Prato: traffico rifiuti tessili in sacchi neri, blitz Cc Forestali

Rifiuti tessili contenuti in sacchi neri per l’immondizia abbandonati in capannoni industriali all’insaputa dei proprietari. Funzionava così, secondo le indagini dei carabinieri forestali di Modena, un traffico illecito di rifiuti speciali, molto costosi da smaltire e provenienti dal comparto di Prato.

Le indagini, con intercettazioni e videosorveglianza, hanno ricostruito lo smaltimento illecito dei rifiuti speciali ottenuti dalle lavorazioni tessili, cascami e ritagli, che venivano classificati illecitamente, per eludere i controlli, come materia prima secondaria o sottoprodotto. Erano poi trasportati nei capannoni, con danno per i proprietari, sia per l’indisponibilità dell’immobile che per le spese di smaltimento-recupero.

I militari hanno eseguito due misure cautelari di arresti domiciliari disposti dal Gip del Tribunale di Bologna a carico di due italiani considerati a capo dell’organizzazione criminale che aveva avviato una sorta di attività imprenditoriale.

Diciotto gli indagati nell’inchiesta della Dda (Pm Stefano Orsi), che ha portato anche alla perquisizione e al sequestro di 24 siti. Tutto è partito da un controllo del luglio 2018 a Pavullo (Modena): i Forestali trovarono in un capannone industriale circa 2.500 metri cubi di rifiuti tessili. Il successivo approfondimento investigativo ha consentito di accertare che questi erano smaltiti anche in altre numerose località del centro-nord Italia, principalmente del Veneto.

I due arrestati, 53 anni e 40 anni, sono accusati di aver pianificavano e gestito il tutto, attraverso società di cui avevano l’utilizzo e il controllo senza ricoprire in esse alcuna carica o ruolo: la disponibilità delle aziende è costituita dal fatto che i reali rappresentati legali o titolari firmatari risultano essere in realtà semplici ‘prestanome’. L’organizzazione si componeva poi di autotrasportatori e altre persone impiegate come manovalanza nei capannoni, di solito dipendenti delle aziende. Le società erano utilizzate non sol per emettere documenti sulla movimentazione dei rifiuti, ma anche per le autorizzazioni sulla gestione. Sono stati sequestrati 9.000 metri cubi di rifiuti speciali, ma si ritiene che il quantitativo smaltito sia di molto superiore.

“L’operazione che abbiamo condotto sullo smaltimento illecito dei rifiuti speciali ottenuti dalle lavorazioni tessili e provenienti da Prato, è stata molto importante soprattutto perché ha visto il coinvolgimento di cinque regioni: Emilia, Toscana, Umbria, Veneto e Lombardia. Ha riguardato una tipologia di rifiuti speciali che diventa pericolosa soprattutto, come abbiamo visto in altre occasioni, per quel che riguarda gli incendi che spesso in accumuli del genere poi si sviluppano”. Così il maggiore Laura Guerrini, comandante del Nipaf di Modena (Nucleo investigativo di polizia ambientale e forestale).

Morì dopo intervento al seno, assolti 5 medici

Ornella Paraschi, una fiorentina di 63 anni, è deceduta il 19 giugno 2013 dopo interventi chirurgici per la sostituzione di protesi al seno, nella clinica privata Villalba, a Bologna. Per i cinque medici, che erano accusati della morte della paziente, è arrivata l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato.

La Procura aveva chiesto per loro una condanna a sei mesi, con sospensione condizionale della pena, ma il giudice del Tribunale di Bologna, Silvia Monari, ha assolto i cinque professionisti (due chirurghi, due anestesisti e un medico del reparto), come chiesto dai loro difensori.

La donna soffriva di fibrillazione atriale, perciò si era sottoposta a molti esami ed analisi prima dell’intervento proprio per essere sicura che l’operazione si potesse eseguire senza rischi. I medici alla famiglia avevano dato ampie rassicurazioni. Le protesi, sostituite a Villalba, erano state impiantate vent’anni prima. La paziente era stata sottoposta a due interventi, uno il 28 maggio, l’altro il 18 giugno. Poi, il 19, le sue condizioni sono peggiorate e in serata è morta a causa di una tromboembolia polmonare massiva. Le indagini scattarono dopo la denuncia della figlia ai carabinieri. Tre familiari, che si erano costituiti parte civile, sono usciti dal processo dopo aver ottenuto un risarcimento.

Per le motivazioni della sentenza bisognerà attendere 90 giorni.

