Banca Etruria: tutti assolti perchè fatto non sussiste, anche Pierluigi Boschi

Arezzo – La pena richiesta era di un anno per Pierluigi Boschi e altri tre dirigenti: Nataloni, Nanniperi e Bugno. Maria Elena Boschi: “Oggi ho pianto”. Renzi: “Mostri non eravamo noi”.

Tutti assolti, perché il fatto non sussiste, i 14 imputati del processo sul filone consulenze d’oro alla ex Banca Etruria. La sentenza è stata pronunciata questa mattina dalla giudice di Arezzo, Ada Grignani. Al tribunale il pm Angela Masiello aveva chiesto il massimo della pena (1 anno) per Pierluigi Boschi, padre dell’ex ministro Maria Elena ed ex vicepresidente di Etruria, e per altri tre dirigenti cioè Luciano Nataloni, Claudia Bugno e Luigi Nannipieri. Per gli altri imputati erano state chieste condanne da 8 a 10 mesi. Ma il verdetto è di assoluzione con formula piena.

Quella di oggi è una sentenza relativa ad uno dei numerosi procedimenti penali incardinati dopo la debacle dell’istituto di credito aretino. Secondo la procura, le consulenze avrebbero pesato sulla situazione di Banca Etruria per circa 4 milioni di euro. Erano incarichi affidati dall’istituto di credito a societa specializzate per valutare, analizzare e poi avviare il processo di fusione con un istituto di elevato standing per evitare il crac. A proporre lo scenario della fusione furono le autorità bancarie che avevano individuato in Banca Popolare di Vicenza il possibile partner dell’operazione. Le consulenze d’oro furono affidate comunque, ma nulla di quanto analizzato e valutato si concretizzò: i pm hanno parlato di ‘consulenze inutili’ e ‘ripetitive’.

L’assoluzione del tribunale di Arezzo, però è arrivata anche grazie alle arringhe finali degli avvocati della difesa i quali hanno tutti sostenuto che non ci furono “operazioni imprudenti, piuttosto un’azione doverosa rispetto a quanto chiesto da Banca d’Italia” ovvero “dare una risposta sulla fusione entro una precisa data” e per questo “i vertici di Banca Etruria – hanno sostenuto gli avvocati – si sono mossi affidando ai migliori advisor d’Italia le consulenze”.

“Oggi ho pianto. Avevo giurato a me stessa che non avrei mai pianto per Banca Etruria. Oggi l’ho fatto. E non ho paura di ammetterlo in pubblico. Ho pianto come una bambina, in ufficio, alla Camera. Ho pianto perché mio padre è stato assolto dall’ultima accusa che gli veniva mossa su Banca Etruria. Con oggi si chiude un calvario lungo sette anni. E si chiude nell’unico modo possibile: con la certezza che mio padre era innocente”. Lo scrive in un post su Facebook Maria Elena Boschi, presidente dei deputati di Italia Viva, commentando l’assoluzione del padre Pier Luigi.

“La verità giudiziaria non cambia niente per me: ho sempre saputo che mio padre è stato attaccato sui media e non solo per colpire altri. Ma oggi la verità giudiziaria stabilisce ciò che io ho sempre saputo nel mio cuore: mio padre è innocente. E ora – aggiunge – lo sanno tutti, non solo la sua famiglia. Lo sa il popolo italiano, nel cui nome la sentenza è stata pronunciata. Lo sanno le Istituzioni di questo Paese che io ho servito con dignità e onore. Lo sanno gli avversari politici che mi hanno chiesto le dimissioni per reati che mio padre non aveva fatto. Lo sanno i talk che hanno fatto intere trasmissioni contro di me e di noi e che non dedicheranno spazio a questa vicenda. Lo sanno gli odiatori che mi hanno insultato spesso con violenza verbale e frasi sessiste nel silenzio complice e imbarazzato di tanti”.

“Questa vicenda – sottolinea – ha segnato la mia vita e la mia carriera molto più di quanto uno possa pensare: ma le lacrime di oggi sono lacrime di gioia e di speranza. Perché nessuno debba subire quello che ha subito la mia famiglia. Combatterò per una giustizia giusta. E ringrazio quei tanti magistrati che in ogni angolo del Paese fanno prevalere il diritto sull’ingiustizia. Grazie a chi mi è stato vicino. Ti voglio bene babbo”.

