Met News del 7 novembre 2018: Deflorian, I miserabili e Laura Curino in ‘Piacevoli conversazioni’

Ascolta lo speciale a cura di Chiara Brilli dedicato ai prossimi spettacoli e progetti in cartellone nell’ambito dei teatri gestiti da Fondazione Metastasio di Prato.

*AL TEATRO FABBRICONE FINO ALL’11 NOVEMBRE  – A partire dall’immaginario del film Il deserto rosso di Michelangelo Antonioni, con Quasi niente il duo Deflorian/Taglliarini scompone la solitudine alienante cui la società costringe la sua protagonista Giuliana per riflettere sulla parabola di disagio che ha precluso all’individuo ogni possibilità salvifica di inventiva.

*AL TEATRO MAGNOLFI STANNO PER AVERE INIZIO LE PIACEVOLI CONVERSAZIONI – un progetto che sperimenta un modello inedito di conoscenza che il pubblico potrà intraprendere attraverso un dialogo diretto e informale con quattro artisti/compagnie ospiti – LAURA CURINO, MASSIMILIANO CIVICA, FROSINI/TIMPANO.

Il progetto prevede dieci giorni in compagnia di ogni artista/gruppo, con spettacoli dal venerdì alla domenica e piacevoli conversazioni IL martedì e il mercoledì: non un laboratorio, bensì un programma di formazione del pubblico basato sulla conoscenza ravvicinata del lavoro d’attore, a partire dai racconti ‘disarmati’ ed esclusivi che gli artisti faranno delle loro biografie, tra i sogni e le ansie della loro arte, insieme ed oltre la visione dello spettacolo. Ogni artista avrà modo di presentarsi ma anche di conoscere le persone che vorranno partecipare ad un confronto autentico sviscerando un tema e esercitandosi con pratiche di comunicazione non verbale, sulla base di una parola chiave che farà da filo conduttore di ogni appuntamento.

Il primo focus d’artista è con LAURA CURINO, DAL 13 AL 18 NOVEMBRE con 4 spettacoli – CAMILLO OLIVETTI, LA DIVA DELLA SCALA, PASSIONE, LA LISTA – e due piacevoli conversazioni a tu per tu tra artista e pubblico.

*Dal 15 AL 18 novembre AL TEATRO METASTASIO Il regista Franco Però sintetizza per la scena il capolavoro letterario di Victor Hugo I MISERABILI affidando il ruolo del protagonista a Franco Branciaroli. La storia della redenzione di un galeotto fa risuonare temi diversi, il rapporto con il sacro, la Storia, l’amore, la ribellione, l’ingiustizia sociale, ma lo sguardo si concentra sull’essere umano nella sua nudità, spogliato di beni terreni, valori e dignità.

*Da martedì 20 a venerdì 23 novembre al TEATRO FABBRICONE, l’acclamata regista britannica Katie Mitchell, tra le più innovative e trasgressive della scena europea, presenta la sua prima regia in lingua francese, LA MALADIE DE LA MORT, una rilettura in chiave cinematografica dell’omonima opera letteraria di Marguerite Duras.
Profonda esplorazione dell’intimità, del genere, della pornografia e del sesso, la pièce racconta l’impossibilità d’amare di un uomo e una donna restituita dall’adattamento cinematografico con riprese “live”, mantenendo una dimensione misteriosa da thriller psicologico.

Met News – la puntata del 24 ottobre 2018

1)    LA nuova stagione del Metastasio si inaugura dal 25 al 28 ottobre con Decameron 2.0 ideato e diretto da Letizia Renzini, una composizione multimediale immersiva che scioglie la struttura rigida del Decamerone di Boccaccio in uno specchio caleidoscopico sul nostro tempo e sul nostro destino. Un unico flusso di musica, immagini, corpi, gesti e visioni riflette l’Epica e l’Etica contemporanea.

Chiara Brilli ha intervistato Letizia Renzini

2)    AL Teatro Fabbrichino, dal 30 ottobre al 4 novembre Cristian Ceresoli presenta il suo nuovo poema di tendenza Happy Hour. Una partitura letteraria per due corpi lisergica e rock, dedicata a Stefano Dolce & Domenico Gabbana. Il racconto al presente di un nuovo mondo dove, al travolgente ritmo di un happy hour ininterrotto e quotidiano, tra un’umanità godereccia, si afferma (e vince) un’efficacissima forma di allegro totalitarismo

Chiara Brilli ha intervistato Cristian Ceresoli

3) AL TEATRO FABBRICONE DAL 6 ALL’11 NOVEMBRE A partire dall’immaginario del film Il deserto rosso di Michelangelo Antonioni, con Quasi niente il duo Deflorian/Taglliarini scompone la solitudine alienante cui la società costringe la sua protagonista Giuliana per riflettere sulla parabola di disagio che ha precluso all’individuo ogni possibilità salvifica di inventiva.

