Disco della settimana: Little Simz “Sometimes i might be introvert”

Little Simz è l’astro nascente dell’hip hop inglese. Con Sometimes I might be introvert, epico, sontuoso ed insieme assolutamente contemporaneo, la giovanissima e talentuosa rapper ha probabilmente scritto un nuovo classico del genere.

Simblatu “Simbi” Abisola Abiola Ajikawo, in arte Little Simz, è una ventisettenne rapper di genitori nigeriani e originaria di Islington, quartiere nella parte settentrionale di Londra. Simz sviluppa la sua passione per l’hip-hop da giovanissima: all’età di 7 anni scopre la rapper afroamericana Missy Elliott ed è affascinata dalle coreografie dei suoi video musicali. In seguito, influenzata da artisti come Lauryn Hill, 2Pac, Nas e Jay-Z, inizia a scrivere i suoi primi versi. Oggi per Kendrick Lamar è la migliore in circolazione, Lauryn Hill l’ha voluta al suo fianco, i Gorillaz l’hanno già scelta per il singolo “Green Palace”, il suo terzo album Grey Area del 2019 fu candidato ai Mercury Prize.

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Dopo i precedenti lavori, legati all’estetica dell’hip hop undrground della scena londinese, con Sometimes I might be introvert, album ambizioso e sontruosamente orchestrato  compie un evidente salto di qualità confrontandosi con i modelli assoluti come Nina Simone, Lauryn Hill (“è stata una mia grandissima ispirazione, il fatto che oggi che mi accostino a lei mi sembra pazzesco”), Etta James, Isaac Hayes o lo Smokey Robinson campionato nel pezzo Two worlds apart, nel tentativo di scrivere un classico. “Non ci ho riflettuto molto, è venuto fuori in modo naturale. Sentivo che con questo disco dovevo passare a un livello successivo. Ero molto orgogliosa di Grey area, il mio lavoro precedente, ma volevo andare oltre, mettere me stessa e la mia storia personale al servizio della musica”

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I 19 brani di Sometimes I might be introvert sono costruiti come un viaggio interiore guidato dalla voce narrante dell’attrice Emma Corrin (la Lady Diana nella serie The crown). Gran parte dei testi sono autobiografici; il brano I love you, I hate you parla del difficile rapporto tra Little Simz e il padre, Little Q racconta la storia di un cugino, scampato alla violenza delle baby gang londinesi (“È quasi morto dopo che l’hanno accoltellato, è stato in coma due settimane, poi è guarito. Stava per diventare l’ennesimo numero buono solo per le statistiche sulla violenza delle baby gang”) ma affrontano anche grandi temi come femminismo (Woman), razzismo e la cultura africana. In Point and kill Little Simz e il suo ospite Obongjayar cantano in pidgin, lingua creola a base inglese parlata in tutta la Nigeria “Obongjayar ha dato un contributo fondamentale al brano, ha aggiunto la sua magia. Per questo pezzo e per quello successivo, Fear no man, abbiamo portato in studio dei percussionisti nigeriani. Io sono rimasta nella sala di controllo a vederli suonare per ore, era una figata, sembravano guidati da uno spirito”.

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Il brano d’apertura, l’epico, imponente, Introvert, è uno dei più diretti e politici. Parla esplicitamente di guerre interiori, apartheid e politici corrotti. “Nella canzone dico che diverse parti del mondo vivono in apartheid, ma non è una novità. Volevo fare luce su alcune situazioni che sono sotto gli occhi di tutti, anche se tanti fingono di non vederle: quella del popolo palestinese, ma anche il Sudafrica, dove l’apartheid non è di certo finito. Il mio cuore è con loro”

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Riguardo all’aspetto strettamente musicale, Little Simz conferma di essersi guardata molto indietro, con il complice aiuto del produttore Inflo, (la mente del progetto Sault): “Le mie influenze sono tante. Negli ultimi anni ho ascoltato tanto Nina Simone, Etta James, Marvin Gaye. Io e Inflo lavoriamo insieme da anni, siamo amici. In studio passiamo un sacco di tempo a chiacchierare, oltre che a fare musica. Ci piace provare sempre cose nuove e non ci poniamo steccati tra i generi: non pensiamo che siccome sono una rapper devo fare solo pezzi a 90 bpm, boom bap o trap. Ci piace esplorare il jazz, il funk, l’elettronica o l’indie”.

 

Sometimes I might be introvert è il nostro Disco della settimana !

 

Disco della settimana: Public Enemy “What You Gonna Do When The Grid Goes Down?”

Dopo oltre 20 anni i Public Enemy tornano alla casa madre, pubblicando What You Gonna Do When The Grid Goes Down?, il loro nuovo album, per la leggendaria Def Jam.

