“Testa di giovane”, di Giacomo Manzù

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    “L’arte alla radio, con il direttore del Museo Novecento Sergio Risaliti. Testa di giovane”, di Giacomo Manzù (gesso colorato, 1932-1933)

    Dopo la fase più sperimentale di cubismo, futurismo e astrazione con il primo conflitto mondiale in Italia si avvertono sintomi di reazione. Si tratta di una critica revisione di quelle spinte che sembravano eliminare ogni presupposto storico, ogni possibilità di rapporto non accademico, con il passato. Emerge il desiderio di una restaurazione all’insegna della disciplina, nell’ambito di regole formali ritenute eterne ma variabili, un’aspirazione a riallacciare i rapporti con l’arte rinascimentale o primitiva medievale, traducendone, in un linguaggio però moderno, i fondamentali valori figurativi che sono quelli della tradizione toscana, da Giotto a Masaccio. Certi artisti poi, a partire dagli anni venti, guardano con insistenza al mondo più arcaico degli etruschi anche per sfuggire alla esaltazione ideologica della retorica figurativa e simbolica classica e romana utile alla propaganda del nuovo regime fascista. Al Museo Novecento si possono rintracciare molte di queste situazioni; due notevoli esempi sono Massimo Campigli e Giacomo Manzù, esposti nelle vicinanze non casuali di Arturo Martini, capostipite e faro per tutti gli scultori di quel tempo.

     

    Nato in una famiglia povera e di solida fede cristiana, Manzù si avvicina all’arte praticando fin da bambino nelle botteghe d’intagliatori e stuccatori per poi frequentare l’Accademia di Verona.  Raggiunta per un breve periodo Parigi, Manzù si trasferisce nel 1930 a Milano, dove entra in contatto con Melotti, Fontana e Carrà. La sua carriera ha una svolta e l’artista conosce un discreto successo che culminerà nel 1938 con la sala personale alla Biennale di Venezia.  Nutrito di una sincera fede religiosa e di spirito antifascista, si avvicinerà assieme a Sassu e Birolli al gruppo di Corrente. Dal 1940 sarà professore di scultura all’Accademia di Brera .

     

    Di Giaocmo Manzù si conservano al Museo Novecento due belle teste. Una di questa è il Ritratto di un giovane ragazzo (1932-1933), una piccola scultura in gesso dipinto, che potrebbe stare nel pugno di una mano. La testa è tagliata sotto il collo, sembra che quel manufatto sia stato riesumato da uno scavo. Il giovane ci guarda con animo sincero, gentile ma fiero. E’ di una bellezza arcaica. Per certi versi ricorda la tipologia dei ritratti del Fayum, figure misteriose nate in epoca antica per celebrare il ricordo dei morti.  Questo volto di ragazzo esprime una moralità onesta e temprata. Tra le sculture esposte al Museo è forse quella che più affascina i visitatori, per la naturale semplicità di mezzi con cui l’artista è riuscito a dare vita immortale all’idea di giovinezza, e soprattutto allo spirito che anima quel volto, modellato in pochissimo materiale. Il grande valore di quest’opera sta proprio nell’immediatezza con cui Manzù è riuscito a trasferire nella docile materia del gesso l’idea o l’ispirazione immediata assieme a sentimenti e sensazioni depositate nella memoria. Con delicatezza ma sapienza di abile modellatore ha poi aggiunto al volume e ai lineamenti una patina di colore che ricorda direttamente l’arte etrusca e di converso la prima arte donatelliana. Con sottili incisioni ha tratteggiato sopraciglia e le linee degli occhi, ha leggermente scavato le narici e definito il taglio delle labbra. Anche la capigliatura, i ciuffi spartiti con sprezzatura sulla fronte libera e ampia risentono della lezione espressiva arcaicizzante di Donatello. Tuttavia fonte d’ispirazione moderna è senza dubbio Picasso, le immagini limpide, serene, e colme di umanità e sensibilità che il grande artista aveva iniziato a produrre dopo gli anni venti. Passando davanti a quella piccola Testa di giovane ragazzo tante volte mi sono sentito osservato; guardo quel volto e sento che quel ragazzo ha molto da dire sulla vita, sulle speranze e sul dolore che forse l’ha attraversato. E penso alla mia giovinezza e a quella dei giovani di oggi.

     

    Copyright Sergio Risaliti
    Immagine: Museo Novecento, Raccolta Alberto Della Ragione. Fototeca dei Musei Civici Fiorentini.
    Montaggio video: Antonella Nicola