L’importanza del coraggio alla Pergola: dialogo sul libro di Paolo Crepet

Oggi, 5 febbraio, alle ore 18, Paolo Crepet e Gabriele Lavia dialogano al Teatro della Pergola sull’ultimo libro dello psichiatra e scrittore, Il coraggio. Crescere, educare, vivere, edito da Mondadori.

Il volume offre a genitori, educatori e anche ai nativi digitali, un ipotetico inventario di alcune declinazioni del coraggio in vari ambiti dell’esperienza umana (il coraggio di educare, dire no, ricominciare, avere paura, scrivere, immaginare, creare).

“È concepito – spiega Crepet – come un’associazione di idee, un brain-storming, per stimolare adulti e non ancora adulti a credere in se stessi, ad affermare le proprie idee e vocazioni, la propria libertà e autonomia, per non rinunciare ai sogni e costruirsi la giusta dose di autostima”.

Il coraggio di cui parla Paolo Crepet è soprattutto quello che dobbiamo inventarci tutti noi per creare un mondo nuovo, quello che i giovani devono ritrovare per iniziare un nuovo rinascimento ideale ed etico.

Un tempo il coraggio, nella sua accezione di ardimento fisico, era solo opera dell’umano, poi le macchine se ne sono impossessate: non più il guerriero armato delle sue mani, ma di mitragliatrici, carri armati, lanciafiamme, cacciabombardieri. Un po’ come accade ora con la tecnologia: fino a trent’anni fa occorreva pronunciarsi, scrivere, telefonare e quindi esporsi. Oggi si può comunicare, anzi si è indotti a farlo, senza un’interfaccia umana, senza rischi né paura di compromettersi. E le umane virtù vengono delegate a ciò che umano non è. A partire dal suo ultimo libro edito da Mondadori, Il coraggio. Crescere, educare, vivere, Paolo Crepet dialoga con Gabriele Lavia al Teatro della Pergola, lunedì 5 febbraio, ore 18, sul coraggio e la forza d’animo che stanno diventando sempre più astrazioni virtuali, svuotate di senso, per uomini e donne che vagano senza bussola, giovani accecati dal presente e vecchi incartapecoriti nel ricordo. L’ingresso all’incontro è libero fino a esaurimento dei posti disponibili.

“Ho voluto parlare di coraggio perché il coraggio manca – spiega Crepet – ‘coraggio’ è parola sacra, luce della vita, senza la quale non possiamo fare nulla. Viviamo in una realtà complicata che ha bisogno di coraggio, soprattutto da parte dei giovani, per essere reinterpretata: il coraggio di intraprendere il futuro, di rischiare, immaginare, avere una visione del mondo. Il coraggio è la forza del cuore: a metà strada tra la mente e le viscere, la ragione e la passione”.

Dunque, l’obiettivo del testo è fronteggiare “la più grande urgenza sociale odierna” e nel farlo lo psichiatra e scrittore parte dalla convinzione che la parola ‘coraggio’ debba essere reinventata, non attualizzata: se essa fa riferimento a una forza morale, c’è da chiedersi che cosa significhi oggi possederla e consolidarla. Ma solo partendo da qui si può pensare il futuro.

“Il coraggio – conclude Paolo Crepet – è proprio quella forza che tende a immaginare il futuro, è l’elemento visionario che fa la differenza nelle scelte umane. In questo preciso momento storico c’è bisogno di tanto coraggio per affrontare ed inventare il futuro. Quanto alle nuove generazioni, il coraggio è anche paura, consapevolezza dei propri limiti, ma anche l’energia per superali. Il mio libro vuole stimolare tutti a credere in se stessi e a sognare con coraggio”.

L’ingresso all’incontro è libero fino a esaurimento dei posti disponibili.

Alessandro Preziosi interpreta Van Gogh al Teatro della Pergola

Alessandro Preziosi è Van Gogh al Teatro della Pergola di Firenze da martedì 6 a domenica 11 febbraio. Il testo, Vincent Van Gogh – L’odore assordante del bianco, è uno dei primi scritti da Stefano Massini, Premio Tondelli Riccione Teatro 2005.