    Chiara Brilli ha intervistato Daria Deflorian 

Prato, al via la XVI edizione di CONTEMPORANEA FESTIVAL

L’intervista di Alice Sennati a Edoardo Donatini, Direttore artistico di Contemporanea Festival 18

Presentata oggi alle 12 presso il Teatro Magnolfi la XVI edizione di CONTEMPORANEA FESTIVAL, che dal 24 al 30 settembre inaugura le attività della nuova stagione del Teatro Metastasio di Prato. Il progetto è organizzato con il contributo di Regione Toscana e Comune di Prato.

In particolare CONTEMPORANEA FESTIVAL 18 sviluppa il proposito che già aveva animato la scorsa edizione e prosegue la “riflessione pratica e teorica sul tema di crollo/cedimento/rovina/caduta” definendo una piattaforma di osservazione sui processi di crisi in ambito creativo, con particolare attenzione a un tema caldo del dibattito teatral-culturale degli ultimi tempi: i festival e la loro funzione.

Oltre agli spettacoli e alle produzioni site specific di circa 20 gruppi/artisti, un focus particolare sulla coreografia nazionale e d’oltralpe e diverse esperienze laboratoriali, ci saranno incontri, confronti, tavole rotonde e momenti teorici di approfondimento tra operatori, critici, studiosi e artisti. Inoltre, con tre diversi progetti che gettano un ponte tra le arti della scena e l’arte contemporanea, si consolida la pluriennale collaborazione del festival con il Centro Pecci per l’Arte contemporanea.

Per tutta la durata del festival sarà attivo uno spazio di ristoro e relax presso l’ex Chiesino San Giovanni, in collaborazione con Fonderia Cultart a cura di Atipico.

Curiosità e criticità di sguardo hanno sempre contraddistinto la passione del direttore Edoardo Donatini nel tracciare un racconto di urgenze e complessità del presente attraverso i molteplici linguaggi del contemporaneo, facendo di questo festival un luogo di pensiero e azione più che una vetrina.

Mentre il ”processo creativo” e le tappe necessarie alla composizione dell’opera sono sempre state l’elemento fondante di questo racconto – tra sconfinamenti stilistici, fuori formati e complessità di modalità produttive -, l’approccio al monitoraggio del magma cangiante e fluido delle arti della scena contemporanea si è da sempre sviluppato in tre direzioni principali.

Innanzitutto la proposta di spettacoli e performance di artisti nazionali e internazionali difficilmente visibili nei circuiti teatrali ufficiali e l’attivazione di laboratori formativi per operatori e pubblico. Oltre a questo, la collaborazione tra istituzioni culturali del territorio e l’attivazione di una fitta maglia di relazioni nazionali e internazionali con la creazione di una rete di soggetti affini capaci di incentivare dati di cooperazione e circuitazione degli artisti e di innescare un meccanismo virtuoso di reciprocità degli scambi da e per l’Italia.

Infine, l’organizzazione di diversi momenti di riflessione teorica e critica sui meccanismi del ‘sistema teatro’, capaci di incidere sul ruolo dell’arte nella mappa della cultura e dell’innovazione.

Tutto il programma è consultabile sul sito: http://www.contemporaneafestival.it/

Biglietto € 10 (ridotto under25 – € 7)
ULTRAS | 10 MINIBALLETTI | BIOGRAFIA DI UN CORPO | COMBATTIMENTO | MAPPE| CANAPA | NETTLES*** :Biglietto € 7 (ridotto under25 – € 5)
HM: Ingresso libero

Abbonamento giornaliero che permette di assistere a tutti gli spettacoli del Festival in programma in ognuna delle giornate del Festival, in base della disponibilità dei posti rimasti liberi, al prezzo unico di € 15
In vendita anche on-line. Chiunque stipulerà un abbonamento per la stagione 18/19 avrà diritto a uno sconto del 50% su tutti i biglietti del Festival.

