Save the Children, Toscana al 4° posto nell’Indice delle Madri sulle regioni più o meno amiche delle mamme

Firenze, secondo Save the Children, la Toscana sarebbe al quarto posto nell’Indice delle madri sulle regioni più o meno amiche delle mamme e al terzo nella dimensione della rappresentanza, ma al diciassettesimo nella dimensione demografia.

È quanto emerge dall’8/o rapporto ‘Le Equilibriste’ di Save the Children, diffuso oggi in prossimità della Festa della Mamma, che traccia un bilancio aggiornato delle molte sfide che le donne in Italia devono affrontare quando diventano mamme.

Come ogni anno, lo studio include anche l’Indice delle madri, elaborato dall’Istat per Save the Children, classifica delle regioni italiane stilata in base alle condizioni più o meno favorevoli per le mamme basata su 7 dimensioni: demografia, lavoro, servizi, salute, rappresentanza, violenza, soddisfazione soggettiva, per un totale di 14 indicatori.

“Il valore del Mother’s index, pari a 100 – si spiega -, rappresenta il termine di riferimento rispetto al quale cogliere una condizione socioeconomica più favorevole per le donne”.

La Toscana, con un Mother’s index pari a 108,7 si posiziona al quarto dell’Indice generale delle regioni più o meno amiche delle mamme, preceduta da Valle d’Aosta (110,3), Emilia-Romagna (112,1) e Provincia Autonoma di Bolzano (118,8). Per quanto riguarda l’area della demografia, la Toscana (96,5) si colloca è solo al 17/o posto, ex equo con Lazio e Marche e molto lontana dalle regioni più virtuose che sono la Provincia Autonoma di Bolzano (138,5), quella di Trento (114,5), seguite da Sicilia (112,8), Campania (111,1) e Calabria (106,8).

Per il lavoro Emilia-Romagna (109,1), Piemonte (108,9), Valle d’Aosta (107,9) e Lombardia (106,2), occupano i primi posti, ovvero sono regioni dove per le madri è più facile trovare un impiego, non subire riduzioni di orario non volontarie o tenere un lavoro dopo la nascita di un figlio. In questa dimensione la Toscana (104,6) si colloca al 6/o posto.

Per la rappresentanza, relativa alla percentuale di donne in organi politici a livello locale peregione, la Toscana (122,8) è 3/a dopo Umbria (128,4) e Veneto (123,4). Per la salute, che riguarda mortalità infantile nel primo anno di vita e consultori attivi per abitante, spiccano Valle d’Aosta (140,9), Provincia Autonoma di Bolzano (117,6), Emilia-Romagna (110,4), mentre la Toscana è quarta (110,2).

La Toscana (118,9) è invece quinta dietro le Province autonome di Trento (131,3) e di Bolzano (126,3), Valle d’Aosta (122,2) e Emilia-Romagna (119,3) tra le regioni più virtuose per i servizi offerti alle mamme e ai loro bambini (asili nido, mense scolastiche, tempo pieno). Per la dimensione della soddisfazione soggettiva la Toscana (102) si colloca all’11/o posto.

Quanto all’area violenza di genere, che riguarda la presenza di centri antiviolenza e case rifugio, la regione Toscana (110,7) si colloca al 7/o posto.

“Accantonati. Ancora una volta”

‘Accantonati’. Così definiva Arturo, liceale fiorentino, la sua generazione per la percentuale del 50% di ritorno in presenza. Come dovrà sentirsi oggi nel vivere questa ennesima ritrattazione? Questa ennesima mediazione al ribasso sulla pelle della sua generazione?

Una beffa che si aggiunge al danno proprio nel giorno in cui l’indagine Ipsos per Save thSave the e Children parla degli effetti della DAD sulla dispersione scolastica contando una popolazione di 34 mila giovani a rischio perché demotivati, deconcentrati, sfibrati da connessioni lente, spezzatini digitali di lezioni, auricolari e video per una scuola somministrata come un medicinale e non vissuta nella sua reale valenza formativa fatta anche di socialità, scambio e presenza.

“Se il rapporto dell’ISS attesta che le scuole, dove le mascherine vengono indossate e tutte le regole di distanziamento vengono rispettate, non sono focolaio di contagio, dobbiamo avere il coraggio politico di far tornare gli studenti in presenza. E se il problema è quello del trasporto pubblico, allora lo si deve riorganizzare o potenziare di conseguenza e senza indugi. Siamo tutti stanchi di polemiche politiche che a volte sembrano pretestuose”. Lo dice il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli.

Ma quando le Istituzioni, già distanti in quanto Autorità, non si dimostrano all’altezza delle promesse e degli impegni non solo si allontanano ancora di più da quella ‘generazione Covid’ che con i lasciti psicologici e cognitivi dovrà fare i conti, ma deludono, tradiscono, spingono ancora di più in quelle stanze fisiche e virtuali in cui le mura saranno sempre più alte.

Inutile parlare di mediazione trovata, accordo raggiunto, punto di caduta. Le trattative politiche, le resistenze regionali e sindacali, le inadeguatezze istituzionali non hanno giustificazioni di fronte agli occhi e alle coscienze di coloro ai quali deve essere garantito un futuro non solo di sicurezza sanitaria ma di esercizio del proprio diritto all’istruzione. Eppure sulla scuola ricadono tutte le inadeguatezze di un sistema che ha lasciato la formazione educativa, cognitiva e psicologica ai margini della gestione pandemica.

