Pistoia, tangenti: 8 in carcere per irregolarità in appalti

La procura di Pistoia ha indagato 23 persone tra Toscana ed Emilia Romagna in una inchiesta dove a vario titolo è contestato il reato di corruzione. Eseguite dalla polizia di Stato 19 misure a carico degli indagati: otto sono custodie cautelari in carcere, tre per arresti domiciliari con braccialetto elettronico e otto sono obblighi di dimora.

Le indagini sono state condotte dalla squadra mobile di Pistoia, sono partite da attività criminose in due Comuni, Uzzano e Pescia, e sono durate circa due anni. al centro della vicenda un faccendiere, due funzionari comunali e varie imprese compiacenti, che, secondo l’accusa, sarebbero protagonisti di un giro di tangenti per pilotare gare di appalto per lavori stradali, interventi di somma urgenza per il ripristino di movimenti franosi e anche assegnazioni di lavori cimiteriali.

Per questi motivi la procura di Pistoia ha indagato 23 persone tra Toscana ed Emilia Romagna in una inchiesta dove a vario titolo è contestato il reato di corruzione. Eseguite dalla polizia di Stato 19 misure a carico degli indagati: otto sono custodie cautelari in carcere, tre per arresti domiciliari con braccialetto elettronico e otto sono obblighi di dimora.

“Il giro di tangenti funzionava con un meccanismo collaudato – ha spiegato il procuratore Tommaso Coletta -. Ci si accorda tra pubblico ufficiale che intende inserirsi nella compagine criminosa, intermediario faccendiere delle imprese che corrompevano per avere lavori dal Comune e poi imprese compiacenti che si prestavano a offrire ribassi pilotati in modo da indirizzare poi la gara verso un’unica impresa che sarebbe stata poi quella che avrebbe vinto”.

Le misure cautelari hanno riguardato due funzionari dei comuni di Uzzano e Pescia,  comuni della provincia di Pistoia, che all’epoca dei fatti erano responsabili dell’ufficio tecnico, responsabili di società di costruzioni e vari intermediari.

Gli investigatori della polizia di Pistoia hanno eseguito cinque perquisizioni. Inoltre sono stati sottoposti a sequestro preventivo vari beni e sono stati rinvenuti contanti per circa 266mila euro, all’interno di una cassaforte nella casa di uno degli indagati. L’inchiesta è stata denominata ‘Coffee break’ perché la frase in codice tra le persone coinvolte nell’indagine per concludere gli affari, era “vediamoci per un caffè”. Le esecuzioni delle misure hanno visto anche la collaborazione delle squadre mobili di Bologna, Reggio Emilia e Modena.

Pistoia: arresti e sequestri in inchiesta per reati contro pubblica amministrazione

Pistoia: arresti e sequestri sono in corso di esecuzione sul territorio nazionale, per reati contro la pubblica amministrazione, da parte della squadra mobile  su ordine della procura della Repubblica.

Eseguite numerose misure cautelari personali e reali, nell’ambito di un’articolata attività d’indagine denominata ‘Coffee break’, tra custodia cautelare in carcere, arresti domiciliari con braccialetto elettronico, obblighi di dimora.

L’operazione si avvale del supporto operativo di squadre mobili di altre città e del reparto prevenzione crimine Toscana.

Eseguito anche il sequestro preventivo ai fini della confisca di beni a carico degli indagati sottoposti a misura cautelare personale. Gli investigatori della polizia di Stato hanno eseguito decreti di perquisizione anche questi emessi dalla procura di Pistoia.

I particolari dell’operazione saranno illustrati nelle prossime ore alla questura di Pistoia in una conferenza stampa col procuratore della Repubblica Tommaso Coletta.

Notizia in aggiornamento.

Peculato: Giurlani condannato a 6 anni e 7 mesi

Il sindaco di Pescia (Pistoia) Oreste Giurlani è stato condannato a 6 anni e 7 mesi di reclusione dal tribunale di Firenze per i reati di peculato e abuso d’ufficio nel processo che lo vedeva imputato in qualità di ex presidente di Uncem Toscana.

