‘Ndrangheta in Toscana: sindaca S.Croce lascia coordinamento distretto cuoio

La sindaca Giulia Deidda indagata rinuncia per ora a tavolo distretto del Cuoio

Il sindaco di Santa Croce sull’Arno (Pisa), Giulia Deidda, ha annunciato che non ricoprirà per il momento il ruolo di coordinatrice del Comitato d’area del Distretto Industriale del Comprensorio del Cuoio. Lo spiega una nota congiunta dei Comuni del territorio spiegando che la scelta è stata maturata “a seguito dell’indagine giudiziaria che l’ha interessata” essendo infatti indagata, assieme ad altre figure del tessuto imprenditoriale locale, nell’inchiesta della Dda di Firenze legata allo smaltimento illecito di scarti conciari, in cui è stato riscontrato anche il coinvolgimento di persone e aziende legate alle cosche della ‘ndrangheta.

“Una decisione condivisa anche con gli altri sindaci che il tavolo di Distretto ha accolto oggi in via ufficiale”, si legge nel comunicato nel quale si indica che i primi cittadini del territorio si alterneranno in questo ruolo, iniziando da Simone Giglioli di San Miniato (Pisa), località più popolosa tra quelle rappresentate. Il comune di Santa Croce sull’Arno continuerà a essere rappresentato al tavolo del distretto dal vicesindaco Marco Baldacci.

Intanto continua l’inchiesta legata allo smaltimento del Keu: un materiale derivante dal trattamento termico dei fanghi di depurazione prodotti dal depuratore Aquarno, nel quale vengono convogliati i reflui delle aziende conciarie di Santa Croce; le miscele di Keu, con altri materiali inerti, venivano qualificate come sottoprodotto e commercializzate dall’impresa di Lerose, come materiale per vari impieghi; a seguito di alcune indagini tecnico-analitiche il materiale è risultato un rifiuto speciale.

Le famiglie residenti nella zona si sono costitute nell’assemblea permanente no keue hanno indetto un’assemblea pubblica a Santa Croce sabato mattina.

Toscana: Giani sospende Capo di Gabinetto, “Chiarire presto”

Toscana, Giani: “Ho disposto che le funzioni di Capo di Gabinetto, fino ad ora svolte da Ledo Gori, siano attribuite in via transitoria al Direttore Generale della Regione, Paolo Pantuliano”. Lo ha dichiarato in una nota il presidente della Regione Toscana.

Gori è indagato dalla Dda di Firenze con l’accusa di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, nell’indagine per presunti smaltimenti illegali dei rifiuti conciari, nata nell’ambito di una più ampia inchiesta su infiltrazioni della ‘ndrangheta in Toscana.

Riguardo alle indagini Giani ha detto: “Non esprimo opinioni, o commenti su una vicenda seria e complessa, perché ho piena fiducia nella magistratura e nel lavoro delle forze dell’ordine, con la speranza che sia fatta chiarezza il prima possibile”.

“Mi preme sottolineare – ha aggiunto Giani – che valuteremo già nelle prossime ore tutti gli interventi opportuni affinché la Regione Toscana possa sviluppare, come ha sempre fatto, un’azione coerente e finalizzata ad evitare qualsivoglia pericolo di infiltrazione vista la capacità delle organizzazioni criminose di penetrare nei tessuti imprenditoriali anche nei nostri territori, che abbiamo il dovere di preservare”.

Un asse di politica e interessi, secondo gli inquirenti, avrebbe legato la sindaca di Santa Croce sull’Arno, Giulia Deidda, a Ledo Gori, il capo di gabinetto della Regione Toscana, confermato nell’incarico dal presidente Eugenio Giani, e finito nell’inchiesta sulle presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta in Toscana con l’accusa di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio.

Dalle carte della procura distrettuale antimafia di Firenze e allegate agli atti del gip del tribunale, come riferisce “La Nazione”, dietro la conferma di Gori sulla poltrona di capo di gabinetto con l’arrivo del presidente Giani ci sarebbero anche le pressioni che la Deidda fece sull’allora candidato alla guida della Regione incontrato nel luglio del 2020, in piena campagna elettorale. Deidda ne parla con Aldo Gliozzi, direttore dell’Associazione conciatori, intercettati entrambi.

