Libri: “La fabbrica che non volle chiudere” questa sera a Figline

Stasera, ore 21, Spazio 92, Figline Valdarno Via fiorentina, 22.La fabbrica che non volle chiudere, un racconto corale sulla vertenza Bekaert di Figline Valdarno”Incontro con gli autori Daniele Calosi e Domenico Guarino, la Sindaca Giulia Mugnai e i lavoratori Bekaert.
Moderano il direttore di Valdarno Oggi Roberto Bertoncini e lo scrittore Gianni Somigli.

A giugno del 2018 la multinazionale Bekaert decide di chiudere lo stabilimento di Figline Valdarno (Fi) mandando a casa i 318 lavoratori.
Da quel momento ‘la Fabbrica’ diventa l’epicentro di una vera e propria epopea popolare che vede al centro la lotta degli operai e la solidarietà dell’intera comunità.
“La fabbrica che non volle chiudere” è il racconto di questa straordinaria storia di militanza, dignità ed impegno civile.
Un romanzo che attraverso la cronaca e le riflessioni dei protagonisti, dà voce ai sentimenti, alle paure, alle speranze, ai pensieri di chi quella vicenda ha vissuto in prima persona.
“Una vicenda da ascoltare più che da leggere -dichiara Daniele Calosi, segretario FIOM Firenze– che mette in luce l’assenza di una politica industriale per il Paese, di una classe imprenditoriale degna di questo nome e soprattutto l’assenza di protezione sociale dei lavoratori che, abbandonati al loro destino, provano persino a costruirsi da soli una soluzione” .

Il libro si avvale della prefazione del segretario generale della CGIL, Maurizio Landini, e della postfazione della segretaria della Fiom nazionale, Francesca Re David.

“Quel che appariva, con forza, sullo sfondo del racconto giornalistico era che con la Bekaert, insieme con i lavoratori della fabbrica, si era mossa un’intera comunità, la quale aveva assunto quella vicenda come simbolo di una Resistenza contemporanea ai meccanismi perversi della globalizzazione. Mi convinsi allora che la chiave fosse in questo, nel restituire cioé quel senso di pluralità ed insieme di drammaticità (nel significato più propriamente teatrale del termine) quasi epica che quella vicenda emanava. Il libro che avete tra le mani è appunto il tentativo di dare forma concreta a questa intuizione” dall’introduzione di Domenico Guarino.

“In un momento in cui la nostra storia, la storia delle lotte sociali e delle conquiste sindacali, tende a essere emarginata, a non fare più parte della cultura e del sentire profondo del Paese, è importante che la nostra organizzazione, il sindacato, si dedichi a lasciarne traccia” dalla prefazione di Maurizio Landini.

Svolta Bolognina: alle vie Nuove il Doc sulla fine del PCI

Questa sera al Circolo Vie Nuove di V.le Giannotti, la proiezione di ” Eravamo tanto amati: la sinistra italiana ‘verso’  i trent’anni dalla Svolta della Bolognina”.  Di Domenico Guarino, Andrea Lattanzi, Andrea Marotta. Segue dibatito moderato dalla direttrice della Nazione, Agnese Pini
 

Alle elezioni del marzo 2018, il PD ottiene circa 6 milioni di voti. Quasi gli stessi raggiunti dal PDS, nel 1992, al suo debutto dopo il sofferto scioglimento del PCI. A trent’anni dalla svolta Bolognina, quando il più grande partito comunista d’Europa decise di cambiare nome, la Toscana rimane l’unica regione in cui gli eredi di quella tradizione, nata proprio a Livorno nel 1921, vincono e conservano una egemonia territoriale.

Cosa è accaduto in questi anni? La svolta lanciata nel 1989, all’indomani della caduta del Muro di Berlino, ha tradito le aspettative? E’ possibile riconquistare quel consenso? Abbiamo cercato queste risposte proprio nella “rossa” Toscana, tra alcuni dei protagonisti di allora e di oggi. Ventiquattro interviste in tutto. Politici, docenti, giornalisti, personaggi dello spettacolo e della cultura. Per capire dove stia andando oggi la sinistra in Italia.

Eravamo tanto amati non è una presa d’atto dell’esistente, ma un’analisi giornalistica a più voci per capire il futuro. La crisi del PD, e delle altre forze derivate dall’esplosione del PCI negli anni (da Rifondazione Comunista a SeL, da Sinistra Arcobaleno fino a LeU e Potere al Popolo), sancita dalle tornate elettorali degli ultimi dieci anni, diventa  lo specchio di una radicale trasformazione degli assetti politici nel nostro Paese.

