renderlo più efficiente per le varie parti coinvolte. Al convegno, in Camera del lavoro in Borgo Greci, sono intervenuti: (AUDIO) Paola Galgani, Segretaria generale Cgil Firenze; Mattia Chiosi, Nidil Cgil Firenze; Monica Becattelli, responsabile Arti Servizi Firenze e Prato; testimonianze; Elena Aiazzi, segreteria Cgil Firenze; Benedetta Albanese, assessora al lavoro del Comune di Firenze; Mirko Lami, segreteria Cgil Toscana; Alessandra Nardini, assessora regionale al lavoro, all’istruzione e alla formazione professionale.

Il questionario “dinamico” (25 domande, 3 minuti, forma anonima) è stato diffuso online tra la primavera e l’estate del 2021, e ha raccolto informazioni su un campione di più di 100 ex ed attuali tirocinanti del territorio metropolitano fiorentino. L’analisi prende spunto anche da un lavoro d’ufficio dal sindacato, ossia la lettura delle comunicazioni obbligatorie che pervengono alla Cgil ai promotori dei progetti formativi. Obiettivo principale del questionario (a cui hanno contribuito nella stesura e nella diffusione Sol Cgil e Firenze e Udu Firenze – Sinistra Universitaria), entrare in contatto con l’autoanalisi e definizione della propria esperienza formativa, sulla percezione di questo strumento e segnalazione di eventuali difformità dal percorso standard.

Le partecipanti sono state il 55,66% e i partecipanti il 44,34%, residenti per il 43,88% a Firenze, per il 36,73% nel territorio metropolitano. Il 34,38% aveva una laurea triennale come titolo di studio, il 22,92% una magistrale e il 20,83% un diploma di liceo. Coloro che hanno partecipato ed erano iscritti ad un corso di studi sono stati il 46,39%, mentre coloro che hanno svolto il tirocinio in passato sono stati il 70,79%. Al tempo del tirocinio il 60,31% del campione aveva tra i 18 e i 24 anni, il 39,68% tra 25 e 29. Per quanto riguarda invece il percorso formativo e di studi degli intervistati, si è registrata una netta presenza di studi giuridici, economici e politici col 37,23%, seguiti da professioni sanitarie (12,75%), studi umanistici (11,70%), ingegneria e architettura (8,51%).

La durata dell’esperienza è stata di 3 mesi per il 31,71%, di 6 mesi per il 34,15% e di 12 mesi per il 9,76%. La normativa regionale prevede un rimborso spese di minimo 500 euro e il 70,72% degli intervistati ha visto questa cifra come corrispettivo, a differenza del 21,95% che ne percepiva tra 600 e 800. Il 7,31% invece si attestava su un rimborso pari o superiore ai mille euro. Passando invece al Pfi (Piano formativo individuale) di ciascun tirocinante è emerso che un numero sensibile di queste esperienze sia stato caratterizzato da autonomia e sfruttamento, superando di gran lunga gli orari e spesso vedendo la mancanza del tutor e di un vero ruolo formativo e di guida da parte dei referenti dell’azienda. Infatti l’80,26% ha risposto che il percorso ha visto compiti in autonomia. Anche la conoscenza del proprio Pfi non è altissima poiché il contenuto era conosciuto solo dal 59,72% e di questi il 48,84% ha ritenuto il progetto non conforme; il 32,56% invece ha optato per la sufficiente conformità. Volendo chiedere un giudizio di merito sull’esperienza, su un 65% che si è espresso, il 32,86% si è detto molto soddisfatto, il 34,29% abbastanza soddisfatto, il 21,43% poco soddisfatto e l’11,43% per niente soddisfatto. Questo dato va ricollegato ad un feedback qualitativo in merito a eventuali episodi di sfruttamento, registrando un 47% di risposte totali, delle quali il 51% ha evidenziato condizioni di sfruttamento o lesive della natura del rapporto formativo. Riprendendo infatti l’indagine sulle mansioni svolte, si è potuta notare una tendenza all’uso dello strumento per accedere facilmente e a buon mercato a manodopera. Nelle risposte aperte infatti si parla di jolly, rapporti diretti con la clientela, fare di tutto, suonare campanelli, reclutare personale, raccogliere soldi. Le percentuali sottolineate qui sopra possono essere ricollegate ai brevi ma dettagliati racconti che mostrano scarsa formazione e autonomia subito a partire dalla seconda settimana, sfruttamento puro, richiesta di fare orari anche superiori ai dipendenti o nei turni notturni anche dietro promessa di corrispettivi. Questi sono solo alcuni esempi che tornano ad indicare quali sono le criticità dell’applicazione pratica dello strumento. Ultimo dato la qualità del tirocinio, che su una scala 0-5 (molto bassa-molto alta) e il 61% dei partecipanti che si sono espressi, ha raggiunto la media di 3,2.

