Campi B. : dopo investimento nessun automobilista si è fermato a soccorrere Benigno

E’ quanto emergerebbe dalle analisi delle telecamere della zona, acquisite dai carabinieri. Gli occhi elettronici avrebbero registrato il passaggio di diverse vetture, in entrambi i sensi di marcia. Massimiliano Benigno era molto conosciuto a Campi Bisenzio

Per la morte del 47enne di Campi  è indagata per omicidio stradale e omissione di soccorso una 31enne della provincia di Pistoia. La donna, individuata dai carabinieri, coordinati dal pm Beatrice Giunti, sempre grazie alle telecamere e ai frammenti del paraurti della sua auto sequestrati sul posto, nel corso dell’interrogatorio avrebbe confessato, raccontando di essersi accorta del 47enne solo all’ultimo momento e di non essere riuscita a evitarlo. In base al suo racconto l’uomo si sarebbe trovato già steso a terra quando è stato investito. La versione sarebbe confermata anche dai primi risultati dell’autopsia, secondo i quali il decesso sarebbe stato provocato da uno schiacciamento toracico, lesione compatibile con la circostanza che il 47enne fosse steso a terra. Sempre in base ai primi risultati dell’esame autoptico, è probabile che l’uomo sia deceduto sul colpo per le gravi lesioni riportate.

Intanto la notizia di oggi è che, dopo l’investimento costato la vita a Massimiliano Benigno,  trovato senza vita all’alba dell’11 ottobre a Campi Bisenzio (Firenze) in via Chiella, sul luogo dell’incidente sarebbero transitati numerosi automobilisti, nessuno dei quali si sarebbe fermato per dare l’allarme. E’ quanto emergerebbe dalle analisi delle telecamere della zona, acquisite dai carabinieri. Gli occhi elettronici avrebbero registrato il passaggio di diverse vetture, in entrambi i sensi di marcia.

Omicidio dopo lite a Firenze: uomo confessa, arrestato

Il 39enne ha confesasto di aver sferrato le coltellate per paura di essere a sua volta accoltellato a seguito della lite. L’uomo fermato dai carabinieri e dal pm Beatrice Giunti per omicidio di un 33enne del Kosovo la notte scorsa in centro a Firenze, avrebbe ammesso le sue responsabilità e avrebbe detto di essere distrutto per ciò che ha fatto.

Secondo quanto emerso dalle indagini dei carabinieri il nordafricano si trovava in un pub in via Faenza, zona centrale. Intorno alle 2 sarebbe entrato nel locale il kosovaro con amici. Tra i due, già ubriachi, sarebbe iniziata una lite probabilmente per futili motivi, sedata in un primo tempo da amici e dai camerieri.
Il 39enne sarebbe uscito dal locale e andato nella stanza del b&b dove alloggia. Qui avrebbe preso un coltello da cucina a lama seghettata e a punta e tenendolo nascosto sarebbe tornato al pub ricominciando la lite col 33enne fino a ucciderlo fuori.

Bomba Firenze, chieste condanne fino a 11 anni

I pm Filippo Focardi e Beatrice Giunti hanno chiesto condanne fino a 11 anni nel processo a carico di 39 anarchici imputati a Firenze per vari episodi tra cui, il più grave, il tentato omicidio dell’artificiere della polizia di Stato Mario Vece, rimasto ferito gravemente a causa dello scoppio di un ordigno posizionato la notte del Capodanno 2017 alla libreria il Bargello, vicina a CasaPound.

