
Sessanta persone sfruttate hanno già rotto il muro dell’omertà. Un fatto storico per un distretto – quello dell’abbigliamento – in cui lo sfruttamento del lavoro è diventato una piaga. Da oggi c’è un numero di telefono dedicato. Un canale diretto per i lavoratori che vogliono denunciare. Lo ha istituito la procura di Prato.
PRATO L’annuncio è stato dato dal procuratore di Prato in persona, Luca Tescaroli, che dallo scorso luglio guida gli investigatori con un obiettivo chiaro: fare emergere il lavoro nero e combattere l’illegalità. “Annientare lo sfruttamento – spiega il procuratore – è solo il primo passo”. Poi ci sono il contrabbando e le ditte “apri e chiudi“, che spariscono prima dei controlli. Un sistema che alimenta concorrenza sleale e distrugge il mercato sano. Ma qualcosa sta cambiando. Pachistani, bengalesi, africani e anche cinesi – questa certamente la novità culturalmente più rilevante – hanno deciso di denunciare: lo hanno già fatto in sessanta in pochi mesi. La procura garantisce infatti un percorso sicuro per chi parla: sono già stati rilasciati venti permessi di soggiorno e in alcuni casi, applicate misure di protezione.
E Tescaroli si spinge oltre, dato che più volte ha chiesto l’estensione delle leggi di protezione dei testimoni riservate ai pentiti di mafia anche agli operai sfruttati. Su questo aspetto sta già lavorando con misure normative la commissione antimafia, che ha fatto la sua prima visita a Prato il mese scorso. Per rendere le collaborazioni più semplici e immediate il procuratore di Prato ha istituito dunque due numeri di telefono dedicati, a cui la persona sfruttata potrà rivolgersi. I numeri da contattare gratuitamente sono: per il dipartimento prevenzione Asl 366/9332876, per la procura della Repubblica 331/3660387. La persona interessata potrà scrivere un messaggio in italiano
o nella propria lingua madre, lasciando il proprio numero di telefono. Nei giorni successivi sarà contattata da un referente della procura. La comunicazione verrà diffusa in lingua urdu, cinese, bengalese e inglese anche sui social network più frequentati dagli immigrati.