Morì cadendo da balcone: pm chiede 7 anni per studenti

E’ stato aggiornato a lunedì 10 dicembre il processo sul caso della morte di Martina Rossi, la studentessa morta il 3 agosto 2011 precipitando dal sesto piano di un hotel a Palma di Maiorca.

Oggi il pm Roberto Rossi ha chiesto sette anni per Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, i due imputati accusati di tentata violenza e morte in conseguenza di altro reato. I legali Stefano Burricchi e Tiberio Baroni, che difendono rispettivamente Vanneschi e Albertoni, parleranno lunedì prossimo puntando tutto, come accaduto fin dall’inizio del processo, sull’ipotesi del suicidio della giovane studentessa. “Non è vero che Martina precipitò dalla stanza degli imputati per sfuggire ad un loro tentativo di violenza – dicono – ma la giovane si buttò volontariamente dal balcone”. A sostegno di questa ricostruzione la testimonianza della cameriera spagnola Francisca Puga che, sentita quattro volte prima in Spagna e poi in Italia, ha raccontato di aver visto la giovane sul balcone mentre alzava una gamba e si lanciava nel vuoto

Per l’accusa, il pm ha ricostruito quanto accaduto nelle prime ore del 3 agosto 2011 puntando sui graffi sul collo di Albertoni e sul fatto che la ragazza non avesse gli short, la giovane morì mentre cercava di fuggire da un tentativo di violenza messo in atto dai due ragazzi. Per questo Rossi ha chiesto per gli imputati 4 anni per la tentata violenza e tre per morte in conseguenza di altro reato.

In particolare il procuratore Rossi, che in aula ha ricostruito anche il profilo psicologico della ragazza, una giovane solare e desiderosa di vita e soprattutto felice della vacanza, ha spiegato che “del racconto di Albertoni e Vanneschi non tornano i dati oggettivi: la finestra per esempio era aperta perché legata con il filo dell’antenna della tv come dimostrano le foto quindi non è possibile lei che abbia aperto la finestra, preso la rincorsa e si sia buttata. Contro la tesi del lancio volontario c’è poi anche la caduta a candela che esclude lo slancio”. E ancora. “Albertoni aveva riferito di aver calmato Martina e allora perché il giovane era sconvolto quando scese da basso nella camera delle amiche di Martina?”.

Inoltre, ha ricordato il pm, “Martina non aveva gli occhiali al momento del fatto: non ci vedeva bene quindi è normale che tentando di fuggire abbia perso l’equilibrio e sia caduta”.
Ultimo elemento, sempre secondo l’accusa, il commento dei due imputati con gli amici, come testimoniato dagli stessi in aula: “abbiamo lasciato il segno ovvero – ha commentato Rossi – vuol dire che si attribuiscono il merito dell”impresa’”.
Una versione sposata dagli avvocati di parte civile che hanno parlato subito dopo il pm. In particolare Luca Fanfani che ha ripercorso la vita studentesca di Martina citando tutte le testimonianze degli amici che “hanno descritto Martina come una ragazza piena di vita”.

Morì cadendo da balcone, consulente difesa: “Martina non fu curata come doveva”

“Martina soffriva di bipolarismo e non fu curata come doveva. La diagnosi sulla giovane è stata inadeguata. Martina quando la vide il collega stava bene? Può essere perché ogni disturbo prevede momenti di benessere però con ricadute quando la persona è sottoposta a situazioni di stress. In questo caso è difficile intervenire”.

Così Aldo D’Arco, psichiatra, consulente della difesa di Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, i due imputati accusati di aver causato la morte della studentessa genovese, Martina Rossi il 3 agosto 2011 a Palma di Maiorca. La ragazza, secondo il procuratore di Arezzo Roberto Rossi che rappresenta l’accusa, sarebbe caduta dal balcone per sfuggire ad un loro tentativo di violenza.