“Van Gogh nel 1889 è rinchiuso nel manicomio di Saint-Paul de Mausole in Provenza – afferma Preziosi – ci appare nella devastante neutralità del vuoto: il bianco. È nel dato di fatto che si rivela e indaga la sua disperazione. Si esplora il suo ragionato tentativo di sfuggire all’immutabilità del tempo, all’assenza di colore alla quale è costretto, a quell’irrimediabile strepito perenne di cui è vittima cosciente”.

Lo spettacolo, diretto da Alessandro Maggi, vede la partecipazione di Francesco Biscione e Massimo Nicolini, Roberto Manzi, Alessio Genchi, Vincenzo Zampa. Scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta, disegno luci di Valerio Tiberi e Andrea Burgaretta, musiche di Giacomo Vezzani. Una produzione Khora.teatro, in coproduzione con TSA – Teatro Stabile D’Abruzzo, in collaborazione con Spoleto Festival dei 2Mondi.

Saint-Paul de Mausole, appena fuori Saint Rémy, è un antico monastero della Provenza diventato ospedale psichiatrico nel 1855. Vincent Van Gogh si fa internare volontariamente l’8 maggio 1889, dopo essersi amputato l’orecchio ad Arles, e vi resta 53 settimane, nelle quali dipinge 150 tele firmandone solo sette, alcune delle quali capolavori immortali, come Gli Iris, La camera di Vincent ad Arles, L’autoritratto blu, L’Arlésienne, La notte stellata, terribile notte dove la luna è un sole che precipita, il cipresso un coltello nero e gli astri sanguinano. Dopo averla conclusa, nel dicembre 1889, tenta di avvelenarsi inghiottendo colori a tempera e bevendo il cherosene delle lampade.

“Questo spettacolo parla di un uomo-bambino che non vuole accettare la realtà – spiega Preziosi – e soprattutto non vuole accettare la sua malattia. Solo in questa direzione, non respingendo quello che lui realmente è, riesce a vedere quello che gli altri non capiscono e può continuare ancora a dipingere. È un Van Gogh di cui noi, spettatori di oggi, biograficamente conosciamo tutto e scopriamo anche un uomo che non era poi così folle. La sua follia era legata a una necessità riproduttiva della realtà, condizione insita del suo essere artista, che gli procurava una compulsione emotiva fortissima”.

Nasce così un multiforme discorso sull’artista e sulle sue possibilità di esprimersi, che chiama in causa le fonti di ispirazione, la condanna al silenzio, la riproducibilità della sua opera, l’enigma stesso dell’arte e del suo rifrangersi sulla vita. La vicenda si apre con la visita di Theo, ma il pittore internato stenta a capire se si tratti solo della sua immaginazione. Di lì a poco, questo dubbio investe ogni elemento della pièce e anche agli spettatori, a un certo punto, è tolta la possibilità di comprendere se quello che vedono esiste solo nella mente del personaggio o è la realtà storica dei fatti. Nel manicomio, però, Van Gogh incontra anche medici illuminati, che s’interrogano sull’identità del paziente, sperimentano nuove cure e la terapia dell’ipnosi. In scena con Preziosi ci sono Francesco Biscione e Massimo Nicolini, Roberto Manzi, Alessio Genchi, Vincenzo Zampa. Le scene e i costumi sono di Marta Crisolini Malatesta, il disegno luci è di Valerio Tiberi e Andrea Burgaretta, le musiche sono di Giacomo Vezzani. Una produzione Khora.teatro, in coproduzione con TSA – Teatro Stabile D’Abruzzo, in collaborazione con Spoleto Festival dei 2Mondi.

“Essere Vincent Van Gogh – afferma Alessandro Preziosi – vuol dire essere un uomo con un’anima che prende fuoco, ma la gente che gli sta intorno riesce a percepirne soltanto la superficie, senza guardare l’interiorità e la passione che gli bruciano dentro. La nostra messinscena intende raccontare quali sono i passaggi fondamentali del processo creativo e ciò avviene tramite un approfondimento psicologico della malattia che ha colpito Van Gogh”.

“L’uomo – conclude Alessandro Preziosi – ha la capacità infinita di avvicinarsi alla natura nel momento in cui dipinge o semplicemente cerca di raccontare l’arte. È da questo contatto ancestrale con il fatto naturale che nasce un senso di inadeguatezza e di disagio, gli stessi sentimenti che avvertiva Van Gogh nei confronti della bellezza che andava a rappresentare. Van Gogh ha invaso la mia vita, ho letto e apprezzato tutte le notizie che si possono trovare su di lui: è in questo modo che sono arrivato ad accettarlo e comprenderlo, soprattutto mi sono potuto appropriare di certi aspetti che potevo condividere con lui, ma senza forzature. Questo spettacolo cerca proprio di rendere visibile sulla scena tutto questo intimo procedimento”.

