Moglie De Falco accusa marito di aggressione, lui nega ma è polemica

Livorno, “Mio marito, in stato di alterazione, durante un’accesa lite in casa ha aggredito me e una delle nostre due figlie”, questo è quanto avrebbe detto alla polizia di Livorno la moglie del capitano di fregata e candidato del M5S Gregorio De Falco.

Questo è quanto si legge in un articolo del Corriere della Sera, nel quale si sottolinea però che la moglie di De Falco non ha presentato al momento alcuna formale denuncia.

L’episodio risalirebbe ad una settimana fa, e sempre la donna avrebbe raccontato agli agenti che “il marito aveva alzato le mani contro di lei e sua figlia, appena maggiorenne, durante un pesante diverbio in famiglia. Secondo il racconto della donna, De Falco avrebbe agito in maniera violenta mentre era in uno stato di alterazione, non meglio precisato. E la figlia, dopo essere stata presa per i capelli dal padre, sarebbe fuggita di casa per tornarvi solo dopo molte ore”.

Dopo aver raccontato l’accaduto agli investigatori, la donna avrebbe però deciso di non formalizzare la denuncia. “Le dichiarazioni della donna rimangono comunque agli atti – scrive il Corriere – perché rese davanti a pubblici ufficiali. E visto che il presunto autore della violenza è candidato alle politiche del 4 marzo, la segnalazione di quanto accaduto è arrivata sino agli uffici centrali di Roma”.

Questo quanto diffuso dalle agenzie di stampa intorno all’ora di pranzo, ma non si fa attendere la replica dell’ufficiale della capitaneria di porto, candidato ora in Toscana, al Senato, per l’M5S che ha dichiarato: “La situazione che sto vivendo per la notizia uscita sulla stampa circa un mio coinvolgimento in uno scontro familiare mi amareggia moltissimo. Sento il dovere morale e sociale di chiarire la mia posizione. Si tratta di una situazione difficile che la mia famiglia sta attraversando in conseguenza dell’avvio del procedimento legale di separazione tra me e mia moglie, separazione che ha avuto inizio più di un anno e mezzo fa. Le difficoltà di trovare un accordo economico tra le parti e la tensione che ne deriva è il motivo scatenante dell’episodio di un recente alterco”. Lite che, ribadisce De Falco “non mi ha visto attore di violenze, ingiustamente attribuite alla mia persona, nei confronti dei miei familiari”

Una notizia come questa arrivata nel bel mezzo della campagna elettorale non poteva che scatenare aspre polemiche riportiamo le dichiarazioni dei leader del PD e M5S, ma la polemica al momento divampa con toni molto aspri soprattutto sui socials.

Matteo Renzi segretario del Pd in un intervento a un evento Pd all’auditorium Massimo di Roma: “Noi non cavalcheremo la schifezza che abbiamo visto” nel M5s ma “se c’è qualche candidato che mette le mani addosso alla moglie o alla figlia, su quello tutti insieme si dica no. Sulla violenza non si scherza. Non possiamo rischiare di avere i nostri rappresentanti a quel livello lì. La lotta alla violenza contro le donne deve essere patrimonio di tutti”.

La risposta del capo politico del M5S, Luigi Di Maio a Domenica Live “La prima cosa che ho fatto oggi è stato chiamare De Falco: lui ha smentito a me e pubblicamente. Ma la violenza sulle donne è inaccettabile: chiedo quindi alla signora di inoltrare la denuncia in modo che possiamo accertare i fatti. In modo che possiamo verificare se c’è stato un caso di aggressione”.

M5S, i ‘mariuoli’, e la questione morale

Voglio essere chiaro: la vicenda delle restituzioni fasulle non è oggettivamente grave.

Lo è, e molto, dal punto di vista politico. Perché segna definitivamente la fine della ‘verginità’ di un movimento (partito, oramai) che, sbagliando, ha fatto dell’onestà il collante politico di un insieme incongruo di persone, attese, ambizioni, aneliti etc.L’onestà non è un dato politico. E’, deve essere, una precondizione della politica.

