Che cosa e’ successo? Sorvegliare e punire: l’insostenibile situazione del carcere fiorentino di Sollicciano – 17 febbraio 2024

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    Cosa è successo
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    Che cosa e' successo? Sorvegliare e punire: l'insostenibile situazione del carcere fiorentino di Sollicciano - 17 febbraio 2024
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    COSA È SUCCESSO? Storie e voci per capire quello che accade. di Raffaele Palumbo.UN PODCAST DI CONTRORADIO. Il Podcast di Controradio “Cosa è successo?” è ascoltabile il sabato alle 13:15, in replica la domenica alle 17:10 sulle frequenze di Controradio (93.6, 98.9, DAB+), in streaming su controradio.it, sulla app CONTRORADIO e su SPOTIFY. In questa puntata: Sorvegliare e punire: l’insostenibile situazione del carcere fiorentino di Sollicciano

    La trascrizione automatica dell’audio:

    Ammazza, io ho fatto lì tre anni e mezzo, ho visto brutte cose, tipo gente che si uccide, sono uno di loro, io mi sono dato poco proprio lì quando ero in casa.

    [Speaker 1]
    E’ la negazione del diritto e di umanità. Allora perché esiste Sollicciano? Cosa è successo?

    Storie e voci per capire quello che accade. Sono Raffaele Palumbo e questo è Cosa è successo, il podcast di Controllo Radio per questo numero dedicato alla situazione del carcere in Fiorentino di Sollicciano. Una situazione drammatica da molti punti di vista, una situazione subita con enorme gravità dai detenuti, ma anche dal tutto il personale, dalla dirigenza in giù che lavora in un posto che è diventato una specie di inferno.

    Definito uno dei peggiori carceri d’Italia, il carcere di Sollicciano è sovraffollato, è fatiscente, è pieno di tossicodipendenti e si va a sommare ad altre situazioni regionali, dalla Dogaia di Prato, alla Resrugere di Livorno, fino al Don Bosco di Pisa, dove le questioni rimangono ancora tutte molto aperte e sempre al limite del baratro. La prima voce che vi facciamo ascoltare è una testimonianza diretta, quella di un ex detenuto che ci ha raccontato una piccola parte della sua storia. Come sei stato a Sollicciano?

    [Speaker 2]
    Io? Merda, perché è un casino lì a Sollicciano, non c’è proprio niente di niente, sei proprio abbandonato lì, fai quello che vuoi. Tre in cella, eravamo tre in cella, a cella non ci sono nemmeno tre o quattro metri quadrati, è un casino.

    Ammazza, io ho fatto lì tre anni e mezzo, con tre anni e mezzo ho visto brutte cose, tipo gente che si uccide, sono uno di loro, mi sono dato poco proprio lì quando ero in casa, mi sono dato poco e dopo tre mesi di terapia intensiva ho scenduto fuori e ho scoperto che la mia famiglia non sapeva proprio un cavolo di quello che è successo, portavo ancora i danni permanenti per tutto il corpo, quindi grazie a Dio sono rimasto vivo, ma fino ad oggi nessuno sa niente, parlavo con il comandante, dimmi perché, allora lui mi dice se vuoi denunciare, il cacere non c’è entrato niente, è colpa dell’amministrazione, quindi lui sa tutto.

    [Speaker 1]
    Ma sa tutto di che cosa?

    [Speaker 2]
    Di quello che mi è successo, di quello che mi succedeva dentro il cacere. Ma che succedeva? Ma tanto, tanto, tanto, tante cose.

    Del tipo? Del tipo che dò tutto, basta che resti zitto, ho capito? Che dò tutto, tutto quello che hanno fuori io te lo porto dentro, te lo do dentro, ma tu stai zitto, non devi parlare, basta.

    Ma parli di violenze? Oh, hai ragione, con me hanno usato proprio il laser, per lì sono proprio un cazzato, mi sono dato fuoco il giorno dopo, mai visto una roba del genere. È proprio l’ospedrice che comandava quel giorno è stata arrestata, ma non per me ma per un mio amico, è stata arrestata adesso, sta facendo 14 anni, però sul mio caso hanno tenuto tutto coperto, niente è uscito fuori fino adesso.