Per questo, continuiamo a chiederci se sia possibile per una forza politica – una qualsiasi forza politica – raccogliere, anche in parte, quell’eredità del PCI, a cominciare non solo dalla parte forse più attuale del patrimonio ideologico (per esempio il sostegno alle fasce deboli, l’attenzione al mondo del lavoro, l’interclassismo, l’abilità di coniugare il governo delle cose concrete con una tensione ideale e, in qualche modo, utopica) ma soprattutto di un elemento che oggi, nel dibattito complessivo, latita a qualsiasi livello: la capacità di suscitare il rispetto. Quello che il PCI si vedeva riconosciuto, primi tra tutti, dai suoi avversari.

(Sinossi a cura degli autori)
 
 
Domenico Guarino (Battipaglia, SA, 1968) è un giornalista professionista. Lavora (prevalentemente) a Controradio/Popolare Network. Nel 2008 si è aggiudicato il premio Passetti come ‘Cronista dell’Anno’ . Ha vinto il premio Viesseux (2007, con il racconto Una casa grande come un sogno) e il premio Terzani (2008, con il racconto Il mio nome è mai più). Ha pubblicato “Di Domenica si può anche Morire” (Poliastampa, 2008), Ordine Nuovo (Cult, 2009), Sono un Italiano Nero (Cult, 2009), Puttanopoli, (Cult, 2010), Ribelli (Infinito, 2011), Io, Raimondo Ricci (Sagep, 2013), Gli occhi dentro (le piagge, 2014) 

Andrea Lattanzi (Carrara, 1987), è un giornalista pubblicista e videomaker che lavora a Firenze. Laureato in Scienze della Politica e autore del saggio Librai: si salvi chi può (GoWare) ha lavorato per varie testate di informazione e attualmente collabora con il sito Repubblica.it. È tra i fondatori dell’associazione GvPress, che tutela il lavoro dei giornalisti videomaker in Italia.

Andrea Marotta (Cosenza, 1982) è un giornalista della Rai e vive a Firenze. Ha lavorato per Tam Tam e Segnali di Fumo, Il Quotidiano della Calabria, Il Mucchio Selvaggio, DNews e Doc Toscana. Con Domenico Guarino ha scritto Io Raimondo Ricci, memorie da un altro pianeta (Sagep, 2013).
 
 
CREDITS 
Titolo: “Eravamo tanto amati – La sinistra italiana verso i trent’anni dalla Bolognina”
Genere: Inchiesta giornalistica a sfondo storico
Durata: 60′
Soggetto, sceneggiatura e regia: Domenico Guarino, Andrea Marotta, Andrea Lattanzi
Fotografia e montaggio: Andrea Lattanzi
 
Con la partecipazione di: Sabatino Cerrato, Riccardo Conti, Mario Tredici, Maurizio Boldrini, Michele Ventura, Guelfo Guelfi, Dalida Angelini, Vannino Chiti, Giovanni Gozzini, Sergio Staino, Paolo Fontanelli, Rosa Maria Di Giorgi, Fabio Mussi, Fabio Picchi, Alessandro Benvenuti, Mario Ricci, Daniela Lastri, Graziano Cioni, Fabio Evangelisti, Gabriella Piccinni, Enrico Rossi, Monica Sgherri, Filippo Nogarin, Achille Occhetto

Chat e WA: stiamo crescendo un’adolescenza ‘mostruosa’?

Il racconto sull’infanzia e l’adolescenza rischia di essere falsato da una percezione distorta. Il vero problema è non sappiamo più fare i genitori. E scambiamo l’esempio con il controllo spasmodico.

Questa cosa delle chat dei nostri figli ci sta sfuggendo di mano. Ho sempre pensato che, al contrario di quanto si dice, oggi non stiamo poco con i nostri figli, anzi. Io, come moltissimi (quasi tutti) della mia generazione sono cresciuto letteralmente per strada. I miei genitori li vedevo la sera e se del caso nel fine settimana. Prima andava ancora ‘peggio’ (o meglio), Spesso i bambini erano allevati da nutrici, governanti, zie, amici; o, se figli delle classi meno abbienti, dovevano procacciare il sostentamento per sé e per la famiglia sin da età precocissime.

