Elezioni, Renzi: in Toscana duelli divertenti

Così il leader Iv Matteo Renzi parlando oggi a Firenze delle liste per la Toscana. “Noi saremo il vero voto utile”

A Livorno l’ex sindaco Alessandro Cosimi contro Andrea Romano (PD), nella Piana fiorentina contro Emiliano Fossi (PD) Gabriele Toccafondi. E ancora l’ex governatore Enrico Rossi (PD) nel collegio Siena Grosseto se la vedrà con Stefano Scaramelli (consigliere regionale IV). Sono solo alcuni dei duelli ‘divertenti’ che Matteo Renzi ha elencato oggi a Firenze in vista delle prossime elezioni del 25 settembre.

“Letta ha detto che noi facciamo perdere voti, eppure un anno fa aveva un’idea diversa e ha chiamato più volte Scaramelli” ha punto l’ex rottamatore.
Che ha poi elencato atre sfide: “nel collegio di Pisa Nicola Fratoianni, che ha votato 55 volte la sfiducia a Draghi, si confronterà con Michele Passarelli (coordinatore Iv di Pisa), e su Firenze corre Stefania Saccardi (vicepresidente della Regione Toscana)2.
“ Per la Camera -ha aggiunto Renzi- posso dire che Lucia Annibali sarà nella nostra squadra, accanto a Francesco Bonifazi”.

“C’è una bella squadra, l’elenco arriva domani. Italia viva e Azione faranno un bellissimo risultato” ha detto Renzi, che ha aggiunto. “anche nel Pd ci sono tanti candidati bravi, mando un grande abbraccio agli inclusi e agli esclusi. Non dimentichiamo però che chi vota Letta vota Di Maio e Fratoianni”. ” E’ una scommessa che ha molto di Made in Tuscany. Qui sarà una campagna col sorriso sulle labbra, casa per casa, porta per porta. Noi siamo per il si all’aeroporto, la coalizione del centrosinistra invece? Noi siamo per il termovalorizzatore e il rigassificatore la coalizione del centrosinistra invece?” Ha sottolineato il leader di Italia Viva

“Maria Elena Boschi correrà nel suo collegio di residenza che da qualche anno è a Roma. I sarò candidato a Milano, in Toscana e in 4-5 circoscrizioni. Non ho ancora capito se Berlusconi si candida a Milano o Monza. Se vuole fare un dibattito io sono disponibile” ha sottolineato Renzi. Che appropriato delle cose da fare ha precisato: ”la prima proposta di legge che presenterò se sarò rieletto senatore sarà quella che impegna a ricostituire l’unità di missione Italia sicura-Casa Italia, che io avevo fatto quando ero al governo sulla base delle indicazioni di Renzo Piano, e che aveva permesso di spendere un sacco di soldi contro il dissesto idrogeologico. Questa missione è stata chiusa dai grillini, da Costa nel giugno 2018 quando fu nominato ministro. Fece una diretta Facebook e disse che avrebbe chiuso l’unità di missione. Quindi la prima scelta che farò è quella di fare un atto per ricostituire l’unità di missione”.

“Noi saremo il vero voto utile” ha chiosato Renzi. “questo risultato deve servire a non far fare alla Meloni il presidente del Consiglio ma far governare Draghi. Meloni ha avuto una campagna elettorale favorevole da parte di Letta, evidentemente i due si vogliono bene. Voglio che ci sia un voto utile per mandare in Parlamento chi farà la differenza”
A proposito della Leopolda infine, Renzi ha confermato che verrà posticipata. “nello stesso week end nel quale è prevista la Leopolda Calenda ha scelto di presentare la lista a Milano. Credo perciò che la Leopolda sarà rimandata” ha precisato Renzi.
Che ha concluso : “ho visto che uno dei migliori candidati del Pd, capolista in Basilicata, ha fatto un tweet antisemita e ha messo in discussione la legittimità dello stato di Israele. Israele ha il dovere, non solo diritto, di esistere. Mi rivolgo alla comunità ebraica, vi sembra normale stare in un partito che candida uno che mette in discussione la legittimità dello stato di Israele? E’ uno scandalo”.

Maria Elena Boschi, sì a coalizione con Calenda ma pronti a correre anche da soli: “Penso che arriveremo anche al 5%”

Viareggio, Maria Elena Boschi intervenendo a ‘Gli Incontri del Principe’ nella città Toscana, ha rilasciato alcune dichiarazioni sulle prossime elezioni politiche.

