Mps, banche e manager tutti assolti in appello. Mussari ‘grato agli avvocati’

Milano, la Corte d’Appello ha assolto tutti gli imputati, dall’ex presidente di Mps Giuseppe Mussari all’ex dg Antonio Vigni fino alle banche Deutsche Bank AG, la sua filiale londinese e Nomura, nel processo sul caso Mps con al centro le presunte irregolarità nelle operazioni di finanza strutturata, Alexandria e Santorini, Chianti Classico e Fresh, effettuate da Rocca Salimbeni tra il 2008 e il 2012 per coprire le perdite dovute all’acquisizione di Antonveneta. Sono state revocate le confische agli enti per un totale di circa 150 milioni.

Le assoluzioni di tutti i 16 imputati nel caso Mps, comprese le banche, sono in gran parte nel merito. Per alcuni episodi, precedenti all’agosto 2011 è stato dichiarato il non luogo a procedere in quanto prescritti. La seconda corte d’appello, presieduta da Angela Scalise, nel cancellare la sentenza di primo grado, ha revocato anche le confische di 88 milioni per Nomura e di 64 milioni per Deutsche Bank, imputata assieme alla London Branch, e tutte le pene accessorie.

Il dispositivo ha lasciato tutti increduli, difese – molti avvocati si sono pure abbracciati – e legali di parte civile. Il sostituto pg Gemma Gualdi, che aveva chiesto condanne leggermente inferiori a quelle decise dal Tribunale per via di alcune prescrizioni, ha lasciato l’aula senza dire nulla. Nel novembre 2019, il collegio della seconda sezione penale avevamonte dei invece inflitto pene severe: 7 anni e 6 mesi di carcere all’ex presidente Mussari, 7 anni e 3 mesi all’ex dg Vigni e 5 anni e 3 mesi e 4 anni e 8 mesi rispettivamente all’ex direttore finanziario Daniele Pirondini e all’ex responsabile area finanza Gian Luca Baldassarri.

Erano stati condannati anche Marco Di Santo, altro ex dirigente Mps, a 3 anni e 6 mesi, e gli ex manager di Deutsche Bank Ivor Scott Dunbar (4 anni e 8 mesi), Matteo Angelo Vaghi (3 anni e 6 mesi), Michele Faissola (4 anni e 8 mesi), Michele Foresti (4 anni e 8 mesi) e Dario Schilardi (3 anni e 6 mesi). Le pene per Marco Veroni, ex di Db Ag London Branch, e per Sadeq Sayeed e Raffaele Ricci di Nomura, erano state 3 anni e 6 mesi, per il primo e 4 anni e 8 mesi e 3 anni e 5 mesi per gli altri due.

Deutsche Bank AG, compresa la filiale londinese, e la banca nipponica, imputate come società, oltre alle confische si erano viste condannare a sanzioni pecuniarie pesanti: 3 milioni di euro la prima e 3 milioni e 450 mila la seconda Ora bisognerà attendere 90 giorni per sapere quali siano i motivi dell’assoluzione.

Esprimo tutta la mia gratitudine e il mio affetto agli avvocati Tullio Padovani, Fabio Pisillo e Francesco Marenghi che hanno voluto rappresentarmi e difendermi sin dal primo atto d’indagine, continuando a farlo anche quando altro non vi era che il mio esser loro grato. Alle loro capacità e alla loro perseveranza va ascritto quanto oggi è occorso. Ho scelto di difendermi solo e soltanto dinanzi al mio Giudice naturale, non vi è oggi ragione di mutare registro”. Così Giuseppe Mussari dopo la sua assoluzione al processo d’appello Mps a Milano.