Chi parla di scelta dolorosa ma necessaria,  non ha realmente compreso dove sia il problema o il problema non lo sa risolvere. Intanto per quasi un adolescente su due è stato ‘un anno sprecato’ e non ci sarà  ristoro che tenga che possa farglielo recuperare.

Chiara Brilli

Save the Children: con DAD cresce abbandono, a rischio 34 mila studenti

Un campanello d’allarme sul rischio di dispersione scolastica. E’ quello che emerge dai dati contenuti nell’indagine ”I giovani ai tempi del Coronavirus”, condotta da Ipsos per Save the Children su un campione di adolescenti tra i 14 e i 18 anni.

Il 28% degli studenti dichiara infatti che almeno un loro compagno di classe dal lockdown di questa primavera a oggi avrebbe smesso di frequentare le lezioni: tra questi, un quarto ritiene che siano addirittura più di 3 i ragazzi che non partecipano più. Un fenomeno, quello delle assenze prolungate che è, di fatto, l’anticamera della dispersione: dai dati raccolti, Save the Children stima che circa 34mila studenti delle scuole secondarie di secondo grado potrebbero aggiungersi a fine anno ai dispersi della scuola. Secondo gli adolescenti intervistati, tra le cause principali delle assenze dalla Dad, c’è la difficoltà delle connessioni e la fatica a concentrarsi nel seguire la didattica dietro uno schermo.

Secondo quanto affermano i ragazzi intervistati, sono previste in media circa 26 ore di Dad settimanali dagli istituti superiori. Guardando alle assenze nell’ultimo mese, la stragrande maggioranza (86%) ha fatto 1 o 2 assenze ma 1 ragazzo su 14 (7%) ne ha collezionate 5 o più di 5. Problemi di connessione e copertura di rete (28%) e problemi di concentrazione durante le lezioni online (26%) i motivi principali che portano a non frequentare regolarmente le lezioni online.

L’8% dichiara di aver fatto più assenze rispetto all’anno scorso, ma la percezione rispetto al trend dei propri compagni di classe è ben diversa: più di 7 ragazzi su 10 (72%) dicono di avere almeno un compagno che sta facendo più assenze rispetto allo scorso anno, un dato che sale in particolare tra i 16-18enni, con 75% contro 69% dei 14-15enni. Più di un ragazzo su 4 (28%) afferma che dal lockdown di primavera c’è almeno un proprio compagno di classe che ha smesso completamente di frequentare le lezioni, in particolare 1 su 3 al Centro Italia. Il 7% afferma che i compagni di scuola ”dispersi” a partire dal lockdown sono tre o più di tre.

“Questo anno ha fortemente condizionato la vita di milioni di bambini e adolescenti e in particolare questi ultimi che hanno subito un allontanamento più lungo dalle aule scolastiche. Si sono ritrovati soli, in una condizione nuova e restrittiva a gestire scuola e relazioni a distanza e non tutti hanno resistito. I numeri ci confermano la preoccupazione profonda per il rischio di un’impennata nella dispersione scolastica: gli studenti hanno subito conseguenze significative dalla DAD che non sempre è stata efficace e che si sta lasciando alle spalle danni forse irreparabili”, denuncia Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children. “È fondamentale agire subito con ristori anche per questi ragazzi, perché stanno perdendo non solo competenze ma soprattutto motivazione, allontanandosi velocemente dalla scuola e, con essa, dalle loro opportunità per costruirsi un futuro. Guardano alla politica con opportunità per costruirsi un futuro.

Guardano alla politica con speranza e curiosità ed è ora che la politica sia all’altezza delle loro aspettative, utilizzando un fondo, Next Generation UE, che proprio alle nuove generazioni dovrebbe essere dedicato, per dare nuova linfa e impulso a combattere un orizzonte con poche prospettive, soprattutto per coloro che vivono in condizioni di difficoltà”.

“In questa crisi troppo a lungo gli adolescenti sono rimasti invisibili. E, come dimostra anche il dibattito di queste ore sulla riapertura degli istituti, l’impatto prodotto su di loro dalla chiusura delle scuole è ancora gravemente sottovalutato”, sottolinea Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa dell’organizzazione. “Corriamo il rischio che le lunghe assenze dalla scuola si trasformino in definitivo abbandono e che tante ragazze e ragazzi, in questa grave crisi economica, finiscano per ingrossare le fila del lavoro sfruttato. Non dimentichiamo che già nel 2019, prima della pandemia, in Italia un ragazzo su otto abbandonava la scuola con in tasca solo la licenza media. Dai territori più difficili dove operiamo ci giungono continui segnali di allarme, nonostante l’impegno di scuole ed educatori. È necessario riaprire subito le scuole in sicurezza con un’offerta educativa potenziata, soprattutto nei territori più difficili, per scongiurare un ulteriore allargamento delle diseguaglianze. Ed è necessario – conclude – dedicare le risorse del Next Generation prioritariamente al futuro dei più giovani, con un forte e concreto investimento di lungo periodo sull’infrastruttura educativa, vera leva per lo sviluppo del Paese”.