“Vogliamo un’alleanza di centro basata sui programmi e non sulla spartizione delle poltrone che non ci interessa come abbiamo dimostrato facendo saltare il governo ‘Conte 2’. – ha detto la Boschi – Puntiamo a un terzo polo moderato, aggregando altre forze come Azione di Carlo Calenda. Ma non abbiamo paura di correre da soli”. Supereremo la soglia del 3% e penso che arriveremo anche al 5%”.

L’esponente di Iv ha spiegato che il partito è pronto alla sfida elettorale con 5000 volontari al lavoro e il cantiere per la Leopolda anticipata ai primi di settembre che è già aperto.

“Di sicuro – ha anche detto, come riporta sempre la nota – non faremo alleanze” con Conte “o con i Cinque Stelle che molti continuano a pensare siano di sinistra anche se non lo sono. Conte dal 2018 si è adattato a tutte le situazioni e a tutte le alleanze”.

Sul rapporto tra Iv e Pd “le coalizioni si fanno sui contenuti. Non possiamo più ripetere gli errori del passato. Nel 2013 il Pd di Bersani si alleò con Sel e poi ruppe repentinamente. Letta ha cambiato idea su di noi, un veto nei nostri confronti non pare esserci più e anche noi non abbiamo mai chiuso le porte a nessuno. Per me per Iv è più naturale un terzo polo al centro aggregandosi con Azione e ribadendo la forza delle nostre idee che supera ogni logica spartitoria”.

Sull’esito delle elezioni? “Il centrodestra è in vantaggio anche se non è così unito come dicono e poi ci sono due mesi di campagna elettorale dove può succedere di tutto visto che ci sono tantissimi indecisi. Proviamo a non far vincere la destra e magari dopo richiamiamo Draghi che è stato un ottimo premier”.

Banca Etruria: tutti assolti perchè fatto non sussiste, anche Pierluigi Boschi

Arezzo – La pena richiesta era di un anno per Pierluigi Boschi e altri tre dirigenti: Nataloni, Nanniperi e Bugno. Maria Elena Boschi: “Oggi ho pianto”. Renzi: “Mostri non eravamo noi”.

Tutti assolti, perché il fatto non sussiste, i 14 imputati del processo sul filone consulenze d’oro alla ex Banca Etruria. La sentenza è stata pronunciata questa mattina dalla giudice di Arezzo, Ada Grignani. Al tribunale il pm Angela Masiello aveva chiesto il massimo della pena (1 anno) per Pierluigi Boschi, padre dell’ex ministro Maria Elena ed ex vicepresidente di Etruria, e per altri tre dirigenti cioè Luciano Nataloni, Claudia Bugno e Luigi Nannipieri. Per gli altri imputati erano state chieste condanne da 8 a 10 mesi. Ma il verdetto è di assoluzione con formula piena.

Quella di oggi è una sentenza relativa ad uno dei numerosi procedimenti penali incardinati dopo la debacle dell’istituto di credito aretino. Secondo la procura, le consulenze avrebbero pesato sulla situazione di Banca Etruria per circa 4 milioni di euro. Erano incarichi affidati dall’istituto di credito a societa specializzate per valutare, analizzare e poi avviare il processo di fusione con un istituto di elevato standing per evitare il crac. A proporre lo scenario della fusione furono le autorità bancarie che avevano individuato in Banca Popolare di Vicenza il possibile partner dell’operazione. Le consulenze d’oro furono affidate comunque, ma nulla di quanto analizzato e valutato si concretizzò: i pm hanno parlato di ‘consulenze inutili’ e ‘ripetitive’.

L’assoluzione del tribunale di Arezzo, però è arrivata anche grazie alle arringhe finali degli avvocati della difesa i quali hanno tutti sostenuto che non ci furono “operazioni imprudenti, piuttosto un’azione doverosa rispetto a quanto chiesto da Banca d’Italia” ovvero “dare una risposta sulla fusione entro una precisa data” e per questo “i vertici di Banca Etruria – hanno sostenuto gli avvocati – si sono mossi affidando ai migliori advisor d’Italia le consulenze”.

“Oggi ho pianto. Avevo giurato a me stessa che non avrei mai pianto per Banca Etruria. Oggi l’ho fatto. E non ho paura di ammetterlo in pubblico. Ho pianto come una bambina, in ufficio, alla Camera. Ho pianto perché mio padre è stato assolto dall’ultima accusa che gli veniva mossa su Banca Etruria. Con oggi si chiude un calvario lungo sette anni. E si chiude nell’unico modo possibile: con la certezza che mio padre era innocente”. Lo scrive in un post su Facebook Maria Elena Boschi, presidente dei deputati di Italia Viva, commentando l’assoluzione del padre Pier Luigi.