“Mi sia consentito di ringraziare l’avv.Federica Nicolini e l’avv.Giulio Pisillo anche loro, ognuno nel proprio ambito, hanno contribuito a che sia stata fatta chiarezza” ha aggiunto ancora Mussari. L’ex presidente di Mps in primo grado era stato condannato a 7 anni e 6 mesi nel processo con al centro le presunte irregolarità nelle operazioni di finanza strutturata, Alexandria e Santorini, Chianti Classico e Fresh, effettuate da Rocca Salimbeni tra il 2008 e il 2012 per coprire le perdite dovute all’acquisizione di Antonveneta.

Morte David Rossi, ascoltato Mussari: “Per me era come un fratello”

L’ex presidente di Banca Monte dei Paschi di Siena è stato ascoltato questa mattina davanti alla Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla morte di David Rossi.

Iniziata l’audizione di Giuseppe Mussari davanti alla Commissione Parlamentare d’Inchiesta  per la morte di David Rossi, l’ex capo della Comunicazione di Mps. Mussari ha affermato che David Rossi era per lui un amico, anche se non gli ha mai confidato nulla. “Feci assumere Rossi perchè era il più bravo” ha detto.

Mussari ha letto anche una lettera scritta alla vedova di David Rossi e alcune affermazioni di un interrogatorio di Rossi alla guardia di finanza. L’avvocato ha poi ricordato che i rapporti con l’ex capo della Comunicazione morto il 6 marzo 2013, sono nati nell’ambito di Siena e si sono fatti più stretti in un rapporto diventato di amicizia e anche di lavoro.

“David Rossi avrà partecipato a un cda di Mps, quando avrà dovuto esporre le linee guida sulla comunicazione o a un nuovo spot della banca che sarebbe andato in onda – ha spiegato sempre Mussari -, Rossi altrimenti non partecipava ai cda” della banca.  Alla domande sulle informazioni cui aveva accesso Rossi, Mussari ha detto che “aveva le informazioni che doveva veicolare verso il pubblico”, fuori dalla banca, come capo della comunicazione di Mps. All’obiezione che forse la presenza di Rossi ai cda non sarebbe stata verbalizzata, Mussari ha ribadito: “David Rossi non ha partecipato ai cda, perché io c’ero. Non è che non risulta dai verbali – ha rimarcato Mussari -: lui non c’era ai cda se non per questioni afferenti al suo settore”, della comunicazione.

Successivamente, rispondendo a un altro commissario, l’on. Cenni, sul ruolo di David Rossi in banca Mps e quali informazioni poteva avere accesso, sempre Mussari ha detto che “Rossi non ha partecipato a riunioni di top management se non per questioni afferenti ad area di competenza”, inoltre ” non ho conoscenza che lui avesse informazioni su operazioni della banca”.

“David Rossi non aveva deleghe, era il responsabile della comunicazione – ha detto Mussari – e in questo ruolo semmai aveva capacità di impegnare la banca con terzi per spese a importi stabiliti, step per step, in relazione a elementi quantitativi crescenti. Per un primo step poteva decidere da solo la spesa, per uno step successivo rivolgersi a organismi predeterminati della banca per importi più alti”.

“Ritengo che David Rossi nulla sapesse delle operazioni Alexandria e Santorini – ha continuato Mussari -, oggetto di indagine della procura di Siena. Ritengo che nulla ne sapesse. Era già stato interrogato, non credo avesse cose di chissà quale significato, di chissà quale rilevanza da riferire. I suoi computer, i suoi strumenti elettronici, la sua posta, sono stati analizzati, da qui nulla è emerso nei fascicoli che mi riguardano, ma ritengo neanche in altri fascicoli altrimenti sarebbero inevitabilmente emersi”.

“Help stasera mi suicido sul serio, aiutatemi!!!”. “Era questo il registro di Rossi?”, è stato chiesto. L’avvocato Mussari ha prima invitato a fare un confronto fra testi di Rossi, come le prefazioni ai cataloghi di certe mostre promosse da Mps “fra cui quella della mostra su Corto Maltese scritta a quattro mani da me e David”, poi ha l’ex presidente di Mps chiosato: “Non collimano” questi testi “no”.