Infanzia, Toscana: 1 ragazza su 5 non studia e non lavora, Covid ha acuito disuguaglianze di genere

Save the Children diffonde l’XI edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia “Con gli occhi delle bambine”, con una forte denuncia sulla necessità di intervenire alla radice delle diseguaglianze che colpiscono le ragazze. Urgente intervenire con risorse adeguate nelle “zone rosse” della povertà educativa. Un Paese e una regione, la Toscana, non “a misura di bambino”, ma ancor meno “a misura di bambine”, che si sono trovati ad affrontare l’emergenza Covid-19.  Bambine e ragazze che in Italia pagano sulla loro pelle disuguaglianze di genere sistematiche e ben radicate nella nostra società, che si formano già nella prima infanzia, che le lasciano indietro rispetto ai coetanei maschi e che, con la pandemia, sono deflagrate.

In Italia, circa 1 milione e 140 mila ragazze tra i 15 e i 29 anni rischiano, entro la fine dell’anno, di ritrovarsi nella condizione di non studiare, non lavorare e non essere inserite in alcun percorso di formazione, rinunciando così ad aspirazioni e a progetti per il proprio futuro. Un limbo in cui già oggi, in Toscana, è intrappolato il 18% delle giovani, contro il 13,7% dei coetanei maschi. Percentuali, per quanto riguarda le ragazze, ben lontane dai picchi che si avvicinano al 40% in Sicilia e in Calabria, ma distanti altresì da quelle nei territori più virtuosi, come il Trentino Alto Adige, dove le ragazze Neet sono il 14,6% (comunque quasi il doppio rispetto ai ragazzi, 7,7%).
Divari di genere che a livello nazionale si ripercuotono anche sul fronte occupazionale, con un tasso di mancata occupazione tra le 15-34enni che raggiunge il 33% contro il 27,2% dei giovani maschi, un dato comunque grave. L’istruzione resta un fattore “protettivo” per il futuro delle ragazze, ma anche le giovani che conseguono la laurea stanno pagando cara la crisi: tra le neolaureate che in Italia hanno conseguito il titolo di primo livello nei primi sei mesi del 2019, solo il 62,4% ha trovato lavoro, con un calo di 10 punti percentuali rispetto al 2019, mentre per i laureati maschi – pur penalizzati – il calo è di 8 punti (dal 77,2% al 69,1%), con retribuzioni comunque superiori del 19% rispetto alle neolaureate.

Sono solo alcuni dei dati che emergono dal nuovo Atlante dell’infanzia a rischio “Con gli occhi delle bambine” diffuso a pochi giorni dalla Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza da Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro – giunto quest’anno alla sua undicesima edizione. Quest’anno l’Atlante apre una finestra sulla condizione dell’infanzia nel nostro Paese e nella regione Toscana, restituendoci una fotografia fatta di povertà minorile e disuguaglianze educative, e propone un approfondimento sulla condizione di bambine e ragazze, evidenziando per loro un futuro post pandemia a rischio.

Un Paese, quello fotografato da Save the Children, dove nascono sempre meno bambini e dove la povertà intrappola il loro futuro nelle aree più svantaggiate, nelle periferie educative, privandoli delle opportunità di coltivare passioni, talenti e aspirazioni. Questa l’Italia delle bambine, dei bambini e degli adolescenti sulla quale si è abbattuta la scure dell’emergenza Covid con conseguenze socio-economiche che rischiano di rendere ancor più profonde le disuguaglianze.

La povertà relativa che in Italia colpisce il 22% dei minori, trova in Toscana una percentuale ben più contenuta (9,8%), superiore solo a quella ancor più virtuosa del Trentino Alto Adige (8,3%), mentre le regioni in cui le condizioni si mostrano peggiori sono Calabria (42,4%) e Sicilia (40,1%), ai primi posti di questa triste classifica.

Già prima della pandemia, nel nostro Paese, 1 milione 137 mila minori (l’11,4% del totale) si trovavano in condizioni di povertà assoluta, senza avere cioè lo stretto necessario per condurre una vita dignitosa. Un dato in calo rispetto al 12,6% del 2018, ma che tuttavia rischia di subire una nuova impennata proprio per gli effetti del Covid-19, se non saranno messi subito in campo interventi organici per prevenire una crescita esponenziale come quella avvenuta a seguito della crisi economica del 2008, quando la percentuale di povertà assoluta minorile è quadruplicata in un decennio (era il 3,1% nel 2007).

