Crisi covid: ristoranti toscani incassi in calo 80%, chiude Gran Caffè San Marco a Firenze

I ristoranti dei centri storici delle città toscane stanno registrando un calo intorno all’80% degli incassi.

È il risultato di un sondaggio condotto dal gruppo Ristoratori Toscana, secondo cui i locali che lavorano fuori dal centro storico denunciano una riduzione che non supera il 40%, più colpite le attività che vivono di pranzi di lavoro, ridotti col diffondersi dello smart working.

L’80% delle imprese ha fatto ricorso alla cassa integrazione, mentre il 10% dei ristoranti non ha ancora riaperto. Sempre il 10%, dopo aver riaperto a maggio, ha deciso di chiudere in quanto le uscite superano le entrate. Solo il 13% delle aziende ha ottenuto gli aiuti sopra i 25mila euro. Per quanto riguarda gli incassi, il 50% degli imprenditori ha registrato perdite tra il 50 e l’80 per cento. Il 30% ha perso più del 40%. Solo il 20% meno del 40%. Sei imprenditori su 10 non hanno modificato giorni e orari.


“Agli imprenditori in questo momento manca il credito – accusa il portavoce del gruppo, Pasquale Naccari – e sul fronte dei canoni di locazione siamo rimasti al palo. Tra l’altro non è stato previsto nessun tipo di indennizzo nel caso in cui un locale venisse chiuso per coronavirus. E a oggi stanno ancora arrivando le casse integrazione di maggio”.

Tra gli esercizi colpiti dalla crisi, anche il Gran Caffè San Marco a Firenze che chiuderà il 30 settembre, 35 persone perderanno il posto di lavoro. “Non possiamo rimanere inermi e noi come Filcams Cgil chiederemo l’attivazione del tavolo di crisi, presso la Città metropolitana – spiegano in una nota sulla chiusura del Gran Caffè San Marco a Firenze -, volendo comprendere le ragioni della chiusura e come poter trovare le soluzioni, per superare la crisi, per garantire l’occupazione”.

Cgil, hotel 5 stelle chiude,15 lavoratori e lavoratrici licenziati

L’albergo non riesce più a pagare l’affitto alla proprietà, per la crisi economica successiva al Covid, cessa l’attività e licenzia il personale.

È quanto sta accadendo all’hotel 5 stelle Villa La Vedetta di Firenze, sul viale Michelangelo, secondo quanto riferisce la Filcams Cgil. L’azienda che ha in gestione l’albergo, “nell’impossibilità di sostenere la locazione di 44.000 euro al mese alla società proprietaria dell’immobile, ha già comunicato ai dipendenti il loro licenziamento a decorrere dall’1 ottobre, si tratta dei primi licenziamenti nel settore alberghiero a Firenze in epoca Covid, e per questo la Filcams Cgil ha subito attivato l’unità di crisi presso la Città Metropolitana di Firenze”.

“Siamo di fronte ad una vicenda paradigmatica che in questo settore potrebbe replicarsi per chissà quanti altri casi ancora – sostiene Maurizio Magi, di Filcams Cgil Firenze -. Rispetto al blocco dei licenziamenti in atto, abbiamo a che fare non solo con un’eccezione, quella cioè dei licenziamenti per cessazione di attività, che potrebbe presto diventare regola. Ma siamo soprattutto di fronte a proprietà le quali, per effetto dello loro pretese esose e fuori contesto di locazione, rischiano di distruggere il tessuto economico e sociale della città. Le istituzioni non possono guardare inermi ciò che accade e devono pretendere dalle rendite la ricerca di soluzioni condivise e sostenibili, volte alla tenuta occupazionale e sociale del territorio. Ecco perché la società” proprietaria dell’immobile, “non può sottrarsi al confronto che chiediamo si svolga urgentemente alla Città metropolitana”.

Turismo, CGIL: a Firenze 80% strutture chiuse, 10% camere occupate in quelle aperte

Stamani biciclettata nelle vie del centro della città per ripercorrere le tappe del turismo che non c’è più.  Cgil e la Filcams Cgil Firenze chiedono “il prolungamento degli ammortizzatori sociali e del blocco dei licenziamenti” e di “cambiare radicalmente modello di offerta, verso uno più sostenibile”.

Attraverso una iniziativa itinerante nelle strade del centro di Firenze con oltre 50 biciclette, promossa dalla Cgil Firenze e dalla Filcams Cgil Firenze, le lavoratrici e i lavoratori di bar, ristoranti, alberghi e musei hanno ripercorso stamani le tappe del turismo che non c’è più, per raccontare i danni del Covid al settore, chiedere “il prolungamento degli ammortizzatori sociali e del blocco dei licenziamenti” ed affermare ancora una volta che “occorre cambiare radicalmente modello di turismo.