 

 

La farsa moderna “Belve” debutta con Civica in prima assoluta al Metastasio

Da martedì 17 a domenica 22 aprile al Teatro Metastasio debutta in prima assoluta il nuovo spettacolo di Massimiliano Civica, “Belve”, una farsa in un atto, con 10 personaggi per sei attori, prodotta dal Teatro Metastasio con il sostegno di Armunia Centro di Residenze Artistiche Castiglioncello, su testo di Armando Pirozzi.

Il sodalizio Civica e Pirozzi trova dunque nuova concretezza in questo spettacolo che – spiega Pierozzi – “racconta l’evolversi al limite del delirio di una cena tra due coppie diverse tra loro ma intimamente legate. In un clima di crescente tensione e violenza, tra frutti di mare, strane macchinazioni e improbabili convitati, la storia ribalta di continuo il folle gioco del dominio e del potere che ogni personaggio cerca di stabilire sull’altro, ma in realtà, alla resa dei conti, tende sempre a rivelarsi molto diversa da ciò che ci si aspetta. La farsa è, credo, – continua Pirozzi – l’unico vero genere teatrale, quello che rifiuta, più di tutti gli altri, ogni possibilità di trasformazione o ibridazione. Ha delle regole di ferro, che in pratica non sono mai cambiate, da Plauto a Billy Wilder. Il suo tema nascosto è sempre il denaro e il potere che ne deriva. Ed è forse proprio per questo che la farsa è sempre prossima all’incubo, alla follia e al thriller, anche se allegramente trasformati in un gioco paradossale, decisamente fuori di testa e più divertente possibile”

Massimiliano Civica è stato recentemente nominato consulente artistico alla direzione del Teatro Metastasio, e vincitore, con Armando Pirozzi, per la miglior regia e la miglior drammaturgia, all’ultima edizione dei premi Ubu con il poetico e intimo Un quaderno per l’inverno.

Il regista è sul concetto di farsa che insiste: “Credo negli attori e in un teatro che metta al centro gli attori. Per questo sono sempre stato affascinato dalla farsa, genere teatrale che storicamente ha costituito il “tempo dell’apprendistato” e il banco di prova dei grandi attori.

Verso la farsa mi ha spinto dunque il desiderio di inserirmi in una tradizione vitale, per compiere un confronto che fosse anche un apprendistato artistico: si tratta di una farsa moderna in grado di confrontarsi con la realtà.

Un primo confronto-apprendistato con la farsa – continua Civica – è sul piano della drammaturgia: ho chiesto ad Armando Pirozzi di tentare di scrivere una farsa moderna (impresa non facile, visto che in Italia, a differenza che in Francia, manca quasi totalmente la tradizione di una farsa in lingua, che non sia cioè scritta in dialetto e interpretata da attori dialettali).

Vogliamo immettere nelle regole compositive e nella griglia strutturale del genere il girotondo degli ingressi e delle uscite dei protagonisti, la trama fantasiosa ad un passo dal fiabesco, i colpi di scena e l’immancabile agnizione finale, temi e personaggi che siano vivi e “parlanti” per gli spettatori di oggi.

Il secondo, inscindibilmente legato al primo confronto-apprendistato con la farsa, – spiega ancora – è sul piano dell’arte dell’attore: la farsa richiede una tecnica recitativa basata su ritmi di dizione, tempi comici, atteggiamenti fisici, scatti mimici, capacità di “intonarsi” sulle reazioni del pubblico che solo un attore-artista è in grado di padroneggiare. Per questo abbiamo scelto un gruppo di attori che potessero, insieme a noi, riscoprire e reinventare un bagaglio di tecniche adatte a questo genere.

La farsa si occupa inoltre della lotta per il potere, che oggi come ieri è legata al possesso del denaro, ed è crudelmente classista. Il lieto fine d’obbligo avviene sempre grazie al meccanismo dell’agnizione: alla fine la fanciulla povera può sposare il figlio del ricco borghese che ama perché si scopre che lei è in realtà la figlia del principe, e quindi non ci sono più barriere di censo ad impedire il matrimonio. Con questa soluzione “da favola” dei contrasti, l’agnizione nella farsa (come il deus ex machina nel teatro greco) segnala allo spettatore lo scacco tra la realtà della sua condizione e la natura finzionale delle vicende dei personaggi sulla scena.

Proprio nel momento in cui sulla scena tutto si risolve per il meglio ed esplode la festa, lo spettatore diventa cosciente che queste cose avvengono solo in sogno o a teatro. Lo spettatore sa di non essere in realtà il figlio di un principe e che ci sarà sempre, tra lui e coloro che “hanno”, una barriera insuperabile.

