Pisa: tribunale dice ‘no’ a figlio con 2 mamme all’anagrafe

Pisa: il tribunale civile  ha respinto la richiesta di due donne di iscrivere entrambi i nomi sul certificato di nascita del figlio, nato a Pontedera (Pisa) dopo una fecondazione eterologa fatta all’estero.

La vicenda, di cui riporta Il Tirreno, riguarda la storia di un bambino nato nel gennaio 2016: immediatamente le due donne chiedono al Comune la trascrizione dei loro nomi nell’atto di nascita, ma l’ufficiale di stato civile la nega e la coppia allora si rivolge al tribunale per ottenere l’iscrizione; i giudici respingono la richiesta e ora le due hanno deciso di ricorrere in appello. Giulia, pisana, e Denise, americana, si sono sposate negli Stati Uniti, nel Wisconsin, e ora vivono insieme al figlio a Venezia.

Il tribunale di Pisa ha motivato così la sua decisione: “Confermata la piena legittimità del rifiuto di iscrizione. E’ solo il legislatore che, nella sua discrezionalità, può introdurre nell’ordinamento la relativa disciplina, scegliendo la forma di tutela che ritenga più idonea (iscrizione o adozione)”.

Le due donne, ricorrendo al tribunale, avevano lamentato anche una presunta discriminazione rispetto a bambini nati all’estero nelle stesse condizioni ma i giudici non hanno accolto neppure questo rilievo che “è solo apparente – viene spiegato – Ben diverso è per lo Stato riconoscere una situazione che di fatto già esiste nel mondo naturalistico e ha trovato assetto formale in un altro ordinamento e dare disciplina e possibilità di creazione della stessa situazione nell’ordinamento interno”.

Sentenza tribunale Pisa: Dpcm Conte illegittimi

Secondo il tribunale di Pisa il dpcm che dichiara “lo stato di emergenza adottato dal consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020 è illegittimo per essere stato emanato in assenza dei presupposti legislativi”

C’è una sentenza del tribunale di Pisa che ‘sconfessa’ il coprifuoco imposto dai Dpcm dell’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte. La vicenda riguarda un nordafricano fermato dai carabinieri e sottoposto a controllo di polizia, il quale finì a processo anche per la violazione del Dpcm anti-Covid. La persona aveva tentato la fuga a bordo di uno scooter danneggiando l’auto di servizio della pattuglia, perciò venne rintracciato, denunciato e, infine, condannato per resistenza a pubblico ufficiale, ma, assolto per la violazione del Dpcm.

Secondo il tribunale pisano, infatti, il decreto che dichiara “lo stato di emergenza adottato dal consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020 è illegittimo per essere stato emanato in assenza dei presupposti legislativi, in quanto non è rinvenibile alcuna fonte avente forza di legge, ordinaria o costituzionale, che attribuisca al Consiglio dei ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario” e quindi a limitare la libertà di circolazione delle persone.

Dunque, “a fronte dell’illegittimità” di quell’indirizzo, conclude il tribunale di Pisa nella sentenza emessa dal giudice onorario Lina Manuali, “devono reputarsi illegittimi tutti i successivi provvedimenti emessi per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19”.

🎧 Lucia, vittima del farmaco Talidomide,”Chiedo da anni di essere visitata per sapere la verità”

A causa del farmaco Talidomide usato a metà del secolo scorso per mitigare i fastidi della gravidanza, migliaia di bambini e bambine sono nati con difformità agli arti, come Lucia Bellini, senza una mano. Persone che a decenni di distanza continuano a vivere un’odissea burocratica

Lucia Bellini, di Pisa, 63 anni è una delle vittime del Talidomide, farmaco usato a metà del secolo scorso per mitigare i fastidi della gravidanza. I suoi danni sono stati registrati anni dopo con bambini e bambine nati con difformità agli arti, come Lucia Bellini.

“Sono nata prematura il 16 dicembre 1957, sono nata senza una mano. Non ho mai saputo perché era avvenuta una nascita così nessuno ne parlava sono sempre stati discorsi tabú”, ricorda Lucia Bellini, “Da piccola quando andavo a Bologna a farmi le protesi per la prima volta ho sentito dire che ero una vittima di quel farmaco. Nessuno ne voleva parlare”.

