Cuba senza un Castro, ma non senza comunisti

La rivolta di Cuba, che portò una generazione di rivoluzionari al potere, avvenne più di sei decenni fa, quella generazione sfidò direttamente gli Stati Uniti ed in seguito causò degli eventi che quasi spinsero Washington e Mosca sull’orlo di una guerra nucleare, quella generazione è ora pronta per uscire dalla scena.

In una conferenza del partito iniziata venerdì scorso, Raúl Castro, di 89 anni, fratello del defunto leader rivoluzionario Fidel Castro, ha dichiarato che si dimetterà dalla carica di capo del Partito Comunista Cubano. Tre anni fa Raúl Castro, aveva già rassegnato le dimissioni dalla carica di Presidente di Cuba ed aveva consegnato le redini del governo al molto più giovane Miguel Mario Díaz-Canel Bermúdez.

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Con le dimissioni di Raúl, all’Ottavo Congresso del Partito di Cuba, che inizia non a caso il 19 aprile, giorno del 60esimo anniversario della vittoria di Playa Girón, o Baia dei porci per gli americani, per prima volta, dalla rivoluzione comunista del 1959, non ci sarà un Castro a ricoprire uno dei ruoli chiave nel governo cubano.

Con l’uscita di scena della ‘generazione storica’, a cui molti cubani si riferiscono come la ‘vecchia guardia del paese’, anche eventi storici iconici come la fallita operazione guidata dalla CIA della Baia dei Porci, che cercava di rovesciare il regime comunista, probabilmente si attenueranno d’importanza.

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Questo inevitabile cambio di guardia a Cuba arriva quando il paese sembra essere ad un nuovo importante bivio, il primo grande cambiamento per l’isola era avvenuto alla fine della Guerra Fredda, con la scomparsa dell’Unione Sovietica, quando il patrocinio e gli aiuti di Mosca si erano prosciugati, lasciando Cuba con gravi problemi economici. Durante la presidenza di Obama c’era stato un riavvicinamento tra L’Avana e Washington che faceva sperare per una ripresa economica, ma con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca, le speranze erano svanite ed erano tornate le sanzioni statunitensi.

Le nuove sanzioni americane, insieme alla perdita del sostegno dal Venezuela e all’inflazione vertiginosa, avevano causato un ritorno a carenze alimentari che non si vedevano dal crollo dell’Unione Sovietica degli anni ’90.

Più recentemente, il governo comunista ha dovuto fronteggiare praticamente da solo la pandemia di coronavirus, riuscendo però ad avere buoni risultati arrivando a produrre autonomamente un vaccino, il Soberana-2, che attualmente, con 44.000 persone vaccinate all’interno della terza ed ultima fase di sperimentazione, è in avanzato stadio di realizzazione, e che una volta in uso farebbe di Cuba il più piccolo Paese a produrre un vaccino anti-Covid.

Grandi cambiamenti a Cuba c’erano già stati dopo che Raúl Castro aveva preso il posto di suo fratello nel 2008, Raúl aveva infatti lasciato espandere l’impresa privata, introducendo l’uso dei telefoni cellulari, consentendo l’accesso a Internet e cercando relazioni più rilassate con gli Stati Uniti.

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Ma da allora, le riforme si erano per lo più bloccate, come ha detto Ted Henken, uno specialista di Cuba al Baruch College di New York, il governo dopo le prime riforme di Raúl, è “molto cauto perché sa che la libertà economica può portare alla libertà politica e alla perdita del controllo politico”.

Uno dei grossi problemi economici delle autorità cubane è quello di cosa fare delle inefficienti società statali e delle agenzie governative su cui la maggior parte della popolazione fa affidamento per il reddito: “Licenziare molte persone potrebbe portare a problemi sociali e politici”, ha detto all’Associated Press William LeoGrande, un esperto dell’Università americana di Cuba. LeoGrande sottolinea anche la crescente disuguaglianza in un sistema comunista che prometteva ai cubani esattamente l’opposto.

L’economia dell’isola si è contratta dell’11% lo scorso anno, nonostante che il presidente Díaz-Canel abbia ampliato l’impresa privata, consentendo ai cubani di gestire per la prima volta dai tempi della rivoluzione, quasi tutte le piccole imprese dalle loro case.

I problemi economici alimentano il malcontento politico, con proteste storiche a Cuba, che ora si diffondono tramite Internet, come la clamorosa protesta degli artisti e intellettuali cubani che si erano mobilitati per chiedere il riconoscimento degli spazi culturali indipendenti e la fine della censura ideologica nel paese. La protesta era stata iniziata dai rapper afro-cubani prima di allargarsi agli artisti tradizionali, ed era stata particolarmente sorprendente, in un paese dove negli ultimi decenni il regime comunista aveva lasciato pochissimo spazio per le manifestazioni di dissenso nei confronti del governo.

Ma, nonostante il disagio, non ci sono segni che la fine dell’era castrista, al momento avvicinerà ulteriormente Cuba alla fine del regime comunista, almeno così afferma Arturo Lopez-Levy, esperto di Cuba presso la Holy Names University in California che dice: “Questo non è solo un ‘family business’; ma è un governo più sofisticato e più resiliente di uno retto da un clan o da una famiglia”.