“Oggi molti avversari politici, ospiti dei talk, odiatori dovrebbero mettersi in fila e dire una cosa sola: scusa. Non lo faranno. Ma quello che è sempre più chiaro è che i mostri non eravamo noi. Un abbraccio a tutta la famiglia Boschi”. Così un in tweet il leader di Iv Matteo Renzi.

Lite tra una coppia, finisce a coltellate

San Giovanni Valdarno, in provincia di Arezzo, una lite familiare finisce con due persone in ospedale. Dramma in un’abitazione prossima al centro storico di San Giovanni Valdarno mercoledì sera.

Secondo quanto ricostruito dai Carabinieri, una coppia di conviventi, lui 40enne, lei 35enne, avrebbe iniziato una discussione per futili motivi, ma ad un cero punto il diverbio sarebbe sfociato in vera e propria lite, durante la quale ad un certo punto lui avrebbe colpito lei con un coltello, la donna in primo tempo si sarebbe coperta il volto, ma poi, impugnato a sua volta un coltello avrebbe colpito a sua volta il compagno all’addome.

Sul posto sono arrivati i Carabinieri e le ambulanze del 118 che hanno trasportato l’uomo in codice rosso all’ospedale le Scotte di Siena e la donna in codice giallo all’ospedale valdarnese della Gruccia.

I carabinieri stanno ricostruendo con precisione l’accaduto non senza difficoltà dal momento che la coppia prima dello scoppiare della lite avrebbe anche abusato di sostanze alcoliche.

Secondo quanto raccolto dai Carabinieri, da tempo la coppia discuteva con frequenza fino all’aggressione domestica consumatasi ieri. I militari stanno procedendo sull’ipotesi investigativa di maltrattamenti contro conviventi e lesioni aggravate dall’uso dell’arma da taglio dal momento che le prognosi in mattinata si sono fatte meno pesanti. Ulteriori sviluppi saranno poi valutati dalla procura.

Arezzo: incidente durante gara motociclistica, muore 53enne

Arezzo – Incidente mortale alla gara motociclistica dello Spino di Pieve Santo Stefano (Arezzo), muore centauro 53enne.

L’incidente è accaduto durante la gara motociclistica dello Spino di Pieve Santo Stefano (Arezzo) alle 15 ed ha coinvolto un 53enne di Pelago (Firenze). L’uomo è caduto mentre percorreva il percorso della gara ed ha riportato molteplici traumi e nonostante lunghe manovre di rianimazione è deceduto, nel posto medico della gara motociclistica presente un’ambulanza della Misericordia di Pieve Santo Stefano e l’elisoccorso Pegaso 1. Sul posto i carabinieri per gli accertamenti.

Durante la stessa gara, ma qualche ora prima, alle 12:57, un altro centauro e’ rimasto ferito: il 36enne è stato soccorso e trasportato in ospedale. Il motociclista, residente a Rieti, ha riportato un trauma cranico commotivo. Sono intervenuti la Misericordia di Pieve Santo Stefano e l’ elisoccorso Pegaso 1. Il paziente è stato trasportato con elisoccorso all’ospedale le Scotte di Siena in codice giallo.

Vaiolo delle scimmie, Giani: “In Toscana situazione è sotto controllo”

Giani ha speigato che si tratta di una patologia che può essere affrontata, “con gli strumenti della nostra medicina senza preoccupazioni particolari”.

Dopo la pandemia da Covid-19 alcuni avevano già pensato al peggio ancora una volta, ma il Governatore della Toscana Eugenio Giani, rispondendo alle domande dei giornalisti a margine di una conferenza, ha rassicurato sulla questione relativa al vaiolo delle scimmie. 

“Ritengo che, allo stato attuale – ha detto il presidente toscano Eugenio Giani -, sia assolutamente sotto controllo, sia per l’aspetto quantitativo, la limitatezza dei casi in Italia, sia sotto l’aspetto qualitativo perché laddove è avvenuto, noi abbiamo un caso ad Arezzo, diamo conto che è una patologia che può essere affrontata con gli strumenti della nostra medicina senza preoccupazioni particolari”.

In Toscana il primo caso è stato riscontrato nei giorni scorsi ad Arezzo: un 32enne rientrato dalle Canarie che presenteva delle lesioni cutanee infettive. L’Istituto Spallanzani di Roma ha confermato il sospetto del San Donato di Arezzo e l’uomo è stato messo in isolamento e monitorato.

