Mar 30 Apr 2024

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‘Mio figlio non è un terrorista”

“Ha sbagliato gravemente  ma mio figlio  non è un terrorista’ : lo dichiara Hakam Taleb, padre del 21enne fermato per le molotov contro il consolato Usa di Firenze in interviste ai giornali La Nazione, La Repubblica, Il Tirreno

“Evidentemente mio figlio è stato sopraffatto dalla sofferenza, sembra che abbia voluto accollarsi una parte di quel dolore” “ma non c’è spazio per la violenza nella nostra visione del mondo: mio figlio ha sbagliato gravemente ma non è un terrorista”. Così il padre del 21enne fermato per le molotov contro il consolato Usa di Firenze in interviste ai giornali La Nazione, La Repubblica, Il Tirreno, Hakam Taleb.

“Mi tormento al pensiero di non aver capito quello che gli passava per la testa, quello che stava pensando e di non averlo fermato in tempo” dice l’uomo, a 40 anni in Italia, in passato  anche presidente della comunità palestinese nel capoluogo toscano. E aggiunge “io e mia moglie siamo nati in Cisgiordania, in casa parliamo di guerra, ma mio figlio non deve essere marchiato a vita”.

Sui sospetti di rapporti del figlio con Hamas, il padre aggiunge: “Prego che si sbaglino, da quanto ne so non ha mai avuto quel tipo di rapporti o frequentazioni. Lavora tutta la notte in albergo, ha poco tempo libero. Forse ha visto troppa televisione ed è stato troppo su Internet”.

“E’ poco più di un bambino, ma non un delinquente – prosegue – Se davvero è stato lui ha fatto una grandissima stupidata, sono certo che non si è reso conto fino in fondo delle sue azioni. In questo dolore l’unico pensiero che ci consola è che non ha fatto del male a nessuno”. Il figlio Dani Mohamed Taleb è l’unico con un lavoro fisso nella famiglia. Il padre è stagionale come interprete in un hotel. Ci sono tre fratelli che studiano, anche a loro sono stati sequestrati telefonini e pc.

“Dani mi ha detto ‘Mamma, scusa’”, aggiunge la madre del fermato sottolineando che “Dani è buono, è bravo, parla cinque lingue, è lui che porta l’allegria in casa”. “Non mi ero accorta di niente – continua la donna nella casa di Dicomano -. Si parla della guerra. Mio figlio guarda la televisione e piange. Penso che volesse fare qualcosa contro tutto questo”.

“Chiediamo compassione – aggiunge – per la mia famiglia è stata una cosa devastante, arrivata senza avvisaglie. Dani non farebbe del male a una mosca. Mi consola che non ha nemmeno sfiorato una persona” mentre la figlia di 11 anni e l’altro figlio  che sta finendo il liceo “hanno detto ‘Mamma, non andiamo più a scuola, cosa diciamo ai nostri compagni di scuola?'”.

“La cosa non è da lui, non me ne capacito. Io mi sono fatto questa idea, che lui abbia voluto fare una dimostrazione. Ha sbagliato, certo. Ma mi consola il fatto che non si è fatto male nessuno – ha anche detto il padre di Dani Taleb in una intervista al Corriere Fiorentino on line -. Ma non so come sono andate le cose. Appena potrò parlarci gli dirò che dica tutto sinceramente agli inquirenti. Poi quando tornerà a casa avremo modo di parlare”.

Per il padre, il figlio è integrato “alla perfezione. E’ ben inserito. Lui davvero è lavoro e casa. Lui lavora in un hotel e fa il turno di notte: alle 23 entra ed esce alle 7. Si muove in treno perché ancora non ha l’auto: si era iscritto a una scuola guida per prendere la patente. In casa parla solo del lavoro”. Nelle ore del lancio delle molotov verso il consolato Usa era “in ferie: ha sette giorni di tempo libero. Mi ha detto che sarebbe andato a un dibattito pubblico al teatro Puccini. Era andato a Firenze in treno e mi ha spiegato che sarebbe tornato quando avrebbe trovato un mezzo pubblico”. “Noi crediamo nella pace – ha aggiunto il genitore – Anche a livello istituzionale io ho sempre portato avanti questo messaggio: ho fatto da interprete per la Regione quando c’era Vannino Chiti, l’ho fatto anche quando è venuto Arafat per ritirare il Pegaso d’oro. Sono stato diverse volte in delegazione al Tempo ebraico di Firenze”

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