Moby Prince:no causa civile, parenti si rivolgono Mattarella

“Come familiari riteniamo che le affermazioni riportate nella sentenza della sezione civile del Tribunale di Firenze siano gravissime e precludano la possibilità di avere giustizia in questa vicenda come in tutte le vicende mai chiarite nella storia della nostra Repubblica”.

A scriverlo, per chiedere un intervento al Capo dello Stato Sergio Mattarella, al premier Giuseppe Conte e ai presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico e Maria Elisabetta Casellati, sono Luchino e Angelo Chessa, presidenti dell’associazione 10 Aprile-Familiari vittime Moby Prince Onlus, e Loris Rispoli, presidente dell’associazione 140, annunciando anche il ricorso in appello dopo il rigetto dell’istanza dei familiari per prescrizione.

Il tribunale di Firenze, come spiega Luchino Chessa, ha respinto la loro azione “giustificando il fatto che l’ultimo processo della sezione penale della Corte di Appello di Firenze risulta chiuso a febbraio 1998, e, cosa di una gravità estrema considerando la relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul Moby Prince unicamente un atto politico”. Lo scopo della causa, spiega Chessa, “era quello di mettere in evidenza le responsabilità da parte di chi nella notte del 10 aprile 1991 avrebbe dovuto controllare il porto di Livorno e soccorrere le persone presenti sul Moby Prince. Ricordiamo infatti che la l’assenza dei soccorsi ha contribuito alla morte, dopo atroci sofferenze dei passeggeri e dei membri dell’equipaggio del traghetto”.

Proprio le risultanze del lavoro della Commissione parlamentare, che, come sostiene sempre Chessa “hanno scardinato le verità processuali del passato”, hanno portato i familiari delle vittime a citare lo Stato, fondamentalmente per riuscire ad avere giustizia. I familiari, conclude Chessa, “non si fermeranno neanche dopo questo ennesimo colpo”. Nella lettera alle massime istituzioni della Repubblica i parenti esprimono “pieno dissenso riguardo all’esito della sentenza civile” e chiedono “un loro intervento pubblico, visto anche le belle parole pronunciate da tutti in occasione dell’anniversario del 10 aprile scorso, e infine per chiarire come sia possibile che una Commissione parlamentare, come quella sul Moby Prince, possa avere unicamente una valenza politica”.

Moby Prince: De Falco, Tribunale sbaglia, fatti nuovi

Disastro Moby Prince, nulla da fare per la causa risarcitoria promossa dai familiari delle 140 vittime contro lo Stato, ritenuto responsabile, attraverso le sue articolazioni periferiche, della morte a bordo del traghetto andato a fuoco 29 anni fa, il 10 aprile 1991, dopo la collisione con la petroliera Agip Abruzzo nella rada del porto di Livorno.

Il tribunale civile di Firenze non ha riconosciuto ai parenti il diritto al risarcimento perché, scrive il giudice Massimo Donnarumma nel provvedimento, “nel caso sottoposto alla nostra
cognizione” lo stesso “deve ritenersi prescritto per il decorso del termine di due anni dalla data della sentenza della corte di appello penale di Firenze divenuta irrevocabile” dal 5 febbraio 1998. La notizia è riportata dalla stampa locale.
La causa era stata intentata alla luce delle conclusioni della commissione parlamentare d’inchiesta sul disastro del Moby Prince che, tuttavia, per il giudice fiorentino “non ha
disvelato verità e certezze nuove” ma è “un atto politico che non supera quanto è stato già accertato a livello penale”. Opposta la valutazione di Loris Rispoli, presidente di una
delle due associazioni dei familiari delle vittime: “Le conclusioni della commissione d’inchiesta per noi sono importanti perché hanno fatto emergere un documento in cui
Navarma e Snam (a cui apparteneva la petroliera) si accordarono per pagare i risarcimenti ai familiari (Navarma) e il danno ambientale (Snam) senza approfondire le rispettive
responsabilità sul disastro. E abbiamo la certezza che sia stata una strage e ora la magistratura deve mettersi all’opera per stabilire la verità”.