“La verità giudiziaria non cambia niente per me: ho sempre saputo che mio padre è stato attaccato sui media e non solo per colpire altri. Ma oggi la verità giudiziaria stabilisce ciò che io ho sempre saputo nel mio cuore: mio padre è innocente. E ora – aggiunge – lo sanno tutti, non solo la sua famiglia. Lo sa il popolo italiano, nel cui nome la sentenza è stata pronunciata. Lo sanno le Istituzioni di questo Paese che io ho servito con dignità e onore. Lo sanno gli avversari politici che mi hanno chiesto le dimissioni per reati che mio padre non aveva fatto. Lo sanno i talk che hanno fatto intere trasmissioni contro di me e di noi e che non dedicheranno spazio a questa vicenda. Lo sanno gli odiatori che mi hanno insultato spesso con violenza verbale e frasi sessiste nel silenzio complice e imbarazzato di tanti”.

“Questa vicenda – sottolinea – ha segnato la mia vita e la mia carriera molto più di quanto uno possa pensare: ma le lacrime di oggi sono lacrime di gioia e di speranza. Perché nessuno debba subire quello che ha subito la mia famiglia. Combatterò per una giustizia giusta. E ringrazio quei tanti magistrati che in ogni angolo del Paese fanno prevalere il diritto sull’ingiustizia. Grazie a chi mi è stato vicino. Ti voglio bene babbo”.

“Oggi molti avversari politici, ospiti dei talk, odiatori dovrebbero mettersi in fila e dire una cosa sola: scusa. Non lo faranno. Ma quello che è sempre più chiaro è che i mostri non eravamo noi. Un abbraccio a tutta la famiglia Boschi”. Così un in tweet il leader di Iv Matteo Renzi.

Open, Cassazione:” Fondazione non operava come Partito”

Rese note le  motivazioni della Cassazione che ha ordinato i dissequestri per i pc e i cellulari di Marco Carrai. Un verdetto che non potrà non influire sull’inchiesta con al centro la fondazione Open nella quale i magistrati fiorentini contestano, tra gli altri, a Matteo Renzi, Maria Elena Boschi e Luca Lotti i reati di finanziamento illecito ai partiti, traffico di influenze, corruzione, autoriciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti

A pochi giorni dall’udienza preliminare, fissata per il 4 aprile, arrivano le motivazioni della Cassazione che ha ordinato i dissequestri per i pc e i cellulari di Marco Carrai. Un verdetto che non potrà non influire sull’inchiesta nella quale i magistrati fiorentini contestano, a vario titolo, a lui e ad altri dieci imputati – tra cui Matteo Renzi, i parlamentari Maria Elena Boschi e Luca Lotti – i reati di finanziamento illecito ai partiti, traffico di influenze, corruzione, autoriciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.  Secondo la Cassazione, è  consentito alle fondazioni di partito raccogliere fondi, erogare somme per contribuire al finanziamenti di iniziative in favore di partiti, movimenti politici o loro articolazioni interne, e i giudici del riesame avrebbero dovuto, in via preliminare, verificare se l’attività della Fondazione Open avesse esorbitato o meno dall’ambito “fisiologico” della fondazione politica, invece ha considerato Open una “articolazione politico-organizzativa” del Pd “esclusivamente in ragione della funzione servente” in favore delle “corrente renziana”.

Open, è la tesi, avrebbe agito come una articolazione di partito e ricevuto 3,5 milioni in violazione delle norme sul finanziamento ai partiti. Secondo la Cassazione, che per la terza volta ha annullato – stavolta senza rinvio – il sequestro probatorio nei confronti di Carrai, il tribunale del Riesame nel qualificare la Fondazione Open come articolazione politica non ha tenuto conto delle precedenti pronunce della Cassazione sullo stesso caso e della disciplina sulle fondazioni politiche. L’impianto dell’inchiesta considera Open come ‘articolazione’ di partito politico: una tesi contestata dalla difesa e che non convince la Cassazione, che aveva già esaminato la questione nel settembre 2020 e nel maggio 2021.