L’audizione è terminata dopo quasi 4 ore: è iniziata alle 10.40e si è conclusa intorno alle 14.30, dopo una parte finale di circa mezz’ora secretata.

Mps: condannati Mussari, Vigni e Baldassarri

Nuove condanne per uno dei capi di imputazione per il caso Monte dei Paschi di Siena. Il Tribunale di Milano ha condannato a 7 anni e 6 mesi di carcere Giuseppe Mussari, 7 anni e 3 mesi per Antonio Vigni e  4 anni e 8 mesi per Gian Luca Baldassarri, ex vertici di Monte dei Paschi di Siena. Nel processo durato quasi tre anni, scaturito dall’inchiesta dei pm Giordano Baggio, Mauro Clerici e Stefano Civardi, sono stati condannati tutti i 16 imputati, sia persone fisiche che giuridiche. Le motivazioni tra 90 giorni.

La sentenza del Tribunale di Milano riguardava presunte irregolarità nelle operazioni effettuate dalla banca senese tra il 2008 e il 2012 per coprire le perdite dovute all’acquisizione di Antonveneta. Condannato anche Daniele Pirondini, ex direttore finanziario di Rocca Salimbeni a 5 anni e 3 mesi. I condannati sono stati in totale 16.

Sono stati condannati anche Marco Di Santo, altro ex manager Mps, a 3 anni e 6 mesi, e gli ex dirigenti e manager di Deutsche Bank Ivor Scott Dunbar (4 anni e 8 mesi), Matteo Angelo Vaghi (3 anni e 6 mesi), Michele Faissola (4 anni e 8 mesi), Michele Foresti (4 anni e 8 mesi) e Dario Schilardi (3 anni e 6 mesi). Per Marco Veroni, ex di Deutsche Bank Ag London Branch, 3 anni e 6 mesi e poi ancora 4 anni e 8 mesi per Sadeq Sayeed, ex di Nomura come Raffaele Ricci (per lui 3 anni e 5 mesi).
Nessuna attenuante per l’ex presidente di Mps Giuseppe Mussari. Concesse a tutti le “attenuanti generiche” ma non a Mussari e nemmeno all’ex managing director di Deutsche Bank Ivor Scott Dunbar. Escluse per tutti invece le aggravanti della transnazionalità e del “grave nocumento ai risparmiatori”. Per tutti e 13 gli imputati persone fisiche è stata anche disposta l’interdizione “dai pubblici uffici e dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese” e l’incapacità a “contrattare con la Pubblica Amministrazione per la durata di due anni”. E’ stato dichiarato il non doversi procedere per prescrizione solo per una piccola parte delle imputazioni, ossia una parte delle contestazioni di ostacolo all’attività degli organi di vigilanza. Gli altri reati al centro del processo erano manipolazione del mercato, falso in bilancio, falso in prospetto.
Ritenute responsabili per una pluralità di illeciti anche Deutsche Bank, compresa la filiale londinese, e Nomura, imputati come enti. Disposte confische per un importo complessivo di oltre 152 milioni di euro nei confronti di Deutsche Bank AG, compresa la filiale londinese, e Nomura. Le banche sono imputate in qualità di enti, nel processo sul caso Mps, a carico tra gli altri degli ex vertici Vigni, Mussari e Baldassarri. In particolare, i giudici hanno condannato Deutsche Bank Ag e Deutsche Bank Ag London Branch ad una sanzione pecuniaria da 3 milioni di euro, mentre per Nomura la sanzione pecuniaria comminata è di 3,4 milioni di euro. I pm avevano chiesto sanzioni pecuniarie più basse, da 1,8 milioni. La Procura, invece, aveva chiesto confische da 444,8 milioni per la banca giapponese e di 440,9 milioni per quella tedesca, mentre i giudici le hanno disposte per 88 milioni a carico di Nomura e per 64 milioni a carico di Deutsche, compresa la filiale londinese. Per un totale, dunque, di circa 152 milioni di euro.
“E’ una sentenza totalmente appiattita sulle impostazioni dell’accusa. Avevamo espresso una serie di pregnanti considerazioni in fatto e in diritto che evidentemente non sono state minimamente prese in considerazione”, è il commento dell’avvocato Armando Simbari, difensore di Pirondini.
(Notizia in aggiornamento)