Il Tribunale di Firenze sbaglia: la Commissione d’inchiesta del Senato sul Moby Prince ha indagato e ricostruito la verità storica su alcuni aspetti di fatto e sulle circostanze della tragedia del 10 aprile 199″. Così il senatore Gregorio De Falco (Misto) che ricorda “la relazione conclusiva della commissione ha accertato molti fatti nuovi tra i quali che non c’era nebbia, che le vittime non morirono tutte in 30 minuti . Alcuni sopravvissero per ore e dovevano essere salvati.

In terzo luogo ha scoperto che la petroliera Agip Abruzzi era ormeggiata in zona di divieto”.”Le conclusioni della Commissione di inchiesta del Senato non hanno valore politico ma di accertamento fattuale e proprio dall’accertamento dei fatti decorrono i termini di prescrizione. I parenti delle vittime della tragedia del Moby dovranno purtroppo ancora lottare per ottenere, dopo una parola di verità, anche una prima parola di Giustizia” afferma il senatore.

Moby Prince: cerimonie senza pubblico per 29/o anniversario

Un anniversario particolare oggi a Livorno per il 29/o anno dalla tragedia del Moby Prince, andato a fuoco nel porto di Livorno dopo la collisione con la petroliera Agip Abruzzo la sera del 10 aprile 1991: 140 le persone a bordo del traghetto che morirono.

In piena emergenza Covid, non si può svolgere con le consuete e partecipate celebrazioni, né con il corteo fino al porto. Non sono comunque mancate le iniziative e la giornata di ricordo è iniziata alle 11 quando è stato esposto sulla facciata del Palazzo Vecchio del Comune di Livorno un grande striscione con la scritta ‘Livorno non dimentica, 10.04.1991’ con i nomi delle vittime.
Anche sul balcone del vicino Palazzo Granducale, che ospita la Provincia, è stato affisso uno striscione con scritto “io sono 141, per non dimenticare”. In moltissimi poi in città hanno aderito all’iniziativa lanciata da Loris Rispoli, presidente di uno dei due comitati dei familiari delle vittime, che ha invitato ciascuno a cambiare il motivo del profilo Facebook, e a mettete qualcosa di rosso a finestre e balconi. “In centinaia lo avete già fatto – scrive Rispoli- ma continuate, sarà il gesto di una collettività che esige verità e giustizia”. Nel pomeriggio, alle 15, il sindaco Luca Salvetti terrà infine un breve intervento dal Consiglio in diretta streaming, mentre alle 15.30 all’Andana degli Anelli, di fronte alla lapide in ricordo della tragedia del Moby Prince, insieme a Rispoli, darà lettura dei nomi delle vittime e getterà simbolicamente le rose in mare.

Moby Prince: Giani depone fiori davanti Armadio della Memoria

Firenze, in occasione dell’anniversario della strage del Moby Prince, il presidente del Consiglio regionale della Toscana Eugenio Giani ha deposto un mazzo di crisantemi davanti all’Armadio della memoria, nella Biblioteca Pietro Leopoldo di Firenze, luogo che custodisce i documenti che riguardano il disastro del 10 aprile 1991 nel porto di Livorno: 140 passeggeri del traghetto che morirono.

“La presidenza del Consiglio regionale – ha detto Giani – non ha mai mancato di essere a Livorno nel momento, solenne e commovente, in cui vengono letti i nomi delle 140 vittime della Moby Prince e poi viene gettato in mare un fiore per ciascuno di loro. Oggi invece un mazzo di crisantemi in loro ricordo lo lascio davanti all’Armadio della memoria, nella Biblioteca della Regione Toscana Pietro Leopoldo. Un archivio – ha aggiunto Giani – dove sono custoditi e consultabili i documenti che riguardano la strage della Moby Prince, ma anche quelli della Costa Concordia e della strage di Viareggio, anche perché sono molti i punti che rimangono oscuri su quella vicenda”.