“Già prima dell’emergenza Covid, l’ascensore sociale del Paese era fermo: in Italia si è rotto il meccanismo che permetteva di migliorare la propria condizione, di costruirsi un futuro migliore. Un Paese che aveva già dimostrato di aver messo l’infanzia agli ultimi posti tra le proprie priorità e che di fronte a una sfida sanitaria e socioeconomica come quella che stiamo affrontando, stenta a cambiare strada mettendo i bambini e gli adolescenti al centro delle proprie politiche di rilancio”, denuncia Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children Italia. “Abbiamo una generazione intera da proteggere, una generazione per la quale il futuro si costruisce a partire da oggi, in Toscana così come nel resto del Paese. E in questa spinta per la ripartenza, le bambine e le ragazze possono e devono essere un volano di sviluppo. I dati e le analisi tracciano per loro un percorso pervaso di ostacoli, sfide, problemi, ma mostrano allo stesso tempo la loro capacità di resilienza, del loro saper fare di più anche con minori risorse e della loro spinta a proiettarsi verso l’esterno, ad impegnarsi nella vita pubblica. Nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per il Next Generation Eu che l’Italia sta definendo, c’è la volontà di impegnarsi nel superamento delle diseguaglianze di genere. È fondamentale andare alla radice di queste diseguaglianze, prevedendo investimenti specifici dedicati a liberare talenti e potenzialità dell’universo femminile. Se per uscire dalla crisi il nostro Paese intende davvero scommettere sulle capacità delle donne, questa scommessa dovrà partire dalle bambine, a partire da quelle che vivono nei contesti più svantaggiati”.Sfogliando le oltre 100 mappe e infografiche dell’Atlante dell’infanzia a rischio di Save the Children, emerge ad esempio che tra i minori tra i 6 e i 17 anni le bambine e le ragazze leggono più dei maschi (non ha l’abitudine alla lettura il 53,6% dei maschi contro il 41,8% delle ragazze); con percentuali molto alte soprattutto al nord-est (14,1%) e al nord-ovest (10,4%). Ancora, le ragazze hanno performance scolastiche migliori dei coetanei: se, tra i maschi, più di 1 su 4 (26,1%) non raggiunge le competenze sufficienti in matematica e in italiano, questa percentuale si abbassa al 22,1% per le ragazze. Tra le province toscane si registrano dati ben peggiori o peggiori come a Grosseto (32,5% peri ragazzi e 23,3% per le ragazze), Massa-Carrara (32% e 24,9%) e Livorno (30,2% e 23,5%), o in misura minore Firenze (28,4% e 25,7%), mentre le ragazze più preparate sono quelle di Pistoia (17%) e Prato (19,4%) e tra i coetanei maschi quelli di Arezzo (21,4%) e ancora Prato (20,2%).

L’istruzione rappresenta il principale fattore protettivo per le giovani all’ingresso nel mondo del lavoro e il fallimento formativo le espone ad un futuro lavorativo irto di difficoltà e di rischi. Una percezione che spinge a studiare fino ad ottenere una laurea un terzo delle giovani in Italia, a fronte di solo un quinto dei giovani maschi, uno dei gap più ampi d’Europa: tra le 30-34enni il 34% è laureata, mentre tra i 30-34enni maschi lo è solo il 22%.

Ma impegno, tenacia e dedizione allo studio sembrano non bastare: nonostante i migliori risultati durante il loro percorso, gli ostacoli e gli svantaggi attendono le giovani al momento dell’ingresso nel mondo del lavoro. In generale, infatti, il nostro Paese detiene uno dei tassi di occupazione femminile più bassi in Europa. Nel 2019, il tasso di occupazione delle giovani laureate tra i 30 e i 34 anni era del 76% contro l’83,4% dei maschi, mentre tra le giovani diplomate senza la laurea le occupate erano solo il 56,7% a fronte dell’80,9% dei coetanei maschi. Senza un diploma di scuola superiore, le occupate sono un esiguo 36,3%, a fronte del 70,7% dei coetanei maschi.

Persino nel mondo accademico, i divari di genere sono ancora forti: basti pensare che nel 2018 le donne rappresentavano il 55,4% degli iscritti ai corsi di laurea, il 57,1% dei laureati, il 50,5% dei dottori di ricerca. Ma pur essendo maggioranza nei percorsi di formazione universitaria, restano delle Cenerentole nella carriera accademica, sin quasi a scomparire ai vertici. Nel 2018, le donne rappresentano il 50,1% degli assegnisti di ricerca, il 46,8% dei ricercatori universitari, il 38,4% dei professori associati, il 23,7% dei professori ordinari.  Le donne rettrici, in Italia, sono 7 su 84. Eccolo il famoso “soffitto di cristallo”, “la barriera invisibile che impedisce alle donne di accedere alle posizioni apicali per ostacoli spesso difficili da individuare”.

“I dati dell’Atlante mettono in evidenza la nascita dell’”illusione della parità” delle bambine e delle ragazze, che a scuola godono di una condizione di parità con i coetanei, anzi sono più brillanti nella lettura così come nelle performance scolastiche. Ma le aspettative si infrangono al primo confronto con il mondo del lavoro. E alcuni segnali si registrano già nei primi anni di scuola, ad esempio con il progressivo allontanamento delle bambine dalle materie scientifiche. Servono interventi mirati, quali piani formativi e doti educative, per promuovere tra le bambine e le ragazze – a partire da quelle che vivono nei contesti più svantaggiati – l’acquisizione di fiducia nelle proprie capacità in tutti i settori. Anche nella matematica, le scienze, l’ingegneria e le tecnologie digitali”, ha affermato Raffaela Milano.

Foto Save the Children

Le bambine e le ragazze accumulano durante il loro percorso scolastico delle lacune nelle materie scientifiche, già ravvisabili dal secondo anno della scuola primaria, ma che crescono via via: ad esempio a livello nazionale le bambine alla fine della primaria ottengono un punteggio medio ai test Invalsi di matematica di 4,5 punti inferiore rispetto ai coetanei, uno svantaggio che sale a -6 punti al 2° anno delle superiori, fino a -10 punti all’ultimo anno delle scuole superiori. Una differenza, a sfavore delle ragazze, che in Toscana durante il percorso scolastico arriva a toccare -8,9 punti nella provincia di Lucca e -8 a Siena e Firenze, mentre la provincia lombarda più virtuosa in tal senso è Pistoia, dove la differenza di punteggi in matematica si assottiglia a -2,3.