Per informazioni: biglietteria@teatrodellapergola.com

Fondazione Teatro della Toscana, progetto alternanza scuola lavoro

?Firenze, presentato uno dei percorsi del progetto alternanza scuola lavoro della Fondazione Teatro della Toscana, che riguarda la traduzione dal greco antico e la messa in scena de ‘Le Troiane’ di Euripide.

In questo percorso della Fondazione Teatro si cimenteranno circa 65 studenti provenienti da cinque licei classici dell’area metropolitana fiorentina (Dante, Niccolò Machiavelli, Michelangiolo e Marsilio Ficino) e il liceo scientifico Arturo Checchi di Fucecchio. La traduzione elaborata dagli studenti sarà il copione del nuovo spettacolo del Maestro Gabriele Lavia.

Sono più di 2.300 gli studenti delle scuole secondarie di 2° grado coinvolti per la stagione 2017.2018 nei vari percorsi di alternanza scuola-lavoro dalla Fondazione Teatro della Toscana.

Di questi oltre 250, provenienti da 15 istituti superiori   dell’area   metropolitana fiorentina, partecipano al progetto l mestieri dello spettacolo, ideato dal Centro Studi della Fondazione in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale della Toscana.

Gimmy Tranquillo ha intervistato il Maestro Gabriele Lavia ed alcuni dei ragazzi che partecipano al progetto:

https://www.controradio.it/wp-content/uploads/2018/01/180119_ALTERNANZA-SCUOLA-LAVORO_LAVIA-RAGAZZI.mp3?_=1

Il progetto è  stato  sviluppato  all’interno del protocollo  d’intesa  siglato  nel marzo  2017 tra  la Fondazione e l’Ufficio  Scolastico Regionale finalizzato alla creazione di un sistema integrato  teso a facilitare  l’inserimento degli studenti  in percorsi di alternanza ed in particolare  per il progetto l mestieri dello spettacolo, per sviluppare nei ragazzi la conoscenza dei luoghi di produzione culturali, come il teatro, attraverso il loro inserimento diretto e concreto nella realtà lavorativa.

Dopo una fase preliminare di formazione ed orientamento sul luogo teatrale e il contesto operativo comune a tutti gli studenti, segue il lavoro sul campo nei seguenti settori: comunicazione e promozione, centro studi, traduzione, museo e visite guidate, palcoscenico, laboratorio di scene e costumi, accoglienza sala. Il modulo introduttivo, iniziato dicembre scorso, prevede lezioni frontali, laboratori, visite guidate, visione di spettacoli e incontri con gli artisti; il modulo operativo si concentra invece sull’approfondimento, l’affiancamento e la realizzazione di progetti in  aree circoscritte  della ‘macchina’ teatrale.  Al termine del progetto, a maggio 2017, tutti gli studenti coinvolti daranno vita ad una giornata conclusiva di restituzione dell’esperienza presso il Teatro della Pergola

Inoltre, la Fondazione collabora ai progetti di alternanza scuola-lavoro promossi da Gallerie degli Uffizi, Musei del Bargello e Polo Museale della Toscana, che uniscono l’educazione al patrimonio artistico e paesaggistico con lo sviluppo delle capacità creative ed espressive degli studenti.  In particolare per la stagione 2017.2018 la Fondazione si occupa della realizzazione dei moduli di formazione relativi alla capacità di comunicazione in pubblico per i circa 2.000 studenti dei percorsi Ambasciatori dell’Arte, Ambasciatori del Verde, Professionalità culturali, e di quelli relativi alla realizzazione scenica per  i circa  100  studenti  dei  percorsi  Panchina delle  Fiabe e  Le  statue raccontano.