“Nel qualificare la Fondazione Open, del quale Carrai era componente del consiglio direttivo, ‘articolazione politico-organizzativa del Partito Democratico (corrente renziana)”, secondo il collegio, il riesame non ha “rispettato i principi già affermati dalle sentenze “emesse dalla stessa Cassazione e non ha considerato “compiutamente la disciplina dettata per le fondazioni politiche” nella normativa vigente all’epoca dei fatti, che all’articolo 5 del dl 149 del 2015, ricorda la Cassazione, “espressamente riconosce e consente che le fondazioni di partito possano raccogliere fondi, erogare somme a titolo di liberalità e contribuire al finanziamenti di iniziative”. “Il riesame avrebbe dovuto verificare se l’attività di Open avesse esorbitato o meno dall’ambito fisiologico della fondazione politica”, invece, scrivono i giudici, in sostanza ha rinvenuto il ‘fumus’ del delitto, ma non ha dimostrato il carattere illecito del finanziamento. “Noi siamo i primi ad aver fiducia nella giustizia – è il commento del presidente di Italia Viva Ettore Rosato – ed essere stati oggetto di un palese abuso è stato doloroso e difficile da spiegare.

Oggi lo spiega la Cassazione nelle motivazioni dell’ordinanza con cui ha annullato i provvedimenti di quei magistrati che, continuo a pensarlo, non erano guidati dall’interesse della giustizia nel loro lavoro”. Intanto sono stati interrogati ieri in procura l’avvocato Luca Casagni Lippi e l’imprenditore Alessandro Di Paolo, indagati in un secondo filone dell’inchiesta. I pm fiorentini contestano ai due l’accusa di traffico di influenze in concorso con l’avvocato Alberto Bianchi. Sempre ieri inoltre i magistrati avrebbero sentito una terza persona, non indagata, ritenuta informata sui fatti. “Abbiamo chiarito la nostra posizione”, afferma il difensore di Casagni Lippi, l’avvocato Francesco Maresca.

Inchiesta Open: chiesto processo per Matteo Renzi e altri 10 indagati

Tra gli indagati per i quali è stato chiesto il processo ci sono anche Maria Elena Boschi, Luca Lotti, l’ex presidente di Open Alberto Bianchi e l’imprenditore Marco Carrai. Coinvolte nell’inchiesta anche quattro società. L’udienza preliminare si terrà il 4 aprile prossimo.

La procura di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio di 11 indagati, tra cui Matteo Renzi, per l’inchiesta sulle presunte irregolarità nei finanziamenti a Open, la fondazione nata per sostenere le iniziative politiche dell’ex premier.

“Nella giornata di oggi è stata fissata l’udienza preliminare per il processo Open che si terrà il giorno 4 aprile. Si tratta di un atto scontato e ampiamente atteso che arriva ad anni di distanza dai sequestri del novembre 2019 poi giudicati illegittimi dalla Corte di Cassazione.
Finalmente inizia il processo nelle aule e non solo sui media. E i cittadini potranno adesso rendersi conto di quanto sia fragile la contestazione dell’accusa e di quanto siano scandalosi i metodi utilizzati dalla procura di Firenze”. Questa la replica di Matteo Renzi, in una nota.

Renzi poi aggiunge, “Io non ho commesso reati, spero che i magistrati fiorentini possano in coscienza dire lo stesso”.

I reati contestati nell’inchiesta della Procura di Firenze, a vario titolo, sono quelli di finanziamento illecito ai partiti, traffico di influenze, corruzione, emissione di fatture per operazioni inesistenti e autoriciclaggio. Il senatore Matteo Renzi, ritenuto dagli inquirenti il direttore di fatto della ex fondazione, è accusato di finanziamento illecito ai partiti in concorso con l’ex presidente di Open, avvocato Alberto Bianchi, con i componenti del cda, Marco Carrai, Luca Lotti e Maria Elena Boschi e con l’imprenditore Patrizio Donnini. Luca Lotti, Alberto Bianchi, Patrizio Donnini dovranno difendersi anche dall’accusa di corruzione insieme al costruttore Alfonso Toto. 

“Nella giornata di oggi intanto il senatore Matteo Renzi ha provveduto a firmare una formale denuncia penale nei confronti dei magistrati Creazzo, Turco, Nastasi. L’atto firmato dal senatore sarà trasmesso alla Procura di Genova, competente sui colleghi fiorentini, per violazione del’articolo 68 Costituzione, della legge 140/2003 e dell’articolo 323 del codice penale. Renzi ha chiesto di essere ascoltato dai pm genovesi riservandosi di produrre materiale atto a corroborare la denuncia penale contro Creazzo, Turco, Nastasi”. Così in una nota l’ufficio stampa di Matteo Renzi dopo la richiesta di processo della Procura sul caso Open.