    Che parlo del 2020, eh? 2020, 21, 22, 23, 23 mi hanno trasferito fuori regione proprio, fuori Toscana, mi hanno buttato a Lombardia, in un cacere a Cremona, dove mi hanno buttato prima ai UBM, stavite? Qualcosa mi intorna, ma non una, ma tante cose mi intorna.

    [Speaker 1]
    Che vita facevate lì? Quali erano le problematiche più gravi?

    [Speaker 2]
    Più gravi? Che pioveva dentro, mentre ero lavorando, la pioggia pioveva proprio dentro la cella, questo è uno dei piccoli problemi, perché ogni giorno ti tocca proprio lavare la cella, portare i secchi alla toaletta, iniziare a… capito?

    [Speaker 1]
    Quindi è una situazione molto grave, molto pesante, però come dire, come arriva una persona a darsi fuoco? Cioè deve aver sofferto tanto?

    [Speaker 2]
    Tantissimo, sì, ma me la facevano apposta proprio, è così, casso che è così. Youssef, tu adesso come stai? Male.

    Perché stai male? Perché fino ad oggi, non so chi ha capito, nessuno ha pagato, io ho pagato, ho pagato sette, sette anni grandi però, quindi per la giustizia così funziona, ma non deve funzionare solamente a loro favore, capito? Queste cose che stai dicendo sono cose importanti, molto…

    Tutti i miei cartelli, tutto quello che ho scritto, tutto quello che mi hanno dato, sta a Bergamo dalla mia sorella, ho fatto uscire proprio tutto un zaino di roba, perché si tratta soltanto di mio caso e di quello che è successo.

    [Speaker 1]
    Un piccolo spaccato, inedito peraltro, che racconta di che cosa accadeva e forse accade ancora a Solliciano. Ma che cosa ne pensa il vicario della pastorale per i detenuti ed ex cappellano di Solliciano, Vincenzo Russo? Ascoltiamolo.

    A Solliciano c’è tanta povertà, una povertà che è ammassata e schiacciata dentro quelle fredde mura, una povertà che macera, una povertà che appesantisce, che scava nel profondo, una povertà che taglia, che logora e pone un pesante fardello che non permette di vedere lontano. Nel carcere fiorentino c’è un intreccio fitto e denso di storie tragiche, di provenienze diverse, l’incontro e lo scontro di vissuti difficili da sopportare e tutto questo avviene in un non luogo, isolato dal resto della città. Qui si sono strutturate condizioni e situazioni che aggiungono dolore e privazione a questo grande ammasso di povertà, dove il sudore della pelle diventa terreno per cimici e parassiti, il corpo stanco e avvilito si poggia su materassi logori, dentro delle celle che sono squallide, che hanno pareti macchiate e rovinate, piene di muffe e di umidità.

    In carcere non ci sono abbastanza finestre per sperare in una futura libertà, si soffoca in una solitudine in cui si viene improvvisamente buttati, gettati, senza troppe spiegazioni, si vive nella paura del presente e del futuro, si vive nella sfiducia in un domani impossibile, si vive una lunga agonia, piena di sofferenza, vera e concreta, è un luogo dove si piange senza ascolto, si fa fatica a sentirsi persone e allora detto questo ci domandiamo quale dignità nel trattamento che si riceve? Il punto di vista estremamente interessante è quello che stiamo per sentire e che riguarda una mediatrice e la vicepresidente dell’associazione di volontariato penitenziario Pantagruel.

    [Speaker 3]
    Io mi chiamo Fatima Benici, sono vicepresidente dell’associazione Pantagruel che si occupa di diritti dei senuti. Riguarda Sollicciano vorrei dire che è diventato una discarica sociale, come la chiamo io, perché la maggior parte dei senuti sono ragazzi giovani, tossicodipendenti oppure con problemi psichiatrici e senza una fissa dimora e senza permesso di soggiorno. Quasi tutti sono irregolari.