Istituti Superiori partecipanti al progetto di alternanza scuola lavoro l mestieri dello spettacolo: IPSSEOA Bernardo Buontalenti, IPSSEOA Aurelio Saffi, ITI Marco Polo, ISIS Piero Calamandrei, ISIS Piero Gobetti Alessandro Volta, Liceo Artistico Leon Battista Alberti, Liceo Ginnasio Dante, Liceo Classico Michelangiolo, Liceo Classico Niccolò Machiavelli, Liceo Scientifico Guido Castelnuovo, Liceo Scientifico Leonardo da Vinci, Liceo Scientifico Antonio Gramsci Liceo Scientifico Niccolò Rodolico, Istituto Superiore XXV aprile (Pontedera), Liceo Classico Marsilio Ficino (Figline Valdarno) ISIS Arturo Checchi (Fucecchio).

Lavia al Teatro Era, in prima nazionale ne’ Il Padre

La fondazione Teatro della Toscana presenta, in prima nazionale al Teatro Era di Pontedera sabato 13 e domenica 14 gennaio e alla Pergola di Firenze da martedì 16 a domenica 21 gennaio, ‘Il Padre’, diretto e interpretato da Gabriele Lavia.

Dopo Brecht e Pirandello, Gabriele Lavia si confronta per la terza volta nella sua carriera con Il padre di Strindberg. Sul palco al fianco di Lavia, Federica Di Martino. La casa, la famiglia, la resa dei conti, motivi simbolici per il drammaturgo svedese, vengono qui portati a un confronto ultimativo, che si impone con la lucidità dell’allucinazione.

“L’azione di quest’opera – afferma Gabriele Lavia – è tutta interiore e stretta nella morsa tragica dell’unità di tempo, luogo e azione nella quale deve essere compiuto il ‘delitto perfetto’: l’omicidio psichico. Il nostro spettacolo precipita l’azione dentro una vertigine di velluto rosso sangue dove il quieto salotto familiare comincia ad ‘affondare’ nel naufragio di ogni certezza. È il naufragio del mondo e della storia. Ma forse la vita non è altro che un naufragio”.

Il Capitano di cavalleria Adolf viene a scontrarsi con la moglie Laura sull’educazione da impartire alla figlia Berta. La consorte non esita a instillare nell’animo dell’uomo un dubbio atroce: la sua stessa paternità. Il lungo calvario mentale di Adolf lo sprofonda in un’angoscia devastante, fino a farlo precipitare, prosegue Lavia, “nell’abisso della perdita di ogni ‘certezza ontologica’ dello statuto virile della paternità”.

“Scritto con un’ascia, non con la penna”. Così August Strindberg definisce Il padre composto in una manciata di mesi nel 1887 che della tragedia, nel senso più autentico del termine, rivendica tutti i paradigmi, mettendo a nudo i nodi irrisolti di un rapporto coniugale inaridito in regole che hanno reso moglie e marito estranei l’una all’altro, rivali, nemici.

“L’intreccio del Padre – spiega Gabriele Lavia – è semplicissimo. Un marito sospetta che la moglie lo abbia tradito e che la figlia sia figlia di un altro. Marito, moglie, figlia e…l’altro. Un intreccio, diciamolo pure, banale, che nelle mani di Strindberg diventa un ‘abisso’. O, meglio, il precipitare nell’abisso della perdita di ogni ‘certezza ontologica’ dello statuto virile della paternità e l’avvento della condizione di ‘incertezza dell’essere’ dell’uomo che, dunque, deve fare i conti con la cultura, la storia e addirittura, poiché Strindberg scrive una tragedia classica, con il mito”.

Gabriele Lavia interpreta il marito, il Capitano di cavalleria Adolf, Federica Di Martino è la moglie Laura. Il cast si compone poi di Giusi Merli (La Balia), Gianni De Lellis (Il Pastore), Michele Demaria (Il Dottor Östermark), Anna Chiara Colombo (Berta, la figlia), e dei giovani attori diplomati alla Scuola ‘Orazio Costa’ del Teatro della Toscana, Ghennadi Gidari (Nöjd), Luca Pedron (L’Attendente). Le scene sono di Alessandro Camera, i costumi di Andrea Viotti, le musiche di Giordano Corapi, le luci di Michelangelo Vitullo.