Questa elevata ‘specializzazione’ di genere nell’ambito delle competenze scolastiche si riverbera poi nella scelta dell’indirizzo di studio, che rafforza queste differenze, e di conseguenza della facoltà universitaria. Secondo i dati forniti a Save the Children dal Miur relativi al 2019, in Italia tra i diplomati nei licei i ragazzi sono più presenti in quelli scientifici (il 26% di tutti i diplomati, rispetto al 19% delle diplomate) mentre le ragazze sono più presenti nei licei umanistici-artistici (il 42% di tutte le diplomate, solo il 13% dei diplomati). Guardando i dati della Toscana, ad esempio, meno di 1 ragazza su 4 (24%) si diploma al liceo classico o scientifico, e quelle che si diplomano in un istituto tecnico sono il 19,3%, in linea con la media nazionale del 19, 1%).

Una immagine del Global Strike for Future Roma del 27 settembre 2019. Foto Save the Children

Quando si iscrivono all’università, inoltre, poche giovani in Italia scelgono le facoltà in ambito scientifico-tecnologico (STEM): solo il 16,5% delle giovani laureate tra i 25 e i 34 anni ha conseguito il titolo in questo settore, a fronte di una percentuale più che doppia (37%) per i maschi. Un percorso che conduce alla segregazione orizzontale nel lavoro e nelle carriere, nei settori più innovativi (STEM e ICT).

Nel mondo del lavoro, poi, le persistenti forme di discriminazione verso le donne fanno deragliare le prospettive di molte ragazze determinando un gap ancora significativo nelle percentuali di NEET tra i generi, che vedono più ragazze ai margini di ogni progetto per il loro futuro. In Italia, le giovani in questa condizione sono il 24,3%, contro il 20,2% dei maschi, rischiando entro la fine dell’anno di toccare quota 1 milione e 140 mila e raggiungere così i livelli del 2016. In Toscana le giovani neet sono invece il 18%, contro il 13,7% dei coetanei maschi. Sicilia e la Calabria (rispettivamente al 39,9 e al 36,2%) le regioni con più giovani ragazze ai margini; Trentino Alto Adige e Veneto le più virtuose (14,6% e 15,6%). Una situazione che – in base ai dati sul mercato del lavoro degli ultimi mesi – è peggiorata per la crisi seguita all’emergenza Covid-19.

“Senza un intervento tempestivo e mirato, oggi rischiamo un’impennata nel numero delle NEET, cancellando le aspettative di futuro di più di un milione di ragazze in Italia. È un rischio concreto, se solo si guardano i dati più recenti, come il calo del 2,7% dell’occupazione femminile – già storicamente tanto fragile in Italia – rispetto all’anno precedente, con una perdita secca di 264mila occupate. La mancanza di servizi per la prima infanzia e la necessità di prendersi cura dei bambini in questa fase difficile sta inoltre pregiudicando il futuro lavorativo delle mamme. Occorre invertire la rotta, per non doverci svegliare dalla pandemia in un mondo del lavoro tutto al maschile, con l’effetto di scoraggiare le ragazze che sono oggi impegnate in un percorso educativo già ricco di ostacoli. E’ necessario partire dalle donne – e dalle bambine – non solo a parole, ma con investimenti e obiettivi precisi che riguardino il mondo del lavoro così come i servizi per la prima infanzia, i percorsi educativi all’interno delle scuole così come il contrasto ad ogni forma di violenza di genere e il sostegno al protagonismo delle stesse ragazze”, ha concluso Raffaela Milano.

Intervista di Chiara Brilli a Flaminia Cordani, referente territoriale di Save the Children per la Toscana

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Coronavirus, Save the Children: non arrivano più le vaccinazioni salvavita

Milioni di bambini e bambine in zone di guerra rischiano di morire perché non arrivano vaccinazioni salvavita. Anche a causa del COVID-19 sono stati sospesi i programmi di immunizzazione in più di 60 Paesi.

Secondo il rapporto lanciato oggi da Save the Children, i conflitti stanno frenando i progressi conquistati a fatica nella vaccinazione contro le malattie mortali. I tassi di vaccinazione sono precipitati in molti Paesi colpiti dalla guerra. In Siria, ad esempio, i livelli di immunizzazione per difterite, tetano e pertosse erano superiori all’80% prima della guerra, ma sono scesi al 47% due anni fa. In Ucraina il tasso nazionale è sceso dall’80% al 19% dopo quattro anni di guerra.

“Il COVID-19 ha reso dolorosamente evidente che nessun Paese è immune dalla diffusione di malattie, vecchie o nuove che siano. Garantire la salute dei bambini e delle bambine nei conflitti non solo rappresenta uno dei loro diritti fondamentali, ma è anche una parte indispensabile per la protezione della salute globale. Il mondo non deve permettere che malattie prevenibili tolgano la vita, perché non siamo riusciti a vaccinare quei 29 milioni nati nelle aree di conflitto. Abbiamo combattuto troppo a lungo e troppo duramente per sconfiggere queste malattie” ha dichiarato il dottor Zaeem Haq, direttore medico globale di Save the Children.

