‘Rischi adesione a movimenti Islam radicale’ : rimane in carcere 21enne accusato lancio molotov contro consolato USA

Resta in carcere il 21enne accusato di aver lanciato due molotov contro il consolato Usa a Firenze, la notte tra il 31 gennaio e il 1 febbraio. Cosi ha deciso il gip Antonio Pezzuti che ha convalidato il fermo per il giovane accusato di atti di terrorismo e porto abusivo di molotov e disposto nei suo confronti la misura della custodia cautelare. Lui: ‘sono stato io, nessun complice’

Da una parte c’è lui, il 21enne Dani Hakam Taleb Moh’d, che assicura i aver agito da solo, senza l’aiuto di complici. Dall’altra la procura che, nel confermare l’arresto in carcere, parla di un’ ‘azione non commessa senza concorso, anche morale, di altri’ . Sta di fatto che Dani, fermato per il lancio di due molotov contro il consolato Usa a Firenze, resta in carcere per il rischio che possa fuggire e che possa reiterare il reato. Così  ha deciso il  gip Antonio Pezzuti che ha disposto la misura della custodia cautelare in carcere.

Pur essendo nato a Firenze, ritiene, il 21enne autore del lancio delle molotov ha la cittadinanza giordana e un permesso di soggiorno che scade a dicembre. Non è escluso, è scritto nell’ordinanza, che “vistosi scoperto, possa decidere di aderire a movimenti islamici radicali, dandosi alla latitanza o addirittura arruolandosi in formazioni paramilitari”. Allo stato, precisa anche il gip, “deve ritenersi che l’azione dell’indagato non sia stata commessa senza il concorso, anche morale di altre persone o di organizzazioni che sicuramente presterebbero al medesimo appoggio e assistenza in caso di latitanza o anche di espatrio”.

Inoltre, nonostante il giovabe viva e lavori in Italia, il gip ritiene necessario tener conto della “fortissima determinazione criminosa manifestata con i suoi gesti e principalmente con le sue rivendicazioni”. Il pericolo poi che possa commettere altri reati si desume dalle “specifiche modalità e circostanze” dell’attacco al consolato. Il giovane avrebbe utilizzato, secondo il tribunale, due molotov per “conferire al suo gesto un particolare valore simbolico che non sarebbe stato raggiunto dalla esplosione di una sola”.

L’indagato avrebbe “programmato attentamente la sua azione criminosa alloggiando nei pressi del consolato gia qualche giorno prima dell’attentato”. Avrebbe lanciato le due molotov in pieno centro cittadino, di notte, in una zona aperta al traffico di pedoni e autovetture. Poi avrebbe “inviato ben tre diverse rivendicazioni per assicurarsi una diffusione delle stesse”. “E’ lo stesso Dani – aggiunge il gip – a spiegare nelle sue rivendicazioni che è intenzione sua e dei suoi sodali commettere altre 49 operazioni contro obiettivi sionisti in Italia e che l’attacco al consolato è stato solo un ‘avvertimento'”, indicando infine anche “una lista dei primi 50 obiettivi in Italia da colpire”. Ancora si rileva che l’indagato “è l’amministratore del canale Telegram ‘The Whole World is Hamas’ chiaramente inneggiante alla lotta armata”.

Da parte sua Dani Hakam Taleb Moh’d, ha ammesso nell’interrogatorio di aver lanciato le molotov  contro la sede diplomatica statunitense, spiegando di aver agito da solo, senza l’aiuto di complici. Il giovane – fermato sabato scorso con l’accusa di atti di terrorismo e porto delle due molotov, lanciate la notte tra il 31 gennaio e il 1 febbraio -, ha risposto alle domande del gip di Firenze Antonio Pezzuti stamani in occasione dell’udienza di convalida.

Firenze: minori costrette a prostituirsi, tre condannati e uno patteggia

Due pensionati toscani, di 71 anni e 66, sono stati condannati a Firenze dal giudice Antonio Pezzuti, con processo in rito abbreviato, rispettivamente a 6 anni e 2 mesi, e a 5 anni e 4 mesi – e un uomo albanese di 46 anni, a 1 anno e 4 mesi, per aver indotto ragazzine tra i 15 e i 17 anni a prostituirsi, in alcuni casi anche dopo averle drogate e fatte ubriacare.

