🎧 Orsanmichele, video: Il San Marco di Donatello, storia di un restauro straordinario

I Musei del Bargello e I Friends of Florence, in collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure hanno presentato il video documentario di Art Media Studio dedicato al restauro della scultura di Donatello conservata nel Museo di Orsanmichele

Ad un anno dalla conclusione del restauro della scultura marmorea raffigurante San Marco, capolavoro giovanile di Donatello conservato nel Museo di Orsanmichele, i Musei del Bargello e i Friends of Florence, in collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure, presentano “Il restauro del San Marco di Donatello”, video documentario realizzato da Art Media Studio, che riassume i momenti salienti del restauro e dà voce ai principali attori di questa impresa.

Un restauro lungo e delicato – reso possibile grazie al decisivo sostegno economico dei Friends of Florence, che hanno curato anche la realizzazione del video – raccontato con dovizia di dettagli nei circa 20 minuti di documentario firmato da Art Media Studio, che affianca alle suggestive riprese ravvicinate della scultura (che consentono una fruizione e una comprensione maggiore di tutti i dettagli impercettibili a distanza) e alle animazioni in 3D, le interviste al direttore dei Musei del Bargello Paola D’Agostino, alla presidente dei Friends of Florence Simonetta Brandolini d’Adda, al soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure Marco Ciatti, al direttore del Settore Lapidei dell’Opificio Riccardo Gennaioli, alla curatrice del Complesso di Orsanmichele Benedetta Matucci, alle restauratrici dell’Opificio delle Pietre Dure Camilla Mancini e Franca Sorella, e a Matteo Ceriana, già curatore del Museo di Orsanmichele.

La statua del San Marco di Donatello per il Tabernacolo dell’Arte dei Rigattieri e Linaioli in Orsanmichele è uno dei capolavori giovanili dell’artista, nonché un’opera altamente innovativa nella storia della scultura del primo Rinascimento. La sua esecuzione (1411 – 1413 circa), documentata nelle pagine del libro dei conti dell’Arte, si colloca cronologicamente tra altre due celebri imprese donatelliane per le edicole esterne di Orsanmichele, il San Pietro dell’Arte dei Beccai (1410-1412) e il San Giorgio per l’Arte dei Corazzai e Spadai (1416-1417). La statua dell’Evangelista fu commissionata a Donatello il 3 aprile del 1411, data in cui la Corporazione assegnò allo scultore un blocco di marmo di Carrara, perché desse figura al proprio santo patrono, la statua risultava pressoché conclusa nel mese di aprile del 1413. A questa mancavano i soli ornamenti e le diffuse dorature che è possibile oggi rileggere con maggior definizione, grazie al recente restauro supportato da approfondite indagini diagnostiche sulla coperta dell’evangelario, tra le ciocche scomposte della chioma e della barba, lungo le bordure della tunica, sui polsini delle maniche e sulle frange dei drappi che cingono la vita e le spalle. La fama del San Marco risale a fonti antiche. Michelangelo, raramente propenso ad elogiare l’opera di altri artisti, diceva di non aver mai visto una figura con più “aria d’uomo da bene”, ispirato senz’altro dal respiro monumentale dell’Evangelista e dall’integrità morale che traspare nel suo sguardo corrucciato ed intenso, distolto dall’osservatore e proiettato in lontananza.

Giorgio Vasari riferisce nelle Vite che i consoli dell’Arte, inizialmente insoddisfatti alla vista ravvicinata della statua, quasi ultimata e posata a terra nella bottega dell’artista, mutarono radicalmente giudizio non appena Donatello, che ingannevolmente fece creder loro di aver continuato a lavorarci, svelò l’opera nella nicchia a un’altezza di oltre un metro e mezzo dal suolo. A prescindere dalla sua veridicità, l’aneddoto vasariano introduce una tematica centrale nella poetica donatelliana, assai evidente nel San Marco, ovvero il ricorso ad apparenti forzature nelle proporzioni e differenti gradi di finitura per quelle opere che, destinate a collocazioni elevate, avrebbero implicato un punto vista alquanto ribassato per lo spettatore.

“Desidero esprimere la mia gratitudine – ha dichiarato Paola D’Agostino, direttore dei Musei del Bargello – a Simonetta Brandolini d’Adda, ai Friends of Florence, a Marco Ciatti, a Vincenzo Capalbo e a tutti quelli che hanno reso possibile la realizzazione di questo video documentario che ha il pregio di rendere accessibile ai visitatori italiani e stranieri le fasi salienti di un restauro complesso, realizzato in gran parte in un momento critico, a causa della prolungata emergenza sanitaria. Le statue giovanili scolpite da Donatello per i tabernacoli di Orsanmichele sono tra le opere più rivoluzionarie dello scultore, fin dagli esordi, maestro dei maestri”.

