Tenax Theatre: il teatro in discoteca

Presentata oggi la nuova stagione del Tenax che vede anche “Tenax Theatre”: un progetto che abbandona il palcoscenico teatrale per muoversi in un ring dove artisti e pubblico convivono e condividono energie.

Tenax Theatre è un progetto triennale (18-19-20) nada da un’idea di Giancarlo Cauteruccio e Massimo Bevilacqua che affronta i ltema della periferia non solo come luogo fisico, ma anche come periferia linguistico-espressiva.

Il primo esperimento del 2017 si intitolava “Periferika Performing Art Place” e agiva sulla pecularità simbolica di 3 colori (nero, rosso e bianco. Proprio il suo successo ha stimolato gli artisti di Krypton a sviluppare quest’idea inedita per Firenze e non solo.

Durante la presentazione di oggi, il Dj Marco Faraone ha commentato: “Da 40 anni Tenax crea innovazione e si evolve. Si ha ancora voglia di riconfermarsi con tanto entusiasmo e iniziative volte anche all’educazione della notte. Il Tenax è in una fase di rivoluzione e ne sono orgoglioso”.

Tommaso Sacchi, Capo Segreteria Culturale Firenze, ha aggiunto: “Oggi il Tenax, grazie ad un’intuizione di Cauteruccio, ritrova nuova vita. Si tratta di un nuovo teatro, un nuovo luogo performativo per la città. Si tratta di un pezzo di un racconto di una Firenze culturalmente attiva”.

Tenax Theatre vede una sorta di scardinamento del sistema teatrale di tradizione in favore di un luogo estremo sia per morfologia che per energia: la discoteca. Tenax Club è uno spazio attrezzato con sofisticati strumenti tecnologici che consente di creare opere immersive in cui la luce, il suono e l’immagine possono viaggiare a livelli di “percezione aumentata”.

Diversi saranno i protagonisti di Tenax Theatre. L’attore e regista Gabriele Lavia diventa figura di congiunzione tra il tradizionale Teatro della Pergola e la discoteca Tenax, incarnando l’Amleto shakspeariano. L’attore si lascerà contaminare dalle vibrazioni elettroniche immerso in una condizione percettiva insolita. La performance sarà realizzata in collaborazione con Teatro Nazionale della Toscana.

L’Orchestra Futura di 60 elementi invaderà la pista del Tenax proponendo un repertorio classico in dialogo con luce, immagine elettronica ed azione di performer che daranno origine a interferenze percettive.

Gli allievi del Conservatorio Cherubini e quelli dell’Accademia delle Belle Arti condivideranno lo spazio in una performance che coniuga musica e arti visive.

Tenax Theatre è stato proposto a Regione Toscana e Comune di Firenze, è supportato da Città Metropolitana di Firenze e Fondazione CR Firenze ed è realizzato in collaborazione con Tenax, Fondazione Teatro della Toscana e Fondazione Toscana Spettacolo.

L’importanza del coraggio alla Pergola: dialogo sul libro di Paolo Crepet

Oggi, 5 febbraio, alle ore 18, Paolo Crepet e Gabriele Lavia dialogano al Teatro della Pergola sull’ultimo libro dello psichiatra e scrittore, Il coraggio. Crescere, educare, vivere, edito da Mondadori.

Il volume offre a genitori, educatori e anche ai nativi digitali, un ipotetico inventario di alcune declinazioni del coraggio in vari ambiti dell’esperienza umana (il coraggio di educare, dire no, ricominciare, avere paura, scrivere, immaginare, creare).

“È concepito – spiega Crepet – come un’associazione di idee, un brain-storming, per stimolare adulti e non ancora adulti a credere in se stessi, ad affermare le proprie idee e vocazioni, la propria libertà e autonomia, per non rinunciare ai sogni e costruirsi la giusta dose di autostima”.

Il coraggio di cui parla Paolo Crepet è soprattutto quello che dobbiamo inventarci tutti noi per creare un mondo nuovo, quello che i giovani devono ritrovare per iniziare un nuovo rinascimento ideale ed etico.