L’assessore alla Sanità della Regione Toscana, Simone Bezzini, lo scorso 23 maggio 2022 aveva affermato che non c’è, “nessun allarme, ma attenzione alta delle autorità sanitarie. La situazione è costantemente monitorata, sia a livello regionale che nazionale ed europeo”.

Beni confiscati alle mafie: dalla Toscana 2 milioni e 300mila euro ai Comuni beneficiari

26 i Comuni della Toscana interessati: 8 si sono già fatti avanti e di questi, 4 riceveranno subito l’aiuto economico, l’altra metà lo potranno fare quando avranno la piena disponibilità dei beni confiscati. Il contributo più grande va a Castagneto Carducci.

La Regione Toscana tende la mano ai Comuni a cui sono stati destinati beni confiscati alla criminalità organizzata: risorse che aiuteranno le amministrazioni comunali a fare di quei luoghi presidi attivi e produttivi contro le mafie, volano per le economie del territorio o progetti di cittadinanza attiva, di educazione alla legalità o di integrazione sociale.

Sono ventisei i Comuni in Toscana a cui sono stati destinati immobili all’agenzia nazionale che gestisce i beni confiscati. In otto si sono fatti avanti per godere del contributo regionale: quattro lo riceveranno subito (2,3 milioni di euro messi a disposizione dalla Regione), gli altri quattro, a cui sarà destinato un altro milione di euro, lo potranno fare quando avranno la piena disponibilità dei beni. In questo momento infatti quegli immobili sono o occupati o solo parzialmente di proprietà dell’ente.
Qui per l’elenco completo: https://www.regione.toscana.it/-/elenco-dei-beni-confiscati-alla-criminalit%C3%A0-organizzata-e-destinati-ai-comuni-della-toscana.

Tra le amministrazioni beneficiarie c’è il Comune di Terranuova Bracciolini, a cui è stato destinato un capannone industriale a Poggilupi e una villetta con box auto alle Ville. Per la loro ristrutturazione riceverà 710 mila euro: la villetta sarà utilizzata per fronteggiare situazioni di emergenza abitativa, mentre nel capannone troverà spazio un deposito per i mezzi comunali, protezione civile compresa, e l’archivio. “La confisca dei beni – afferma il sindaco Sergio Chienni – non è sufficiente: per raggiungere compiutamente l’obiettivo è necessario che gli stessi vengano destinati ad un effettivo utilizzo in favore della collettività, con finalità pubbliche. Grazie alle risorse erogate dalla Regione, che ringrazio,  riusciremo a restituire alla nostra comunità due immobili sottratti alla criminalità organizzata e sarà un’occasione significativa da un punto di vista funzionale oltre che dall’importante valore simbolico.”

Arezzo è la provincia in Toscana che conta il maggior numero di beni confiscati ed affidati in via definitiva: ben quarantacinque particelle catastali, tra Terranova Bracciolini e Marciano della Chiana. Quest’ultimo non potrà però al momento usufruire del contributo regionale perché i diciannove appartamenti e ventidue box auto sequestrati in questione sono stati trasferiti al patrimonio dell’ente solo a metà. Il Comune intendeva ristrutturare gli immobili per farci appartamenti di edilizia residenziale pubblica e di edilizia residenziale sociale per donne vittime di violenza, oltre ad un asilo nido.

Anche l’amministrazione di Montopoli in Val d’Arno, in provincia di Pisa, riceverà un contributo: 183 mila euro per ristrutturare un appartamento dove ospitare un centro anti-violenza e rifugio per donne e bambini maltrattati.

Dei quattro comuni che hanno ricevuto un aiuto finanziario, il contributo più grande va a Castagneto Carducci, nel livornese: 1 milione e 190 mila euro, in tre anni, per riqualificare un fabbricato industriale in via IV Novembre. Vi nascerà una mensa per persone bisognose e seguite dai servizi sociali, con pasti da consumare sul posto o da asporto. Vi troveranno spazio anche servizi igienici per chi usufruirà della struttura, una infermeria, un’aula didattica e due camere con bagno per esigenze di prima accoglienza. “È una grande soddisfazione – sottolinea la sindaca Sandra Scarpellini – essere tra i Comuni che avranno il contributo. Questo è  il frutto di un lavoro sinergico tra istituzioni ed associazioni che proseguirà nella realizzazione del progetto. Il grazie più sentito va alla Regione che, in questo modo, nonostante i tempi difficili, ha saputo dare un segnale straordinario sul tema della legalità”.