Il rischio è che Giani impieghi Gori “in un ruolo diverso”. Ma il sindaco racconta di aver ribadito che “Ledo bisogna che rimanga per fare tutto quello che ha fatto finora”. Gliozzi: “Più operativo”. Deidda: “Io ieri gli dissi: siccome lo so, lui ieri lo doveva dire ”fate dire ad Eugenio che è sicuro che Ledo… se è sicuro”, nel senso se ha trovato il ruolo”. “Perché il punto vero è questo – prosegue Deidda -: che noi finora s’ è avuto Ledo ed Enrico Pisani. Cioè ma lo sai che quelle altre province non vedeva l’ora che Enrico si levasse dalle palle, perché… è chiaro che c’è questa dinamica, e noi si è fatto una lista sempre per le guerre tra i tre… e devo dì che questo, Alessandro e Andrea hanno una paura muoiono… c’hanno messo proprio il carico da 90”.

Sempre la Deidda, intercettata, dice che i conciatori “erano stati generosi con la politica”: forse, si riferisce a finanziamenti alla campagna elettorale. Di sicuro, la questione Gori sembra di vitale importanza per le imprese del suo territorio. Il 15 ottobre, Gliozzi riferisce ad altri esponenti dell’Associazione Conciatori che il sindaco gli ha assicurato che “Ledo sarebbe rimasto fino alla pensione”. Nel marzo del 2020, annotano i carabinieri, Gliozzi e Maccanti avrebbero incontrato direttamente Eugenio Giani facendogli capire espressamente che il loro voto era vincolato alla conferma di Gori, che da capo di gabinetto guadagna 93mila euro di stipendio fisso annuo più bonus che variano tra i 15 e i 20mila euro in base ai risultati. Ma cosa avrebbe dovuto fare Gori per l’associazione? Secondo gli inquirenti, le partite d’interesse sono diverse. Ci sono le questioni relative alle autorizzazioni e le deroghe alle procedure di Autorizzazione integrata ambientale, ci sono soldi a fondo perduto destinati ai consorzi da far arrivare, ci sono nomine di dirigenti a capo degli organi di controllo. L’Arpat, ad esempio, è un ente che sta particolarmente a cuore ai conciatori, visto che, con la sede di San Romano-Montopoli è competente sulle verifiche (anche a sorpresa) all’impianto di depurazione di Aquarno. (Fonte Adkronos)

‘Ndrangheta: Viola Park era tra obiettivi ditta vicina a cosca

La ‘ndrangheta avrebbe cercato di mettere le mani sui lavori per la realizzazione del Viola Park, il centro sportivo della Fiorentina a Bagno a Ripoli (Firenze). E’ quanto emerge dall’indagine dei carabinieri del Ros per associazione a delinquere finalizzata all’estorsione, che ieri ha portato a cinque arresti nell’ambito della maxi operazione della Direzione distrettuale fiorentina che ieri ha portato all’arresto di 23 persone e all’iscrizione di decine di nomi nel registro degli indagati, con accuse che vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso al traffico internazionale di droga, dall’estorsione alla corruzione.

Perquisizioni dei carabinieri ieri anche  negli uffici della Regione Toscana. “È una delle inchieste più rilevanti portate avanti dalla procura fiorentina contro la mafia negli ultimi anni” ha commentato il procuratore capo Giuseppe Creazzo. Intanto le opposizioni chiedono che il presidente Giani riferisca in aula e l’istituzione di una commissione di inchiesta sulle infiltrazioni mafiose in Toscana. Tre inchieste della Dda di Firenze – condotte dall’Arma dei carabinieri con le sue specialità – hanno messo a nudo una radicata capacità di infiltrazione ‘multiforme’ della ‘ndrangheta in Toscana, dal narcotraffico di cocaina, allo smaltimento illecito di rifiuti (stavolta i fanghi tossici delle concerie), ai lavori stradali.