Le istituzioni culturali sono importanti. Essere parte integrante di una di queste è un onore conferito e da difendere. Le canzoni dei Public Enemy saranno per sempre impronte sonore nella sabbia del tempo. Ed è ora, è necessario, di riportare il rumore da un luogo chiamato casa. Def Jam” ha detto Chuck D, finalmente riappacificato (per quanto?) con Flavor Flav che ha aggiunto “La Def Jam è come la casa in cui siamo cresciuti. È bello essere a casa

Anticipato da State of the Union e dal remix di Fight the Power (inseriti nel dibattito relativo al Black Lives Matter) l’album del gruppo che è un monumento vivente dell’hip-hop e della black music è arricchito da ospiti del calibro di Mike D e Ad-Rock (Beastie Boys), George Clinton, Run-DMC, Cypress Hill, Ice-T e PMD Nas, Black Thought, Rapsody, YG, Questlove e Jahi.

www.publicenemy.com

Disco della settimana: Dj Shadow “Our Pathetic Age”

Appena pubblicato su Mass Appeal/Caroline International, con distribuzione Universal, “Our Pathetic Age” è il sesto studio album di DJ Shadow (per l’anagrafe Joshua Paul Davis), storico dj/producer americano, che per l’occasione ha rinnovato il sodalizio con i vecchi collaboratori Solesides, Lateef The Truthseeker e Gift of Gab (dei Blackalicious). Il doppio album esce a tre anni di distanza dal precedente “The Mountain Will Fall”.


Il lavoro è composto da una “Instrumental Suite”, 11 tracce strumentali “d’atmosfera” (c’è anche un brano composto interamente con una vera orchestra) mente la seconda parte dell’album (Vocal Suite) vede illustri guest-stars del giro hip hop.

Il singolo “Rocket Fuel” ha il featuring dei De La Soul mentre le altre tracce successive presentano featuring di Run The Jewels, Nas, Dave East, Samuel T. Herring, Paul Banks degli Interpol, Wiki, Inspectah Deck, Ghostface Killah, Raekwon, St. Louis MCs Rockwell Knuckles, Tef Poe, Fantastic Negrito, Jumbo is Drama e Brooklyn MC Stro. Il disco esce, ovviamente, anche in doppio vinile, ma è prevista anche un’edizione limitata di 1000 copie, contenente in esclusiva alcune versioni strumentali.

Nel lungo comunicato stampa, il musicista newyorkese dichiara di aver lavorato a questo album per 17 mesi. Il risultato, a suo dire, è il disco più coeso dai tempi dell’EP What Does your Soul Look Like (1994), e rappresenta ‘Ciò che ero, ciò che sono ciò che vorrei essere’. L’artista afferma inoltre che questo sarà un disco di speranza. Ecco come si è espresso in merito: “Come artista, più di ogni altra cosa, cerco di farmi un’idea del mood della società nel suo insieme. I sottili segnali che gli esseri umani si scambiano, il modo in cui la gente si comporta, le loro frustrazioni, i flussi e i riflussi. Nella mia parte di mondo, le persone hanno paura. I senzatetto dilagano e c’è una paura terrificante di cadere nella povertà. Le persone sono dipendenti da qualcosa, confuse e disorientate, sono incazzare e non credono più nelle istituzioni governative. Ci sono canzoni che sono ispirate da questa energia e cercano di sfruttarla, di dare un senso alla rabbia. In alcuni casi, ci sono tentativi di spalmare balsamo sulla ferita; in altri casi, le canzoni si limitano a osservare senza offrire soluzioni. Nonostante il titolo è un album vibrante e pieno di speranza… c’è sempre luce nell’oscurità. Voglio che questo disco rifletta i tempi in cui viviamo, che sia un cartello indicatore per segnare la nostra epoca… la nostra patetica epoca.” .

Disco della settimana: Anderson .Paak “Ventura”

Si chiama “Ventura” il nuovo album in studio di Anderson .Paak. Prodotto da Dr. Dre,  esce a soli 5 mesi dal precedente (più sperimentale) “Oxnard“. Il disco si presenta ricco di featuring (Nate Dogg, André 3000 degli Outcast, Jazmine Sullivan, Brandy) ed è stato anticipato da 2 singoli: King James e Make It Better (feat. Smokey Robinson).

Il nuovo disco del rapper della West Coast, Ventura arriva a soli cinque mesi di distanza dall’ottimo Oxnard e rappresenta il capitolo conclusivo di una saga di dischi inaugurata nel 2014 con Venice. Anderson .Paak stesso ha infatti dichiarato di voler chiudere il cerchio con questo progetto, registrato contemporaneamente al suo predecessore.

Ventura è la città che si trova appena sopra Oxnard in California. «La dualità dei due luoghi mi ha ispirato molto e quindi ho realizzato due album nello stesso momento, ma ne ho tenuto uno da parte perché ci sarebbero stati troppi brani da suonare dal vivo», ha detto il cantante in una dichiarazione. Tra soul “vintage e hip hop il disco sembra inserirsi nel solco già tracciato tra Stewie Wonder o Curtis Mayfield. Ad accompagnare l’artista il consueto gruppo di musicisti (The Free Nationals) che lo accompagnano dal vivo.

Anderson. Paak, già stato in concerto in Italia il 25 marzo, ha anche annunciato un nuovo tour americano per il mese di maggio: 21 date con il supporto di Thundercat per tutti gli show, e Earl Sweatshirt, Noname, Mac DeMarco e Jesse Reyez come ospiti d’eccezione per alcune date.

Disco della Settimana: The Allergies, “Steal the Show”

Terzo album del duo di Bristol, un altro tuffo nel groove attraverso la loro divertita rilettura di funk, hip hop e acid jazz. All’album collaborano, tra gli altri, Andy Cooper degli Ugly Ducking, Izo FitzRoy e Dr Syntax, una leggenda dell’hip hop britannico.

“Suonatissimi” nel mondo anglosassone, praticamente ignorati in Italia, li scopriamo insiame ascoltando l’album “Steal The Show”, appena uscito per Japapeno Records, nella nostra rubrica “Il Disco della Settimana”.

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