E’ un fatto molto grave, paradossalmente, proprio per i motivi che gli adepti a M5S fanno finta di non vedere.

E’ più grave di aver rubato allo Stato, perché in questo caso la disonestà non era richiesta oggettivamente, ma soggettivamente dalle regole del Movimento stesso. Se ne poteva stare fuori avendo il coraggio di dire ‘io i soldi me li tengo’ invece si è preferito frodare tutti gli elettori ed i sostenitori di M5S, prendendoli in giro con delle pratiche di una meschinità imbarazzante. Fossi in loro, negli adepti, mi sentirei violentato nei miei intimi convincimenti. Dalle reazioni che leggo mi pare nn sarà così, anzi. Mi concederanno che l’espressione ‘sono mele marce’ li rende ancora più simili agli altri partiti.

Senza assolutamente paragonare queste ruberie al cancro della corruzione pubblica che attanaglia gli altri partiti i quali, sia chiaro, farebbero bene ad avere lo stesso rigore di M5S rispetto ai propri iscritti, la vicenda ci dice poi anche un’altra cosa: che cioé i ‘costi della politica’ (altro cavallo di battagli di M5S) sono veramente una cosa esigua rispetto alla spesa totale dello Stato. Non è su quello che puoi costruire politiche nuove, ma aggredendo altri cespiti di spesa (come le consulenze, le dirigenze etc etc) ed altre pratiche illegali

DG

Cecchi (M5s), ero per Renzi ora contro di lui nel collegio

“Rivendico il diritto a cambiare idea”. Lo dice al Corriere della Sera, Nicola Cecchi, ex iscritto al Pd, ora candidato nel collegio uninominale 1 di Firenze per il Senato, dove sfiderà Matteo Renzi. Di Maio lo sapeva? “Lui non lo so – risponde Cecchi – non gli ho mai parlato. Ma il parlamentare, non dico chi è, che mi ha chiesto di candidarmi, sì”.

Sul suo sostegno a Renzi, aggiunge: “Era un anno, un anno e mezzo fa. Allora la pensavo così, poi ho cambiato idea. Si può, no?”. Sul fatto che avesse sostenuto anche il Sì al referendum, si limita a commentare: “Se li conosci, poi li eviti”. Sul contributo che pensa di poter dare ai 5 Stelle in Parlamento, fa sapere: “Ho fatto il presidente della Camera di commercio italo-cubana per cinque anni e ho vissuto qualche anno là. Ma ho lavorato anche in Regione. Spero di poter dare il mio contributo di competenza e di serietà”.

“Se conosci il Pd di Renzi, l’unica cosa che puoi fare è evitarlo, chiuderti la porta alle spalle e andare via”. Così Cecchi ieri in un post su Fb.  “E’ dura ammettere ‘mi sono sbagliato’ e riconoscere di aver messo il proprio impegno e la propria passione al servizio della causa sbagliata, ma è quello che ho dovuto fare io. Il passo successivo, e naturale, è stato mettermi al servizio del Paese con una forza coerente e trasparente come il MoVimento 5 Stelle”, conclude Cecchi.

“Chi ha votato per altre forze politiche per me non è un appestato”. Lo afferma il candidato premier M5S Luigi Di Maio a Unomattina soffermandosi sulla candidatura, all’uninominale di Firenze, dell’ex renziano Nicola Cecchi. Sulle candidature esterne del M5S Di Maio ribadisce di “aver messo insieme le migliore risorse del Paese. “Ieri è stata presentata una super squadra ma si parla solo del passo indietro di uno”, prosegue Di Maio con riferimento al ritiro lampo dell’ammiraglio Veri, già eletto a Ortona.

Di Maio: riaprire bacini carenaggio Livorno

Il leader M5S: “c’è un bando di gara per assegnare queste infrastrutture che da troppo è stato congelato. E’ il momento di portare a termine questa operazione, superando le resistenze e i veti incrociati che la stanno paralizzando.