 

 

Fondazione Open: chiuse indagini, 15 indagati 4 sono società

Sono 11 le persone indagate destinatarie dell’avviso di conclusione indagini, tra cui lo stesso attuale leader di Italia Viva Matteo Renzi, Maria Elena Boschi, Luca Lotti, l’ex presidente di Open Alberto Bianchi e l’imprenditore Marco Carrai.

Le accuse riguardano presunte irregolarità nei finanziamenti a Open, la fondazione nata per sostenere le iniziative politiche di Matteo Renzi. Sono 11 le persone indagate destinatarie dell’avviso di conclusione indagini, tra cui lo stesso attuale leader di Italia Viva Matteo Renzi, Maria Elena Boschi, Luca Lotti, l’ex presidente di Open Alberto Bianchi e l’imprenditore Marco Carrai. Coinvolte nell’inchiesta anche quattro società. Tra i reati contestati a vario titolo nell’inchiesta compaiono il finanziamento illecito ai partiti, corruzione, riciclaggio, traffico di influenze

Secondo la procura Open operava come un vero e proprio partito.  A far partire gli accertamenti la plusvalenza da quasi un milione di euro che l’imprenditore Patrizio Donnini avrebbe ricavato con la cessione a Renexia (del gruppo Toto) di cinque società inattive ma autorizzate alla produzione di energia eolica.

In particolare, secondo le accuse, tra il 2012 e il 2018 la Fondazione avrebbe ricevuto ” in violazione della normativa” 7,2 milioni di euro, spesi almeno in parte per sostenere direttamente l’attività politica della corrente renziana.n Luca Lotti si sarebbe adoperato affinché in Parlamento venissero approvate disposizioni normative favorevoli al concessionario autostradale Toto Costruzioni spa e per questo la procura di Firenze lo accusa di corruzione in concorso nell’inchiesta sulla fondazione Open.

Lo si precisa nell’avviso di conclusione delle indagini. Secondo il procuratore aggiunto Luca Turco e il sostituto Antonino Nastasi, titolari delle indagini, Lotti, all’epoca dei fatti sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e segretario del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica), avrebbe ottenuto in cambio di queste ‘attenzioni’ finanziamenti per la fondazione. In particolare, come ricompensa per l’operato di Lotti, il gruppo Toto avrebbe versato all’allora presidente di Open, avvocato Alberto Bianchi, 800.000 euro a fronte di una prestazione professionale fittizia.

Di questa somma, Bianchi avrebbe poi versato 200.000 euro alla Open e altri 200.000 al comitato per il Sì al referendum sulla riforma costituzionale. Per quest’episodio oltre a Lotti sono accusati di corruzione Bianchi, l’imprenditore Patrizio Donnini e Alfonso Toto, quale referente della Toto Costruzioni. Sempre in relazione allo stesso episodio, a Toto viene contestato anche il reato di finanziamento illecito ai partiti. Sia Alfonso Toto che Patrizio Donnini inoltre devono rispondere dell’accusa di traffico di influenze in concorso illecite: per l’accusa, Donnini, si sarebbe fatto pagare da Toto circa 1 milione di euro per una sua mediazione illecita con Luca Lotti. Il denaro, è la tesi dei pm, fu corrisposto attraverso Renexia spa (gruppo Toto) alla Immobil Green srl amministrata da Donnini. Quest’ultimo, accusato anche di autoriciclaggio, per mascherare la provenienza dei soldi, avrebbe impiegato parte delle somma ricevuta in due società attive nel settore del turismo e in acquisti immobiliari.

Lotti è accusato di corruzione anche in relazione a donazioni arrivate alla fondazione Open dalla British American Tobacco Italia spa. Secondo l’accusa formulata nell’avviso di conclusione indagini, tra il 2014 e il 2017 si sarebbe adoperato in relazione a disposizioni normative in materia di accise sui tabacchi lavorati, di interesse per la spa, ricevendo in cambio tra l’altro finanziamenti a Open per oltre 250.000 euro e la nomina di un manager gradito nel collegio sindacale della British American Tobacco spa. Sempre riguardo ai finanziamenti ricevuti da Open, l’ex presidente Alberto Bianchi è indagato anche per emissione di fatture per operazioni inesistenti e per traffico di influenze. L’ultimo reato viene contestato a Bianchi solo in relazione a una serie di finanziamenti, per una somma complessiva di oltre 100.000 euro, ricevuti da Open dalla Irbm Scienza Park spa

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