Georgofili, una scultura per ricordare la strage

L’opera “L’albero della pace” prende il posto della pianta d’olivo seccata che era stata posta in via dei Georgofili a ricordo delle vittime della strage del 1993

L’opera, un pezzo unico realizzato dal maestro Andrea Roggi, è stata svelata oggi durante la cerimonia a cui hanno partecipato il sindaco Dario Nardella, gli assessori alla cultura della memoria e alla toponomastica Alessandro Martini e alla cultura Tommaso Sacchi. Presenti anche il presidente dell’Accademia dei Georgofili Massimo Vincenzini, il presidente dell’Associazione Familiari delle Vittime della strage dei Georgofili Luigi Dainelli, il presidente del consiglio Luca Milani, oltre ovviamente all’artista e a Maria Oliva Scaramuzzi, figlia di Franco Scaramuzzi già presidente dell’Accademia dei Georgofili grazie al cui interessamento l’opera è stata realizzata per andare a sostituire la pianta di olivo sofferente per la collocazione non idonea.

L’Albero della Pace è una scultura di bronzo con base in travertino. L’opera, alta 4,40 metri, è stata realizzata con la tecnica della fusione a cera persa, fusione dinamica e patina a fuoco. Si tratta di un pezzo unico.

“Questo gesto è molto bello – ha dichiarato il sindaco Nardella – anzitutto perchè è nato da chi vive e conosce questo luogo: Oliva Scaramuzzi e l’Accademia dei Georgofili, protagonista questa settimana al G20 dell’agricoltura. E perché trasforma quella una creatura vegetale come un olivo, in un’opera d’arte permanente che pone l’accento sull’importanza delle radici. Ricordare, avere memoria significa coltivare le proprie radici. Vuol dire proteggere e promuovere l’identità della nostra città senza dimenticare le prove difficili e dure che ha vissuto come l’attentato del 27 maggio del 1993”. “Sono grato – ha aggiunto – all’Accademia dei Georgofili, al maestro Roggi, alla giunta comunale, e in particolare agli assessori Martini e Sacchi, per il lavoro che è stato fatto. È un’iniziativa molto bella quella di portare nelle nostre strade e piazze opere d’arte contemporanea, soprattutto se si tratta di artisti toscani”.

“Con questo gesto vogliamo dare perenne ricordo, come abbiamo fatto fino ad oggi ma ancora di più, ad un luogo e ad una tragedia, quella della strage dei Georgofili – ha sottolineato l’assessore alle toponomastica e alla cultura della memoria Alessandro Martini – abbiamo la grande responsabilità di rendere viva alle generazioni attuali, e future, una strada ed un luogo di memoria che ha da rimanere viva. Firenze è viva e guarda al futuro. Oggi la città è qui e noi vogliamo darle un futuro anche attraverso questi segni che sono di una qualità straordinaria, non solo dal punto di vista artistico, ma anche della motivazione e di ciò che rappresentano per ciascuno di noi”.

“Non è un caso che la pianta d’olivo non riuscisse a rimanere in salute – ha rilevato l’assessore Sacchi – non capivamo come mai questo albero, così straordinariamente importante per questa via e per quello che rappresentava, non riuscisse a vivere. C’era bisogno di un’opera portatrice di pace che fermasse nel tempo l’olivo a memoria di quello che drammaticamente è stato. Un’opera che ha uno straordinario potere generativo, di riflessione e di pace”.

