Dimentica pc e passaporti sul treno, giovane li riconsegna

Ha trovato sul treno un computer portatile, un iPad e due passaporti smarriti da uno studente americano e li ha riconsegnati alla polizia municipale.

Protagonista del gesto un giovane della Nigeria, ospite di ‘Pungiglione – Villaggio dell’Accoglienza’ a Boceda di Mulazzo (Massa Carrara).

Il ragazzo ha consegnato lo zaino col contenuto importante ai vigili di Villafranca (Massa Carrara) i quali, insieme ai carabinieri e tramite la Polfer, hanno rintracciato il proprietario, uno studente Usa da tre mesi a Firenze. Lo studente americano al Comando di Polizia municipale è rientrato in possesso degli oggetti ed ha voluto ricompensare il giovane nigeriano malgrado il ragazzo dicesse che non gli fosse dovuto nulla.

Tromba d’aria a Marina di Carrara: danni, nessun ferito

Tromba d’aria prima delle 5 di oggi a Marina di Carrara (Massa Carrara): devastato il ristorante di un hotel sul lungomare, attualmente chiuso, e danneggiati anche alcuni stabilimenti balneari. Nessuno è rimasto ferito.

In particolare la tromba d’aria ha fatto volare via la copertura sulla strada del ristorante dell’albergo Atlantic sul viale del lungomare, finita in strada. La zona del lungomare è tutt’ora bloccata perché i vigili del fuoco stanno bonificando l’area dai detriti sospinti dalle fortissime raffiche di vento.

Segnalati problemi anche a case private, come in via Maggiani.

Molestava bambine: allenatore di pallavolo arrestato a Massa Carrara

Un allenatore di pallavolo è indagato dalla procura di Massa Carrara per violenza sessuale. Le vittime sarebbero quattro bambine, tra i 10 e i 12 anni. L’uomo avrebbe molestato le piccole mentre stavano trascorrendo le vacanze in una colonia estiva.

Secondo quanto riportato da Nazione e Tirreno, i fatti risalirebbero al 4 luglio scorso sulla base della ricostruzione della procura partita delle denunce dei genitori. L’uomo, originario della Lombardia, sarebbe entrato di notte nelle stanze occupate dalle bambine, le avrebbe molestate e poi ordinato loro di tacere. Le giovani hanno però raccontato tutto ai genitori che hanno sporto denuncia.

Notizia in aggiornamento

Livorno, 130 tartarughe palustri abbandonate in parchi trasferite in oasi

Il Comune di Livorno ha trasferito tutte le tartarughe palustri abbandonate nel corso del tempo in varie fontane pubbliche cittadine nell’oasi naturale Wwf di Ronchi, a Marina di Massa (Massa Carrara).

Si tratta, spiegano dal Comune, di circa 130 esemplari di tartarughe palustri abbandonati abusivamente che erano costretti a vivere in un habitat poco confacente. Il trasferimento, preceduto da un lungo lavoro preparatorio da parte degli uffici comunali e di coordinamento a livello regionale, si è concluso ieri. Da vasche e fontane dei parchi di Villa Mimbelli, Piazza Dante e Parco Pertini sono state prelevate 130 tartarughe palustri.

Grazie alla collaborazione della delegazione livornese dell’associazione Anpana, gli animali sono stati trasferiti su un mezzo specifico dell’associazione, fatto arrivare da fuori provincia, e trasportati dentro apposite ceste provviste di panni bagnati per evitare traumi, al parco didattico di Ronchi, unico centro autorizzato dalla Regione ad ospitare le tartarughe esotiche, che è gestito dai volontari dell’associazione L’Assiolo.

Luca Giannelli, dell’associazione, esaminando i 130 esemplari presi in consegna, ha constatato che fra le tante testuggini palustri americane (Trachemys scripta) c’erano anche diversi esemplari appartenenti a specie esotiche molto rare, che saranno custoditi a parte. A Livorno è stata mantenuta, per scopi didattici, una piccola colonia di tartarughe americane, circoscritte all’interno della voliera del Parco Pertini, con esemplari maschi separati dalle femmine.

Carrara, sindaco: “l’acqua del rubinetto è sicura”

Il sindaco De Pasquale in merito alla nuova ordinanza emanata ieri nell’area Sin/Sir : “i campionamenti sull’acquedotto sono puntuali e costanti nel tempo” e “le criticità riguardano pozzi artesiani e la falda del perimetro indicato”. Confindustria: “chi ha inquinato si assuma i costi delle bonifiche”.

“Voglio ricordare che questa vieta esclusivamente l’utilizzo delle acque di pozzo o di falda. Ribadisco a tutti  che le criticità non hanno nulla a che fare con l’acqua che sgorga dai rubinetti allacciati all’acquedotto. L’approvvigionamento dell’acquedotto non arriva da fonti contaminate” ha detto De Pasquale.