‘Not Immune: Children in Conflict’ descrive le epidemie mortali di malattie che negli ultimi 10 anni avrebbero potuto essere prevenute con immunizzazioni su larga scala.

Inoltre, la paura di contrarre il COVID-19 impedisce alle famiglie di accedere alle vaccinazioni, il che è particolarmente preoccupante tra le popolazioni più vulnerabili come i rifugiati.

Sono estremamente importanti il finanziamento al GAVI, l’alleanza globale per i vaccini, e al COVAX, la struttura globale per l’equa distribuzione di eventuali vaccini per il COVID-19 in tutto il mondo, ma è necessario fare di più, ha sottolineato Save the Children.

“Solo pochi mesi fa, il Segretario generale delle Nazioni Unite ha chiesto un cessate il fuoco globale per limitare la diffusione del COVID-19 e consentire agli aiuti di raggiungere i bambini e le bambine più vulnerabili e le loro famiglie. Ma i combattimenti continuano. Questo è inaccettabile. I leader mondiali devono continuare a spingere per un cessate il fuoco globale, condizione necessaria per raggiungere i minori più vulnerabili “. Ha aggiunto il dottor Haq.

Save the Children: scuola, strutture sportive e oratori luoghi più a rischio

“Infanzia Toscana: Save the Children, scuola, strutture sportive e oratori i luoghi dove per più di 1 adulto su 4 e 1 ragazzo su 6 i minori sono maggiormente esposti al rischio di abusi, maltrattamenti o condotte scorrette da parte degli adulti. Internet l’”ambiente” più pericoloso per 8 adulti e ragazzi su 10. Al Senato oggi la presentazione di un Manifesto in 10 punti per promuovere l’adozione di un sistema di tutela in tutte le realtà dove gli adulti operano a stretto contatto con i minori.”

L’associazione Save the Children comunica che: “La scuola, gli oratori o parrocchie e le strutture sportive in Toscana: per più di 1 ragazzo su 6 sono questi i luoghi abitualmente frequentati da bambini e adolescenti dove maggiore può essere il rischio di subire comportamenti inappropriati, maltrattamenti e abusi da parte degli adulti, una percezione che sale oltre al 24% negli adulti con un picco del 32% relativo ai rischi in oratorio. Minacce concrete alle quali i minori toscani sono esposti soprattutto in Internet, considerato un luogo a rischio per l’83% sia degli adulti che dei ragazzi. In un caso o nell’altro, tra i pericoli principali per i bambini la possibilità che vengano loro imposti rapporti fisici indesiderati (per 2 adulti e ragazzi su 3) o che vengano compiuti una serie di illeciti attraverso internet, tra cui la richiesta di inviare immagini intime in cambio di regali (secondo 2 adulti e 2 ragazzi su 3) o di diffonderle senza il consenso dell’interessato (69% degli adulti e 52% dei ragazzi).

Sono solo alcune delle evidenze di un’inedita indagine[1] ‘Minori e percezione dei rischi’ realizzata da Ipsos per Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro, di cui si discuterà oggi al Senato, a partire dalle ore 11:45 presso la Sala Caduti di Nassyria, in occasione della presentazione di un Manifesto in 10 punti, intitolato ‘10 in condotta!‘, promosso da Save the Children per favorire nel nostro Paese l’adozione da parte di tutte le realtà che operano con i minorenni di un sistema di tutela, a partire da una Child Safeguarding Policy, che promuova un modello organizzativo di prevenzione e gestione di comportamenti scorretti da parte degli adulti di riferimento, afferenti all’Organizzazione o esterni.

<< Troppo spesso, in tutta Italia, le cronache ci consegnano casi di abuso e maltrattamento ai danni dei minori, anche molto piccoli, consumati nei luoghi che dovrebbero essere per loro sempre i più sicuri. Come la scuola, l’asilo nido, l’associazione o il centro sportivo. Ancora più doloroso il fatto che questi abusi siano compiuti dalle figure adulte di riferimento – educatori, insegnanti, allenatori sportivi – violando un patto di fiducia essenziale per la crescita, con conseguenze che possono essere molto gravi e durature nel tempo. Non possiamo occuparcene solo quando questi casi esplodono in tutta la loro gravità. In Toscana, come in tutto il Paese, l’adozione di un sistema di tutela – regole di comportamento, chiare procedure di segnalazione, individuazione delle figure responsabili – per prevenire abusi e maltrattamenti ai danni di minori dovrebbe essere un requisito essenziale per tutti i servizi, educativi e ricreativi rivolti ai minori >> ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Dai dati dell’indagine Ipsos per l’Organizzazione, che oltre a sondare l’opinione di adulti e ragazzi a livello nazionale realizza un focus specifico su 8 regioni italiane , emerge invece che a un aumento della consapevolezza dei rischi non corrisponde ancora la messa in campo di misure in grado di proteggere concretamente i minori nei luoghi che normalmente frequentano. Più di 1 genitore su 4 in Italia afferma infatti che in palestra o in altri centri ricreativi i propri figli non abbiano mai ricevuto informazioni su cosa fare in caso di maltrattamenti, abusi o condotte inappropriate, e, rispetto alla scuola, in Toscana, più di 1 genitore su 3 e 1 ragazzo su 5 sono convinti che anche lì non esistano regole chiare per tutelare i minori.