Moby Prince, 29 anni dalla tragedia, prima volta senza manifestazione

Livorno, il 10 aprile 1991 decine di persone salirono sul traghetto Moby Prince, chi per viaggio e chi per lavoro. Dopo la partenza, la collisione con la petroliera Agip Abruzzo scatenò un pauroso incendio che non lasciò scampo ai passeggeri del traghetto. Morirono in 140, un unico superstite. Dopo 29 anni, i familiari delle vittime aspettano ancora di avere giustizia.

“Per la prima volta, quest’anno, a causa dell’emergenza sanitaria, – scrive sulla pagina Facebook della Provincia di Livorno, la presidente Marida Bessi – non potremo essere presenti fisicamente e con il nostro Gonfalone alle cerimonie di commemorazione della tragedia del Moby Prince. Il 10 aprile non mancherà però il nostro pensiero, rivolto prima di tutto al ricordo delle 140 vittime e delle loro vite spezzate, così come non mancherà la nostra vicinanza ai loro familiari, che con coraggio e determinazione da 29 anni chiedono che su queste morti si faccia finalmente luce, dando ai responsabili del disastro un nome e cognome.Raccogliamo l’accorata esortazione che le associazioni dei familiari delle vittime hanno rivolto alle Istituzioni e ci associamo alla loro richiesta, affinché lo Stato mantenga alta l’attenzione su questa tragedia e sulla ricerca della verità. Lo dobbiamo a chi quel giorno perse la vita in un incidente assurdo e a chi da troppi anni attende giustizia e verità”.

Ma questa ricorrenza è stata sottoloneata anche dalle più alte cariche dello stato, “La ricerca di una piena verità sulla tragedia, inaccettabile nelle sue modalità, resta un dovere civile che le istituzioni sono chiamate a perseguire. Le conclusioni della Commissione parlamentare d’inchiesta, istituita nella passata legislatura, possono contribuire a fornire risposte alle domande esigenti dei familiari, delle loro associazioni, della città di Livorno che della tragedia è stata testimone. Al tempo stesso, il ricordo del disastro della Moby Prince impone a tutti, istituzioni e operatori, un rigoroso rispetto delle regole di sicurezza affinché il trasporto di passeggeri e di merci possa svolgersi secondo standard adeguati e con garanzie che costituiscono un pieno diritto – ha affermato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella – Sono trascorsi ventinove anni da quella tragica collisione, nella rada del porto di Livorno, che costò la vita a 140 persone, passeggeri e componenti dell’equipaggio della Moby Prince. Il ricordo del disastro in mare, il più grave per numero di vittime della nostra recente storia, è incancellabile non soltanto per quanti patirono lo strazio indicibile di veder spezzati gli affetti più cari, ma per l’intero popolo italiano – sostiene Mattarella – In questo giorno di memoria, che l’emergenza sanitaria nazionale impedisce oggi di celebrare comunitariamente, desidero rinnovare la mia vicinanza ai familiari di quanti vennero travolti dallo schianto e dalle fiamme, e a coloro che ancora sono impegnati per giungere a una completa ricostruzione dei fatti, in modo da dissipare dubbi residui e incongruenze”, conclude.

“La strage del traghetto Moby Prince, è una pagina dolorosa della nostra storia contemporanea. Quest’anno, per via dell’emergenza Coronavirus, non vi potrà essere una commemorazione pubblica: a tutti i familiari che per la prima volta non potranno condividere il ricordo dei propri cari, giunga la mia più sentita vicinanza – ha dichiarato la presidente del Senato Elisabetta Casellati ricordando il disastro navale avvenuto il 10 aprile del 1991. Il Presidente Casellati ha aggiunto: – Le famiglie colpite dalla tragedia, così come l’intero Paese, ancora attendono di conoscere tutta la verità su quanto successo quella terribile notte al largo del porto di Livorno. Le Istituzioni – ha concluso – hanno il dovere di non dimenticare e di non lasciare nulla di intentato affinché venga fatta piena luce sul più grave disastro della Marina Mercantile italiana dal Dopoguerra a oggi”.