Inoltre, secondo le indagini dei carabinieri, coordinate dalla procura distrettuale di Firenze, avrebbero anche adescato sui social decine di altre minorenni, persuadendole in cambio di denaro a inviare foto in pose hot divulgate poi in una chat condivisa da decine di persone. Il gup Pezzuti ha anche ratificato il patteggiamento per un altro imputato albanese, 28 anni, a 1 anno e con 1.000 euro di multa. Assolto un altro imputato, toscano di 66 anni. La procura contestava, a vario titolo, ai cinque, residenti
nella provincia di Lucca le accuse di violenza sessuale, induzione alla prostituzione minorile, produzione e detenzione di materiale pedopornografico.

I fatti sarebbero durati circa quattro anni: dal 2017, le vittime degli abusi, secondo quanto
ricostruito dagli inquirenti, sarebbero almeno tre. In un’occasione una delle minorenni sarebbe stata indotta da un indagato 70enne ad avere rapporti sessuali con lui e a
prostituirsi con clienti da lui procacciati. L’uomo avrebbe trattenuto per sé il 70% del denaro pagato dai clienti, consegnando alla ragazza la parte restante. In un altro caso una delle vittime sarebbe stata indotta ad acconsentire a un rapporto con la promessa di un lavoro da parte di un cliente, peraltro mai mantenuta. Sempre secondo le indagini il 70enne avrebbe convinto alcune minori contattate attraverso i social a inviargli video e immagini a carattere pedopornografico, che poi avrebbe a sua volta divulgato.

Valigie con resti: 8/1 udienza riesame, Elona incontra legali

Il tribunale del riesame di Firenze ha fissato per l’8 gennaio l’udienza per decidere sull’istanza di scarcerazione presentata dai difensori di Elona Kalesha, la 36enne albanese accusata del duplice omicidio e dell’occultamento nonchè del vilipendio dei cadaveri dei
genitori dell’ex fidanzato Taulant Pasho.

I coniugi albanesi  Shpetim e Tauta Pasho, sparirono  da Firenze nel novembre 2015. i loro resti sono stati ritrovati intorno a metà dicembre scorso in quattro valigie nel campo fra il carcere di Sollicciano e la superstrada Fi-Pi-Li. I difensori di Elona Kalesha, gli avvocati Federico Febbo e Antonio D’Orzi, hanno estratto copia del fascicolo in cancelleria e domani incontreranno nel carcere diSollicciano la loro assistita per un primo confronto sui documenti del procedimento.

Come già annunciato, è probabile che Elona Kalesha chieda alla procura di farsi interrogare, ma ciò, viene spiegato, potrà avvenire solo dopo che la sua difesa abbia conoscenza dei
risultati medico-legali e di polizia scientifica. In particolare, potrebbero essere decisive le tracce trovate dal Ris dei carabinieri nell’appartamento di via Felice Fontana a Firenze, dove potrebbe esser stato compiuto il duplice omicidio.

Tracce di cui deve essere stabilita la natura e l’appartenenza. In verifica anche l’eventuale presenza di tracce – impronte digitali ed eventuale Dna – sulle valigie, sul nylon che
avvolgeva i resti umani, nella stessa casa di via Fontana, forse anche nel garage di via del Pantano.

Nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dopo l’udienza di convalida del fermo della donna tenutasi la vigilia di Natale, il gip Angelo Antonio Pezzuti aveva rilevato come il fatto che la 36enne si fosse  avvalsa della facoltà di non rispondere avesse  pesato in quanto “non ha prospettato alcuna valida diversa ricostruzione degli accadimenti”.

Tra gli elementi indiziari a carico della donna elencati dal gip nel suo provvedimento il fatto che marito e moglie uccisi dormirono l’ultima notte prima della loro scomparsa, avvenuta
il 2 novembre 2015, in una casa ritenuta teatro del loro delitto, in via Fontana a Firenze affittata da Elona Kalesha, all’epoca fidanzata col figlio detenuto della coppia.

