C’è un dato significativo e controcorrente nella parabola negativa che a livello nazionale sta segnando l’affluenza alle urne degli italiani per i cinque referendum abrogativi su lavoro e cittadinanza, e arriva dalla Toscana. Alle 23 di ieri sera la nostra Regione è risultata quella con la più alta partecipazione, sfiorando da sola il 30%, un risultato misurato sulle oltre 3900 sezioni aperte e alle quali, ricordiamo, si potrà accedere fino alle 15 di oggi.
Seppure trattasi di magra consolazione, visto l’andamento generale che difficilmente, salvo smentite dell’ultim’ora, raggiungerà il quorum necessario, ossia il 50%+1 degli aventi diritto, la Toscana mostra di aver preso in seria considerazione le questioni poste su iniziativa della CGIL e da +Europa, oltre che da altri partiti con Rifondazione Comunista, PSI, Possibile e Radicali. In Toscana “il segnale è quello di una grande attenzione ai temi del lavoro e dell’integrazione”, è la “regione con più partecipazione e questo per me è un motivo di grande soddisfazione”. Così il governatore Eugenio Giani che prosegue: “a livello nazionale andranno fatte le riflessioni del caso, sviluppando questi temi, al di là del referendum, sul piano dell’azione parlamentare. Io – sottolinea il presidente della Toscana – sono convinto che le questioni poste, il fatto che vi sia maggiore sicurezza, che si dia una bella botta a quelle misure del lavoro precario, insicuro e sottopagato, richiedono in Parlamento un’azione forte”. “E il fronte progressista – conclude – saprà andare in questa direzione”.
A livello provinciale, Firenze sfiora il 36 %, al secondo posto Siena con il 31,17%, quindi Livorno con il 30,94%, Pisa subito dietro con un lievissimo scarto, 30,84%, e a seguire Prato con il 29%. Grosseto è l’unica a portare meno cittadini al voto, sono il 23%.
Secondo il Ministero dell’Interno, sarebbe minimo lo scarto dei votanti tra i 5 quesiti referendari: hanno votato per il primo sul lavoro, quello per il reintegro dei licenziamenti illegittimi, il 22,4%. Al secondo, quello su licenziamenti e limite indennità, il 22,37%. Al terzo, quello per la tutela dei contratti a termine, il 22,40%. Al quarto, quello per la responsabilità degli infortuni sul lavoro, il 22,36%. Al quinto, quello sulla cittadinanza il 22,24%.
È ancora presto per tirare le somme definitive, ma c’è chi, al Governo, si prepara già a studiare eventuali correttivi allo strumento referendario, istituto giuridico di democrazia diretta, dunque una pronuncia popolare su atti normativi. Spiega Paolo Emilio Russo, capogruppo di FI in commissione Affari costituzionali alla Camera, dalle pagine di Repubblica, che «si potrebbe aumentare il numero delle firme chieste online e immaginare una scrematura preventiva dei quesiti sottoposti agli elettori sulla piattaforma». Si parla di arrivare a toccare il tetto del milione di persone.