Ven 19 Apr 2024

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Immigrazione: quel ‘con’ che fa la differenza

L’alternativa alla disumanizzazione proposta dal modello Salviniano? Ripartire dalla visione ‘in concreto’ dei fenomeni migratori, e fare  dalla ‘periferie’ la più grande ‘opera pubblica’ dei prossimi anni. Anche per riprendersi l’ ‘egemonia culturale’

Sappiamo che i numeri dell’immigrazione in assoluto sono tranquillamente gestibili. Sappiamo anche che, in assoluto, non c’è alcuna invasione: chi ne parla è ridicolo! E sappiamo che esiste il dovere etico, e giuridico, dell’accoglienza. Sappiamo anche che se non si ripristinano corridoi di immigrazione legale la politica migratoria nel nostro paese continueranno a farla, in gran parte, gli scafisti, di là dalle coste, e i profittatori o gli sfruttatori da questa parte del Mediterraneo. E dunque sappiamo che a maggiore chiusura corrisponde maggiore criminalizzazione e criminalità. Sappiamo anche che lo slogan ‘aiutarli a casa loro’, se non fosse vuoto di proposte e quindi un comodo alibi per politiche muscolari, sarebbe sinonimo di investimenti in cooperazione decentrata e in democrazia.

Tutto questo lo sappiamo. Tuttavia l’immigrazione ‘in astratto’ non esiste. E dunque, in concreto, dobbiamo aggiungere che i fenomeni migratori vanno ad incidere economicamente, socialmente e finanche ‘fisicamente’, solo su una parte della cittadinanza italiana, che è quella popolare, ovvero quella già di per sè più esposta alla crisi ed ai mutamenti innescati dalla globalizzazione.

Questo perché i quartieri dove vanno a vivere, dove si situano le stesse strutture di ‘accoglienza’, i contesti sociali, quelli lavorativi, gli stessi mezzi di trasporto e finanche gli ‘spazi’, i bar, i giardini, che frequentano i migranti, sono collocati essenzialmente nella ‘periferia’ sociale economica e culturale (in senso stretto) del Paese. In questi contesti il rapporto non è più 9/1 ma 6/4 e alcune volte 5/5 (basta prendere un autobus la sera o andate in una classe di materna nei quartieri popolari per rendersene conto).

Ecco allora che l’immigrazione, in concreto, si rivela per quello che è: una grande. grandissima, questione sciale. Che si risolve solo con investimenti straordinari in termini di welfare. Concretamente: case, scuola, lavoro, trasporti, sanità, reddito, cultura per le fasce più basse della popolazione. Sostanzialmente la più grande ‘opera pubblica’ dei prossimi anni devono essere le nostre periferie. E questo conferma quello che ho sempre sostenuto: i problemi degli italiani si risolvono non ‘contro’ ma ‘con’ i migranti.

Solo che la ‘borghesia’- piccola- media o grande- di questo Paese deve smettere di parlare e di confrontarsi con un ‘immigrazione ‘in astratto’, nel bene e nel male, e calarsi nella concretezza dei problemi. Che si risolvono solo con una chiara visione della concretezza delle questioni in campo. Scendere dalle ‘amache’ dunque e affrontare con politiche conseguenti quello che abbiamo di fronte. Salvini si sconfigge così. Non disumanizzandoci alla sua maniera. Da qui, dalle periferie, dalla ‘concretezza’ dell’immigrazione, si può ripartire per un vero, nuovo, progetto di egemonia culturale.

DOMENICO GUARINO

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