La talidomide, è un farmaco somministrato alle donne in gravidanza, tra il 1957 e il 1961, causando gravi malformazioni in migliaia di bambini e bambine nati senza arti.

“Quando avevo 50 anni ho saputo che avevo la Amelia, una sindrome che tendenzialmente è causata dal Talidomide”, spiega Lucia Bellini. Come lei, in migliaia continuano a vivere un’odissea burocratica.

La sindrome da Talidomide è stata riconosciuta nel 2005. Poi, c’è stata una legge la 244/2007 che riconosceva le vittime del Talidomide, solo per i nati dal 1959 al 1965, in seguito la 160/2016 ha ampliato alle persone del 1958- 1966: “È stata una legge fatta in maniera frettolosa, noi nati nel 1957 siamo rimasti fuori”, continua Lucia Bellini raccontando la sua odissea giudiziaria, “Abbiamo fatto una grande lotta. La legge 160/2016 ha previsto una articolo 21/ter che permette alle vittime nate prima del 58′ e dopo il 66′ e in quel momento il ministero della salute ha deciso che per i nati nel mio anno l’unica possibilità è quella di rivolgersi a un giudice”.

Adesso Lucia con gruppo di persone vittime del Talidomide sta portando avanti una battaglia legale a Pisa ed è in attesa della seconda udienza che dovrebbe tenersi nel mese di giugno per attivare l’accertamento medico e finalmente confermare la sua malattia.

La madre di Lucia ha rilasciato anche un’autocertificazione per confermare l’uso del talidomide in gravidanza e dovrebbe testimoniare al processo.

“Quello che chiedo da anni è solo essere visitata per sapere la verità, avere la certezza della mia malattia. In questi anni ho fatto per conto mio degli accertamenti ed è venuto fuori che ho delle caratteristiche ossee interne tipiche delle vittime da talidomide”, conclude Lucia Bellini, “Questa legge fatta così in maniera insensibile per le persone senza arti ha fatto in modo che continuiamo a vivere la strage da vecchi non è bastato farcela vivere da bambini”.

 

Consulta: inammissibile atto nascita con 2 madri del Tribunale di Pisa

E’ inammissibile per difetto di motivazione la questione sollevata dal Tribunale di Pisa sulla formazione di un atto di nascita in cui siano riconosciute due madri come genitrici di un bambino nato in Italia ma di nazionalità statunitense, acquisita dalla madre gestazionale. Lo ha deciso la Corte costituzionale riunendosi ieri in camera di consiglio.

Le due donne risultano sposate in Wisconsin secondo la legge di quello Stato, che consente il matrimonio fra persone dello stesso sesso e le riconosce come genitrici in caso di figli. In attesa del deposito della sentenza, l’ufficio stampa della Corte fa sapere che al termine della discussione la questione è stata giudicata “inammissibile per difetti della motivazione dell’ordinanza di rimessione”.

Il Tribunale, spiega l’ufficio stampa della Consulta, “ha riferito il proprio dubbio di costituzionalità a una norma interna che avrebbe impedito l’applicazione della legge straniera – rilevante nel caso concreto in ragione della nazionalità del minore – ma non ha individuato con chiarezza la disposizione contestata, né ha dato adeguato conto della sua affermata natura di ‘norma di applicazione necessaria’. La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane”.

“Giudico la notizia una vittoria di tutti i bambini. Mi pare che la decisione della Consulta di rigettare il ricorso del Tribunale di Pisa e confermare il divieto di trascrivere atti di nascita con due genitori dello stesso sesso sia un atto di grande buon senso”. Lo afferma il senatore Simone Pillon, vicepresidente della commissione parlamentare Infanzia e legale di una delle associazioni pro life intervenienti nel giudizio costituzionale, emesso nel pomeriggio di ieri. “La legge, ma prima ancora la natura umana ci ricordano che ogni bambino nasce da un uomo e da una donna”, afferma ancora Pillon. “Voler forzare in modo intollerabile la realtà e giungere a comprare figli mediante la cessione di gameti, oppure con la barbara pratica dell’utero in affitto è atto contrario alla dignità umana e non può mai essere legittimato giuridicamente da una trascrizione anagrafica. Ciascuno nel privato è libero, ma i bambini hanno il sacro diritto di poter nascere e crescere con mamma e papà”. “Quei sindaci – conclude Pillon – tutti di area Pd e 5Stelle ora farebbero bene a chiedere scusa ai bambini”.