Mps: chiesti 8 anni e 4 mln multa per Mussari e Vigni

Chiesta anche  la confisca di 444,8 milioni per Nomura e di 440,9 milioni per Deutsche Bank AG, i due istituti di credito imputati in qualità di enti.

La condanna degli ex vertici di Mps Giuseppe Mussari, Antonio Vigni e Gianluca Baldassarri rispettivamente a 8 anni e 4 milioni di multa per i primi due e e a 6 anni e 1.5 milioni di multa per il terzo è stata chiesta oggi dai pm di Milano nel processo a 16 imputati con al centro le operazioni Santorini e Alexandria, Fresh e Chianti Classico.
Chiesta anche la condanna di Nomura e di Deutsche Bank AG.
Chiesta l’assoluzione di due manager della banca tedesca e della sua filiale londinese.

La Procura di Milano nell’ambito del processo sul caso Mps a carico degli ex vertici della banca ha chiesto anche  la confisca di 444,8 milioni per Nomura e di 440,9 milioni per Deutsche Bank AG, i due istituti di credito imputati in qualità di enti. Il pm Giordano Baggio ha chiesto anche al tribunale la condanna a 1,8 milioni di multa per ciascuna delle due banche.

Mps: Profumo e Viola rinviati a giudizio per tranche derivati

Gli ex vertici di Mps Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, assieme allo stesso istituto di credito e a Paolo Salvadori, ex presidente del, collegio sindacale, sono stati rinviati a giudizio dal gup di Milano. Il processo inizierà il 17 luglio. La Procura invece aveva chiesto per tutti gli imputati il proscioglimento. Le accuse sono di aggiotaggio (caduto per Salvadori) e falso in bilancio nella tranche sulla contabilizzazione dei derivati Santorini e Alexandria.

Il gup Alessandra Del Corvo, non accogliendo le richieste dei pm e delle difese, ha mandato a processo, come chiesto dalle parti civili (circa 200 azionisti rappresentati da numerosi legali, tra cui l’avvocato Matteo Picotti), Profumo e Viola (anche ex ad della Banca popolare di Vicenza), ex presidente ed ex ad del Monte dei Paschi, per aggiotaggio e falso in bilancio, Salvadori solo per falso in bilancio (per aggiotaggio “non doversi procedere”) e la stessa banca, imputata per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti.

I pm Baggio, Civardi e Clerici già nel settembre 2016 avevano chiesto l”archiviazione delle accuse a carico degli imputati (la tranche d’indagine era stata trasmessa per competenza da Siena a Milano) ma nell’aprile 2017 si erano visti respingere l”istanza dal gip Livio Cristofano che aveva ordinato l’imputazione coatta. Da qui la richiesta di rinvio a giudizio e l’udienza preliminare nella quale il pm Civardi nella scorsa udienza aveva chiesto il proscioglimento con argomentazioni simili a quelle dell’istanza di archiviazione.

I pm avevano sostenuto che Viola e Profumo, visti il ”restatement” del bilancio di Mps da loro effettuato e la scoperta dei vari trucchi che sarebbero stati adottati da coloro che li avevano preceduti per nascondere i ”buchi”, avrebbero agito senza alcuna intenzione di falsificare i conti (tra il 2011 e il 2014) né di occultare le perdite. Il pm Civardi davanti al gup aveva ribadito che è vero sì che i derivati avrebbero dovuto essere contabilizzati ”a saldi chiusi” e non ”a saldi aperti”, come è stato fatto, ma gli ex manager avevano fornito negli allegati ai bilanci tutte le indicazioni su quali sarebbero stati gli effetti della contabilizzazione ”a saldi chiusi”, senza intenzione di ingannare il mercato.