La donna lasciò poi frettolosamente la casa, tre giorni dopo, senza mai ritirare la caparra e una valigia con vestiti e altri effetti. C’è poi la testimonianza di alcuni vicini che all’epoca  avvertito un odore forte e sgradevole provenire dalla stessa casa e di aver visto poi una donna uscire dall’appartamento con buste che puzzavano come carne andata a male e che perdevano un liquido tipo sangue. Infine la circostanza che la 36enne nascose alle due figlie della coppia che i loro genitori avevano alloggiato in via Fontana e inducendo una delle due a mentire su dove avessero dormito la notte tra l’1 e il 2 novembre 2015.

Da capire il movente: i carabinieri, coordinati dal pm Ornella Galeotti, sono al lavoro per cercare di dare una risposta sul perché la donna avrebbe ucciso la coppia. Così come le indagini proseguono anche per individuare i presunti complici nell’omicidio, almeno due persone scrive sempre il gip che potrebbe aver aiutato la 36enne, insieme ad altri, anche a
sezionare e a disfarsi dei cadaveri di Shpetim e Teuta Pasho.

Quanto alla necessità di tenere in carcere la donna il gip scrive che “la pericolosità di Elona Kalesha emerge all’evidenza dalla peculiarità della condotta. Ella ha infatti ucciso, presumibilmente in concorso con altre persone”, marito e  moglie, ha “proceduto al sezionamento” dei loro cadaveri e al loro “trasporto fuori dall’abitazione”: un’azione le cui
modalità “denotano una particolare intensità del dolo e fanno ritenere sussistente il pericolo che la 36enne “possa nuovamente commettere reati della medesima natura”.

La donna poi “appare stabilmente inserita in un circuito criminale, ha relazioni strette con persone con un notevole calibro delinquenziale e presumibilmente si è avvalsa dell’operato di complici”. Le indagini proseguono per risalire anche a loro e per capire il movente del duplice omicidio.

Valigie con resti: donna arrestata non risponde al gip

Elona Kalesha, la 36enne arrestata con l’accusa di omicidio volontario, occultamento e vilipendio dei cadaveri dei coniugi Pasho si è avvalsa della facoltà di non rispondere al gip

La donna arrestata con l’accusa di omicidio volontario, occultamento e vilipendio dei cadaveri della coppia ritrovata nelle valigie con resti si è avvalsa della facoltà di non rispondere stamani all’udienza di convalida del fermo davanti al gip Angelo Antonio Pezzuti.

Il giudice si è riservato la decisione sulla misura. Spiega l’avvocato Federico Febbo, uno dei difensori della donna: “La nostra assistita avrebbe voluto farsi interrogare ma su nostro suggerimento si è avvalsa della facoltà di non rispondere e ci siamo riservati di fare interrogatorio a breve non appena avremo l’esito dei rilievi scientifici e medico legali”. L’udienza di convalida si è tenuta a distanza con Elona Kalesha collegata dal carcere di Sollicciano insieme ai suoi difensori.

L’inchiesta sta ricostruendo tutta la vicenda della misteriosa scomparsa della coppia albanese con il loro macabro ritrovamento nelle valigie con resti, dopo essere stati uccisi in circostanze ancora tutte da chiarire.

La scomparsa dei coniugi che facevano avanti e indietro tra l’Albania e l’Italia, fu denunciata ai carabinieri 5 anni fa, nel novembre del 2015, dalla figlia Dorina con la sorella Vittoria. I coniugi, tornati in Toscana da appena un mese, nell’ottobre 2015 avevano trovato una sistemazione a Scandicci (Firenze): un altro dei loro tre figli, Taulant, era infatti detenuto nel carcere fiorentino di Sollicciano e così pensavano di stargli vicino.

Il 2 novembre 2015 la figlia Dorina, che abitava a Castelfiorentino, dove risiede tuttora, ricevette una telefonata da un numero anonimo in cui la madre le diceva di non voler rispondere a nessuno. Da allora, nessuna notizia. Pochi mesi dopo, Dorina si rivolse anche alla trasmissione tv “Chi l’ha visto?” di Rai 3 per chiedere aiuto a ritrovare i genitori. Poi, l’arresto con l’accusa di omicidio, occultamento e vilipendio dei cadaveri dell’ex fidanzata di Taulant Pasho, 33 anni, il figlio della coppia che al momento della sparizione dei genitori, il 2 novembre 2015, uscì dal carcere fiorentino di Sollicciano.