Le condanne maggiori sono state chieste proprio per i quattro anarchici accusati di tentato omicidio per l’episodio di Capodanno: 10 anni di reclusione per Salvatore Vespertino, 11 per Giovanni Ghezzi, 10 anni e mezzo per Pierloreto Fallanca e 10 anni per Salvatore Almerigogna.
“La mattina dell’1 gennaio 2017 il mondo giudiziario fiorentino si è svegliato col rumore di una bomba”, ha affermato il pm Filippo Focardi nella sua requisitoria sottolineando che “si tratta della prima bomba piazzata a Firenze nel Dopoguerra, se si esclude l’autobomba dei Georgofili”. Nel suo intervento il pm Focardi ha ripercorso alcuni episodi antecedenti rispetto al Capodanno 2017, anche questi contestati nell’ambito del processo, tra cui il lancio di molotov contro una caserma dei carabinieri a Rovezzano e l’esplosione, sempre in precedenza, di una bomba carta contro la saracinesca della libreria il Bargello, quando questa di trovava in una sede diversa da quella colpita a Capodanno.
“Episodi – ha detto Focardi – che indicano il sorgere di un’associazione estremamente pericolosa”, che era “già cristallizzata fin dall’autunno precedente” al Capodanno 2017. Il gruppo anarchico, ha sostenuto Focardi, aveva fin dall’inizio come scopo associativo quello di fare “resistenza agli organi dello Stato ogni qualvolta se ne fosse presentata l’occasione”. Sempre secondo quanto sostenuto da Focardi nella sua requisitoria, la bomba esplosa il primo gennaio 2017, “fu effetto di un’accelerazione imposta da qualcuno di fuori”, esterno al gruppo degli anarchici fiorentini.
In totale, nella requisitoria i pm Focardi e Giunti hanno chiesto 39 condanne: oltre ai quattro anarchici imputati di tentato omicidio per la bomba esplosa alla libreria Il Bargello, sono state fatte richieste per altri 35 esponenti dell’area anarchica a cui vengono attribuiti, a vario titolo, numerosi episodi avvenuti nel territorio di Firenze. Così, in un’inchiesta che ha visto contestare reati come danneggiamento, violenza, resistenza e minaccia a pubblico ufficiale, lesioni, imbrattamento, fabbricazione e porto di esplosivi, detenzione di artifici pirotecnici, rifiuto di fornire le generalità, i pm hanno chiesto condanne da 15 giorni a 7 anni.
L’avvocato Federico Bagattini ha reso noto che il suo assistito, l’artificiere della polizia di Stato Mario Vece, parte civile, ha chiesto danni per 2 milioni di euro ai quattro anarchici accusati di tentato omicidio per le lesioni permanenti riportate per lo scoppio dell’ordigno. “Un milione di euro – ha precisato Bagattini – sarà destinato al Fondo assistenza per il personale della polizia di Stato”. Tra le altre parti civili, c’è il sindacato di polizia Siulp, sempre rappresentato da Bagattini, che ha chiesto agli stessi quattro anarchici imputati di tentato omicidio 100.000 euro di danni, di cui 50.000 da destinare al Fondo assistenza per il personale della polizia di Stato.

Violenza Varlungo: arrestato è indagato per quinto caso

Prende sempre di più i contorni di uno ”stupratore seriale” la vicenda del giovane di 25 anni che viveva in un nascondiglio di fortuna alla periferia sud di Firenze, vicino alle case di Varlungo, da cui usciva per violentare donne di passaggio dopo averle stordite con colpi violenti.

Mustafa Arnaut è indagato dal pm Beatrice Giunti e dai carabinieri per un quinto caso di violenza sessuale e tentata violenza sessuale, dopo i quattro per cui già si trova in carcere. Il nuovo episodio riguarderebbe una tentata violenza avvenuta nel dicembre 2017 contro una giovane studentessa di Panama che transitava nelle vicinanze del suo covo, un ambiente degradato dentro un ex capannone industriale dismesso, raggiungibile da un viottolo nascosto dalla vegetazione e da cui muoveva gli assalti alle passanti.

Mustafa Arnaut è in carcere dal 24 settembre scorso dopo l’aggressione a una studentessa 21enne di origini asiatiche, picchiata e abusata sessualmente mentre rincasava camminando lungo l’argine dell’Arno. Nelle indagini per questo episodio però gli investigatori stanno riuscendo ad attribuirgli la presunta responsabilità di altri casi di violenza sessuale o tentata violenza avvenuti nella stessa zona di Firenze tra l’agosto 2017 e il settembre 2018.

Il 23 giugno scorso aveva aggredito, violentandola, una giapponese 36enne che faceva jogging nel parco. Episodio a cui seguì, sempre a giugno, la violenza a una 19enne brasiliana, che lo denunciò l’11 luglio successivo dopo esser venuta a sapere dell’assalto alla giapponese. Altra aggressione con metodi analoghi fu subita da una giovane italiana nella notte tra il 14 e il 15 agosto 2017 sempre nella stessa zona. Quasi un anno fa, dunque, la tentata violenza sessuale alla ragazza di Panama ricostruita adesso.

Niccolò Ciatti: rogatoria da Spagna, chiesto interrogatorio per due amici

Da quanto emerge i magistrati spagnoli mirano soprattutto a sapere dai testimoni se Ciatti fosse ubriaco o drogato e se fosse un tipo “aggressivo”.

In una rogatoria internazionale sull’omicidio di Niccolò Ciatti, il 22enne ucciso da tre ceceni nella discoteca St.Trop di Lloret de Mar la notte del 12 agosto 2017, il tribunale di Blanes (Spagna) chiede alla procura di Firenze di interrogare due amici della vittima e il pm Beatrice Giunti si appresta a convocarli per dare seguito alla rogatoria.

Da quanto emerge i magistrati spagnoli mirano soprattutto a sapere dai testimoni se Ciatti fosse ubriaco o drogato (“L’ha visto ‘fatto’?”, è una delle domande) e se fosse un tipo “aggressivo” e non dedicano quesiti ai tre ceceni indagati, alle fasi dell’omicidio, al personale del locale che non intervenne per bloccare l’aggressione così come fu evidente dai filmati circolati nelle ore successive. La pm Giunti comunque, pur dovendosi attenere alla rogatoria, potrà raccogliere in modo approfondito il racconto dei due amici di Ciatti anche rispetto alle numerose circostanze dell’omicidio che vanno chiarite.

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