Per il pm, gli ex manager, che avevano ereditato la gestione della banca dopo quella di Giuseppe Mussari e degli altri vertici (che sono a processo a Milano), non solo avevano reso consapevole il mercato dei problemi sui bilanci ma si erano anche attenuti alle disposizioni di Consob e Banca d’Italia. Diversa la lettura del gip dell’imputazione coatta (agli atti anche una nuova consulenza disposta dalla Procura generale) che ravvisò nelle condotte dei manager presunti profili ingannevoli nei confronti del mercato perché quella contabilizzazione non aveva dissipato le ambiguità sui derivati.

“Sono sorpreso ma confermo con determinazione di essere sereno per le scelte fatte in Mps”. Fonti vicine ad Alessandro Profumo fanno sapere così il pensiero dell’ex banchiere, oggi ad di Leonardo. “Dimostreremo di aver sempre operato correttamente nell’interesse dell’istituto e dei suoi azionisti, peraltro in stretta collaborazione con Banca d’Italia e Consob, e riconfermo la mia totale fiducia nella magistratura”.

Mps, processo Alexandria: assolti gli ex vertici

Mussari, Vigni e Baldassarri, condannati in primo grado a 3 anni per la vicenda del derivato Alexandria, sono stati assolti dalla Corte d’Appello

Tutti assolti in appello a Firenze gli ex vertici di Mps, Giuseppe Mussari, Antonio Vigni e Gianluca Baldassarri, per l’inchiesta sulla ristrutturazione del derivato Alexandria. In primo grado i tre imputati erano stati condannati a 3 anni e mezzo di reclusione oltre a 5 anni di interdizione.

Questa mattina intorno alle 10 i giudici di Firenze si erano ritirati per decidere se scagionare gli ex vertici di Monte dei Paschi dalla condanna avuta in primo grado.

I tre imputati vennero condannati per aver nascosto il ‘mandate agreement’, il contratto per la ristrutturazione del derivato Alexandria, stipulato da Rocca Salimbeni con i giapponesi di Nomura. Un’accusa che i loro avvocati hanno cercato di smontare, chiedendo e ottenendo in appello l’acquisizione del ‘Deed of Amendment’ (un’integrazione del contratto che conterrebbe anche il ‘mandate’) di cui tutti in Mps sarebbero stati a conoscenza.

Gli avvocati dei tre imputati – Tullio Padovani e Fabio Pisillo per Mussari, Franco Coppi e Enrico De Martino per Vigni e Filippo Dinacci e Stefano Cipriani per Baldassarri – hanno sempre sostenuto che all’interno della Banca si sapeva dell’esistenza del ‘mandate agreement’ e che questo documento non era un segreto neppure per gli ispettori della Banca d’Italia. per gli ispettori della Banca d’Italia. Per questo motivi gli avvocati difensori durante il dibattimento in aula a Siena avevano chiesto ai giudici l’assoluzione con formula piena per tutti e tre i loro assistiti. Stessa richiesta hanno formulato i difensori durante il processo d’appello a Firenze. Durante il processo d’appello, il sostituto procuratore generale Vilfredo Marziani nella requisitoria aveva sostenuto come gli ispettori della Banca d’Italia, sotto giuramento, nel processo di primo grado, avessero chiarito che senza quel documento del “mandate agreement”, ritrovato tre anni dopo in una cassaforte del successivo amministratore delegato di Mps Fabrizio Viola, la complessità dell’operazione con Nomura non si poteva comprendere. Mentre gli altri documenti consegnati dalla vecchia gestione di Mps alla Banca d’Italia erano, secondo l’accusa, insufficienti.

 

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