Gimmy Tranquillo

Ue: Rossi, contro nazionalpopulismo unire tutti democratici

“Il nazionalpopulismo europeo lancia la sfida. Dobbiamo raccoglierla unendo tutti i democratici” queste le parole di Enrico Rossi, la sinistra “faccia della questione sociale e dell’eguaglianza il tema prioritario del suo impegno. Verrebbe da dire che questa è l’unica strategia sensata e possibile, oggi in Europa e domani in Italia” conclude il presidente della Toscana.

“Il nazionalpopulismo europeo lancia la sfida. Dobbiamo raccoglierla unendo tutti i democratici”. Lo scrive su facebook il presidente della Toscana, Enrico Rossi, all’indomani dell’incontro tra Salvini e Orban che, aggiunge “fa chiarezza”.

“Oggi in Europa e domani in Italia”, prosegue il governatore “Salvini e Orban hanno parlato di alleanze per le elezioni europee, con l’obiettivo di costruire una grande intesa politica di estrema destra xenofoba, nazionalista populista e illiberale, che va dai popolari fino ai neofascisti e alla Le Pen, e che, vincendo, possa “escludere i socialisti” dal governo dell’Europa e, ovviamente, i liberali e la sinistra”.

“Per battere questo disegno nefasto occorre un’ampia alleanza che vada dai socialisti, ai liberali, ai democratici fino a Tsipras e Podemos”, aggiunge Rossi convinto che debba avere come programma “di costruire un’Europa Federale, aperta, democratica e sociale, attenta ai diritti dei giovani e dei lavoratori. Un’Europa autonoma, libera dalle interferenze di Trump e di Putin, che vogliono distruggerla, e da eccessi di condizionamento dei cinesi, che vogliono comprarla”.

“Questa è la scelta politica da fare. Non capirlo è da miopi o peggio da idioti, nel senso, etimologico, di chi sta da sé, chiuso nel suo particolare, e quindi non capisce. Quando sono in ballo i valori fondamentali della nostra civiltà democratica europea, unirsi tra diversi e batterci insieme è un dovere morale a cui nessun democratico può sottrarsi”. sottolinea il presidente della Toscana.

“Solo così potremo provare a sconfiggere il nazionalpopulismo europeo o, in ogni caso, essere almeno all’altezza della sfida. La sinistra, dentro questa alleanza, faccia della questione sociale e dell’eguaglianza il tema prioritario del suo impegno, come in passato è stato e come deve tornare ad essere. Verrebbe da dire che questa è l’unica strategia sensata e possibile, oggi in Europa e domani in Italia”, conclude Rossi.

Baryshnikov: Usa dipinge migranti criminali

Baryshnikov,a Firenze per laure ad honorem, attacca governo Usa sulla questione migranti: dipinti “come criminali dei quali aver paura”.

Baryshnikov interviene sulla questione migranti in Usa: “sembriamo scivolare via dall’abbraccio umanitario dei nostri valori democratici. E questo mi crea sofferenza. Recentemente, migliaia di persone hanno manifestato contro alcune politiche del governo. Una in particolare è alimentata da sentimenti anti-immigrati e dipinge persone che cercano rifugio da guerra, repressione e problemi economici come criminali dei quali avere paura. Questo è vergognoso e non rappresenta il volto del paese che accettò me e molti altri come richiedenti asilo decenni fa”. Così si è espresso contro l’amministrazione Trump il celebre ballerino e coreografo, naturalizzato statunitense, Mikhail Baryshnikov, oggi a Firenze.

Baryshnikov ha spiegato di essere “onorato di essere qui per questa occasione e di accettare questo riconoscimento, particolarmente significativo, che arriva da una così venerabile istituzione accademica costituita in una città così straordinaria. Tuttavia”, ha sottolineato “mi sento un po’ imbarazzato ad accettarlo, durante questi tempi così difficili nel mio paese, gli Usa”. Chiudendo il suo discorso, il coreografo ha detto che, in questa situazione “la cosa migliore che possiamo fare è rivolgerci alla gioventù: i giovani, istruiti, e, si spera, caritatevoli pensatori della prossima era”.

Il ballerino ha parlato nell’aula magna dell’Ateneo fiorentino per la consegna della laurea magistrale ad honorem che l’Università gli ha conferito in scienze dello spettacolo.

Durante la cerimonia introduttiva il rettore Luigi Dei, ha definito Baryshnikov “uno straordinario artista che ha attraversato metà del secolo scorso, proiettandosi fino ai giorni nostri, alle soglie del primo ventennio del secolo ventunesimo”, la cui intera opera artistica è stata caratterizzata dal movimento, “non solo fisico, ma anche di pensieri e cose astratte e quindi di emozioni. Quelle emozioni che, in modo smisurato, ci ha regalato e continua a regalarci Mikhail Baryshnikov”.

Domani sera il ballerino si esibirà al teatro del Maggio musicale per il suo one man show ‘Brodsky/Baryshnikov’, basato sulle poesie del poeta russo premio Nobel Joseph Brodsky

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