Il risultato sono 23 arrestati in tutto ma, nell’ampiezza delle indagini, per un largo sistema di ‘vasi comunicanti’, trovano  posto ipotesi di corruzione a carico di Ledo Gori:  oggi capo di gabinetto della Presidenza della Regione Toscana di Eugenio Giani (estraneo ai fatti), ieri nello stesso ruolo con Enrico Rossi (nemmeno lui indagato in queste inchieste).

Non sono coinvolti solo esponenti delle cosche della ‘ndrangheta che vivono nella regione – che con l’intimidazione hanno preso il controllo di ditte del movimento terra e degli inerti entrando nei lavori pubblici e gestendo rifiuti tossici e pericolosi – ma anche imprenditori e politici. In un filone curato dai Cc Forestali e dal Noe emergerebbe che esponenti dell’Associazione Conciatori di Santa Croce sull’Arno (Pisa) avrebbero operato come sodalizio criminale: da un lato, secondo l’accusa cedendo e pagando denaro, a ditte infiltrate dalle cosche lo smaltimento di rifiuti delle concerie senza completare o svolgere l’iter di riciclo ambientale; dall’altro tenendo relazioni con politici ed enti pubblici.

I rifiuti tossici sarebbero finiti sotto la nuova strada regionale 429 Empoli-Valdelsa (circa 8.000 tonnellate contaminate) o in terreni a Levane (Arezzo), Castelfalfi (Firenze) Peccioli (Pisa), presso l’aeroporto militare di Pisa e altre località della Toscana interna. Gli stessi conciatori di Santa Croce indagati avrebbero tenuto relazioni con politici ed enti pubblici apicali.

Sul versante della pubblica amministrazione c’è, tra gli indagati, Ledo Gori che per gli inquirenti era disponibile a soddisfare esigenze illecite dei membri dell’Associazione in cambio della loro esplicita richiesta a Giani di confermarlo capo di gabinetto quando sarebbe stato eletto governatore della Toscana. Gori, per la dda, ha fatto pressioni su dirigenti dell’Arpat considerati troppo solerti nei controlli sugli impianti, verifiche che i conciatori chiedevano di non avere. Indagato per corruzione anche il consigliere regionale del Pd, in carica, Andrea Pieroni: per la Dda, nel 2020 dietro 2-3.000 euro come contributo elettorale, avrebbe assecondato la richiesta dei conciatori di escludere da una legge regionale il depuratore del consorzio Aquarno da procedure ambientali previste nel ciclo idrico. La norma fu poi impugnata dal Governo ritenendola anti-costituzionale. Indagata pure la sindaca di Santa Croce Giulia Deidda (ipotesi di associazione a delinquere, sarebbe stata secondo gli inquirenti il raccordo tra politici e industriali a cui avrebbe garantito nomine gradite negli enti di controllo) e, nella burocrazia regionale, per abuso d’ufficio, Edo Bernini, dirigente del settore Ambiente.

L’altro filone, curato dal Ros, ha portato a 17 arresti che hanno colpito imprenditori – anche toscani – contigui alla cosca Gallace di Guardavalle (Catanzaro), gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata all’estorsione, concorrenza con violenza e minacce, sub-appalto irregolare, associazione finalizzata al narcotraffico di cocaina (tramite il porto di Livorno ed è stato pure trovato un deposito di armi della ‘ndrangheta in Val d’Era), spaccio, favoreggiamento, il tutto aggravato dal metodo mafioso. Le infiltrazioni nell’economia toscana della cosca Gallace erano partite dal controllo su una storica azienda del Mugello, la ‘Cantini Marino’ srl: poi con intimidazioni e minacce la società guidata con loro metodi avrebbe condizionato la concorrenza e avuto commesse pubbliche.  In base alle indagini l’azienda Cantini Marino srl, con sedi a Vicchio del Mugello e Firenze, avrebbe progettato di estromettere dal cantiere del Viola Park la società Nigro srl, dell’imprenditore Giovanni Nigro che sta costruendo il centro.