Un’udienza che in alcuni momenti ha avuto toni ‘duri’, ‘drammatici: “Martina prese per il collo Albertoni – ha detto D’Arco – mentre si trovavano nella stanza e prima che il giovane calmasse Martina, ecco perché aveva graffi sul collo. A lui disse ‘tu sei il mio killer’, una frase non da poco ma al contrario carica di significato”.
Amaro il commento del padre della ragazza, Roberto Rossi: “hanno fatto passare Martina come una psicopatica in realtà era una ragazza che disegnava, scriveva, rideva. Non una che assaltava i ragazzi in camera”. Prima di D’Arco al tribunale ad Arezzo ha testimoniato Carlo Nencioli, investigatore privato, incaricato dalla difesa di esaminare il video in cui i due imputati parlano tra di loro mentre aspettano l’interrogatorio a Genova. “Albertoni ha letto la frase sulla violenza nel fascicolo lasciato per un attimo nella stanza. Non l’ha pronunciata lui”, ha detto.

Banca Etruria, procuratore Rossi: “Già detto tutto quello che avevo da dire”

Il procuratore di Arezzo risponde in maniera secca alla notizia dell’apertura di un nuovo fascicolo di indagini sul cda di Etruria e su Pierluigi Boschi

“Tutto quello che avevo da dire l’ho detto in commissione giovedì scorso”. E’ la dichiarazione secca del procuratore di Arezzo Roberto Rossi circa le ultime indiscrezioni sul fascicolo aperto in procura per indagare sul cda di Banca Etruria, presieduto da Giuseppe Fornasari e di cui faceva parte Pierluigi Boschi, padre dell’attuale sottosegretario Maria Elena, per falso in prospetto e ricorso abusivo al credito. Tutto sarebbe partito dalle sanzioni da 2,7 milioni di euro elevate da Consob a settembre agli amministratori, sanzioni per le quali sono già scattati i ricorsi.

Questa parte dell’inchiesta non sarebbe emersa di fronte alla commissione banche nell’audizione della scorsa settimana del procuratore Roberto Rossi: il senatore di “Idea” Andrea Augello ieri ha annunciato di aver inoltrato al presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle banche, Pier Ferdinando Casini, una richiesta formale per verificare l’esistenza di un filone di indagine sulla denuncia della Consob riguardo alle falsificazioni dell’ultimo prospetto per l’emissione di obbligazioni subordinate di Banca Etruria.

“Ce le ricordiamo benissimo le esternazioni da parte dei renziani nei giorni scorsi, subito dopo l’audizione in commissione Banche da parte del procuratore di Arezzo che sembravano scagionare papà Boschi da ogni ulteriore coinvolgimento nella vicenda Banca Etruria. Vogliamo ascoltare cosa hanno da dire oggi gli stessi soloni che ieri esultavano”. Lo afferma il deputato del M5S in commissione Finanze Alessio Villarosa commentando la notizia che Pierluigi Boschi risulterebbe ancora indagato dalla Procura di Arezzo.

“Su Banca Etruria continuano ad emergere episodi inquietanti. Vogliamo giustizia per i risparmiatori e ancora aspettiamo le querele della Boschi a De Bortoli”. Così su twitter il deputato del MoVimento 5 Stelle Danilo Toninelli.

E ancora un commento dalla deputata 5 Stelle Laura Castelli: “Il Pd passa dagli starnazzamenti giulivi fuori luogo ai travisamenti della realtà. Facciamo notare agli ‘yes men’ renziani che qui si sta parlando di una indagine sulle due obbligazioni subordinate del 2013 che turlupinarono i piccoli risparmiatori per un totale di circa 110 milioni di euro, allo scopo di puntellare il malmesso stato patrimoniale della banca. E’ coinvolto tutto il Cda 2011-2014 e non ci pare che Pier Luigi Boschi fosse in quel momento un passante occasionale dalle parti di Etruria”.

“E’ ridicolo fare oggi la parte dei paladini del risparmio e attaccare Bankitalia quando, in mille giorni di governo, oltre agli scellerati provvedimenti presi, l’ex premier di Rignano non si è mai sognato di convocare uno straccio di Cicr per raddrizzare la situazione che si stava via via deteriorando o magari per ascoltare il governatore Visco. Ma gli italiani sanno con chi hanno a che fare – conclude Castelli – e parleranno chiaramente al momento del voto”.

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