“L’idea ed il mio originale intento – ha detto Maria Oliva Scaramuzzi – è stato quello di valorizzare e sottolineare il periodo di rinascita cominciato ventotto anni fa dopo il feroce attentato, con l’immediata ricostruzione dell’Accademia dei Georgofili, messa in atto e fortemente voluta da mio padre, il Professor Franco Scaramuzzi allora, e per ventotto anni, Presidente, forte della sua la consueta volontà di fare e di fare bene. Il luogo oggi rappresenta un costante punto di sosta e di riflessione da parte dei turisti di tutto il mondo e dei cittadini che vi si soffermano in silenzioso rispetto. Ritengo che, in un periodo di assoluto ritorno alla vita, come questo odierno, sia importante rinnovare l’energia e la passione che mio padre aveva messo nella ricostruzione, posizionando un’opera d’arte di importante valore e di grandissimo pregio, creata e donata dal Maestro Andrea Roggi alla città, all’Accademia dei Georgofili e, in questo senso, anche a mio padre e a ciò che ha voluto dimostrare, reagendo a quella terribile tragedia. Inoltre, il soggetto scelto, ossia l’olivo, pianta secolare mediterranea, rappresenta anche il legame radicale con la terra e con la natura di Franco Scaramuzzi, il quale ha studiato ed amato questo albero e, non a caso, mi ha chiamata Oliva. La forza vitale dell’olivo, infatti, si rivela necessaria e auspicabile per la rinascita di tutti noi con amore, coraggio, entusiasmo, cultura e legame profondo alla città di Firenze, cioè la nostra casa. Credo che tutto questo possa dimostrare e testimoniare un traguardo di un grande lavoro di squadra tra privato, pubblico, istituzioni e cultura”.

“L’angolo tra via Lambertesca e via dei Georgofili – ha ricordato Massimo Vincenzini presidente Accademia dei Georgofili – fu tragicamente testimone di quella che, ventotto anni fa, fu definita la “vile barbarie”. Da allora, giorno dopo giorno, questo angolo del centro di Firenze è progressivamente divenuto un vero e proprio luogo della memoria, ove soffermarsi, con rispetto, in ricordo delle vittime della terribile esplosione e ove rinnovare l’impegno di condannare, senza alcuna esitazione, tutti gli atti di violenza, ovunque essi vengano commessi.
Il monumento del maestro Andrea Roggi, raffigurante un olivo con radici immerse nel nostro mondo e con un tronco costituito dai corpi umani di un uomo e di una donna, le cui braccia sono protese verso il cielo a generare la chioma della pianta, assume un valore altamente simbolico e trasmette un forte messaggio di speranza per un mondo privo di ogni forma di violenza e ricco di propositi e slanci positivi, come quello che ha animato il professor Franco Scaramuzzi, indimenticato presidente dell’Accademia, nella ricostruzione della sede accademica dopo la tragica bomba, assassina e devastatrice. In definitiva, l’Albero della Pace del maestro Roggi mi sembra assolutamente perfetto per promuovere in questo luogo la cultura della memoria”.

“Via dei Georgofili – ha commentato il maestro Roggi – è oggi conosciuta e ricordata per la terribile strage ivi perpetrata ventotto anni fa. Quelle stesse immagini di terrore e violenza, che hanno sconvolto la società di allora, riemergono più vivide che mai a causa dei recenti fatti occorsi in Afghanistan, quasi a volerci indicare che il progresso e lo scorrere del tempo non sono sufficienti per fermare gli atti di terrorismo. Credo fermamente che la reazione più saggia a certe sciagure, quali la violenza, l’integralismo e l’oppressione, sia la resistenza e l’esaltazione della libertà e dell’amore; quale maniera migliore dell’arte dunque? Attraverso le mie opere ho sempre cercato di trasmettere ideali universali di pace, amore e positività pertanto, oggi più che mai, la possibilità di collocare una delle mie sculture presso Via dei Georgofili ritengo che abbia una particolare valenza e mi auguro che coloro che andranno a soffermarsi in questo luogo lo ricordino, d’ora in poi, con un rinnovato senso di speranza per un futuro di pace. È per questo che ringrazio di vero cuore il Comune di Firenze, l’Accademia dei Georgofili, la dottoressa Scaramuzzi e tutte le persone che ne fanno parte per aver accettato il mio dono: per me è un onore”.

Nicola è a casa, sta bene ma è ancora molto provato e spaventato

Palazzuolo sul Senio, ha ancora tanta paura il piccolo Nicola Tanturli, che dopo un giorno in ospedale è tornato con la mamma Giuseppina nella sua casa, tra pascoli, capre, oche, cani nel mezzo di un Appennino incontaminato.

Nicola sta bene ma non gradisce persone estranee vicino a casa mentre gioca, come per esempio i giornalisti che ancora raggiungono l’abitazione nel bosco, e la famiglia ha pertanto fatto sapere che desidera essere lasciata in pace.