 

‘Ndrangheta in Toscana, “3000 euro per emendare legge Regione”

Firenze, più interferenze della ‘ndrangheta e pressioni su Regione Toscana, Arpat e Comune di Santa Croce sull’Arno finalizzate a compiere delitti contro la pubblica amministrazione.

Anche per questo sono stati indagati i membri dell’Associazione Conciatori di Santa nell’inchiesta che stiamo seguendo da stamane, della Dda di Firenze e dei carabinieri, per associazione a delinquere e reati ambientali che avebbe svelato connessioni con cosche della ‘ndrangheta infiltratesi in Toscana.

In particolare nell’ordinanza che ha disposto sei arresti (19 gli indagati), uno dei filoni dell’operazione odierna, il gip Elisabetta Zatini accusa i vertici dei conciatori – Gliozzi, Maccanti, Donati e Francioni, in collaborazione con il sindaco Giulia Deidda – di aver agito in concorso tra loro e con il consigliere regionale Andrea Pieroni (Pd) nel reato di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio “per aver ottenuto da parte di costui (Pieroni, ndr) nel maggio-giugno 2020 la disponibilità a presentare nell’esercizio dei suoi poteri di ufficio modificandone un emendamento alla legge regionale n.20/2006 l’art.13 bis, commi 1, 6 ,8 con legge regionale n.32/2020, di cui non conosceva e comprendeva neanche il contenuto tecnico perchè in realtà redatto e ideato dal consulente del consorzio Aquarno, avvocato Alberto Benedetti (anche lui fra gli indagati), per sottrarre il consorzio Aquarno dall’obbligo di sottoporsi alla procedura di autorizzazione di integrazione ambientale (Aia)”.

Secondo le carte dell’inchiesta, fu usato a tal fine “l’espediente di escludere l’impianto da quelli facenti parte il servizio idrico integrato”. Ciò, viene ricostruito, “tramite la promessa di utilità poi quantificate in 2-3.000 euro da erogarsi in concomitanza con la campagna elettorale delle elezioni regionali tenutesi nel settembre 2020 o in tempi immediatamente successivi”. Quell’articolo di legge (regionale), si annota nel testo dell’ordinanza, “fu impugnato dal Governo davanti alla Corte Costituzionale”.

‘Ndrangheta in Toscana, indagata sindaca S.Croce sull’Arno

Per la Dda di Firenze, la sindaca, Giulia Deidda avrebbe favorito un gruppo criminale nominando i consulenti in materia ambientale tra quelli graditi al consorzio Aquarno, ente finito al centro delle indagini

La sindaca di Santa Croce sull’Arno (Pisa), nonché presidente del consorzio tecnologico conciario Po.Te.Co, Giulia Deidda, è accusata di associazione a delinquere nell’inchiesta della Dda di Firenze che vede 19 indagati per presunti reati di traffico di rifiuti e inquinamento relativi allo smaltimento di fanghi delle concerie.

L’inchiesta dei carabinieri è connessa a indagini su infiltrazioni della ‘ndrangheta in Toscana e sul coinvolgimento di alcuni esponenti dell’Associazione Conciatori di Santa Croce. Per la Dda di Firenze  la sindaca , Giulia Deidda avrebbe favorito un gruppo criminale nominando i consulenti in materia ambientale tra quelli graditi al consorzio Aquarno, ente finito al centro delle indagini.

Inoltre la sindaca, sempre secondo i magistrati, avrebbe avuto un ruolo di raccordo tra la politica e gli imprenditori nell’ambito della raccolta di contributi elettorali, orientandoli verso politici che mostravano più attenzione verso le istanze dei conciatori.

Sempre per la Dda la sindaca Deidda si sarebbe impegnata in prima persona per fare in modo che, ai vertici degli enti di controllo sulle attività dell’impianto di depurazione dello stesso consorzio Aquarno, fossero nominate persone gradite ai conciatori.

Inoltre avrebbe lei stessa fatto pressioni sul presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, estraneo alle indagini, affinché Ledo Gori – anche lui fra gli indagati della stessa inchiesta – venisse riconfermato nell’incarico di capo di gabinetto del presidente. Gori era stato capo di gabinetto anche con la precedente Presidenza della Regione Toscana guidata da Enrico Rossi.