“Siamo alla fine dell’Ottocento e, quindi, ci si muove – prosegue Lavia – in un ambito nel quale, ancora, non è possibile scientificamente provare con certezza la ‘paternità certa’ di un uomo. Solo la madre è certa. Il padre non è certo. Così il Capitano. Il Padre, cioè l’uomo del comando, privato di ogni certezza è condannato a soccombere di fronte alla donna che è più forte, perché ha la ‘certezza dell’essere’. La certezza dell’essere contro l’incertezza del non essere. E se l’essere uomo diventa ‘non essere’, diventa proprio come Amleto, follia”.

La vicenda personale alla quale più o meno precisamente può venir ricondotta l’opera, è in sostanza il matrimonio di Strindberg con Siri von Essen, da lui conosciuta quando è la baronessa Wrangel. Divorziatasi dal marito, Siri sposa Strindberg nel 1877 e gli dà quattro figli, dei quali tre hanno molta parte nella vita di lui. Ma il matrimonio attira e respinge insieme lo scrittore, e con tale veemenza, che egli dopo la prima avrà altre due mogli, ma resterà sempre inquieto e infelice. Il periodo in cui scrive Il padre è quello che precede il divorzio da Siri, sancito nel 1891, ma è pure il momento di sue intense e abbastanza sistematiche letture di psicologia, storia, politica, scienze naturali, e in cui si occupa anche di pittura, fotografia e ipnotismo.

Conclude Gabriele Lavia: “È proprio nel precipitare nella follia che il Capitano Adolf riesce ad affondare il suo ‘caso banale’ di sospetto di ‘corna’ nell’abisso della storia dell’uomo, fino al mito di Ercole (salvatore del mondo) e di Onfale (la grande de-virilizzatrice) che si scambiano i vestiti. Cosicché l’uomo diventa donna e la donna diventa uomo. Onfale con l’inganno s’impossessò della clava di Ercole e della sua pelle di leone, simboli della virilità e della forza. Ed Ercole, ingannato, indossò le vesti della bellissima Onfale, simboli della fragilità e dell’obbedienza. Il nostro Capitano, privato del potere economico e interdetto, impazzito e stretto nel vestito dei ‘pazzi’ (la camicia di forza), indosserà simbolicamente lo scialle profumato della moglie in una vertiginosa proiezione del mito”.

Teatro della Toscana, la compagnia ‘Silvio D’Amico’ al Saloncino ‘Paolo Poli’

Il Saloncino ‘Paolo Poli’, ospiterà tre spettacoli della Compagnia ‘Silvio D’Amico’: Notturno di donna con ospiti,l’ 11 e il 12 gennaio; Un ricordo d’inverno, il 19 e il 20 gennaio; Hamletmachine, 23-25 gennaio. Al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci il 12 e 13 gennaio va in scena le Costellazioni.

Una compagnia che non sia solo un ponte tra la formazione e la professione, ma anche un laboratorio per pensare e creare il teatro del futuro, uno spazio dove sperimentare e sviluppare l’energia creatrice delle nuove leve. Nata con il sostegno di Mibact e SIAE, la nuova Compagnia dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica ‘Silvio D’Amico’ intende permettere ai giovani artisti di arrivare a proporre le proprie opere al più vasto pubblico, in palcoscenici di rilevanza nazionale.

Il Saloncino ‘Paolo Poli’ del Teatro della Pergola accoglie Notturno di donna con ospiti, 11-12 gennaio ore 17:45; Un ricordo d’inverno, 19 gennaio ore 17:45, 20 gennaio ore 18:15; Hamletmachine, 23-25 gennaio ore 20:45.

Notturno di donna con ospiti è uno studio sulla versione del 1982, di Annibale Ruccello, del regista Mario Scandale, con Arturo Cirillo nel ruolo della protagonista. Una lunga, folle nottata: questo serve e questo basta ad Adriana, madre incinta, sola e oppressa, per decidere di fuggire dalla prigione della sua esistenza, quando una sera, strane presenze, si introducono in casa sua. Improvvisamente riaffiorano senza una logica i fantasmi del passato, le proiezioni del suo inconscio, i sogni e i desideri repressi.

Con una scrittura leggera quanto amara, fra dramma, la commedia e thriller, lo spettacolo dal ritmo rappresenta a pieno il drammaturgo napoletano scomparso a soli trent’anni nell’86, dopo aver scritto una delle pagine più belle del teatro contemporaneo.