    La cosa triste è anche che all’interno di Sollicciano purtroppo non possano avere un percorso anche per esempio di comunità non avendo il permesso di soggiorno, per cui entrano tossici e escano tossici, poi rientrano un’altra volta in carcere perché non hanno una via di uscita. All’interno ci sono tante cose che non funzionano, come l’igiene, ci sono stati tantissimi cimici, quanto piove si allaga tutto e la mia esperienza sul Sollicciano è diventata anche un po’ triste perché comunque avendo le mani legate, più di fare colloqui con loro, magari cercare di dargli una parola di conforto e un sorriso purtroppo non possiamo fare altro, anche perché la società purtroppo non interessa il carcere, infatti per questo il carcere è veramente in fondo fuori città e questo anche per tenere lontano anche le persone di capire il carcere e la sua situazione, ecco questa è la mia sensazione e la mia esperienza all’interno di carcere.

    [Speaker 1]
    Il carcere è il tema dell’esclusione, il tema della rimozione, il tema come carcere luogo che non esiste, il carcere è dimenticato, i carcerati che vivono con la consapevolezza della colpa e di essere dimenticati, sentiamo ancora la testimonianza di Vincenzo Russo. A chi importa sinceramente di quello che accade nella vita di un detenuto e dobbiamo dire anche che i detenuti percepiscono tutto questo, i detenuti sentono la condanna del mondo esterno, ma questo lo possiamo capire soltanto se entriamo nel carcere, diciamo che solo entrando in carcere si ha coscienza di quello che lì dentro accade, solo entrando in carcere conosciamo storie di malattie e sofferenze mentali destinate a non avere cura, solo entrando in carcere ci rendiamo conto del numero elevato di schiavi della tossicodipendenza che è una dipendenza che continua ad alimentarsi attraverso lo spaccio che avviene all’interno delle sezioni, una dipendenza che viene poi da lontano, che nasce nei contesti della città degradati, nei contesti abbandonati che segnano fortemente la vita dei ragazzi, spesso si sente dire chiudete lì dentro e gettate la chiave che è un’affermazione molto forte, piena e ricca di insensibilità e di indifferenza, non importa poi quello che accade all’interno, non importa se dentro le mura la vita è disumana e questo ce lo dicono, ce lo raccontano i tanti suicidi e i tantissimi episodi di autolesionismo che parlano da soli, ci dicono che lì dentro non c’è umanità, per essere ancora più forti ci dicono che lo Stato è assente, ci dicono che ha fallito, ci parlano di una città intorno che è distratta, che è disinteressata, possiamo dire anche che è essa stessa carcera a cielo aperto.

    Entrare a Sollicciano è una vera condanna, non per una vita da riscattare, ma per una vita da affossare, diciamo che se questa è l’idea di pena, allora possiamo dire che Sollicciano è il miglior istituto o uno dei migliori istituti, se questa come invece sappiamo è la negazione del diritto e di umanità, allora perché esiste Sollicciano? Qualcosa però sta accadendo, la situazione di invivibilità, il deficit strutturale, la carenza di personale ha portato qualche tempo fa il giudice di sorveglianza a concedere lo sconto di pena di oltre 300 giorni ad un detenuto come risarcimento delle condizioni inumane e degradanti. Naturalmente queste condizioni inumane e degradanti sono state riconosciute anche da altri detenuti e dalla stessa amministrazione penitenziaria che non ha opposto ricorso alle ordinanze di sconto di pena.

    Entra qui in ballo la vicenda dell’altro diritto, associazione che si occupa di queste storie e con Emilio Santoro ci racconta di come è stata avviata una ricognizione collettiva tra i detenuti, si parla di due o trecento reclusi, per cercare di presentare una mole di ricorsi individuali per fare massa critica, non più solo per ottenere uno sconto ma per puntare ad un obiettivo molto più alto, ovvero il riconoscimento di reato di torture e quindi di un’ordinanza che imponga il trasferimento dei detenuti dal carcere. Ma a questo proposito sentiamo proprio il professore Emilio Santoro dell’associazione dell’altro diritto.