“Il Massimo organo della giurisprudenza italiana ha riconosciuto che è inammissibile riconoscere una madre ‘gestazionale’ e una ‘intenzionale'”, afferma il leader del Family Day Gandolfini. “L’eventuale continuità affettiva del minore sarà comunque tutelata, ma giustamente i giudici non possono avallare tecniche illegali in Italia come – prosegue – l’eterologa per persone dello stesso sesso così come non possono approvare che la figura paterna sia cancellata non da un evento drammatico ma in maniera consapevole dalla decisione egoistica di un adulto che decide di concepire un figlio orfano del papà, accedendo tra l’altro a pratiche eugenetiche di scelta e selezione dei gameti maschili in base alle caratteristiche fisiche del donatore-venditore”.

“È una sentenza che auspico faccia comunque chiarezza sulla validità dei tanti atti di nascita formati in innumerevoli comuni con due madri italiane. I bambini sono tutelati dando loro due genitori. Nelle famiglie arcobaleno il secondo genitore è la co-madre, non certo un donatore anonimo di sperma. È tempo di dirlo chiaramente e di dare tutela certa a questi bambini”. Lo afferma Alexander Schuster, docente di diritto presso l’Università di Trento e avvocato esperto in diritto di famiglia.

Pisa, bimbo con 2 padri: tribunale impone trascrizione a Comune 

Anche il Tribunale di Pisa ha accolto la trascrizione dell’atto di nascita straniero di un bambino con due padri, così come aveva fatto quello di Livorno lo scorso febbraio. Il decreto è stato emesso il 18 settembre e riguarda due uomini per anni residenti a Pisa e ora trasferitisi in una località della provincia pisana. Lo ha reso noto la rete Lenford e delle Famiglie Arcobaleno.

La coppia di uomini era rappresentata dall’avvocato Susanna Lollini. “Il bambino – si legge in una nota diffusa da Miryam Camilleri, presidente di Rete Lenford, e Marilena Grassadonia, presidente Famiglie Arcobaleno – è nato nel 2010 negli Stati Uniti e sul suo atto di nascita, regolarmente trascritto nel Comune di residenza, risultava il nome del solo padre biologico. In seguito, i genitori avevano ottenuto dall’autorità americana la rettifica dei documenti anagrafici del figlio, cittadino americano per nascita, così che risultassero i nomi di entrambi i padri. Quindi avevano chiesto al Comune di Pisa la modifica dell’atto originariamente trascritto, con l’aggiunta del secondo genitore. Il Comune si era però rifiutato”.

Ora però il Tribunale pisano ha accolto la loro richiesta, prosegue la nota, “ritenendo che lo status di figlio sia determinato dalla legge di nascita del bambino, cioè quella degli Stati Uniti” e ha confermato “il principio espresso dalla Corte di Cassazione per cui non vi è contrarietà all’ordine pubblico nella trascrizione del nuovo atto di nascita con due padri”.

“Ci sono già altri precedenti a Livorno e a Roma – sottolinea l’avvocato Susanna Lollini – che hanno fatto propri i principi affermati dalla Corte di Cassazione nel 2016 e nel 2017, ma il pronunciamento pisano è importante perché dimostra come sempre più tribunali riconoscano fondate le argomentazioni che noi portiamo a difesa della genitorialità delle coppie dello stesso sesso”.

“I giudici – concludono Camilleri e Grassadonia – hanno nuovamente confermato il diritto di due padri a essere riconosciuti entrambi genitori dei propri figli tutelandone pienamente identità e vita familiare. Con questa sentenza si ribadisce ancora una volta che doveri dei genitori e diritti dei bambini sono due facce di quella stessa medaglia, che va sotto il nome di responsabilità genitoriale e ci auguriamo che la decisione del tribunale di Pisa possa spingere quelle amministrazioni che, come nel caso di Milano, hanno già registrato gli atti di nascita con entrambe le madri a riconoscere anche i diritti dei bambini che hanno due padri”.

