
Stupri, rivolte, telefoni clandestini e perfino video su TikTok direttamente dalle celle. È il ritratto drammatico del carcere “La Dogaia” di Prato, al centro di un’inchiesta della Procura che continua a far emergere dettagli inquietanti.
Un detenuto dell’Alta Sicurezza che pubblica su TikTok le foto della sua cella. Altri che, con la complicità di agenti corrotti o sfruttando i permessi premio, gestiscono telefoni, router e comunicazioni con l’esterno. È solo l’ultimo dettaglio di un quadro devastante che riguarda il carcere della Dogaia, a Prato. Nelle ultime settimane la procura ha scoperto altri dispositivi illegali attivi, anche dopo la maxi perquisizione del 28 giugno scorso: in totale sono stati sequestrati 41 telefoni, schede sim, router. E c’è di più: i detenuti, secondo gli inquirenti, si muovono con libertà allarmante e godono della complicità di alcuni agenti penitenziari. Ma le tecnologie sono solo una parte del problema. Il carcere è stato teatro di due rivolte in un mese: l’ultima il 5 luglio, con detenuti barricati nella sezione media sicurezza, armati di spranghe e brande usate come arieti. “O noi o voi”, avrebbero gridato agli agenti. È stato necessario l’intervento degli antisommossa. Ma forse il dato più inquietante riguarda i casi di violenza tra detenuti, in particolare due episodi che la Procura definisce “agghiaccianti”. Il primo risale al settembre 2023: un 32enne brasiliano è accusato di aver violentato ripetutamente il compagno di cella pachistano minacciandolo con un rasoio. L’uomo è ora indagato per violenza sessuale aggravata. Il secondo caso, avvenuto tra il 12 e il 14 gennaio 2020, riguarda due detenuti – di 36 e 47 anni – che avrebbero torturato e stuprato per giorni un compagno tossicodipendente e omosessuale alla sua prima esperienza carceraria. Secondo le indagini, la vittima è stata brutalizzata con mazze, pentole bollenti, pugni e colpi alla testa, costretta a subire rapporti sessuali ripetuti e a vivere in un regime di terrore continuo. Le lesioni riportate si sono accompagnate a gravi traumi psicologici, con conseguenze perdurate per mesi. I due aguzzini sono stati rinviati a giudizio e il processo è in corso. “La situazione è fuori controllo”, denuncia il procuratore Tescaroli. Ma promette: “Lo Stato risponderà con fermezza”. Intanto, nuove perquisizioni sono già in corso.