Ndrangheta in Toscana, M5S: Giani riferisca in Consiglio

La Lega parla di ‘quadro preoccupante. “Quello che colpisce dalle prime informazioni è un’ipotizzata connivenza fra il comportamento illegale di alcune aziende del settore conciario ed il mondo politico della Regione Toscana” dicono i consiglieri del Carroccio

“La maxi operazione dei carabinieri e della Dda di Firenze che ha portato all’arresto di 23 persone per più attività criminali riconducibili alla ‘Ndrangheta, denuncia tutta la debolezza della Regione Toscana e forse anche una sottovalutazione del fenomeno da parte di chi la governa se tra gli indagati compaiono perfino dirigenti di enti pubblici e politici toscani”. Così Irene Galletti, capogruppo M5s in Consiglio regionale della Toscana.

“Il prezioso ed encomiabile lavoro svolto dalle forze dell’ordine – aggiunge in una nota – non basta da solo a sopperire all’immagine che viene restituita ai cittadini toscani: quella di una regione pervasa dalla criminalità organizzata, che si permette di articolare più attività criminose in varie province e in molteplici settori: dal traffico di droga, al controllo dei lavori stradali, fino allo smaltimento illecito di rifiuti nelle concerie”.

Per Galletti quello restituito dall’indagine di oggi sulle infiltrazioni della ‘Ndragnheta è “un quadro preoccupante se consideriamo che tra gli indagati compaiono anche Ledo Gori, attuale capo di gabinetto del presidente Eugenio Giani e del suo predecessore, Enrico Rossi, e il dirigente della Direzione ambiente Edo Bernini, nonché la sindaca di Santa Croce, Giulia Deidda. Il presidente Eugenio Giani prenda atto che la situazione richiede che riferisca urgentemente in Consiglio regionale sui fatti. Auspico che lo faccia di sua iniziativa – conclude -, anche se non mancherò di avviare subito una raccolta firme tra le forze politiche responsabili in Consiglio regionale per vincolarlo a questo compito”.

“Che la criminalità organizzata avesse, purtroppo, solide basi anche in Toscana era ormai noto, considerata anche la consueta relazione della Direzione Investigativa antimafia e l’indagine emersa in tutta la sua gravità e capillarità in queste ore, conferma come non si debba abbassare minimamente abbassare la guardia. Quello che colpisce dalle prime informazioni è un’ipotizzata connivenza fra il comportamento illegale di alcune aziende del settore conciario ed il mondo politico regionale”.

Così i consiglieri regionali della Lega. “Ovviamente la situazione è in fase evolutiva – sottolineano in una nota gli esponenti del Carroccio – e lungi da noi nel volerci sostituire alla magistratura”, “se, però i reati ipotizzati fossero effettivamente ed inoppugnabilmente provati, allora ci troveremmo di fronte ad un episodio di una gravità tale, da dover far attentamente riflettere chi attualmente governa la Toscana”.

Per Mario Lolini, commissario della Lega Toscana, “la criminalità organizzata è da tempo una realtà anche in Toscana”, “a preoccuparci di più è che l’indagine coinvolga anche la politica e l’amministrazione pubblica, per questo chiediamo chiarezza e trasparenza”. “Ci sono nomi di spicco finiti nell’indagine – aggiunge in una nota -. La Lega non è per i processi di piazza, a differenza di altri partiti e movimenti, e, soprattutto, non gode delle sventure altrui confidando sempre che la giustizia, quella vera, possa fare serenamente il suo corso. E’ evidente che una riflessione vada fatta di fronte alla gravità ed alla capillarità di questa indagine, soprattutto laddove mette in relazione comportamenti illegali avvenuti nel mondo conciario e in quello politico regionale”. “E’ evidente – conclude Lolini – che se le connivenze tra politica e comportamenti illeciti dovessero essere confermate sarebbe bene che chi occupa i vertici della Regione ne traesse le dovute conseguenze”.

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