Oggi solo il 20% delle strutture ricettive (alberghiere e extraalberghiere) di Firenze e provincia sono aperte, per l’80% sono chiuse. Nelle strutture aperte, l’occupazione delle camere è al 10%. Tra Firenze e provincia ci sono nel turismo circa 30mila addetti: la metà nel sistema ricettizio (per il 50% circa si tratta di dipendenti diretti, per il resto si tratta di dipendenti indiretti, terziarizzati, a chiamata, stagionali), l’altra metà tra pubblici esercizi e sistema museale. Nell’emergenza Covid, la Filcams Cgil fiorentina ha siglato circa un migliaio di accordi con le aziende locali per gli ammortizzatori sociali. Questi ultimi, legati al Covid, in alcuni casi sono terminati, in altri casi stanno finendo e già diverse aziende stanno chiedendo di attivare l’uso di quelli ordinari.

Riguardo alle politiche per un  turismo ‘diverso’ Cgil e Filcams Cgil di Firenze chiedono: diffusione dei flussi turistici, policentrismo culturale, riconversione produttiva del centro storico, argine agli affitti turistici e lotta alla rendita, il tutto in una visione realmente metropolitana, sono infatti temi che potranno essere realmente affrontati solo se cambia il modo di lavorare nell’industria turistica. Occorre risolvere la precarietà figlia prima di tutto di lavoro a chiamata, tirocini e contratti a tempo determinato; affrontare il tema del lavoro povero prodotto dalla diffusione dei contratti part time, delle esternalizzazioni e della mancata applicazione dei contratti nazionali di riferimento; lottare contro l’illegalità e il lavoro nero o grigio; sostenere tutti quei lavori legati al turismo.

50mila lavoratori hotel in Cig, e riapertura a settembre

Firenze, oltre 50mila dipendenti diretti in cassa integrazione a zero ore, e la prospettiva, per molte imprese, di riprendere l’attività soltanto dopo agosto 2020: è la situazione del mondo adegli hotel in Toscana all’inizio della Fase 2, in attesa di certezze sulla riapertura della mobilità almeno fra le singole regioni italiane.

La richiesta è quella di misure nazionali uniche per gestire il rischio. “Tutti gli hotel e le strutture ricettive hanno chiesto l’accesso agli ammortizzatori sociali, nessuna esclusa”, spiega Stefano Nicoli (Filcams-Cgil).

“In Toscana abbiamo 3,5 milioni di abitanti – afferma il presidente regionale di Federalberghi, Daniele Barbetti – non possono considerarsi un mercato di riferimento per un sistema ricettivo come quello toscano, fra i principali d’Italia per grado di internazionalizzazione. La sfida sarà portare le imprese all’anno prossimo, affrontando l’inverno dopo questa stagione estiva che sarà simbolica”.

Per Giancarlo Carniani, presidente della sezione Industria Alberghiera di Confindustria Firenze, “la stragrande maggioranza degli alberghi non ha intenzione di riaprire nella Fase 2”, e se qualcuno proverà in estate a riavviare gli spazi di ristorazione all’aperto, la maggioranza degli albergatori “vede come prospettiva i primi di settembre, e una partenza molto a rilento”.

Le misure di sicurezza, sperano le imprese, non dovranno essere troppo ‘invasive’: “In vacanza si vuole andare in un albergo, non in un ospedale”, sostiene Barbetti.

Firenze, assembramenti ai supermercati, la Filcams Cgil: ”Lavoratori pronti a mobilitarsi”

La Filcams Cgil lancia un appello, attraverso un comunicato, alla responsabilità ai cittadini e alle istituzioni chiede maggiori misure, visti gli assembramenti di questi giorni nei supermercati; nonostante le raccomandazioni a stare ad un metro di distanza.

“Continuiamo ad assistere, ancora oggi – fanno sapere dalla Filcams Cgil -, nonostante quanto disposto dai DCPM, a lunghe ed interminabili code davanti ai supermercati che di fatto sono assembramenti, in pieno contrasto quindi alle disposizioni legislative in materia di contrasto al Coronavirus.”

“Ribadiamo con forza alla cittadinanza di assumere comportamenti intelligenti e coerenti, adottando modalità diverse di fare la spesa, utilizzando anche i negozi di vicinato. Non c’è necessità di andare più volte al giorno, più volte alla settimana a fare la spesa.”

“Alle aziende chiediamo da giorni ormai il rigoroso rispetto delle procedure sanitarie – aggiunge Filcams Cgil -, rafforzate anche dal protocollo sottoscritto con il Governo, ma alcune sembrano sorde alle ripetute segnalazioni. Chiediamo che si faccia prevalere solo ed esclusivamente il bene collettivo, dei lavoratori, della salute pubblica, che non possono, non devono essere sacrificate sull’altare degli incassi, soprattutto in questo tragico momento che tutto il paese sta vivendo. Nel caso in cui non si provvedesse alla puntuale e scrupolosa applicazione delle procedure sanitarie e di salvaguardia della salute delle lavoratrici e dei lavoratori, chiederemo la sospensione dell’attività.”