LE EVIDENZE DELL’INDAGINE

Dal sondaggio Ipsos per Save the Children, emerge che solo l’8% degli adulti, in Toscana, ritiene che i minori siano completamente tutelati e al sicuro da comportamenti inappropriati da parte degli adulti nei luoghi che sono soliti frequentare e solo il 7% lo pensa riferendosi al web e alle chat usate dai propri figli. Quasi 1 minore su 4 nella Regione si dice a conoscenza di esperienze negative vissute in prima persona dai loro amici, percentuale che sale al 32% se riferita agli episodi in rete.

I luoghi più a rischio:

Tra i luoghi fisici ritenuti maggiormente a rischio e dove i minori potrebbero essere vittime di comportamenti scorretti o abusanti da parte degli adulti figura soprattutto la scuola, insicura per il il 18% dei ragazzi e il 31% degli adulti, e questi ultimi indicano anche l’oratorio il luogo più a rischio (32%), opinione condivisa con gli adulti di Emilia Romagna, Campania e Piemonte. A rischio anche palestre, la piscine e altri centri sportivi, ancora insicuri per il 24% dei genitori e il 23% dei ragazzi emiliano romagnoli. Da segnalare in chiave positiva i gruppi scout considerati luoghi sicuri per il 97% dei ragazzi e per 9 adulti su 10, un’opinione condivisa in proporzioni simili anche nelle altre regioni italiane prese in considerazione dal sondaggio.

I pericoli in rete. Lo “spazio” considerato meno sicuro è comunque quello virtuale:

E con la diffusione delle nuove tecnologie e la sempre maggiore possibilità, per bambini e ragazzi, di accedere alla rete, cresce la percezione dei rischi collegati all’uso di chat e app online. In Toscana, la rete è infatti un luogo a rischio per l’83% sia degli adulti che dei ragazzi. A conferma di ciò, la ricerca rivela che il 30% dei ragazzi ha provato disagio per avere ricevuto determinate richieste o contenuti online da parte degli adulti (preoccupano ancora di più, in questo senso, la Campania con il 35% e Veneto e Sicilia con il 32%), un dato confermato solo dal 7% dei genitori (20% circa in Sicilia e Campania). I dati relativi alla Regione, mettono in luce anche uno scarso controllo da parte dei genitori su quello che i figli fanno online. Un genitore su 6 (16%) dice di non controllare mai i contenuti che i figli condividono in rete, mentre il 40% lo fa solo occasionalmente, un comportamento ancor più evidente in Piemonte dove ben il 28% dei genitori non controlla mai. La scarsa consapevolezza dei genitori toscani rispetto alle attività online dei figli, del resto, è confermata dal fatto che più di 1 su 4 non sa se i loro ragazzi utilizzino app a tempo per scambiarsi messaggini, foto o video (che spariscono dopo pochi secondi) e la metà (51%) non è in grado di dire a quante chat partecipa il figlio (picco negativo la Campania con il 66%). E se a livello nazionale, i genitori che credono di saperlo rispondono mediamente che i figli usano al massimo 2 chat, i ragazzi toscani affermano di essere coinvolti in media in 6 chat ognuno.

Rapporti indesiderati e immagini intime in cambio di regali:

Ma quali sono i principali rischi ai quali sono esposti bambini e ragazzi in Toscana? Contatti fisici e rapporti indesiderati pretesi o imposti dagli adulti rappresentano un pericolo concreto per 2 adulti su 3 (64%) e il 57% dei ragazzi. Ben più della metà dei ragazzi (58%) e degli adulti (63%) considerano inoltre un pericolo reale che i minori possano essere vittime di cyberstalking da parte degli adulti, così come che venga loro chiesto, in cambio di regali, di inviare immagini o video che li ritraggono nudi (66% dei ragazzi e 67% degli adulti) oppure che gli adulti possano inviare a ragazzi conosciuti in rete materiali intimi che mettono a disagio (58% circa sia tra i ragazzi che tra gli adulti). Tra gli altri rischi segnalati, troviamo la possibilità che i minori vengano criticati o ridicolizzati per il loro comportamento o aspetto fisico (un rischio per il 48% dei ragazzi e il 67% degli adulti), che possano ricevere promesse di favori in cambio di qualcosa (per il 57% dei ragazzi e il 64% degli adulti), o che possano essere indotti ad assumere sostanze (lo pensano il 51% dei ragazzi e 44% degli adulti).

Le segnalazioni degli abusi: non completa fiducia nella scuola e negli educatori:

I ragazzi toscani intervistati mostrano un significativo senso di responsabilità: ben il 96% afferma che se fosse a conoscenza di un comportamento inappropriato nei confronti di un loro amico, sicuramente ne parlerebbe con qualcuno, solo il 4% preferirebbe invece restare in silenzio (contro il più preoccupante 11% del Lazio o il 10% del Veneto). Ma a chi si rivolgerebbero bambini e ragazzi? I dati dicono che si fidano soprattutto di famiglia e coetanei. Quasi 2 ragazzi su 3 (63%) preferirebbero rivolgersi ai propri genitori, che si mostrano quindi come figure di riferimento fondamentali in caso di pericolo da parte dei figli, mentre il 15% ne parlerebbe con gli amici. Colpisce e deve far riflettere la mancanza di punti di riferimento all’interno della scuola. Solo il 6% dei ragazzi vedrebbe negli insegnanti un punto di riferimento e quasi nessuno si rivolgerebbe agli altri referenti scolastici (psicologo o preside).