“A Livorno, come in buona parte del resto d’Italia, il problema numero uno è il lavoro. Per questo è assolutamente inconcepibile che non si sfruttino tutte le possibilità esistenti per creare occupazione. Penso in particolare ai bacini di carenaggio, che una volta rimessi in funzione rappresenterebbero un’opportunità di lavoro per centinaia di riparatori navali. C’è un bando di gara per assegnare queste infrastrutture che da troppo è stato congelato. E’ il momento di portare a termine questa operazione, superando le resistenze e i veti incrociati che la stanno paralizzando. Non si può accettare che un’infrastruttura pubblica come questa, il secondo bacino di carenaggio più grande d’Europa, venga lasciato all’incuria più totale e rimanga inutilizzato mentre centinaia di persone rimangono senza lavoro”. Così il candidato premier del Movimento 5 stelle, Luigi Di Maio, al termine del pranzo di autofinanziamento con i sindaci toscani e gli attivisti di Livorno.
“In questa città – prosegue Di Maio – abbiamo l’esempio più lampante di come la speculazione immobiliare possa tagliare le gambe al lavoro e mettere in ginocchio centinaia di famiglie. A Livorno c’era una solida tradizione di riparazioni navali, concentrata nei Cantieri Orlando, che ora deve essere recuperata. Perché una cosa è certa: la speculazione edilizia non solo non crea posti di lavoro, ma finisce per indebolire un territorio già duramente provato, come quello livornese”.

Attacco di fine anno di Rossi: “M5S viola Costituzione”

Firenze, con un post sulla sua pagina ufficiale Facebook, il presidente della Regione Toscana, ex Pd e fondatore di Mdp, confluito poi in Liberi e Uguali, lancia un ultimo attacco di fine d’anno al M5S.

Nello specifico, Enrico Rossi si scaglia contro il nuovo Codice etico e Statuto per gli appartenenti al M5S, varato in vista delle elezioni.

Il nuovo Codice etico contiene una lunga lista di obblighi, se ne contano infatti 27, specifici per gli eletti in Parlamento, tra i quali Rossi sottolinea quelli che obbligano a: “Votare sempre e comunque la fiducia e addirittura a pagare una multa se lasciano il Partito”, proprio queste due clausole, secondo Rossi, sarebbero in violazione con l’intento dei padri costituenti.

Il post di Rossi in versione integrale:
“Il M5stelle viola la Costituzione con una logica autoritaria, obbligando i suoi eletti a votare sempre e comunque la fiducia e addirittura a pagare una multa se lasciano il Partito la cui linea dipende non da Di Maio ma dai veri capi, Grillo e Casaleggio. I deputati, per i padri costituenti, non erano macchinette in mano a capi di una setta. Io di un partito così non mi fido, soprattutto se lo penso alla guida del Paese”.

Oltre all’obbligo di votare sempre la fiducia ai governi presieduti da un premier M5S, nel nuovo Codice etico e Statuto, figurano tra le altre regole, anche il divieto di conferire incarichi a conviventi, affini o parenti fino al secondo grado; l’obbligo di rendicontazione di tutte le spese e la rinuncia ad “ogni trattamento pensionistico privilegiato”; inoltre in caso di espulsione dal gruppo parlamentare, abbandono o dimissioni per dissenso politico, scatterebbe poi l’obbligo di pagare una penale da 100mila euro entro dieci giorni.

Altra modifica importante al vecchio codice di comportamento, è l’eliminazione dell’obbligo a non associarsi ad altri partiti per gli eletti del M5S. I futuri parlamentari, infatti, stando sempre al nuovo Codice etico, devono “compiere ogni atto funzionale all’attuazione e realizzazione del programma del M5S e ad astenersi da comportamenti che possano risultare di ostacolo per l’attuazione del programma ” ma per loro sparisce l’obbligo, previsto nel Codice di comportamento del 2013, a non associarsi con altri partiti o gruppi.

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