Moby Prince: familiari vittime fanno causa allo Stato

Una causa civile contro lo Stato ritenuto responsabile, attraverso le sue articolazioni periferiche, della morte a bordo del traghetto Moby Prince, nella tragica notte del 10 aprile 1991 quando dopo la collisione con la petroliera Agip Abruzzo nella rada livornese a bordo della nave passeggeri morirono 140 persone.

Lo hanno deciso un nutrito gruppo di familiari delle vittime che ha affidato a un pool di avvocati l’incarico di promuovere l’azione legale. L’ipotesi su cui hanno lavorato i legali (Paolo Carrozza di Pisa, Paola Bernardo e Stefano Taddia del foro di Livorno, Sabrina Peron e Ugo Milazzo di Milano), spiega una nota, “è basata su alcune precedenti sentenze relative al giudizio promosso dai familiari delle vittime della strage di Ustica, si fonda sulla violazione dell’obbligo della amministrazione competente di garantire la sicurezza in mare, soprattutto in relazione al traffico che si verifica all’interno dei porti”. Saranno citati in giudizio i ministeri delle Infrastrutture e dei trasporti, della Difesa e la presidenza del Consiglio.

La citazione, spiega il pool di avvocati, parte da alcuni “punti fermi fissati per la prima volta proprio dalla commissione parlamentare d’inchiesta, quali la posizione della petroliera in area vietata all’ancoraggio e la sopravvivenza a bordo del traghetto”. “Sosterremo – spiegano i legali – la responsabilità del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per non avere garantito la sicurezza della navigazione nella rada del porto di Livorno, creando e/o non rimuovendo la situazione di pericolo, rivelatasi decisiva nella collisione tra la petroliera Agip Abruzzo ed il traghetto Moby Prince, nonché il colpevole e gravissimo ritardo con il quale venne individuato il traghetto e vennero approntati allo stesso i soccorsi. In altre parole, al di là della ricostruzione dell’evento, si contesta che se l’amministrazione avesse adempiuto ai propri obblighi, l’evento non si sarebbe verificato o quantomeno avrebbe avuto consegue meno gravi considerando che nessun soccorso fu portato alla nave passeggeri e che sono emerse prove evidenti di una prolungata sopravvivenza a bordo”.

I 28 anni trascorsi in attesa di una verità giudiziaria, concludono gli avvocati, “non potrà essere considerato preclusivo della possibilità di esercitare i diritti dei familiari delle vittime, tenuto conto che solo con la pubblicazione della relazione della Commissione i danneggiati sono stati messi nella condizione di fare valere le loro pretese”. “Fu una strage, secondo l’accezione comune del termine, e come tale può ancora essere perseguita, a 28 anni di distanza, per punirne gli eventuali responsabili”. E’ la tesi sostenuta dall’avvocato Carlo Alberto Melis Costa, che tutela tutti i familiari delle vittime iscritti alle due associazioni che li raccolgono, la 10 aprile e la Moby Prince 140, nell’esposto depositato ieri alla procura di Livorno e nel quale si ipotizza il reato di omicidio plurimo aggravato con dolo eventuale.
Citando le conclusioni della commissione parlamentare d’inchiesta e mettendo in fila alcune condotte degli armatori e dell’equipaggio della petroliera Agip Abruzzo, Melis Costa sottolinea che “si ha dolo eventuale allorquando l’agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenti la concreta possibilità del verificarsi di una diversa conseguenza della propria condotta e, ciononostante, agisca accettando il rischio di realizzazione dell’evento accessorio allo scopo perseguito in via primaria”. Inoltre, secondo il legale “se risultasse che il contegno omissivo dei soggetti coinvolti fosse stato del tutto cosciente, il dolo, da eventuale, potrebbe divenire diretto”.

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