Disposta nei suoi confronti anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, la confisca di beni per un valore di 580.000 euro e la trasmissione della sentenza al prefetto di Pistoia, affinché valuti un’eventuale sospensione dall’incarico di sindaco. Giurlani è stato invece assolto perché il fatto non sussiste dall’accusa di traffico di influenze.

Nel pomeriggio il pm aveva cheisto una condanna a 5 anni e 3 mesi di reclusione. Al termine della sua requisitoria il pm Tommaso Coletta ha chiesto per Giurlani anche l’interdizione dai pubblici uffici e la trasmissione dell’eventuale sentenza di condanna al prefetto di Pistoia, per la valutazione di un’eventuale sospensione dalla carica di sindaco.
Secondo quanto accertato dalla finanza, tra il 2005 e il 2016 Giurlani si sarebbe appropriato di denaro appartenente all’Uncem, ‘autoliquidandosi’ oltre 300mila euro senza alcuna giustificazione di spesa e altri 240mila creando giustificazioni contabili fittizie.

Inoltre avrebbe ricevuto dall‘Uncem compensi per 143mila euro per consulenze da lui effettuate a seguito di incarichi autoconferiti.

iurlani era stato rinviato a giudizio il 24 ottobre del 2018.In quell’occasione dichiarò: “l’esito dell’udienza di oggi era ampiamente previsto e non mi coglie di sorpresa. Confermo la mia assoluta fiducia nella giustizia e sono certo che al processo potrò dimostrare la mia completa innocenza e lavorerò ancora più intensamente per ripagare la fiducia degli elettori”.

Già sindaco della cittadina pistoiese col Pd, nel giugno dello scorso anno aveva dovuto lasciare l’incarico proprio a causa dell’inchiesta che oggi lo ha portato a processo, per la quale fu anche arrestato.

Nel giugno 2018 è stato rieletto primo cittadino, sostenuto dalle liste civiche. L’unione comunale del Pd di Pescia si è costituita parte civile nel processo.

All’atto del rinvio a giudizio, Giurlani affermò : “quanto accaduto oggi  – sottolinea il sindaco Giurlani – moltiplica le mie energie per tenere fede al patto con gli elettori, ai quali niente è stato nascosto di quanto stava accadendo. Pescia non rientra in questa indagine, che non avrà ripercussioni sul mio mandato amministrativo.”

“Ho ancora più motivazioni ad amministrare nel migliore dei modi la città, per ripagare la fiducia dei pesciatini. Sono sereno  perché convinto che alla fine la mia immagine di amministratore ne uscirà rafforzata”.

Rizzin: tragico ascoltare “incultura Rom” in parole magistrato

Per il  PM Tommaso Coletta,  Duccio Dini  “fu vittima sacrificale di una incultura Rom”,  basata “su  un atteggiamento di spregio verso la figura femminile”. Abbiamo chiesto un parere alla dott.ssa EVA RIZZIN, ricercatrice all’università di Verona e direttrice dell’osservatorio antiziganismo

“La generalizzazione nei confronti dei Rom è il presupposto dell’intolleranza. accade in ambiro penale ma anche in ambito culturale” dice la dott.ssa Rizzin. “Nei confronti delle donne l’incultura semmai, purtroppo,  è trasversale e riguarda tutti, anche gli italiani come ben sappiamo”

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Inseguimento e lite a Firenze per giuramento di fedeltà

Un giuramento di fedeltà preteso dal marito nei riguardi della moglie e filmato con un cellulare, sarebbe la causa della lite tra alcuni uomini che ha causato la morte di Duccio Dini il 19 giugno 2018. Il decesso è avvenuto in seguito all’inseguimento tra le loro auto che hanno travolto il giovane 21enne mentre era fermo al semaforo in sella al suo scooter. Qusto è quanto emerso dalla testimonianza del destinatario della spedizione punitiva, Bajram Rufat, nel corso del processo per la morte del giovane. ” Io sono il comandante di mia moglie”, ha detto l’uomo rispondendo alle domande del pm Tommaso Coletta.