Davanti al racconto da parte dei figli di un abuso o maltrattamento, praticamente tutti i genitori emiliano romagnoli intervistati ne parlerebbe con qualcuno (97%), nel 25% dei casi ne parlerebbero con i propri familiari, nel 24% andrebbero dalle forze dell’ordine e nel 21% si rivolgerebbero al preside o agli insegnanti. Da sottolineare come invece, in Veneto e Piemonte, i genitori si fidino soprattutto proprio di insegnanti e preside (rispettivamente 31% e 30%).

La non completa fiducia nei confronti degli educatori, riguarda un numero contenuto ma non residuo di adulti e ragazzi in Toscana. La percentuale di chi ritiene che se un insegnante o un educatore venissero a conoscenza di un comportamento inappropriato non si attiverebbe per segnalarlo, per salvaguardare l’organizzazione in cui lavora o per evitare conseguenze personali, riguarda infatti il 13% dei ragazzi e l’8% degli adulti, mentre il 45% dei ragazzi e il 24% degli adulti sono convinti, in positivo, del contrario. Sono invece i genitori della Campania a segnare il grado di sfiducia più elevato, con un 20% convinto che gli educatori non farebbero niente.

Procedure e informazioni più chiare per proteggere i minori:

Il 72% dei genitori e la metà dei ragazzi in Toscana credono infatti che oratori, palestre e centri sportivi siano privi di regole e procedure in tema di tutela dei minori, e, in Italia, quasi la metà degli adulti afferma che i propri figli non abbiano mai ricevuto informazioni in tal senso da queste strutture. Quanto alla scuola, merita una riflessione il fatto che, seppur parliamo di dati abbastanza contenuti, a livello nazionale più di 1 genitore su 5 sia convinto che i figli non ricevano informazioni in merito dal personale scolastico, mentre, in Toscana, più di 1 su 3 sia convinto che la scuola non sia dotata di un sistema specifico per proteggere gli studenti da comportamenti inappropriati degli adulti (in Lazio lo pensa quasi 1 adulto su 2).
L’assenza di procedure ad hoc a scuola è segnalata, in Toscana, da 1 ragazzo su 5, che crescono fino a 1 su 4 circa in Lazio, Sicilia e Toscana.  In Italia, inoltre, 4 genitori su 10, dicono che i propri figli non sono mai stati incoraggiati a segnalare episodi di questo tipo, a scuola così come nelle altre strutture, opinione condivisa dalla stessa percentuale dei ragazzi. È da notare, come solo il 6% dei ragazzi e il 12% dei genitori toscani può affermare di aver ricevuto materiale scritto con informazioni chiare da parte delle strutture frequentate dai minori, mentre è il Veneto che si distingue con un più positivo 15% per gli adulti e 14% per i ragazzi.

Il Manifesto in 10 punti promosso da Save the Children:

Dall’adozione di un codice di condotta alla formazione di tutto il personale che opera con i bambini, dalla individuazione di una figura che gestisca le segnalazioni alla informazione dei minori e delle famiglie: questi alcuni dei passi attorno ai quali ruota il Manifesto in 10 punti promosso oggi da Save the Children. Le organizzazioni che sottoscrivono il Manifesto “10 in condotta!” intendono mettersi direttamente in gioco per rafforzare la prevenzione degli abusi a partire dai propri ambiti di intervento e, allo stesso tempo, promuovere la diffusione e l’applicazione di un sistema di tutela in tutto il Paese, anche nel rapporto con le istituzioni. Da segnalare il fatto che di recente – è il caso dei bandi sulla povertà educativa promossi dall’impresa sociale “Con i bambini” – l’adozione di un sistema di tutela (child safeguarding policy) è stata considerata un requisito essenziale per la partecipazione ad un bando per progetti dedicati ai minori.

<<Nonostante sia cresciuta negli anni, anche in Toscana, una sensibilità attorno al tema, ancora oggi chi dovrebbe cogliere i segnali di rischio spesso non è in grado di sapere come e a chi rivolgersi e troppi allarmi restano inascoltati. Vogliamo impegnarci – con il coinvolgimento di tutte le organizzazioni attive nella protezione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza – nella realizzazione di un monitoraggio periodico e serrato del funzionamento di sistemi di tutela in tutti gli ambienti frequentati dai minori. Chiediamo alle istituzioni, nazionali e toscane, che i sistemi di accreditamento e le procedure di affidamento di servizi educativi e ricreativi considerino l’attivazione di un sistema di tutela come requisito essenziale in tutti i servizi educativi e ricreativi. Allo stesso tempo, chiediamo che all’interno del sistema scolastico la tutela dei minori divenga un asse portante affinché ogni scuola sia sempre uno spazio di ascolto e di protezione per ogni bambino e bambina.  Una violazione non è mai un fatto privato e se riguarda un minore è più che mai una responsabilità etica, oltre che legale, degli adulti in posizione fiduciaria non averlo saputo prevenire>> ha concluso Raffaela Milano.”

 “Il sondaggio Ipsos per Save the Children “La tutela dei minori” è disponibile qui

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