Oggi abbiamo un’attenzione smodata per il mondo dell’infanzia, probabilmente perché fare un figlio è diventato un vero e proprio ‘evento’ , vista la penuria di culle. Io credo che se avessi avuto un cellulare e la tecnologia di oggi avrei commesso gli stessi ‘errori/orrori’ che leggiamo, raccontiamo e spesso osserviamo nell’infanzia e nell’adolescenza di oggi. Forse peggiori.

Anche il bullismo c’era, era pesante, ma non si chiamava così. Io l’ho subito per anni e so di cosa parlo. Sotto certi aspetti erano esperienze ‘benedette’ perché ti forgiavano il carattere (stando, ad esempio, al racconto di Appino, gli Zen Circus non sarebbero mai esistiti e la sua vita da musicista non sarebbe mai cominciata se non avesse trovato nella musica la strada per fuggire dalle angherie e dalle violenze dei suoi coetanei). Ecco, con questo non voglio dire che dobbiamo disinteressarci dei nostri figli. Ma dobbiamo sicuramente evitare la ‘mostrificazione’ . Gli ammiccamenti sessuali, le sboronate, il linguaggio scurrile e violento, anche gli sconfinamenti nel campo orrido della politica riflessa (perché è quello che apprendono da noi adulti, mica se la inventano) sono sempre esistiti. E tutti li abbiamo praticati.

Dobbiamo tenere le antenne ritte ed intervenire quando davvero c’è un problema serio. Ma questo voyeurismo mi lascia perplesso. La volontà di controllare tutto, sapere tutto, esercitare una pressione su tutto, lo trovo sgradevole ed addirittura diseducativo. Finanche per il genitore stesso. E’ con l’esempio che li forgiamo i nostri figli: con quello che facciamo, diciamo, professiamo quotidianamente. Basta e avanza. Facciamo attenzione a noi innanzitutto, più che a loro. E lasciamo godere loro la bellezza e la tragedia di un’ età terribile e fantastica come quella della crescita.

DG

Libri: la vertenza Bekaert diventa un romanzo corale

Dal 19 novembre in libreria La Fabbrica che non volle chiudere” di Domenico Guarino e  Daniele Calosi. Edizioni Clichy

A giugno del 2018 la multinazionale Bekaert decide di chiudere lo stabilimento di Figline Valdarno (Fi) mandando a casa i 318 lavoratori.
Da quel momento ‘la Fabbrica’ diventa l’epicentro di una vera e propria epopea popolare che vede al centro la lotta degli operai e la solidarietà dell’intera comunità.
“La fabbrica che non volle chiudere” è il racconto di questa straordinaria storia di militanza, dignità ed impegno civile. 
Un romanzo che attraverso la cronaca e le riflessioni dei protagonisti, dà voce ai sentimenti, alle paure, alle speranze, ai pensieri di chi quella vicenda ha vissuto in prima persona.

“Una vicenda da ascoltare più che da leggere -dichiara Daniele Calosi, segretario  FIOM Firenze–  che mette in luce l’assenza di una politica industriale per il Paese, di una classe imprenditoriale degna di questo nome e soprattutto l’assenza di protezione sociale dei lavoratori che, abbandonati al loro destino, provano persino a costruirsi da soli una soluzione” .

Il libro si avvale della prefazione del segretario generale della CGIL, Maurizio Landini, e della postfazione della segretaria della Fiom nazionale, Francesca Re David.

“Quel che appariva, con forza, sullo sfondo del racconto giornalistico era che con  la Bekaert, insieme con i lavoratori della fabbrica, si era mossa un’intera comunità, la quale aveva assunto quella vicenda come simbolo di una Resistenza contemporanea ai meccanismi  perversi della globalizzazione.  Mi convinsi allora che la chiave fosse  in questo,  nel restituire cioé  quel senso di pluralità ed insieme di drammaticità (nel significato più propriamente teatrale del termine) quasi epica che quella vicenda  emanava. Il libro che avete tra le mani è  appunto  il tentativo di dare forma  concreta a questa intuizione” dall’introduzione di Domenico Guarino.

“In un momento in cui la nostra storia, la storia delle lotte sociali e delle conquiste sindacali, tende a essere emarginata, a non fare più parte della cultura e del sentire profondo del Paese, è importante che la nostra organizzazione, il sindacato, si dedichi a lasciarne traccia” dalla prefazione di Maurizio Landini.