Rufat si è infatti costituito parte civile nel procedimento ed ha raccontato di aver preteso  un giuramento di fedeltà dalla moglie, che si era assentata da casa per due anni a causa dei loro continui litigi. La richiesta di volerlo filmare con il cellulare avrebbe irritato il padre e i fratelli della donna. A seguito di ciò l’hanno riportata a Firenze, nel campo nomadi del Poderaccio, e per poi mandarla da alcuni parenti in Belgio.
Due giorni prima dell’inseguimento, Bajram Rufat avrebbe colpito e fatto cadere a terra il suocero, Remzi Mustafa, dopo che lui aveva cercato di colpirlo con un pugno al volto. Questa azione avrebbe indotto il suocero e i familiari ad organizzare la spedizione punitiva nei suoi confronti. Gli imputati nel processo per la morte di Duccio Dini sono sette, tra cui Remzi Mustafa e il figlio Antonio Mustafa, tutti accusati di omicidio volontario con dopo eventuale.

UniFi: terza inchiesta per concorsi truccati

Per la terza volta UniFi finisce sotto la lente di ingrandimento per un’inchiesta della digos di Catania, denominata “Università bandita”, sui concorsi truccati all’interno dell’università.

Nel procedimento, delegato dai magistrati alla polizia e agli agenti della digos, sono stati iscritti complessivamente nel registro degli indagati 40 professori. Oltre a quelli di Firenze e di Catania, i docenti sono appartenenti agli atenei di Bologna, Cagliari, Catanzaro, Chieti-Pescara, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona.

Da quanto è emerso dalle indagini, tutti i concorsi sarebbero stati organizzati prima, sulla base del vincitore: il bando sarebbe stato costruito ad hoc attorno al vincitore, le pubblicazioni sarebbero stata stabilite in base a quelle che lui aveva e l’ordine di chiamata sarebbe stato deciso in base alla possibilità di avere una persona invece che un’altra. Si sarebbero inoltre creati finti eventi culturali per poter pagare le trasferte ai commissari.

In un colloquio intercettato dagli investigatori un presidente di una commissione di concorso ed il capo di un dipartimento, in presenza del vincitore designato, avrebbero chiamato una persona che aveva presentato la domanda convincendola a revocarla. Man mano che gli investigatori controllavano i concorsi, non sono riusciti a trovare uno solo svolto con criteri meritocratici. L’unica volta in cui il soggetto più meritevole stava vincendo un concorso, la commissione sarebbe stata ‘richiamata all’ordine’ dal rettore, che avrebbe imposto invece una modifica del concorso per far vincere chi era stato precedentemente designato.

L’inchiesta della digos di Catania è la terza che coinvolge l’Ateneo fiorentino, dopo le due avviate dalla procura del capoluogo toscano: la prima in ordine di tempo è quella sui presunti concorsi truccati relativi alle abilitazioni in diritto tributario, che nel 2017 portò a sette arresti e all’interdizione dalle università per 22 docenti, mentre l’altra, più recente,  ha sconvolto la facoltà di medicina di Firenze, ipotizzando presunte turbative nella programmazione dei concorsi per prof e ricercatori.

Per quanto riguarda il diritto tributario, sono oltre 40 i docenti e ricercatori per i quali il pm Paolo Barlucchi ha chiesto il rinvio a giudizio. L’udienza preliminare è prevista per i primi di settembre. Le accuse contestate, a vario titolo, sono quelle di induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione, turbata libertà del procedimento di scelta, abuso d’ufficio, frode in pubbliche forniture e truffa. Tra i nomi più in vista anche quello dell’ex ministro Augusto Fantozzi, che venne interdetto dalla docenza universitaria per nove mesi, provvedimento poi revocato dal tribunale del riesame su ricorso del suo difensore, avvocato Nino D’Avirro.

Ancora aperta invece l’inchiesta sulla facoltà di medicina, coordinata dal pm Tommaso Coletta. Le indagini, partite nel 2017, avrebbero messo in evidenza, irregolarità nella programmazione dei concorsi e in una procedura concorsuale per l’individuazione di un professore associato.

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