Grande soddisfazione per il  contributo straordinario di 240.200 euro è espressa anche dalla sindaca di Massa e Cozzile, Marzia Niccoli: le risorse saranno utilizzate per opere  di manutenzione straordinaria e per la  sistemazione di aree esterne e interne ad immobili ubicati in via Macchino. “Quegli edifici  – spiega la sindaca – saranno destinati al recupero di soggetti ex tossicodipendenti del nostro comune e saranno utilizzati dall’associazione “Gruppo Valdinievole”.

Come Marciano della Chiana, il Comune di Firenze (un fondo in via Saggina  e un appartamento in via Cammori da destinare a centro diurno e casa famiglia per disabili), il Comune di Pescia (un’abitazione indipendente e terreni in via Campo, dove accogliere minori non accompagnati) e il Comune di Piombino (un appartamento da trasformare in casa di accoglienza per donne vittime di violenza, sole o con figli minori) dovranno attendere la piena disponibilità dei beni a loro destinati per poter contare sul contributo della Regione.

Il via libera della giunta regionale al contributo alle amministrazioni comunali è arrivato il 23 maggio, giorno dell’anniversario della strage di Capaci, in cui trent’anni fa morirono il giudice Falcone, la moglie e magistrato Morvillo e tre agenti della scorta.

 

Arezzo: sgominata una baby gang di minorenni. 9 misure cautelari

Arezzo – Tra i capi di imputazione per i minorenni della baby gang, anche associazione a delinquere, estorsioni, resistenza a pubblico ufficiale, e spaccio di stupefacenti.

Sgominata ad Arezzo un baby gang, composta da 9 minorenni di età compresa tra i 16 e i 17 anni, responsabile di una serie di rapine, aggressioni per futili motivi, minacce aggravate, commesse a volte anche con l’utilizzo di armi improprie come coltelli, tirapugni e colli di bottiglia, avvenute tra il 2021 e il 2022. Tra i capi di imputazione anche associazione a delinquere, estorsioni, resistenza a pubblico ufficiale, e spaccio di stupefacenti.

In totale sono state emesse 9 misure cautelari, sei custodie in carcere e tre collocamenti in comunità, eseguite stamani dalla polizia insieme alla municipale di Arezzo. Dalle indagini, coordinate dalla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Firenze, è risultato che la baby gang era inquadrata come una vera e propria associazione a delinquere caratterizzata da posizioni gerarchiche ben definite, ed era conosciuta come “famiglia Montana”, dal nickname “Montana” che alcuni dei sodali utilizzavano nei social con riferimento al personaggio cinematografico di Tony Montana del film ‘Scarface’.

La banda ha evidenziato una precisa organizzazione anche nel condurre le azioni violente, specie contro minorenni, che avvenivano sempre con lo stesso modus operandi, e nelle quali ogni componente ricopriva un preciso ruolo. A volte le aggressioni scaturivano per futili motivi al solo scopo di dare sfogo alla violenza o per affermare la supremazia territoriale della gang in alcune parti del centro storico di Arezzo, con particolare riferimento alla zona di piazza Sant’Agostino, che sui social i membri del gruppo definivano la loro “fottuta piazza”. Sui social pubblicavano post in cui si ritraevano travisati, vestiti di nero, con armi e con l’immancabile dicitura 52100 (il codice postale di Arezzo) ad indicare il territorio di pertinenza della banda

La baby gang era molto eterogenea e comprendeva italiani, magrebini, albanesi e rumeni, tutti minorenni ad eccezione del loro leader, un rapper 20enne con numerosi precedenti, conosciuto con il nickname di “Montana“, che è stato arrestato lo scorso marzo e che ora si trova ai domiciliari lontano da Arezzo. Era lui che distribuiva gli avanzamenti di carriera all’interno della banda, e chi saliva di ruolo assumeva a sua volta il nickname di ‘Montana’. Sono 15 gli episodi contestati al gruppo, sei consumati in una sola sera di novembre, tra rapine, aggressioni e minacce aggravate. Tra questi anche un’aggressione ad un non vedente. Stamani sono stati sequestrati coltelli e tira pugni. Secondo gli investigatori la banda stava ampliando il proprio raggio di azione e la propria composizione interna, preparando probabilmente qualcosa di più strutturato. Per la maggioranza dei componenti l’appartenenza alla gang era vista come una forma di riscatto sociale, ma all’interno della banda militavano anche figli di famiglie normali. (ANSA).

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