“L’operazione – spiega Mario Scandale – chiaramente meta teatrale, con l’invenzione di un prologo e di un epilogo, in cui l’Uomo, o meglio l’attore, si trasforma senza travestirsi in Adriana e piomba in un sonno che può anche avere le caratteristiche della morte, ha permesso uno studio delle strutture drammaturgiche ruccelliane e del linguaggio, un napoletano inventato e declinato in diverse variazioni tonali e stilistiche, non solo mimetiche e realistiche”.

Accanto ad Arturo Cirillo ci sono Massimiliano Aceti, Simone Borrelli, Giulia Gallone, Luca Tanganelli, Giulia Trippetta, Giovanni Ludeno (Voce Padre), Antonella Romano (Voce Madre). Scene di Dario Gessati, costumi di Gianluca Falaschi, luci di Pasquale Mari.

Le situazioni meno verosimili mostrano una straordinaria capacità di attrattiva. Scritto e diretto da Lorenzo Collalti, già Premio SIAE nel 2014 e nel 2015, Un ricordo d’inverno ha vinto il bando “Nuove Opere” – SIAE SILLUMINA e vuole raggiungere ogni tipo di spettatore con una drammaturgia che costruisce innumerevoli legami con il reale provocando sensazioni, sentimenti e riflessioni condivise e condivisibili.

“È il viaggio di un artista – afferma Lorenzo Collalti – all’interno di un mondo nuovo: un itinerario alla ricerca dell’ispirazione, costellato da incontri inattesi e diversamente illuminanti”.

Con Grazia Capraro, Luca Carbone, Stefano Guerrieri, Agnieszka Jania, Michele Ragno, Pavel Zelinskiy. Scene di Dario Gessati, costumi di Gianluca Falaschi, musiche di Laurence Mazzoni, luci di Sergio Ciattaglia.

Dopo 31 anni torna Hamletmachine, di Heiner Müller, nella visione di Bob Wilson. Müller e Wilson condividono un misticismo pieno di immagini apocalittiche, distante tanto dalle convenzioni del teatro commerciale americano, tanto dalla pietà del socialismo realista.

Una meditazione su Amleto e miriadi di altri argomenti, da altre opere di Shakespeare fino all’insurrezione ungherese del 1956, fino a un tipo di vendetta femminista sulla mascolinità incerta, che non racconta una storia e non sviluppa personaggi nel senso tradizionale.  L’opera non si manifesta unicamente visivamente, ma piuttosto acusticamente, con un’estrema chiarezza e plasticità.

Con Liliana Bottone, Grazia Capraro, Irene Ciani, Gabriele Cicirello, Renato Civello, Francesco Cotroneo, Angelo Galdi, Alice Generali, Adalgisa Manfrida, Paolo Marconi, Eugenio Mastrandrea, Michele Ragno, Camilla Tagliaferri, Luca Vassos, Barbara Venturato. Ideazione, regia, scene e luci di Robert Wilson, costumi di Micol Notarianni dai disegni originali di William Ivey Long, make up di Manu Halligan.

Una teoria della fisica quantistica sostiene che esiste un numero infinito di universi: tutto quello che può accadere, accade da qualche altra parte e per ogni scelta che si prende, ci sono mille altri mondi in cui si è scelto in un modo differente. Il talentuoso drammaturgo inglese Nick Payne prende questa teoria e la applica a un rapporto di coppia in Costellazioni, al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci il 12 e 13 gennaio ore 21, con in scena Aurora Peres e Jacopo Venturiero diretti da Silvio Peroni.

Nello spettacolo si analizzano i momenti cruciali della relazione di Orlando e Marianna: dalla conoscenza, alla seduzione, al matrimonio, al tradimento, alla malattia, alla morte. Payne mostra ripetutamente, le possibilità e i diversi modi in cui i loro incontri sarebbero potuti andare a causa di fattori che vanno dalle relazioni precedenti alle parole e al tono di voce impiegati. Marianna e Orlando si incontrano, sono fidanzati, non sono fidanzati, fanno sesso, non fanno sesso, si perdono, si ritrovano, si separano e si incontrano di nuovo

Monica Guerritore al Teatro della Pergola con “Mariti e mogli”

Lo spettacolo che accompagnerà la fine dell’anno allo storico teatro di Firenze tratto dall’omonimo film del 1992 diretto da Woody Allen

Nel 1992 usciva al cinema il film Mariti e mogli di Woody Allen, l’ultimo realizzato prima della fine della relazione con Mia Farrow dopo lo scandalo di Soon-Yi Previn, figlia adottiva della Farrow e ora moglie del regista. Nel cast Mia Farrow, Sidney Pollack, Judy Davis, Liam Neeson, Juliette Lewis e lo stesso Allen.