Nella nostra stessa società di oggi, liquida, aperta, trasversale, non serpeggia la sensazione che l’unica differenza di classe rimasta sia quella dei soldi, e che il mito dell’uomo di successo che si è fatto da sé rappresenta l’eccezione alla legge dell’impermeabilità tra la classe sociale di chi, da generazioni, detiene i soldi e quella di chi non li ha mai avuti?

L’ultimo fatto che mi ha spinto poi verso la farsa – conclude Civica – è il gusto per una sfida pericolosa. A differenza di tutti gli altri generi teatrali, la farsa fornisce una prova del nove immediata della sua riuscita: la risata del pubblico. Non ci sono scuse con la farsa, o il pubblico ride, e ride tanto, oppure si è fallito: la risata è d’obbligo. L’unica cosa che un po’ mi tranquillizza nel camminare sulla corda di questo “o la va o la spacca” è quella di avere la fortuna e il privilegio di lavorare su un testo di Armando Pirozzi e con un gruppo di incredibili attori: Alberto Astorri, Salvatore Caruso, Alessandra De Santis, Monica Demuru, Vincenzo Nemolato, Aldo Ottobrino.

I costumi dello spettacolo sono di Daniela Salernitano (vincitrice del David di Donatello per i costumi del film Ammore e malavita), le luci di Roberto Innocenti.

“Vangelo secondo Lorenzo”: al Metastasio la storia del priore di Barbiana

In occasione del cinquantenario dalla morte di Don Lorenzo Milani, da stasera, mercoledì 4 a domenica 8 aprile, al Teatro Metastasio, andrà in scena “VANGELO SECONDO LORENZO”, un viaggio nel mondo del Priore di Barbiana che racconta la preziosa rarità del suo pensiero vibrante e radicale.

Evento coprodotto da Arca Azzurra Teatro, Elsinor Centro di produzione Teatrale e Teatro Metastasio di Prato per Fondazione Istituto dramma popolare di S. Miniato.

Vangelo secondo Lorenzo – regia Leo Muscato – ph Ilaria Costanzo

Scritto a quattro mani assieme a Laura Perini da Leo Muscato, che ne è anche regista, lo spettacolo, debuttato a San Miniato lo scorso luglio, concentra in due atti un corpus monumentale di testimonianze, lettere, racconti e varie pubblicazioni che ricostruiscono le vicende del priore e di quanti gli furono accanto: si tratta di una narrazione che ripercorre le fondamentali tappe di snodo della sua avventura umana, sociale e spirituale, seguendo in particolare le due stagioni che hanno contraddistinto la sua breve vita, Vita da cappellano e Vita da priore, segnando poi i confini territoriali dove iniziò e concluse il suo apostolato sacerdotale: Calenzano prima e Barbiana dopo.

Il periodo a Calenzano, dal ’47 al ’54, racconta gli anni appena successivi all’ordinazione a sacerdote, la scuola popolare per giovani operai e contadini, l’opposizione alla Curia fiorentina; il secondo, dal ’54 al ’67, è dedicato agli anni di Barbiana, sul monte Giovi, dove don Milani proseguì la sua opera di educazione del popolo, e dove aprì la celebre scuola che fu uno degli esperimenti di pedagogia più interessanti del dopoguerra.

In una scenografia ridotta all’osso, a dar voce e corpo a Lorenzo Milani c’è Alex Cendron, mentre sono dieci gli attori che impersonano i circa cinquanta personaggi che popolano il testo – Alessandro Baldinotti, Giulia Colzi, Andrea Costagli, Nicola Di Chio, Silvia Frasson, Dimitri Frosali, Fabio Mascagni, Massimo Salvianti, Lucia Socci, Beniamino Zannoni –, e cinque i bambini che vestono i panni degli allievi della scuola di Barbiana.

Non un ritratto agiografico edulcorato, dunque, ma la vera scomoda storia che don Lorenzo Milani raccontava ai parrocchiani per illuminarli sulla loro condizione di sfruttati, la verità dello scandalo che suscitò con le sue parole anarchiche e rivoluzionarie e, sullo sfondo, i forti conflitti politici, sociali ed ecclesiastici dell’epoca, l’aspro scontro tra comunisti e anticomunisti, la presenza di gravi ingiustizie sociali nel lavoro e le tensioni nel mondo cattolico alla vigilia del Concilio Vaticano II.