Nicola è ancora molto provato, spaventato, al pediatrico ‘Meyer’ ha dormito e mangiato, ma non basta, d’altronde il bimbo è stato circa 30 ore senza cibo tra i castagneti di Campanara prima di essere ritrovato. In ospedale, riferiscono i medici, ha trascorso una notte tranquilla e ha riposato insieme alla mamma. Poiché le sue condizioni sono apparse buone, è stato dimesso.

E quindi è tornato nella ‘sua’ montagna, quella dove ha trascorso due notti al buio tra la sera del 21 giugno e la mattina del 23, ha meno di due anni, non può raccontare cosa e come ha fatto, e sui suoi tragitti ci sono solo ipotesi. Per le autorità, procura e carabinieri, l’allontanamento dalla casa è stato volontario, quindi casuale e coerente con la vita all’aria aperta e libera che la famiglia conduce.

Dai racconti della popolazione viene fuori che anche il fratello più grande, adesso di quattro anni, circa un anno fa si allontanò da casa. Lo recuperò nella sua proprietà un abitante, un ‘vicino’, oltre 2 km più lontano, in queste realtà le distanze si dilatano rispetto alle aree urbane. Un episodio riaffiorato nei ricordi mossi da questa vicenda ma che non ebbe lo stesso rilievo perché accadde di giorno e si risolse velocemente senza necessità di attivare un piano di soccorso come è dovuto succedere per Nicola, finì tutto lì.

Questi bambini sono soliti seguire i genitori anche nella conduzione delle capre lungo più sentieri che si dipartono dalla sterrata principale e si incrociano per centinaia di ettari. Plausibile che Nicola, con la luna piena, abbia seguito una di queste vie da pastori e poi si sia smarrito, zigzagando tra prati e foresta, forse dormendo al riparo di edifici rurali abbandonati.

Il punto del ritrovamento è una scarpata ripida che ha un sentiero percorribile da cui si accede a un vallone e poi a pascoli: potrebbe esser provenuto da là, aver tentato di raggiungere dal basso – anziché caderci – la strada carrabile che corre sopra e che per due giorni è stata molto transitata da veicoli e persone, che anche lui può aver visto.

La distanza coperta, almeno 3 km in terreno impervio, è comunque enorme per l’età e le forze fisiche disponibili per un bimbo di 21 mesi, tanto più che di notte a circa 1000 metri di altitudine le temperature, pur in estate, calano, c’è escursione termica.

È certo invece che Nicola abbia camminato indossando scarpe, sandali da bambino, le stesse calzature con cui sarebbe stato messo a dormire verso le 18 – così raccontava il padre Leonardo – del 21 giugno, successivamente ha saputo uscire dalla casa, riuscendo a raggiungere ed aprire la porta. Poi, all’aperto, ha sfruttato l’ultima luce del giorno, peraltro il 21 giugno è quello più lungo dell’anno, quindi si è perso nel buio.

I carabinieri hanno inviato tutti gli atti alla procura che ha aperto un fascicolo senza ipotesi di reato né indagati. Viene escluso quello di abbandono di minore perché al momento non si ravvisa il dolo di nessuno. Gli accertamenti dovrebbero essere trasmessi anche alla procura dei minori per valutare, sotto l’aspetto civilistico, eventualmente, se del caso, azioni a tutela del minore.

“C’è stato un momento in cui la sera del 22 giugno tutti pensavamo al peggio, poiché nelle ricerche nulla accadeva nonostante l’impegno eccezionale: e cioè pensavamo al pericolo che gli animali selvatici, lupi, cinghiali, avessero fatto qualcosa a Nicola”, ha rivelato il presidente della Toscana, Eugenio Giani, alla cerimonia in cui ha consegnato il Pegaso della Regione al sindaco Gian Piero Philip Moschetti, al giornalista Giuseppe Di Tommaso ed al luogotenente dei carabinieri Danilo Ciccarelli che ha recuperato il piccolo disperso.

In cattedrale il cardinale Giuseppe Betori ha parlato di “giorno di gioia per Firenze, nel segno della nascita del suo patrono” San Giovanni “che mi piace legare a quella seconda nascita che è stato il ritrovamento del piccolo Nicola”.

