Livorno, condannato l’ex viceprefetto Daveti

Condannato a 4 anni e 8 mesi Giovanni Daveti, ex viceprefetto di Livorno reggente dell’ufficio distaccato dell’isola d’Elba per diversi reati tra cui associazione per delinquere.

E’ stato condannato, con rito abbreviato, a 4 anni e 8 mesi di reclusione l’ex viceprefetto di Livorno reggente dell’ufficio distaccato dell’isola d’Elba, Giovanni Daveti, finito in carcere il 31 maggio scorso per una serie di reati tra cui associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale, frode sulle accise, contrabbando, evasione di diritti doganali e falso in documenti pubblici.

Anche gli altri tre imputati che avevano chiesto di essere giudicati con rito abbreviato sono stati condannati: 3 anni e 8 mesi di reclusione per Giancarlo Cappelli, considerato dall’accusa uomo di fiducia di Daveti, 2 anni con pena sospesa per Mattia Boschi e 1 anno e 8 mesi per Vitantonio Danese.

“Faremo senz’altro appello a questa sentenza. Naturalmente aspettiamo di vedere le motivazioni per il deposito delle quali il giudice si è riservato 45 giorni”, ha spiegato l’avvocato Massimo Girardi, difensore di Daveti il quale, dopo 9 mesi di carcere, è stato messo agli arresti domiciliari.

Accesso banca dati polizia: nuovo arresto per vice prefetto Livorno

Eseguita dalla guardia di finanza una misura di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti dell’ex vice prefetto di Livorno Giovanni Daveti, già detenuto in carcere a seguito di un altro provvedimento disposto dal tribunale di Livorno. L’accusa è quella di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico.

Per l’accusa, grazie alla sua complicità, l’ex vice prefetto Daveti avrebbe effettuato in tre occasioni accessi abusivi alla banca dati Sdi delle forze di polizia per raccogliere informazioni su due soggetti, al fine di favorirne la latitanza. Tra questi, spiega la Gdf in un comunicato, “un pregiudicato nei confronti del quale era in corso di emissione un ordine di esecuzione pena a seguito di passaggio in giudicato di una sentenza della Corte di Cassazione per reati contro il patrimonio”.

In relazione a questa circostanza, Daveti è stato anche indagato per il reato di procurata inosservata della pena. Nell’inchiesta, coordinata dalla pm della procura di Firenze Christine von Borries, risulta indagato anche un impiegato delle prefettura di Prato.

Secondo quanto accertato dalla gdf, Daveti, all’epoca dei fatti vice prefetto di Livorno, avrebbe chiesto al dipendente della prefettura pratese di effettuare tre accessi abusivi allo Sdi, il 21 agosto 2014, il 13 gennaio 2015 e il 22 settembre dello stesso anno. In due casi avrebbe chiesto informazioni relative a un uomo col quale era in contatto per gestire alcuni affari commerciali e finanziari all’estero, per lo più di natura illecita. In particolare avrebbe chiesto di verificare l”esecutività di una pena a quattro anni di reclusione alla quale suo socio in affari era stato condannato, per verificare se rientrando in Italia dall’Albania, dove si trovava per questioni di lavoro, avesse rischiato l’arresto. Daveti lo incontrerà poi all’Elba, fornendogli un vero e proprio decalogo della latitanza, senza sapere di essere intercettato all”interno della sua auto: tra i consigli, quello di depistare gli investigatori lasciando i cellulari a casa, accesi, e di fuggire all’estero, meglio in Serbia o in Albania, e di procurarsi dei documenti falsi per passare la frontiera indisturbato, avendo comunque cura di passare dai paesi non Schengen.

Grazie all’intercettazione di queste conversazioni, l’uomo fu arrestato il 25 settembre 2015 a Ventimiglia, nel luogo dove aveva detto al Daveti che si sarebbe recato in attesa dell’arrivo dei falsi documenti. In base a quanto appreso, le intercettazioni che hanno portato all’arresto dell’ex vice prefetto sono state effettuate nell’ambito di un”inchiesta della procura di Prato su un’associazione a delinquere transnazionale finalizzata al riciclaggio di denaro.

Elba: Viceprefetto arrestato, sospettato capeggiare banda con boss

Ruotavano intorno alle figure del viceprefetto reggente dell’Isola d’Elba, Giovanni Daveti, 66 anni, e a Giuseppe Belfiore, 61 anni, più volte arrestato per associazione di stampo mafioso ed esponente di spicco di un clan della ‘ndrangheta, entrambi finiti in carcere, l’associazione a delinquere, disarticolata oggi dalla Guardia di finanza livornese coordinata dal procuratore capo Ettore Squillace Greco, finalizzata alle frodi fiscali e ad altri gravi reati.

In particolare, gli approfondimenti investigativi, spiega una nota delle fiamme gialle, “hanno consentito di rilevare l’attività illecita posta continuativamente in essere da un gruppo criminale, costituitosi a Livorno per commettere frodi fiscali”. Altre sette persone coinvolte sono finite agli arresti domiciliari e tutte le misure cautelari sono state disposte dal Gip del Tribunale di Livorno.

Belfiore è il fratello del mandante dell’omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia avvenuto nel 1983 e risulta affiliato a una delle più note cosche di ‘ndrangheta operanti nel territorio piemontese e, più in generale, nel centro-nord Italia e all’estero (soprattutto Francia e Spagna. Le altre persone arrestate sono un commercialista torinese di 50 anni, due livornesi di 41 anni e 53 anni, tre persone originarie della provincia di Ravenna e un trentottenne di Trani (Bari). I due capi dell’organizzazione e gli altri sette arrestati sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere, porto abusivo di esplosivi detenuti per compiere un atto di intimidazione, indebita compensazione di debiti tributari con crediti inesistenti, contrabbando di 9 tonnellate di tabacchi lavorati esteri e illecita sottrazione al pagamento delle accise sugli alcolici, anche mediante falso in documenti pubblici informatici.

Per la Guardia di finanza il viceprefetto, ritenendosi vittima di una truffa immobiliare, avrebbe pianificato con un amico livornese una “vendetta”, dando incarico a un complice di reperire l’esplosivo da usare contro la vettura di famiglia del suo presunto truffatore. Gli ordigni furono intercettati dalle fiamme gialle il 16 novembre vicino al porto livornese in un’auto con a bordo uno degli indagati, arrestato e ancora ai domiciliari: 4 cariche confezionate in modo da essere fatte brillare a distanza con un telecomando.

I finanzieri indagando hanno scoperto che le presunte condotte illecite del viceprefetto, il quale risulta coinvolto “in plurimi contesti illeciti, comunque in alcun modo risultano connessi con il ruolo e le funzioni istituzionali ricoperte”.

Le frodi messe in piedi con questo sistema, spiegano le fiamme gialle, consentivano “di immettere sul mercato dell’Ue alcolici senza pagare imposte e quindi drogando il mercato, sotto il profilo del prezzo, e di spartirsi un profitto equivalente alle imposte non pagate”.
La banda è risultata direttamente coinvolta nel traffico di un carico di tabacchi lavorati esteri, pari a 9 tonnellate di sigarette, per valore complessivo di 1,5 milioni di euro, che si accingevano a far entrare di contrabbando dentro un container diretto in Italia e giunto al porto di Livorno.
Il carico, proveniente dalla Guinea Bissau, con scalo a Tangeri (Marocco), e che avrebbe dovuto essere composto da tavoli e sedie in legno, è stato intercettato dalle fiamme gialle e sequestrato.

 

 

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