Il servizio di Alice Sennati:

https://www.controradio.it/wp-content/uploads/2018/09/180920_04_ALICE-SU-DUE-PADRI.mp3?_=1

Turbativa d’asta: giudice Pisa, ministro chiede sospensione

Il ministro della giustizia Andrea Orlando ha chiesto al Csm di sospendere dalle funzioni e dallo stipendio il giudice Roberto Bufo, arrestato ieri con l’accusa di far parte di un sodalizio criminoso che pilotava le aste al tribunale della città toscana. La sospensione costituisce un atto dovuto tutte le volte che un magistrato viene sottoposto a misure cautelari.

Le aste pilotate del tribunale di Pisa andavano avanti da anni, già da prima dal 2016. E ciò sarebbe avvenuto grazie a un sodalizio criminoso costituito dal giudice in servizio nella città toscana, da un commercialista e sua figlia, da un consulente tecnico d’ufficio e da un avvocato compiacente. Un’associazione a delinquere, secondo l’accusa, dove tutti i ruoli erano ben definiti e che serviva anche a distrarre fondi degli assi ereditari destinati invece allo Stato.

I carabinieri di Massa (Massa Carrara), coordinati dalla procura di Genova, hanno eseguito ieri le 7 ordinanze di custodia cautelare (quattro delle quali in carcere): in cella sono finiti Roberto Bufo, già pubblico ministero a Massa e  giudice in servizio a Pisa, il commercialista carrarese Roberto Ferrandi (indagato anche per un filone rimasto a Massa) e la figlia Francesca, avvocato a Pisa dove le venivano assegnate curatele e amministrazioni di sostegno, e il giudice di pace in pensione e ora avvocato presso il foro di Pisa Oberto Cecchetti, residente in provincia di Roma.

L’indagine della procura ligure ha poi letteralmente decapitato l’istituto di vendite giudiziarie di Pisa: il direttore Virgilio Luvisotti, ex consigliere regionale di An (poi nel Gruppo Misto), è finito agli arresti domiciliari insieme al suo braccio destro, Giovanni Avino. Domiciliari anche per l’architetto di Pontedera (Pisa), Luca Paglianti, dipendente della Provincia e Ctu per il Tribunale pisano. Le accuse per Bufo, i Ferrandi, Cecchetti e Paglianti sono di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari, alla turbativa d’asta, al peculato e al falso in atto pubblico. Mentre Luvisotti e Avino devono rispondere di corruzione in concorso. Gli investigatori hanno ricostruito che Bufo avrebbe conferito alla figlia di Ferrandi, delegato alle vendite giudiziarie, diversi incarichi di curatela delle eredità giacenti e di amministrazione di sostegno in modo da aggiudicarsi, tramite prestanome, immobili e terreni venduti all’asta a Massa. Il magistrato, sfruttando il proprio ufficio pubblico e coordinando l’attività di altri professionisti che gestivano i beni, avrebbe favorito anche l’appropriazione di somme di denaro che dovevano essere restituite all’erario. In una circostanza il giudice avrebbe ottenuto anche una Mercedes Glk usata (valore di mercato 12 mila euro e sequestrata stamani al momento dell’arresto) da Luvisotti e Avino affinché assegnasse all’Ivg di Pisa incarichi di custodia e di vendita di un maxi yacht la cui base d’asta sfiorava i 4 milioni di euro. In quella circostanza i vertici dell’istituto avrebbero anche incassato circa 300 mila euro di provvigioni per indennità di sosta del bene custodito.

L’indagine, corredata anche da intercettazioni ambientali e telefoniche, ha ricostruito presunte irregolarità commesse dall’aprile 2016 a oggi e le perquisizioni eseguite presso uffici e domicili degli indagati hanno permesso di sequestrare un’ingente documentazione probatori e di acquisire “tutti gli hardware e i software in uso agli arrestati”.

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