Betori, ripartenza deve assumere forme di un vero rinascimento

Firenze, l’arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, nell’omelia proclamata in Duomo per la solennità di San Giovanni Battista ha detto: “L’auspicata ripartenza, nel nostro caso, deve poter assumere le forme di un vero rinascimento. Non si tratta propriamente di ripartire, come se la strada possa essere quella che già percorrevamo prima che la pandemia ci colpisse, e che questa ci abbia semplicemente fermati”.

“Dobbiamo prendere coscienza che la pandemia è stato un grande vaglio, da cui è bene trarre le cose che contano: prima fra tutte la consapevolezza del limite – ha continuato Betori – e non meno importante, la scoperta che da soli non ci si salva, ma si può uscire da questa e da ogni crisi solo con uno sguardo e una concreta volontà di condivisione”.

“Oggi si impone per noi una rinascita, una nuova nascita – ha aggiunto -, purché sia sul modello di quella del Battista: una nascita segnata da un nome, cioè un’identità, e da un progetto, e questo nella forma del dono e del servizio. Un’identità, anzitutto, che ci permetta di rinverdire le nostre radici più autentiche, quelle in forza delle quali Firenze nei secoli ha saputo unire l’operosità del fare, l’intelligenza dei saperi, il genio delle arti, la cura dei deboli, coltivando una visione piena dell’umano, con uno sguardo largo sul mondo senza rinunciare alla identità dei luoghi, con il cuore aperto verso tutto ciò che può favorire l’incontro e il dialogo. Per questo siamo felici di accogliere nei primi mesi del prossimo anno l’incontro di vescovi e di sindaci delle città del Mediterraneo ‘frontiera di pace'”.

Per Betori siamo indotti “a un severo esame di coscienza su quanto abbiamo deviato dalla nostra alta vocazione, nell’affanno consumistico che ha segnato i nostri giorni, nel prevalere degli interessi su ogni istanza di valori, di verità sull’umano, di contemplazione e di pace”. “Ricomponiamo questa immagine di Firenze – ha concluso -, senza aver timore di perdere qualche guadagno per conquistare una più compiuta identità delle persone, delle famiglie, delle aggregazioni sociali, dei luoghi”.

🎧 Santa Croce, “Verso un nuovo tempo, un progetto per Ia ripartenza”

Firenze, con una simbolica apertura della porta che dà sul ‘primo chiostro’ e che sarà il nuovo accesso al Complesso Monumentale, è stato presentato il progetto con cui Santa Croce si prepara ad affrontare Ia ripartenza.

“Verso un nuovo tempo, un progetto per Ia ripartenza” è lo slogan con cui L’Opera di Santa Croce e Ia Comunità Francescana, in stretta collaborazione con Ia Prefettura di Firenze in rappresentanza del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’lnterno e il Comune di Firenze, proprietari del complesso monumentale, hanno messo a punto una nuova strategia di valorizzazione e di gestione che “mette in primo piano l’unitarietà e l’unicità del complesso monumentale e mira al superamento di forme di fruizione caratteristiche del turismo “mordi e fuggi”.

In podcast intervista a Stefano Filipponi, Segretario generale Opera di Santa Croce e a Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura del Comune di Firenze, a cura di Gimmy Tranquillo.

Si tratta di un progetto basato su azioni integrate: il miglioramento dell’esperienza di visita; l’interrelazione della valorizzazione con le attività di ricerca e di tutela; lo sviluppo di progetti internazionali e percorsi turistici urbani e regionali tra loro legati che promuovano a conoscenza di Santa Croce.

“In primo piano c’è un intervento fortemente innovativo per l’accoglienza con la realizzazione del nuovo percorso di visita che sarà attivato entro l’anno – ha spiegato Stefano Filipponi –   Si tratta di un progetto basato su azioni integrate che hanno come obiettivo il miglioramento dell’esperienza di visita, l’interrelazione della valorizzazione con le attività di ricerca e di tutela, lo sviluppo di progetti internazionali e percorsi turistici urbani e regionali che promuovano la conoscenza di Santa Croce”.

Dunque, per Santa Croce un progetto che guarda a un nuovo tempo e che nasce da una forte collaborazione istituzionale. “Un grande segno non solo per la città di Firenze ma anche per tutto il Paese”, ha affermato il prefetto Alessandra Guidi mettendo in evidenza “un modello di collaborazione tra enti che guarda alla tutela e alla valorizzazione”.