 

Inchiesta SAS: resta in carcere funzionario arrestato

Resta in carcere Nicola Raimondo, il funzionario della Sas, la Società dei servizi alla strada, arrestato nell’ambito dell’inchiesta contro i parcheggiatori abusivi a Firenze. Rigettata  la richiesta di attenuazione della misura della custodia cautelare in carcere anche per Vittorio Sergi ausiliario della sosta arrestato nell’ambito dell’inchiesta.

Stamane il gip di Firenze Angelo Antonio Pezzuti ha infatti rigettato  la richiesta di attenuazione della misura di custodia cautelare che era stata avanzata da legali di Raimondo il 16 gennaio scorso, al termine dell’interrogatorio di garanzia svoltosi nel carcere fiorentino di Sollicciano.

Raimondo, assistito dagli avvocati Annamaria Gallo e Francesco Stefani, aveva risposto per due ore alle domande del gip, dichiarando tra l’altro di aver inviato in passato sia al cda sia al direttore generale della Sas delle mail in cui segnalava i presunti rapporti illeciti tra i parcheggiatori abusivi e Vittorio Sergi, ausiliario della sosta anche lui finito agli arresti.

Secondo il gip,  nell’interrogatorio Raimondo, accusato di abuso d’ufficio, truffa aggravata e corruzione elettorale, avrebbe affermato di aver agito in modo legittimo, negando ogni responsabilità. Le sue affermazioni, secondo Pezzuti,  sarebbero però “in palese contrasto”,  con le indagini. Inoltre si sarebbe contraddetto in più occasioni e in alcuni casi si è “limitato a dichiarare di non ricordare gli avvenimenti”. Per questo motivo, non avendo mostrato alcun segno di ravvedimento, il giudice si è detto “sicuro” che il funzionario della Sas, se sottoposto agli arresti domiciliari o a una misura non detentiva, avrebbe ripreso la sua “attività criminosa”.

Inoltre, sempre secondo il  gip solo il perdurare della custodia in carcere può far venire meno “l’immagine personale e professionale” di Raimondo che può aver indotto i suoi contatti a chiedergli favori. Un’attenuazione delle misura, sostiene sempre il giudice, avrebbe indotto inoltre in Raimondo la convinzione di poter evitare la sanzione. I legali di Raimondo, avvocati Annamaria Gallo e Francesco Stefani, hanno annunciato che domani presenteranno ricorso al tribunale del riesame contro la decisione del gip.
Sempre il gip Angelo Pezzuti ha rigettato la richiesta di attenuazione della misura della custodia cautelare in carcere per Vittorio Sergi, ausiliario della sosta arrestato nell’ambito dell’inchiesta, coordinata dal pm Paolo Barlucchi.

Morte Astori: prof.Galanti sarà processato con Rito Abbreviato

Galanti, difeso dall’avvocato Sigfrido Fenyes, era direttore sanitario di Medicina dello sport dell’Azienda ospedaliero universitaria di Careggi (Firenze).

Sarà giudicato con un processo in rito abbreviato il professor Giorgio Galanti, imputato di omicidio colposo per la morte del capitano della Fiorentina Davide Astori. Galanti, difeso dall’avvocato Sigfrido Fenyes, era direttore sanitario di Medicina dello sport dell’Azienda ospedaliero universitaria di Careggi (Firenze). Il gup Angelo Antonio Pezzuti ha deciso di disporre un’altra perizia, nominando lui stesso dei tecnici, dopo le consulenze di parte presentate dalla procura, dalla difesa di Galanti e dai familiari di Astori, i quali si sono costituiti parti civili. L’udienza per il conferimento dell’incarico ai periti è fissata per il 17 febbraio prossimo.
Secondo quanto appreso, il gup Angelo Pezzuti affiderà l’incarico a due consulenti, un cardiologo e un medico legale, entrambi di Torino. In base alla perizia dei consulenti tecnici nominati dalla procura, se Astori fosse stato sottoposto a esami più approfonditi, come avrebbero suggerito aritmie rilevate in controlli di routine, sarebbe stato possibile salvargli la vita. In particolare, la procura contesterebbe a Galanti il rilascio di due diversi certificati di idoneità, a luglio 2016 e a luglio 2017: documenti che sarebbero stati emessi anche se nelle prove da sforzo erano state rilevate delle aritmie.
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