“Mostro Firenze”: avvocato familiari ultime vittime contro archiviazione indagine cartuccia Winchester

L’inchiesta riguarda la cartuccia Winchester rinvenuta nell’orto di Pietro Pacciani, nel corso della maxi perquisizione di cui il contadino di Mercatale fu oggetto nella primavera del 1992. a presentare opposizione l’avvocato Vieri Adriani, legale di Anne Lanciotti, la figlia di Nadine Mauriot, vittima, assieme al fidanzato, Jean Michel Kraveichvili, dell’ultimo delitto attribuito al ‘mostro’ di Firenze scoperto il 9 settembre del 1985

E’ quanto riporta oggi La Nazione di Firenze. La richiesta di archiviazione era stata  avanzata dal procuratore Luca Turco per il filone di indagine, contro ignoti, relativo alla cartuccia Winchester rinvenuta nell’orto di Pietro Pacciani, nel corso della maxi perquisizione di cui il contadino di Mercatale fu oggetto nella primavera del 1992.

Per Adriani “quale che sia la verità si pone la necessità di accertare se e quale interesse e da parte di chi possa esservi stato nel far ritrovare la cartuccia in questione dell’orto di Pacciani, facendo riversare in ogni caso su di lui, correo o in- nocente che sia, la responsabilità esclusiva per tutti e otto i duplici omicidi. Compito attuale del pm non è più dimostrare la colpevolezza di Pacciani, ma indagare su possibili altri autori o complici. Non è dirimente perciò capire se quella cartuccia sia stata incamerata in una Beretta, quanto piuttosto se quella cartuccia fosse compatibile con le pistole” di altri due ex indagati “o al limite di qualche altro soggetto”.

L’indagine sul proiettile era stata aperta nel 2019 per individuare eventuali responsabili dell’alterazione sulla cartuccia rilevata dal consulente balistico della procura, Paride Minervini. L’ipotesi era che la cartuccia, calibro 22, Winchester con la lettera H sul fondello, uguale a quelli che avevano firmato gli otto duplici omicidi del maniaco, fosse stata alloggiata nella pistola del mostro, come dimostravano alcuni segni presenti sul corpo della stessa.

Se Pacciani ha sempre sostenuto che qualcuno gli aveva messo la cartuccia apposta nel suo orto, per Minervini lo stesso sarebbe stato manomesso: l’impronta dell’unghia estrattrice sul bossolo che all’epoca fece accostare il reperto all’arma del killer, sarebbe stata artefatta. Ma da quell’alterazione sarebbe passato troppo tempo per arrivare agli eventuali responsabili: questo in estrema sintesi il motivo della richiesta di archiviazione.

Mostro di Firenze, pm: ‘archiviare’ indagine su cartuccia orto Pacciani

Firenze, l’archiviazione dell’inchiesta sulla cartuccia calibro 22 trovata nell’aprile 1992 nell’orto della casa di Pietro Pacciani a Mercatale Val di Pesa è stata chiesta dal procuratore aggiunto di Firenze Luca Turco al gip, nel ‘cold case’ del Mostro di Firenze.

Lo riferisce oggi La Nazione: l’indagine era stata aperta nel 2019 ed era finalizzata all’individuazione degli eventuali responsabili dell’alterazione sulla cartuccia rilevata dal consulente balistico della procura, Paride Minervini. Il proiettile, non esploso, fu rinvenuto nel corso della maxi-perquisizione a casa di Pacciani nell’ambito dell’inchiesta sul mostro di Firenze per la quale il contadino di Mercatale è stato condannato in primo grado, assolto in appello e poi deceduto in attesa di un novo giudizio di secondo grado a seguito dell’annullamento della Cassazione.

L’ipotesi era che la cartuccia, calibro 22, Winchester con la lettera H sul fondello, uguale a quelli che avevano firmato gli otto duplici omicidi attribuiti al maniaco, fosse stata alloggiata nella pistola del mostro, come dimostravano alcuni segni presenti sul corpo della stessa. Se Pacciani ha sempre sostenuto che qualcuno gli aveva messo il proiettile apposta nel suo orto, per Minervini lo stesso sarebbe stato manomesso: l’impronta dell’unghia estrattrice sul bossolo che all’epoca fece accostare il reperto all’arma del killer, sarebbe stata artefatta.