Un tempo il coraggio, nella sua accezione di ardimento fisico, era solo opera dell’umano, poi le macchine se ne sono impossessate: non più il guerriero armato delle sue mani, ma di mitragliatrici, carri armati, lanciafiamme, cacciabombardieri. Un po’ come accade ora con la tecnologia: fino a trent’anni fa occorreva pronunciarsi, scrivere, telefonare e quindi esporsi. Oggi si può comunicare, anzi si è indotti a farlo, senza un’interfaccia umana, senza rischi né paura di compromettersi. E le umane virtù vengono delegate a ciò che umano non è. A partire dal suo ultimo libro edito da Mondadori, Il coraggio. Crescere, educare, vivere, Paolo Crepet dialoga con Gabriele Lavia al Teatro della Pergola, lunedì 5 febbraio, ore 18, sul coraggio e la forza d’animo che stanno diventando sempre più astrazioni virtuali, svuotate di senso, per uomini e donne che vagano senza bussola, giovani accecati dal presente e vecchi incartapecoriti nel ricordo. L’ingresso all’incontro è libero fino a esaurimento dei posti disponibili.

“Ho voluto parlare di coraggio perché il coraggio manca – spiega Crepet – ‘coraggio’ è parola sacra, luce della vita, senza la quale non possiamo fare nulla. Viviamo in una realtà complicata che ha bisogno di coraggio, soprattutto da parte dei giovani, per essere reinterpretata: il coraggio di intraprendere il futuro, di rischiare, immaginare, avere una visione del mondo. Il coraggio è la forza del cuore: a metà strada tra la mente e le viscere, la ragione e la passione”.

Dunque, l’obiettivo del testo è fronteggiare “la più grande urgenza sociale odierna” e nel farlo lo psichiatra e scrittore parte dalla convinzione che la parola ‘coraggio’ debba essere reinventata, non attualizzata: se essa fa riferimento a una forza morale, c’è da chiedersi che cosa significhi oggi possederla e consolidarla. Ma solo partendo da qui si può pensare il futuro.

“Il coraggio – conclude Paolo Crepet – è proprio quella forza che tende a immaginare il futuro, è l’elemento visionario che fa la differenza nelle scelte umane. In questo preciso momento storico c’è bisogno di tanto coraggio per affrontare ed inventare il futuro. Quanto alle nuove generazioni, il coraggio è anche paura, consapevolezza dei propri limiti, ma anche l’energia per superali. Il mio libro vuole stimolare tutti a credere in se stessi e a sognare con coraggio”.

L’ingresso all’incontro è libero fino a esaurimento dei posti disponibili.

Fondazione Teatro della Toscana, progetto alternanza scuola lavoro

?Firenze, presentato uno dei percorsi del progetto alternanza scuola lavoro della Fondazione Teatro della Toscana, che riguarda la traduzione dal greco antico e la messa in scena de ‘Le Troiane’ di Euripide.

In questo percorso della Fondazione Teatro si cimenteranno circa 65 studenti provenienti da cinque licei classici dell’area metropolitana fiorentina (Dante, Niccolò Machiavelli, Michelangiolo e Marsilio Ficino) e il liceo scientifico Arturo Checchi di Fucecchio. La traduzione elaborata dagli studenti sarà il copione del nuovo spettacolo del Maestro Gabriele Lavia.

Sono più di 2.300 gli studenti delle scuole secondarie di 2° grado coinvolti per la stagione 2017.2018 nei vari percorsi di alternanza scuola-lavoro dalla Fondazione Teatro della Toscana.

Di questi oltre 250, provenienti da 15 istituti superiori   dell’area   metropolitana fiorentina, partecipano al progetto l mestieri dello spettacolo, ideato dal Centro Studi della Fondazione in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale della Toscana.

Gimmy Tranquillo ha intervistato il Maestro Gabriele Lavia ed alcuni dei ragazzi che partecipano al progetto:

https://www.controradio.it/wp-content/uploads/2018/01/180119_ALTERNANZA-SCUOLA-LAVORO_LAVIA-RAGAZZI.mp3?_=1

Il progetto è  stato  sviluppato  all’interno del protocollo  d’intesa  siglato  nel marzo  2017 tra  la Fondazione e l’Ufficio  Scolastico Regionale finalizzato alla creazione di un sistema integrato  teso a facilitare  l’inserimento degli studenti  in percorsi di alternanza ed in particolare  per il progetto l mestieri dello spettacolo, per sviluppare nei ragazzi la conoscenza dei luoghi di produzione culturali, come il teatro, attraverso il loro inserimento diretto e concreto nella realtà lavorativa.