“I campionamenti sull’acquedotto – ha aggiunto il sindaco rassicurando la popolazione – sono puntuali e costanti nel tempo e l’acqua che arriva da questo nelle nostre case, nei nostri negozi e nei nostri edifici pubblici è sicura, su tutto il territorio comunale. Anche chi vive o lavora nell’area indicata dunque può usare tranquillamente l’acqua dell’acquedotto”.

Il sindaco puntualizza che “le criticità e il divieto riguardano i pozzi artesiani o, più in generale, l’acqua della falda nel perimetro indicato. Che questa fosse contaminata era noto da almeno 30 anni. Non a caso nel corso del tempo sono state emanate ordinanze che hanno vietato l’uso dei pozzi inseriti nel suddetto perimetro”. “La nuova ordinanza nasce dalla necessità di inserire due nuove zone nel perimetro e dalla volontà di mettere ordine nei dispositivi precedenti – conclude De Pasquale -, facendo comprendere ai cittadini che i vecchi divieti sono ancora attuali e non devono essere disattesi. Vi annuncio sin d’ora che stiamo organizzando un incontro pubblico nel quale saranno illustrati puntualmente tutti i risultati e vi saranno date tutte le informazioni necessarie”.

Per Confindustria  invece è ‘necessario salvaguardare le aziende’. “Non sarebbe giusto – afferma il presidente degli industriali di Massa Carrara Erich Lucchetti – che chi ha inquinato non paghi e invece chi ha subito l’inquinamento debba pagare, dopo i danni ambientali e di salute, anche eventuali ripercussioni economiche”.

“Per questo chiediamo – sottolinea Lucchetti  – che chi ha inquinato si assuma i costi delle bonifiche, e che le ordinanze dei sindaci non tocchino l’uso industriale” dell’acqua, “o che si prevedano costi agli stessi valori attuali per l’eventuale utilizzo a fini industriali delle acque dell’acquedotto gestito da Gaia”.

“Altrimenti chi ha investito in zona industriale – osserva ancora il presidente degli industriali -, creando aziende e posti di lavoro, sarebbe costretto a pagare per responsabilità altrui, con ovvie ripercussioni sugli investimenti e sui livelli occupazionali”. Per Lucchetti, “non sarebbe accettabile che dopo anni di inquinamento e dopo l’abbandono di un territorio con alle spalle veleni e disoccupazione, qualcuno ora pensi che il conto debba essere fatto pagare direttamente o indirettamente alle nostre aziende e ai cittadini di Massa e di Carrara”. “E’ ovvio che se le nostre aziende non potranno più usare l’acqua dei pozzi, e dovranno rivolgersi a Gaia – conclude -, di certo non lo potranno fare sopportando costi elevati, altrimenti si tratterebbe di una ingiusta penalizzazione”.

Adoc: “Preoccupati per veleni in falda Massa Carrara”

“Siamo consapevoli che la nostra zona sia stata, e sia tuttora, una zona contaminata. Ma i livelli di veleni attualmente accertati nella falda sono bel al di sopra di quanto potessimo immaginare”.

Lo afferma in una nota Mauro Bartolini, presidente dell’associazione dei consumatori Adoc Alta Toscana, che interviene in merito alla vicenda dei veleni presenti ancora nelle acque sotterranee fra Massa e Carrara, oltre 30 anni dopo lo scoppio della Farmoplant e la fine del polo chimico apuano.

“Abbiamo preso visione dei risultati che dimostrano un grave inquinamento della falda acquifera del nostro territorio – ha ripreso -. Come associazione di tutela dei consumatori siamo molto preoccupati per le conseguenze che queste sostanze, tossiche e in alcuni casi pure cancerogene, potrebbero avere sulla salute dei cittadini. Siamo preoccupati anche perché questi contaminanti, purtroppo, non sono rimasti confinati all’interno dell’area industriale, nei terreni e nelle acque direttamente sotto le zone un tempo sede di aziende pericolose come Montedison-Farmoplant, Ferroleghe o Rumianca. No, con gli anni i veleni si sono diffusi anche a valle, verso il mare e nelle zone intorno, nelle aree agricole e residenziali dove ci sono pozzi che magari i cittadini hanno utilizzato per riempire delle piscine o irrigare i campi”.

“Non è possibile che siano le aziende di oggi e i cittadini a pagare, dopo 30 anni, un avvelenamento del territorio di cui siamo tutti vittime. Chiediamo – conclude il presidente Adoc – la totale trasparenza di tutte le amministrazioni comunali e della Provincia coinvolte nella vicenda e il loro immediato intervento al fine di tutelare l’intera collettività”.

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