‘Ndrangheta: Dia Firenze confisca beni per un milione a imprenditore

La Dia di Firenze ha confiscato beni per oltre un milione di euro nei confronti dell’imprenditore Gaetano Blasco, ritenuto esponente della ‘Ndrangheta in Emilia-Romagna, attualmente detenuto.

Il provvedimento, emesso dal Tribunale di Bologna e effettuato dalla Dia di Firenze, attribuisce carattere definitivo al sequestro già effettuato nel dicembre 2018 e sottopone Blasco a misura di sorveglianza speciale, per cinque anni, con l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza. Complessivamente la confisca ha riguardato quattro società, un immobile a Reggio Emilia, sette beni mobili registrati e nove rapporti bancari tra conti correnti, libretti di deposito e dossier titoli.

Nato a Crotone nel 1962, poi trasferitosi a Reggio Emilia a fine anni ’90, Blasco – si legge in una nota della Dia – si è affermato come elemento di spicco del sodalizio ‘ndranghetistico emiliano, fino a quando nel 2015 è stato tratto in arresto nell’ambito dell’Operazione Aemilia per il reato di associazione di tipo mafioso e per altri crimini aggravati da metodo e agevolazione mafiosa, reati per cui ha ricevuto condanne per 38 anni complessivi.

Le indagini economico-patrimoniali condotte dalla Dia sull’imprenditore e suoi familiari, coordinate dal sostituto procuratore della Dda di Bologna Beatrice Ronchi, corroborate da dichiarazioni di collaboratori di giustizia, hanno consentito di far luce su un patrimonio immobiliare e finanziario ritenuto sproporzionato rispetto alle capacità reddituali dichiarate.

Firenze: bocciato ricorso Viminale su caso anagrafe migrante

Il Ministero dell’Interno aveva impugnato la decisione dello scorso marzo di un giudice che autorizzò un somalo richiedente asilo a presentare domanda di iscrizione all’anagrafe del Comune di Scandicci. Il Tribunale di Firenze ha respinto il reclamo, ora il “Viminale paghi spese”.

Il Comune che aveva rifiutato l’iscrizione basandosi sulle recenti norme del ‘Decreto sicurezza’. Era la prima sentenza di questo genere seguita, poi, da altre decisioni dei Tribunali di Bologna e Genova.

Lo scorso marzo, il giudice Carlo Carvisiglia aveva stabilito che “ogni richiedente asilo, una volta che abbia presentato la domanda di protezione internazionale, deve intendersi comunque regolarmente soggiornante, in quanto ha il diritto di soggiornare nel territorio dello Stato durante l’esame della domanda di asilo” e, quindi, è autorizzato a presentare domanda di iscrizione all’anagrafe.

Il Tribunale di Firenze, in composizione collegiale, ha di fatto confermato il primo verdetto, scaturito dal ricorso dell’avvocato Noris Morandi dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione, bocciando il reclamo del Ministero che, secondo i giudici, non aveva “legittimazione” ad impugnare perché non partecipò al primo grado. “Avrebbe potuto intervenire volontariamente nel processo di prima fase, e in tal caso sarebbe stato legittimato a proporre il reclamo”, hanno scritto i giudici, chiarendo che il Viminale dovrà versare 2767 euro di spese legali allo Stato per il gratuito patrocinio del somalo.

Il sindaco di Scandicci, nel primo grado, si era opposto al ricorso del richiedente asilo e lo aveva fatto, scrive ora il Tribunale di Firenze, come “Ufficiale del Governo” che ha “interpretato una normativa anche alla luce delle istruzioni del Ministero dell’Interno”, il quale, invece, non ha partecipato alla “prima fase” e, dunque, non aveva titolo per presentare il reclamo contro la prima sentenza.

I giudici (Luciana Breggia, Luca Minniti e Federica Samà) ricordano nella sentenza che sia il primo giudice di Firenze, che poi i Tribunali di Bologna e Genova nelle scorse settimane, hanno emesso “provvedimenti” che hanno “offerto una lettura delle modifiche apportate” dal ‘decreto sicurezza’ “coerente con il complessivo quadro costituzionale e eurounitario, esercitando il potere, ma anche il dovere, di interpretazione orientata al rispetto delle norme costituzionali” ed europee.

Del resto, aggiungono i giudici, “anche l’Associazione Nazionale Ufficiali di Stato civile e d’anagrafe ha evidenziato i problemi interpretativi della nuova norma auspicando un intervento della Corte costituzionale”. Per questi motivi, secondo i giudici, è stata “corretta” la decisione del Comune di Scandicci “di non proporre reclamo”.

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