Ven 19 Apr 2024

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Campi B., Cobas: operai licenziati per aver chiesto rispetto orario lavoro

I Cobas hanno indetto per domani alle ore 11 uno sciopero con manifestazione per gli operai di uno stabilimento di Campi Bisenzio (Firenze) che dopo anni in cui “hanno lavorato 12 ore al giorno, senza un giorno di riposo, niente ferie, niente malattie pagate, niente diritti, il giorno di Pasquetta, festività nazionale, si sono rifiutati di lavorare” e il “loro padrone li ha licenziati tutti con un messaggio WhatsApp. “Dalla parte degli operai che non vogliono più essere schiavi”.

‘Chi non lavora oggi (pasquetta) è fuori per sempre'” questo il messaggio con cui il datore di lavoro avrebbe licenziato gli  operai di uno stabilimento di Campi Bisenzio (Firenze) che si erano  rifiutati di lavorare il giorno di Pasquetta dopo anni in cui, denunciano i Cobas,  “hanno lavorato 12 ore al giorno, senza un giorno di riposo, niente ferie, niente malattie pagate, niente diritti”

Gli stessi lavoratori, riferiscono i Cobas “nei giorni precedenti hanno chiesto il Ccnl di lavorare anche loro otto ore per cinque giorni come fanno sempre più operai, grazie agli scioperi di questi anni, nel distretto. La risposta è arrivata sempre su WhatsApp: ‘se volete lavorare otto ore, trovate lavoro da un altra parte'”.

Dopo il licenziamento i titolari della ditta hanno diffuso su WeChat un video con i volti dei lavoratori che “hanno osato richiedere di lavorare 8 ore e le ferie (!). L’invito è agli altri imprenditori a non assumerli in altre fabbriche, ad ennesima riprova di un sistema di sfruttamento diventato la normalità. Una vera e propria black-list”.

Per i Cobas il contenuto del messaggio in chat è questo: “Questi pakistani si rifiutano di lavorare duramente nelle fabbriche, chiedendo otto ore di lavoro al giorno, di non lavorare sabato e domenica e di prendere ferie. Vengono in fabbrica a creare problemi. Spero che i miei colleghi cinesi non chiedano a queste persone di lavorare in fabbrica”.

La vicenda riguarda cinque operai di una confezione tessile di via Carcerina, ditta di cui è “impossibile dire il nome – affermano i Cobas -. Negli anni diversi nomi e partite Iva hanno nascosto sempre lo stesso padrone. La vecchia storia del ‘apri, chiudi e riapri’ per aggirare fisco e diritti”. “Oggi nello stesso stabilimento ci sono lavoratori formalmente dipendenti di ditte diverse: la Feng Shouqing e la Hu Qingong” ma “i contratti sono carta straccia: c’è chi lavora da tre anni con contratto a tempo determinato, ‘part-time’ a 20 o 30 ore settimanali. Nella realtà le ore settimanali sono 84, pagate 1.000 euro. Che nei mesi di ‘calo lavoro’ diventano 500 euro (ma a parità di ore), e in quelli di picco 1.300 euro. E i diritti del Contratto collettivo nazionale di lavoro sono sulla carta”. Concludono i Cobas: “Non è Bangladesh, è Campi Bisenzio, provincia di Firenze, dove si estende il distretto pratese del tessile e il suo supersfruttamento”.

Martedì scorso, ricordano sempre i Cobas, c’è stato un primo presidio sindacale davanti all’azienda tessile cinese di Campi Bisenzio che ha licenziato e messo alla gogna cinque operai che chiedevano l’applicazione del Ccnl di categoria, tra cui lavorare 40 ore settimanali e poter riposare il giorno di Pasquetta. Riguardo a questa circostanza, riportano i Cobas di Firenze e Prato, c’è “un video (https://fb.watch/cymbVTDwCH/) che ritrae la titolare urlare e poi aggredire a spinte lavoratori e sindacalisti. Nessuno risponde alla provocazione. Allora la donna – incinta – si aggrappa ad un manifestante e poi si butta a terra simulando un inesistente aggressione nei suoi confronti. La scena è patetica, ridicola, grottesca. Vero. Ma significativa. Perché scene di questo tipo, in questi anni di sindacato vissuto davanti ai cancelli delle fabbriche del supersfruttamento, ne sono successe a decine se non centinaia”.

“Si provoca, si simula, e poi si piange davanti alle telecamere oppure arriva una squadretta per menare forte – proseguono i Cobas – magari con tirapugni, mattoni o mazze da baseball, come successo già alla Gruccia Creation (in quel caso si accusava gli scioperanti di aver aggredito una bambina!), poi alla Texprint (che prima di spaccare le ossa agli operai che scioperavano per mesi aveva interpretato ad arte il ruolo delle vittime) e in ultimo alla DreamLand. Questi ‘imprenditori’ che da anni fanno profitto sul supersfruttamento nella quasi completa impunità sono pronti a trasformarsi in vittime appena un operaio richiede i propri diritti”.

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