Prenotazione obbligatoria entro domani, giovedì 5 aprile, scrivendo a cometa@metastasio.it

 

Prima assoluta al Fabbrichino, con Gioia Via Crucis per Simulacri

In prima assoluta, prodotto dal Teatro Metastasio di Prato in collaborazione con Teatro Metropopolare, da domani a venerdì 30 marzo, alle ore 20.45, al Teatro Fabbrichino debutta Gioia via crucis per simulacri, uno spettacolo scritto, diretto e interpretato da Livia Gionfrida.

Livia Gionfrida è una regista, drammaturga e attrice di origine siciliana che vive da anni a Prato. Formatasi con Luca Ronconi, Elena Bucci, Carlo Boso, Pepe Robledo, Emma Dante, Davide Iodice, ha alternato il suo lavoro solo come attrice con diversi artisti della scena italiana e europea (con Vladimira Cantoni, Elena Bucci, Compagnia Laminarie, gruppo Libero-Teatro San Martino, Angela Malfitano, Marian Zhunin, Pippo Delbono, Pietro Lassandro, Ricardo Bartìs, Bottega Apocrifi, Viktor Alimpiev, Sandro Mabellini) a quello con il collettivo Teatro Metropopolare, fondato nel 2007 insieme a artisti provenienti dal mondo dell’arte, del teatro e del cinema. Con Metropopolare ha messo in scena come drammaturga, regista e attrice diversi spettacoli presentati in importanti festival e selezionati finalisti in prestigiosi premi nazionali. Da anni dirige un gruppo di ricerca teatrale formato da attori-detenuti e artisti del collettivo nel Laboratorio Metropopolare della Dogaia, all’interno della Casa Circondariale La Dogaia di Prato.

Gioia via crucis per simulacri è un monologo pieno di sofferenza di una madre che ricostruisce la storia del figlio, un ragazzo ‘testa di legno’ che decide giovanissimo di intraprendere la cattiva strada e di lanciarsi in una grande Impresa che lo condurrà tra le braccia di un ingiusto e paradossale destino.

Un racconto in cui, in un ribaltamento finale di personaggi buoni e cattivi, lui ‘tutto sbagliato’ passa da colpevole a vittima. La rappresentazione, il racconto, sono per la madre l’unico strumento per cercare di capire, per ricostruire i fatti e farsi una ragione della perdita e dell’ingiustizia subita.

In scena dialetto siciliano e animazioni video si alimentano di suggestioni letterarie e simboli provenienti dall’immaginario religioso, fatti di cronaca e interviste realizzate in carcere. Ne viene fuori una singolare drammaturgia originale che parla d’amore universale, del mistero della vita e della morte e della sua rappresentazione.

Note di regia:

Da qualche anno ho nella testa l’idea di fare uno spettacolo che parli di morti ammazzati per mano dello Stato. Non è un argomento facile per me. Lavoro in carcere, dove da molto tempo conduco una singolare esperienza di ricerca teatrale. Ho conosciuto in questi anni molti detenuti e conosco il duro impegno di chi, agenti e operatori, opera all’interno degli istituti di pena, ma per mia stessa natura non sono interessata a tracciare un confine netto tra buoni e cattivi e amo semmai interrogarmi intorno alla natura umana. Chissà, forse è proprio per questo che faccio teatro, ed è ancora per questa ragione che negli ultimi anni ho scelto come residenza artistica ideale, un istituto penitenziario.

Non ho mai pensato né prodotto spettacoli del genere che viene definito ‘sociale’, né tantomeno mi sono mai occupata del cosiddetto genere ‘civile’, anche se conosco e stimo alcune importanti esperienze che si definiscono così. Ci sono però alcune storie che sento maturare dentro di me e che ho bisogno di trasformare in domande, in immagini e carne.

Le storie di Stefano Cucchi e di altri che come lui hanno attraversato insieme alle loro famiglie un terribile calvario, le vicende e i crimini commessi lungo la cattiva strada che alcuni detenuti mi hanno raccontato in questi anni, hanno acceso in me la necessità di provare a scrivere questo monologo. Che non vuole essere ‘civile’ ma che spero diventi, semplicemente ‘teatro’.

Il lavoro qui proposto fa parte di un fecondo progetto che ha dato vita a studi autonomi e molto distanti tra loro. Gioia ne rappresenta lo sviluppo, il punto estremo senza ritorno, in cui nascita e morte si incrociano e perdono i contorni.

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