Ma da quell’alterazione, come riporta La Nazione, sarebbe passato troppo tempo per arrivare agli eventuali responsabili: questo in estrema sintesi il motivo della richiesta di archiviazione delle indagini. La procura, riferisce sempre il quotidiano, ha comunque chiesto anche al Ris di Roma di indagare su quel proiettile: in particolare il quesito è di definire meglio la natura dei segni sul bossolo.

‘Mostro’ di Firenze: 50 anni dal primo omicidio

Sono passati 50 anni dal primo omicidio del ‘Mostro’ di Firenze sul quale le indagini, pur con moltissimi errori, non si sono mai fermate.

Per la prima volta, 50 anni fa, sparò la pistola Beretta calibro 22, l’arma che poi sarebbe stata usata dal ‘mostro di Firenze’ nella lunga serie di duplici omicidi.
Era infatti la notte del 21 agosto 1968 quando i proiettili ‘Winchester’ serie ‘H’ colpirono e uccisero Barbara Locci e il suo amante Antonio Lo Bianco che si erano appartati a Signa (Firenze) in una Giulietta dove, sul sedile posteriore, dormiva il figlio della donna, Natalino Mele, di sette anni. Quest’ultimo, negli interrogatori dell’epoca e, anche quando venne chiamato a testimoniare al processo contro Pietro Pacciani, ha sempre detto di non sapere chi avesse sparato alla madre e a Lo Bianco, che lui da piccolo chiamava ‘lo zio’.

Per quel duplice omicidio, non sempre collegato al maniaco delle coppiette, Stefano Mele, marito di Barbara Locci, scontò 13 anni di carcere. In un primo momento lui stesso confessò di aver sparato ma quando, solo nel 1982, la pistola fu collegata agli omicidi del mostro, Mele diventò il principale accusatore. Ad accorgersi del possibile collegamento tra i delitti del maniaco (il primo nel settembre 1974) e l’arma che aveva sparato a Signa fu un sottufficiale dei carabinieri. La Beretta calibro 22, serie 70, era stata prodotta fin dal 1959 e venduta, per poche lire, in migliaia di esemplari anche a chi non aveva porto d’armi, fino al 1967.

Gli investigatori indirizzarono le indagini sul così detto ‘clan dei sardi’ e Mele iniziò a parlare. Il primo a finire in carcere fu Francesco Vinci, un altro presunto amante di Barbara Locci: venne scarcerato circa un anno dopo, quando il maniaco colpì nuovamente a Giogoli uccidendo due ragazzi tedeschi che dormivano in un furgone, probabilmente scambiando uno di loro per una ragazza.

Vennero successivamente arrestati il fratello Giovanni Mele (Rpt. Mele) e il cognato Piero Mucciarini, anche loro in qualche modo scagionati da un altro duplice omicidio del mostro.

In 17 anni, nelle colline intorno a Firenze e nei comuni del Mugello, quella pistola uccise sedici giovani, otto coppie sorprese mentre cercavano un po’ di intimità. Gli ultimi nel settembre 1985 quando agli Scopeti, vicino a San Casciano, caddero sotto i colpi della Beretta Nadine Mauriot e Jean Michel Kravichvili, due turisti che avevano montato una tenda in uno spiazzo non lontano dalla strada.

Le indagini sui duplici omicidi, pur contraddistinte da moltissimi errori come più volte ribadito anche nelle aule dei tribunali, non si sono mai fermate. Pietro Pacciani in primo grado venne condannato ma fu poi assolto in appello e morì prima del nuovo processo chiesto dalla Cassazione. I suoi amici, i cosiddetti ‘compagni di merende’ (Mario Vanni e Giancarlo Lotti), vennero condannati per alcuni degli otto duplici omicidi. Spesso si è parlato, indagato e aperti e chiusi processi, su un presunto secondo livello, su possibili ‘mandanti’.

L’ultima delle inchieste sul mostro, aperta dalla procura di Firenze poco più di un anno fa, ha visto indagate due persone: uno è Giampiero Vigilanti, 86 anni, ex legionario, oggi residente a Prato ma originario di Vicchio del Mugello (Firenze), già perquisito nel 1985 e poi nel 1994. La seconda volta gli trovarono dei proiettili ‘Winchester’ serie ‘H’ ed è certo che conoscesse Pacciani. Il secondo è Francesco Caccamo, 87 anni, ex medico personale dello stesso Vigilanti e da lui chiamato in causa nel corso delle indagini condotte dai ros dei carabinieri.

Se il colpevole o i colpevoli sono un mistero, ancor più lo è la Beretta calibro 22.

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