    Allora vediamo di chiarire cosa sta facendo l’altro diritto a Solliciano riguardo a queste notizie che sono uscite sui duecento ricorsi dei detenuti che si trovano nella sezione del penale. Quello che è successo è stato che prima di Natale il magistrato di sorveglianza ha depositato sette ordinanze in cui si dice che i detenuti del penale, quelli che avevano fatto ricorso, avevano trascorso la loro detenzione in condizioni inumane e degradanti, cioè in violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che è uno degli articoli considerati a fondamento della civiltà occidentale, che uno Stato non può mai sospendere, cioè il diritto ad essere trattato in maniera decente e umana durante la detenzione.

    Se voi vedete gli articoli usciti sui giornali relativamente alle condizioni di quei detenuti che sono accertati nell’ordinanza del magistrato, vedrete che sono simili ai titoli degli articoli usciti sui giornali sulle condizioni di detenzione dell’area Salis, cioè si parla di celle in cui ci sono cimici, topi, umidità, muffa sul muro, quindi una condizione inumana e degradante. La cosa che ha fatto più scalpore è che quello che il magistrato accerta è che queste condizioni inumane e degradanti non si sono realizzate in brevi periodi, ma per periodi molto lunghi. Per uno dei detenuti si dice addirittura che sono cominciate nel 2014 e sono ancora, tuttora, o lo erano fino alla fine del 2023, appunto a Natale del 2023, quando è stato fatto l’accertamento.

    Questo vuol dire che a Solliciano ci sono tutti i detenuti che stanno nella sezione penale, quella che ospita i detenuti con condanna definitiva, in condizioni inumane e degradanti. Quello che stiamo facendo è andare da detenuto per detenuto, perché i ricorsi sono assolutamente individuali, a tutela di un diritto individuale, personale, fondamentale. Stiamo andando a dire ai detenuti che siano consapevoli che stanno in queste condizioni, che sono condizioni ufficialmente accettate, tra l’altro non contestate dall’amministrazione penitenziaria, che avrebbe potuto proporre il reclamo contro l’ordinanza del magistrato di sorveglianza e non l’ha fatto.

    Del resto, l’ordinanza del magistrato di sorveglianza era basata su accettamenti personali e sulle relazioni dell’ASL che anno per anno fa sulle condizioni di Solliciano. Questi reclami che stiamo proponendo di fare ai detenuti non riguardano la riduzione della pena, perché il reclamo per la riduzione della pena, quello che hanno fatto i detenuti sul cui reclamo il magistrato di sorveglianza si è pronunciato, era un reclamo per la riduzione della pena. Ma quello che stiamo proponendo di fare ora ai detenuti è semplicemente un reclamo che chieda al magistrato di sorveglianza di far cessare immediatamente la loro condizione di detenzione inumana e degradante.

    Sono due istituti diversi, previsti da due articoli diversi dell’ordinamento penitenziario. Una volta cessata la condizione di detenzione inumana e degradante, cosa che ci sembra fondamentale per la civiltà giuridica italiana, direi per la civiltà tucure italiana, poi i detenuti se vorranno, e gli potremmo dare una mano, faranno anche i reclami per avere la riduzione di pena per il periodo trascorso in condizioni inumane e degradanti. Ma la priorità ad oggi ci sembra assolutamente quella di stabilire con forza che chi si trova in condizioni inumane e degradanti deve immediatamente vedere cessata questa condizione.

    Questa trasmissione è dedicata a lui.

    [Speaker 3]
    Ha sempre avuto un sorriso per tutti, nonostante in un posto così triste e buio, riusceva a dare una parola di conforto a tutti. È una persona che rimarrà nel cuore per tanto anche ai detenuti che spesso lo chiamavano Dio Beppe.

    [Speaker 1]
    Grazie a tutti.