Dopo una fase preliminare di formazione ed orientamento sul luogo teatrale e il contesto operativo comune a tutti gli studenti, segue il lavoro sul campo nei seguenti settori: comunicazione e promozione, centro studi, traduzione, museo e visite guidate, palcoscenico, laboratorio di scene e costumi, accoglienza sala. Il modulo introduttivo, iniziato dicembre scorso, prevede lezioni frontali, laboratori, visite guidate, visione di spettacoli e incontri con gli artisti; il modulo operativo si concentra invece sull’approfondimento, l’affiancamento e la realizzazione di progetti in  aree circoscritte  della ‘macchina’ teatrale.  Al termine del progetto, a maggio 2017, tutti gli studenti coinvolti daranno vita ad una giornata conclusiva di restituzione dell’esperienza presso il Teatro della Pergola

Inoltre, la Fondazione collabora ai progetti di alternanza scuola-lavoro promossi da Gallerie degli Uffizi, Musei del Bargello e Polo Museale della Toscana, che uniscono l’educazione al patrimonio artistico e paesaggistico con lo sviluppo delle capacità creative ed espressive degli studenti.  In particolare per la stagione 2017.2018 la Fondazione si occupa della realizzazione dei moduli di formazione relativi alla capacità di comunicazione in pubblico per i circa 2.000 studenti dei percorsi Ambasciatori dell’Arte, Ambasciatori del Verde, Professionalità culturali, e di quelli relativi alla realizzazione scenica per  i circa  100  studenti  dei  percorsi  Panchina delle  Fiabe e  Le  statue raccontano.

Istituti Superiori partecipanti al progetto di alternanza scuola lavoro l mestieri dello spettacolo: IPSSEOA Bernardo Buontalenti, IPSSEOA Aurelio Saffi, ITI Marco Polo, ISIS Piero Calamandrei, ISIS Piero Gobetti Alessandro Volta, Liceo Artistico Leon Battista Alberti, Liceo Ginnasio Dante, Liceo Classico Michelangiolo, Liceo Classico Niccolò Machiavelli, Liceo Scientifico Guido Castelnuovo, Liceo Scientifico Leonardo da Vinci, Liceo Scientifico Antonio Gramsci Liceo Scientifico Niccolò Rodolico, Istituto Superiore XXV aprile (Pontedera), Liceo Classico Marsilio Ficino (Figline Valdarno) ISIS Arturo Checchi (Fucecchio).

Lavia al Teatro Era, in prima nazionale ne’ Il Padre

La fondazione Teatro della Toscana presenta, in prima nazionale al Teatro Era di Pontedera sabato 13 e domenica 14 gennaio e alla Pergola di Firenze da martedì 16 a domenica 21 gennaio, ‘Il Padre’, diretto e interpretato da Gabriele Lavia.

Dopo Brecht e Pirandello, Gabriele Lavia si confronta per la terza volta nella sua carriera con Il padre di Strindberg. Sul palco al fianco di Lavia, Federica Di Martino. La casa, la famiglia, la resa dei conti, motivi simbolici per il drammaturgo svedese, vengono qui portati a un confronto ultimativo, che si impone con la lucidità dell’allucinazione.

“L’azione di quest’opera – afferma Gabriele Lavia – è tutta interiore e stretta nella morsa tragica dell’unità di tempo, luogo e azione nella quale deve essere compiuto il ‘delitto perfetto’: l’omicidio psichico. Il nostro spettacolo precipita l’azione dentro una vertigine di velluto rosso sangue dove il quieto salotto familiare comincia ad ‘affondare’ nel naufragio di ogni certezza. È il naufragio del mondo e della storia. Ma forse la vita non è altro che un naufragio”.

Il Capitano di cavalleria Adolf viene a scontrarsi con la moglie Laura sull’educazione da impartire alla figlia Berta. La consorte non esita a instillare nell’animo dell’uomo un dubbio atroce: la sua stessa paternità. Il lungo calvario mentale di Adolf lo sprofonda in un’angoscia devastante, fino a farlo precipitare, prosegue Lavia, “nell’abisso della perdita di ogni ‘certezza ontologica’ dello statuto virile della paternità”.