Un altro dato raccolto riguarda l’eventuale assunzione a seguito del percorso formativo, sul quale le risposte sono state di poco sopra il 20%. Le eventuali assunzioni quindi sono state al 19,35% presso la stessa azienda e per le stesse mansioni, al 4,84% presso altra azienda ma con stesse mansioni, al 6,45% presso la stessa azienda ma con altre mansioni, al 3,23% presso altra azienda e con altre mansioni. Infine chi non ha trovato lavoro è sul 66,13%. Coloro che hanno visto positivamente la conferma con un contratto hanno iniziato principalmente con un rapporto a tempo determinato (40,91%), con apprendistato (22,73%) e a tempo indeterminato (18,18%); si affianca il 4,55% con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.).

Non ci sentiamo di bocciare questa politica pubblica ma di dar voce a coloro che hanno risposto riportando l’abuso da parte delle imprese. Anche se il lessico utilizzato da alcuni intervistati ci ha lasciati perplessi poiché fa pienamente riferimento a termini propri del rapporto di lavoro subordinato, ribadiamo con forza che “non è lavoro, è formazione”. Oltre ad un’adeguata formazione culturale è necessario studiare una modalità per escludere certi percorsi formativi ricollegati a mansioni povere, che non necessitano di questo strumento ma del contratto di lavoro. A questo aspetto si ricollega anche la bassa efficacia del passaggio da tirocinio a rapporto di lavoro con la stessa azienda ospitante: è necessario prevedere un limite per chi utilizzi in modo seriale lo strumento senza garantire nessuna trasformazione e capitalizzazione dell’investimento del giovane e della Regione. Dobbiamo porre un limite al turn over selvaggio. Per finire, è necessario aumentare i controlli e inasprire le sanzioni, per diffondere una cultura corretta di questo strumento, che altrimenti rischia di essere inglobato in tutto e per tutto nella categoria dello sfruttamento. Dai risultati, sia quantitativi che qualitativi sulle esperienze si evince che non vi è una netta maggioranza dei casi negativi o di quelli positivi, come testimonia il voto medio all’esperienza (3,2 sulla scala 0-5), tuttavia riteniamo che anche un numero sufficientemente alto di abusi o utilizzi impropri possano contaminare inevitabilmente la credibilità e l’affidabilità del tirocinio nell’alveo delle politiche attive del lavoro.

Le proposte di Nidil e Cgil puntano a rendere lo strumento più cogente con le finalità dichiarate ed a ridurre l’uso distorto dell’istituto a danno in particolare delle nuove generazioni e degli altri istituti finalizzati all’inserimento lavorativo quali l’apprendistato, nella volontà di ottenere il migliore impiego dei fondi pubblici ed europei che li finanziano.

– MAGGIORI ATTENZIONI AL TIROCINANTE

Occorre prevedere un rapporto costante da parte della Regione con il tirocinante: svolgere un colloquio preliminare formativo approfondito con il tirocinante; relazionarsi con il tirocinante anche durante lo svolgimento del tirocinio ed al termine dello stesso onde verificare che si sia svolto tutto secondo le; dare la possibilità ai tirocinanti di effettuare segnalazioni “anonime” rispetto a condizioni di irregolarità o sfruttamento.

– MODIFICHE ALLA NORMATIVA

Bisogna impedire che lo strumento venga utilizzato per la sostituzione di lavoratori assenti o per picchi di attività: occorre ridurre il numero di tirocini attivabili per numero di dipendenti; individuare un limite massimo di tirocini attivabili in maniera ripetitiva. Servono maggiori incentivi all’assunzione stabile: urge aumentare gli incentivi economici alle aziende virtuose che realizzano un numero congruo di assunzioni a tempo indeterminato dei tirocinanti; circoscrivere maggiormente l’ambito di utilizzo rispetto all’età anagrafica ed alle condizioni soggettive richieste ed escludere alcune mansioni di bassa professionalità dalla possibilità di attivare tirocini. Bisogna rafforzare gli strumenti di controllo: intensificare con delle verifiche sul campo lo svolgimento regolare del tirocinio anche in base agli accordi di collaborazione con l’Itl, per evitare forme di sfruttamento; dare la possibilità a “terzi” di segnalare le irregolarità di cui si viene a conoscenza; inasprire le sanzioni per utilizzo improprio.