Ora quel film è diventata una pièce teatrale che va in scena per le feste di Natale al Teatro della Pergola di Firenze, da mercoledì 27 dicembre a martedì 2 gennaio (domenica 31 dicembre doppia replica: ore 15:45 in abbonamento, ore 20:30 fuori abbonamento). Una versione adattata per il palcoscenico da Monica Guerritore, con al centro le crisi coniugali e i tradimenti, gli argomenti preferiti di Woody Allen.

Sul palco Monica Guerritore e Francesca Reggiani, per la prima volta insieme, interpretano le mogli. I mariti sono Ferdinando Maddaloni e Cristian Giammarini, insieme sul palco con Enzo Curcurù, Lucilla Mininno, Malvina Ruggiano, Angelo Zampieri. Una produzione ArtistiAssociati, in collaborazione con Pierfrancesco Pisani, Parmaconcerti.

“L’incipit e anche lo svolgimento ricorda Scene da un matrimonio di Bergman – racconta Monica Guerritore – ed è questo il motivo per cui Woody Allen mi ha concesso di adattare il suo film. All’inizio ho fatto una scheda spiegando che avrei trasformato il posto dove ci si riuniva in una sala da ballo, visto che non potevo ricreare Manhattan. Il suo avvocato aveva detto di sì, ma quando Allen ha avuto sotto mano il copione, ha detto di no. Ero disperata. Poi l’ho convinto attraverso un amico che lavorava con lui: le parole Bergman, Strindberg (perché ho fatto tanto Strindberg) e Scene da un matrimonio l’hanno convinto”.

Tradendo quindi le location realistiche del film, lo spettacolo evoca, nel solo palcoscenico trasformato in sala da ballo, i tanti luoghi delle vite coniugali. Nella simultaneità delle relazioni e degli intrecci clandestini, delle rotture e improvvise riconciliazioni, trapelano le piccole altezze di questi esseri umani. L’improvviso perdersi in danze all’unisono su musiche da Louis Armstrong a Etta James, rivela là, sul fondo, Čechov e il tempo che intanto scivola via.

“Il nostro Mariti e mogli – interviene Francesca Reggiani – è un girotondo di amori e amanti in cui Cupido, qui piuttosto sbadato, si diverte a scagliare frecce. Un bancone di un bar, una zona dove due poltrone creeranno un letto, due tavolini accostati per poter mangiare tutti insieme e poi riprendere le lezioni di ballo, le relazioni o i divorzi mentre arriva l’alba. Le dinamiche matrimoniali saranno affrontate in quella sala. È lì, in quella notte, che le insofferenze, i tradimenti e i desideri verranno rivelati, mentre (in segreto) ogni personaggio si aprirà in improvvise confessioni fatte al pubblico per averne comprensione e approvazione”.

Il jazz immerge immediatamente lo spettatore nel clima di Woody Allen, mentre Strindberg e Bergman vengono evocati nelle dinamiche tra mariti e mogli, la danza e il vino e la notte liberano il corpo e le sue energie. Il resto è l’eterno racconto dell’amore.

“Il teatro è una delle forme comunicative più forti – conclude Monica Guerritore – per via dell’energia della comunicazione corpo a corpo, non c’è travisamento né forzatura. In un mondo in cui non c’è necessità di cronaca, documentario, di far vedere le cose come sono, ma di trasfigurarle per far arrivare al pubblico un messaggio attraverso la visione artistica, il teatro è la chiave di volta. I rapporti tra mariti e mogli sono trasfigurati nel nostro spettacolo ed è questo che li rende riconoscibili a noi tutti. Sono persone come noi, non c’è nessuna finzione”.

Biglietteria

Teatro della Pergola, Via della Pergola 30, Firenze

055.0763333 – biglietteria@teatrodellapergola.com.

Dal lunedì al sabato: 9.30 / 18.30

Circuito regionale Boxoffice e online su www.boxol.it/TeatroDellaPergola/it/advertise/mariti-e-mogli/213328

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