Taglio Parlamentari, Fusaro; se ne parla da decenni, giusto farlo

Intervista con il professore di diritto elettorale e parlamentare all’Università di Firenze, Carlo Fusaro. “A mio parere non era la priorità, ma tutte le obiezioni mi paiono infondate”

La Camera ha dato il via libera definitivo al taglio dei parlamentari con 553 sì. Luigi Di Maio e Giuseppe Conte hanno parlato di “giornata storica”. “Mi sembra un’affermazione molto sovradimensionata rispetto alla realtà”, smorza a Circo Massimo, su Radio Capital, il giudice emerito della Corte costituzionale Sabino Cassese, “La domanda fondamentale è: sarà una democrazia migliore quella con un minor numero di parlamentari? Io francamente ho dei dubbi, penso che non ci siano grandi festeggiamenti da fare”. Il premier ha parlato di “snellimento”, utilizzando quella che Cassese definisce una “terminologia da beauty farm che fa un po’ ridere. Parlano di risparmi, ma ho calcolato che il risparmio che si può ottenere è pari a un settimo del costo di un F35. In realtà è un attacco alla democrazia parlamentare da parte di coloro che pensano alla democrazia diretta”. Cassese, poi, fa notare che “forse ci sarebbe stato un buon motivo per ridurre il numero dei parlamentari, ma nessuno lo ha detto. Dal 1970”, spiega, “abbiamo 20 consigli regionali che svolgono la medesima funzione che svolge il parlamento nazionale”.

Non la pensa così il professor Carlo Fusaro, Domenico Guarino lo ha intervistato

Europee: anche in Toscana spira forte il vento leghista

(in attesa delle amministrative) I dati politici che ci offrono le europee sono essenzialmente tre. Innanzitutto c’è da rimarcare il grande successo delle destre, con la Lega al 34% e FdI al 6,5%, che cannibalizzano FI, a riprova del fatto che, almeno in questa fase storica, la rincorsa al centro sollecitata dai soliti ‘soloni’ non ha alcun senso. Salvini ha in mano il Paese ben più di quanto non indichi il già strabiliante risultato elettorale.

Vediamo come ne disporrà: 5 anni fa Renzi aveva il 40%, poi abbiamo visto come è andata a finire. Spesso il potere acceca. Anche se Matteo S. mi pare più solido, da questo punto di vista, di Matteo R. Il PD di Zingaretti, da parte sua, tiene, ed anzi aumenta i consensi. Ovviamente non rispetto a 5 anni fa, quando eravamo in un’era geologica completamente diversa. Tuttavia l’essere andato ben al di là rispetto al 20% dà al nuovo segretario uno spazio di agibilità politica impensabile fino a 6 mesi fa. Bisognerà vedere come sarà sfruttato, posto che la campagna elettorale, anche in virtù dei precari equilibri interni, è stata fatta col ‘freno a mano tirato’, soprattutto per quel che concerne le candidature proposte.

L’ultimo dato saliente è probabilmente il più importante in termini generali: M5S crolla. Non solo dimezzando i voti delle politiche, ma perdendo duramente anche nel confronto con le Europee di 5 anni fa. E le proiezioni sui comuni in cui si votava anche per le amministrative non sono certo rassicuranti. Lo scrivo da qualche mese: la linea politica di puro vassallaggio verso la Lega che Di Maio ed il suo gruppo dirigente sta portando avanti in questi mesi ha prodotto un vero disastro. Chissà se qualcuno avrà ora il coraggio di rimetterla in discussione. Difficile, visto la sicumera e la mancanza di capacità critico-analitica che continua ad attanagliare buona parte di quell’elettorato.

Di certo, se non ci sarà una scossa, M5S sarà destinato, se non all’estinzione (politica), sicuramente ad una severissima marginalizzazione. C’è un altro dato da prendere in esame: la sinistra non esiste ‘fuori’ dal PD. Mi pare evidente: le faide interne, la mancanza di una seria ‘rottamazione’ dei quadri, la stanchezza di una linea politica oramai incomprensibile ai più, hanno prodotto il disastro attuale, di cui i dirigenti, conoscendoli, eviteranno di assumersi il peso politico e storico. Ed anche qui, tra lo ‘zoccolo duro’ colgo una scarsissima capacità critica, di analisi della realtà, per cui mi pare ci sia poco da sperare. Infine i Verdi: una bella sorpresa. Ma in Italia, ancora tutta da valutare.

Domenico Guarino

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