🎧 “Glovo ci riduce la paga del 30%”, denunciano i Riders in sciopero

Firenze, sciopero e presidio dei Riders di Glovo in piazza Santa Croce, per protestare contro l’abbassamento delle paghe che sarebbe stato applicato dalla società dal 26 maggio scorso.

A Firenze sono circa 300 i Riders che lavorano per Glovo, e secondo quanto sostengono, dal 26 maggio, la società avrebbe modificato il sistema di calcolo dei percorsi, utilizzando per chi consegna non più i tragitti previsti dall’applicazione per le automobili, ma ‘quelle per le bici’, così che i percorsi utilizzabili sarebbero più corti, comprenderebbero anche percorsi pedonali e, sempre secondo quanto affermano i Riders, anche percorsi in senso unico.

Considerato quindi che la paga per la consegna è direttamente proporzionale alla distanza di percorrenza della consegna questo ha comportato una riduzione delle paghe in media del 30% con picchi fino al 50%. Uno dei rider in piazza, che si chiama Maxim, spiega che “prima di questa modifica per ogni consegna la paga media era di 4,5 euro lordi, ora siamo intorno ai 3 euro”.

Inoltre, i sindacati sottolineano i rischi in termini di sicurezza sul lavoro. “Se la società indica a questi lavoratori tratte in bicicletta nel centro storico capita spesso che siano percorsi in aree pedonali o in contromano quindi c’è anche un tema di sicurezza per i lavoratori e per la collettività”, spiega Ilaria Lani, segretaria generale Nidil Cgil Firenze. Per questo motivo il sindacato chiede “che vengano ripristinate le vecchie modalità di calcolo e, più in generale, che si apra un tavolo per regolarizzare questi rapporti di lavoro che sono ancora fintamente autonomi”.

In podcast l’intervista a Ilaria Lami della Nidil-CGIL e ad alcuni dei Riders

Rider, in Toscana 300 assunti con l’accordo sindacale in Just Eat

Siglato storico accordo sindacale con Just Eat: entro l’estate è prevista l’assunzione di circa 300 rider in Toscana con diritti e tutele. Ilaria Lani di Nidil Cgil Firenze: “Una bella pagina di lotta e contrattazione, ora le altre società aderenti a Assodelivery facciano altrettanto”. Il rider fiorentino Yiftalem Parigi: “Non siamo più lavoratori di serie b”.

 

È stato sottoscritto nella giornata di ieri l’accordo aziendale tra i rappresentanti di Just Eat e i rappresentanti delle categorie nazionali di Cgil, Cisl, Uil dei trasporti e dei lavoratori atipici. I rider di Just Eat, che in Toscana sono circa 300, diventano così finalmente lavoratori dipendenti inquadrati nel contratto nazionale della logistica a cui saranno garantiti: paga base, legata ai minimi contrattuali e non alle consegne, TFR, previdenza, integrazione salariale in caso di malattia, infortunio, maternità/paternità, ferie, orario di lavoro minimo garantito, maggiorazioni per il lavoro supplementare, straordinario, festivo e notturno, rimborso spese per uso mezzo proprio, dispositivi di protezione adeguati, anche in riferimento al momento pandemico in corso, e diritti sindacali.

È previsto, inoltre, un premio di valorizzazione, che tiene conto delle consegne effettuate, limitando le stesse ad un massimo di quattro nell’arco di un’ora, al fine di ridurre al minimo il rischio per la salute e la sicurezza dei rider. Inoltre tutti i rider che attualmente collaborano con Just eat avranno la certezza di ricevere la proposta di assunzione in virtù del diritto di precedenza sancito nell’accordo. I rider fiorentini nei mesi scorsi si erano mobilitati proprio verso Just eat, anche con contenziosi legali e l’elezione del rappresentante sindacale per la sicurezza.

“Ora non siamo più lavoratori di serie b e questo è un grande risultato merito delle nostre lotte. Non ci sono più scuse, oltre alla toscana Tadan, anche la principale multinazionale del delivery ha scelto il rispetto dei diritti e i consumatori potranno effettuare una scelta consapevole”, dichiara Yiftalem Parigi, rider rappresentante dei lavoratori di Just eat e componente della delegazione nazionale di NIDIL CGIL che ha sottoscritto l’accordo. Secondo Ilaria Lani segretaria di Nidil CGIL Firenze “questa è una bella pagina di lotta e di contrattazione del sindacato confederale che ha saputo rappresentare il nuovo mondo del lavoro digitale, dopo Just est ci auguriamo che le altre società aderenti ad Assodelivery facciano altrettanto”.

Exit mobile version