“Abbiamo chiesto e chiediamo, anche attraverso la stampa, alle istituzioni, che nei supermercati sia consentito solo ed esclusivamente l’acquisto generi di prima necessità, impedendo alla clientela di girovagare nei negozi in cerca di generi assolutamente inutili. Chiudano le corsie delle profumerie, vengano sbarrati gli scaffali della cancelleria e di tutto ciò che non serve. Accade troppo spesso di assistere a clientela che, dopo aver fatto ore di coda accede ai negozi, una volta dentro colga l’occasione per acquistare anche il superfluo, di fatto rallentando l’ingresso di chi è fuori in coda e girovagando come si fosse a fare spesa in un giorno normale. Basta! Fare la spesa non è l’occasione per uscire di casa! Purtroppo continuiamo a constatare che la causale “andare a fare spesa” è abusata per prendere aria! Si intervenga, anche regolamentando quanti accessi vengono fatti giornalmente nella stessa giornata. Chiediamo ai sindaci il rispetto delle disposizioni legislative in materia.”

“Inoltre- continua il comunicato di Filcams Cgil -, sollecitiamo la riduzione dei nastri orari di apertura nei giorni feriali, come da oggi fa un’importante catena alimentare, Unicoop Firenze, e chiediamo con forza la chiusura degli esercizi commerciali nella giornata domenicale. Si lasci da parte la logica del ‘sempre aperto’ per fare incasso, si privilegino scelte di buon senso che vadano incontro anche a quei lavoratori che non sono figli di nessuno. La chiusura di un giorno alla settimana consentirebbe alle aziende di sanificare, riorganizzare, rifornire e dare quel sacrosanto ristoro psicologico e fisico di cui necessitano le lavoratrici e i lavoratori.”

“Siamo fortemente convinti che queste siano proposte di buon senso finalizzate a rispettare la disposizione del ‘io resto a casa’ e a consentire ai lavoratori un giusto e necessario riposo. Alla fatica fisica si somma lo stress, la tensione, tanta e tale da rischiare di diventare scomposta e generare panico anche tra gli addetti del settore.”

“Lanciamo questo appello a istituzioni, sindaci – conclude la Filcams Cgil -, amministrazioni comunali, nonché alle aziende di distribuzione commerciale perché tutti si facciano carico della responsabilità che hanno nella tutela del bene primario, assoluto, che è la salute pubblica. In assenza di segnali o risposte concrete ci vedremo costretti a mettere in campo tutte le iniziative e le mobilitazioni a sostegno delle suddette proposte, azioni volte solo ed esclusivamente alla tutela dei lavoratori, nel pieno rispetto del lavoro che per tutta la comunità continuano a svolgere nel silenzio delle istituzioni e dell’opinione pubblica.”

Toscana, appalti pulizie scuole: in 268 perdono il lavoro. Giovedì presidio a Firenze

Sono 4.000 i lavoratori e le lavoratrici che dal 1° marzo non avranno un lavoro a seguito dell’esclusione dal processo di internalizzazione dei servizi di pulizia, ausiliariato e decoro nelle scuole italiane.

È questo l’epilogo dei due giorni di trattativa al Ministero del Lavoro per esaminare e ricercare soluzioni alternative al licenziamento.

In Toscana saranno 268 le lavoratrici escluse, 15 ad Arezzo, 91 a Firenze, 21 a Grosseto, 25 a Livorno, 50 a Lucca, 13 a Massa Carrara, 18 a Pisa, 4 a Pistoia, 6 a Prato, 25 a Siena.

Per i sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltrasporti non è stata una situazione di crisi o la mancanza di lavoro a determinare i licenziamenti ma una scelta precisa del Miur e del Governo.

“Di fatto non è stato avviato alcun confronto di merito per una precisa volontà del Governo, sordo alla richiesta di farsi carico complessivamente della vertenza come le Organizzazioni Sindacali chiedono da mesi; del Miur che non si è interessato concretamente a trovare soluzioni anche per i 4.000 lavoratori che da anni lavorano nelle scuole e ieri sera ha abbandonato la riunione; delle imprese che da irresponsabili hanno interrotto un confronto volto a ricercare ogni possibile soluzione per tutti i soggetti coinvolti che andassero oltre il proprio esclusivo interesse economico; dal Ministero del Lavoro che ha dichiarato di non avere soluzioni immediate e concrete da proporre” dichiara la nota dei sindacati.

“Nonostante le numerose richieste reiterate a più riprese il Governo non ha, pensato (o voluto pensare) – continua il comunicato – ad affrontare in tempo utile tale condizione, e le nostre richieste di costruire un percorso di sostegno e di prospettiva per quattro mila persone non hanno avuto risposte. Si è scritta un’altra brutta pagina per il mondo del lavoro dove sempre più spesso, per la mancanza di assunzione di responsabilità della politica e delle imprese, si sacrificano la dignità e il futuro delle lavoratrici e dei lavoratori. A questa condizione le organizzazioni sindaca Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltrasporti Uil della Toscana chiederanno un incontro alla Prefettura di Firenze e alla Presidenza della Regione Toscana, al fine di informare le Istituzioni del drammatico epilogo di questa vertenza. Per questo è convocato un presidio delle lavoratrici e dei lavoratori degli appalti scuole giovedì 5 marzo alle ore 10:30 davanti alla Prefettura di Firenze in via Cavour”.

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