“Questo progetto permetterà di avvicinare in modo progressivo e più consapevole uno dei più antichi luoghi di spiritualità francescana e la basilica francescana più grande del mondo”, ha sottolineato il cardinale Betori.  “Trovarsi qui, a pochi giorni dalla possibile riapertura, a presentare questo progetto apre un orizzonte di speranza– ha affermato l’assessore Tommaso Sacchi – Vuol dire che la collaborazione tra Opera ed enti non si è fermata nonostante la pandemia e che si è continuato a lavorare per l’accoglienza di coloro che torneranno a visitare il complesso monumentale”.  “La presenza di una pluralità di attori è un punto di forza che permette di mettere insieme volontà e competenze scientifiche diverse “, ha sottolineato il soprintendente Andrea Pessina. Per padre Paolo Bocci il progetto “guarda in alto, al tempo della rinascita, nel segno del dialogo e del recupero delle radici francescane”.

Il nuovo percorso di accoglienza e di visita – per cui è previsto un investimento complessivo di circa 1 milione di euro – partirà da piazza Santa Croce.  Il visitatore farà il suo ingresso dal grande cancello che si apre sul primo chiostro e non più sul lato di Largo Bargellini, da dove invece è prevista l’uscita a fine visita. L’obiettivo del progetto, curato dallo Studio Guicciardini & Magni Architetti, è quello di migliorare la qualità dell’esperienza di incontro con il complesso monumentale e di far comprendere al pubblico, rispettando i diversi stili di visita e gli interessi personali, lo straordinario intreccio di spiritualità, arte e storia che caratterizza Santa Croce.

Alla luce di questo nuovo percorso si desidera di far comprendere maggiormente il senso dei luoghi nella loro valenza francescana e spirituale. I visitatori potranno seguire un percorso introduttivo allestito negli splendidi spazi dei primi ambienti che incontrano (Cenacolo, Cenacolo d’Inverno, Cappella Cerchi), che permetterà di prendere poi consapevolezza nel modo migliore dei chiostri, della Cappella Pazzi e della stessa basilica, riconnettendo la bellezza delle opere d’arte ai valori e alla storia cui sono legate e garantendo modalità di visita maggiormente rispettose degli spazi dedicati al culto.

L’intervento prevede inoltre l’abbattimento delle principali barriere architettoniche e il recupero del magnifico loggiato del primo chiostro, che consentirà di presentare opere attualmente non esposte e offrirà nuovi suggestivi punti di vista sulla cappella Pazzi e la basilica. Il salto di quota tra il primo chiostro e il loggiato della basilica sarà risolto con la realizzazione di una nuova scala e di un ascensore, senza alterare la percezione dell’architettura complessiva.

Parallelamente alle attività di divulgazione e fruizione, Santa Croce intende sviluppare le attività di ricerca e tutela.  Per questo sono stati stretti accordi pluriennali di collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure e i Dipartimenti di Architettura (DIDA) e di Storia, Archeologia, Geografia, Arte e Spettacolo (SAGAS) dell’Università di Firenze, a cui si aggiunge ora l’Accordo Quadro con la Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per la Città metropolitana di Firenze e per le Province di Pistoia e Prato, che prevede attività congiunte nell’ambito delle attività di tutela e valorizzazione, a cominciare dall’inventariazione e schedatura dei beni mobili.

Il complesso monumentale di Santa Croce è anche uno luogo da sempre in dialogo con Firenze, la Toscana e il mondo.  Per valorizzare questo aspetto saranno realizzati progetti speciali e percorsi tematici cittadini e regionali, valorizzando il patrimonio culturale e ideale di Santa Croce anche al di là dell’esperienza di visita.

Ne è un esempio concreto il progetto Grandi di Santa Croce che promuove la conoscenza delle grandi personalità legate al complesso monumentale: si è cominciato con Dante, attraverso l’APP In Toscana con Dante e la Call to Action #LeggiDante, messe a punto in collaborazione con Toscana Promozione Turistica, Comune di Firenze, New York University e Dante Society of America. Le prossime attività saranno dedicate alla figura di San Francesco, nell’ambito dei Cammini di Francesco promossi dalla Regione Toscana.

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