Il tribunale di Prato ha assolto “per non aver commesso il fatto” Mario Cusimano, tecnico manutentore imputato per la morte di Luana D’Orazio, la giovane operaia tessile di 22 anni e madre di un bambino, che ora ha dieci anni, rimasta uccisa il 3 maggio 2021 rimanendo incastrata in un macchinario, un orditoio, nell’azienda di Montemurlo dove lavorava.
Lo ha deciso il giudice Jacopo Santinelli al termine del processo di primo grado, rito ordinario. Per la tragica morte di Luana a suo tempo erano stati indagati per omicidio colposo e rimozione dolosa delle cautele antinfortunistiche, cioè le protezioni, i due titolari dell’azienda, Daniele Faggi e Luana Coppini, che avevano poi patteggiato rispettivamente 1 anno 6 mesi, e 2 anni.
Anche Cusimano, manutentore esterno dell’azienda in cui è morta Luana D’Orazio, era accusato di omicidio colposo e di rimozione dolosa delle cautele antinfortunistiche. Il pubblico ministero Vincenzo Nitti aveva chiesto per lui una condanna a 2 anni e otto mesi.
Iil giudice ha invece accolto integralmente la linea difensiva di Cusimano, secondo cui il tecnico non ebbe alcun ruolo nella manomissione dei dispositivi di sicurezza, ossia le protezioni che avrebbero dovuto impedire che un operaio, nei movimenti per la sua mansione, si ritrovasse agganciato e tirato dentro la macchina tessile.
Per stabilire come Luana D’Orazio fosse stata inghiottita dall’orditoio, allorché rimase privo delle protezioni, ci sono state perizia, relazioni tecniche e consulenze intorno a un incidente probatorio. Secondo l’accusa, Luana rimase incastrata mentre il macchinario procedeva a ritmi veloci, intensi, per assecondare i ritmi della produzione richiesta dall’azienda. Contesto a cui sarebbe stata funzionale la manomissione colposa dei dispositivi di sicurezza, una saracinesca, tale da causare l’incidente. Il manutentore di cui si avvaleva la ditta finì indagato ma la difesa ha dimostrato che, per il tipo di compito che aveva, era estraneo alle fasi della produzione e dell’utilizzo del macchinario.