“Scritto con un’ascia, non con la penna”. Così August Strindberg definisce Il padre composto in una manciata di mesi nel 1887 che della tragedia, nel senso più autentico del termine, rivendica tutti i paradigmi, mettendo a nudo i nodi irrisolti di un rapporto coniugale inaridito in regole che hanno reso moglie e marito estranei l’una all’altro, rivali, nemici.

“L’intreccio del Padre – spiega Gabriele Lavia – è semplicissimo. Un marito sospetta che la moglie lo abbia tradito e che la figlia sia figlia di un altro. Marito, moglie, figlia e…l’altro. Un intreccio, diciamolo pure, banale, che nelle mani di Strindberg diventa un ‘abisso’. O, meglio, il precipitare nell’abisso della perdita di ogni ‘certezza ontologica’ dello statuto virile della paternità e l’avvento della condizione di ‘incertezza dell’essere’ dell’uomo che, dunque, deve fare i conti con la cultura, la storia e addirittura, poiché Strindberg scrive una tragedia classica, con il mito”.

Gabriele Lavia interpreta il marito, il Capitano di cavalleria Adolf, Federica Di Martino è la moglie Laura. Il cast si compone poi di Giusi Merli (La Balia), Gianni De Lellis (Il Pastore), Michele Demaria (Il Dottor Östermark), Anna Chiara Colombo (Berta, la figlia), e dei giovani attori diplomati alla Scuola ‘Orazio Costa’ del Teatro della Toscana, Ghennadi Gidari (Nöjd), Luca Pedron (L’Attendente). Le scene sono di Alessandro Camera, i costumi di Andrea Viotti, le musiche di Giordano Corapi, le luci di Michelangelo Vitullo.

“Siamo alla fine dell’Ottocento e, quindi, ci si muove – prosegue Lavia – in un ambito nel quale, ancora, non è possibile scientificamente provare con certezza la ‘paternità certa’ di un uomo. Solo la madre è certa. Il padre non è certo. Così il Capitano. Il Padre, cioè l’uomo del comando, privato di ogni certezza è condannato a soccombere di fronte alla donna che è più forte, perché ha la ‘certezza dell’essere’. La certezza dell’essere contro l’incertezza del non essere. E se l’essere uomo diventa ‘non essere’, diventa proprio come Amleto, follia”.

La vicenda personale alla quale più o meno precisamente può venir ricondotta l’opera, è in sostanza il matrimonio di Strindberg con Siri von Essen, da lui conosciuta quando è la baronessa Wrangel. Divorziatasi dal marito, Siri sposa Strindberg nel 1877 e gli dà quattro figli, dei quali tre hanno molta parte nella vita di lui. Ma il matrimonio attira e respinge insieme lo scrittore, e con tale veemenza, che egli dopo la prima avrà altre due mogli, ma resterà sempre inquieto e infelice. Il periodo in cui scrive Il padre è quello che precede il divorzio da Siri, sancito nel 1891, ma è pure il momento di sue intense e abbastanza sistematiche letture di psicologia, storia, politica, scienze naturali, e in cui si occupa anche di pittura, fotografia e ipnotismo.

Conclude Gabriele Lavia: “È proprio nel precipitare nella follia che il Capitano Adolf riesce ad affondare il suo ‘caso banale’ di sospetto di ‘corna’ nell’abisso della storia dell’uomo, fino al mito di Ercole (salvatore del mondo) e di Onfale (la grande de-virilizzatrice) che si scambiano i vestiti. Cosicché l’uomo diventa donna e la donna diventa uomo. Onfale con l’inganno s’impossessò della clava di Ercole e della sua pelle di leone, simboli della virilità e della forza. Ed Ercole, ingannato, indossò le vesti della bellissima Onfale, simboli della fragilità e dell’obbedienza. Il nostro Capitano, privato del potere economico e interdetto, impazzito e stretto nel vestito dei ‘pazzi’ (la camicia di forza), indosserà simbolicamente lo scialle profumato della moglie in una vertiginosa proiezione del mito”.

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