“Dopo aver sostenuto l’intervento alla statua del San Marco di Donatello, fondamentale sia per la sua conservazione sia per il progresso della conoscenza sull’opera, Friends of Florence, ora è lieta di presentare il video dedicato al restauro realizzato da Art Media Studio che riassume i momenti salienti di questa straordinaria esperienza raccontati dai protagonisti che l’hanno vissuta in prima persona – ha commentato Simonetta Brandolini D’Adda, presidente dei Friends of Florence – Da quando è nata la nostra Fondazione è a fianco degli enti proprietari e di quelli preposti alla tutela, per contribuire non soltanto a conservare, ma anche diffondere e valorizzare gli importanti risultati raggiunti affinché sia possibile consegnare alle future generazioni il patrimonio culturale di Firenze e della Toscana”.

Per consentire una maggiore fruizione del Complesso di Orsanmichele e delle opere in esso contenute, il 5, il 12 e il 19 giugno sono previste tre domeniche di aperture eccezionali che si aggiungono alle consuete aperture del martedì e del sabato.

Il video sarà fruibile direttamente al Museo di Orsanmichele scannerizzando con il cellulare il QRcode posto sulla targa alla base della scultura, ma sarà anche possibile visionarlo da remoto, attraverso il canale YouTube dei Musei del Bargello e sul sito dei Friends of Florence.

🎧 Orsanmichele, terminato il restauro del San Marco di Donatello

Firenze, terminato il restauro della scultura marmorea raffigurante San Marco, opera di Donatello appartenente alla collezione del Museo di Orsanmichele, intervento reso possibile grazie alla collaborazione fra i Musei del Bargello e l’Opificio delle Pietre Dure e al decisivo sostegno economico dei Friends of Florence.

La statua restaurata, capolavoro giovanile di Donatello (l’artista lo scolpì nel 1411, a soli 25 anni), opera fondante del Rinascimento italiano, viene presentata a pochi giorni dalla riapertura al pubblico del Museo, fissata per il 1° giugno. Il Museo di Orsanmichele sarà così il quarto museo del gruppo Musei del Bargello a riaprire le porte al pubblico, dopo il Museo Nazionale del Bargello, il Museo di Palazzo Davanzati e le Cappelle Medicee, che hanno riaperto lunedì 3 maggio.

©Controradio

L’intervento di restauro è stato condotto sotto la supervisione scientifica di Matteo Ceriana, già curatore del Museo di Orsanmichele, e di Riccardo Gennaioli, Direttore del Settore Restauro materiali lapidei dell’Opificio delle Pietre Dure, con la collaborazione di Francesca de Luca e Benedetta Matucci, e con la consulenza di una commissione tecnico-scientifica costituita da Lorenzo Lazzarini (IUAV), Marisa Laurenzi Tabasso (Istituto Centrale del Restauro) e Daniela Pinna (Università di Bologna).

L’opera – ritirata nel 1977 dalla sua collocazione nella prima nicchia sul lato Sud del patronato dei Linaioli e Rigattieri e collocata al primo piano del Complesso di Orsanmichele, dove ha sede il Museo che ospita le statue originali dei tabernacoli – è stato il primo capolavoro rinascimentale del ciclo ad essere restaurato, dal 1984 al 1986, dall’Opificio delle Pietre Dure.

©Controradio

In quell’occasione fu rimossa la patinatura color bronzo, realizzata dopo il 1789 con l’intento di accordare le statue marmoree al colore delle altre in metallo. Col primo intervento di rimozione condotto dall’Opificio fu recuperata la naturalezza fluida del modellato del San Marco, oltre a tracce labili di dorature nei bordi della veste, sul cuscino sotto ai piedi, sulla coperta del Vangelo, nei sandali, nella barba e nei capelli. A restauro ultimato fu deciso il ritiro definitivo dell’opera dall’esterno, con la realizzazione nel 1990 di un calco, sempre ad opera dell’Opificio.

A distanza di oltre trent’anni l’Opificio è stato nuovamente incaricato dalla Direzione dei Musei del Bargello di valutare lo stato di conservazione del capolavoro rinascimentale e progettare un nuovo intervento. Prima del suo ricovero all’interno del museo nel 1977, la statua è stata conservata per quasi sei secoli in esterno e nel materiale lapideo si riscontrano fenomeni di alterazione tipici di una prolungata permanenza all’aperto.

Tutte le aree di decoesione furono però consolidate in occasione del precedente restauro e a tutt’oggi risultano stabili. Le forme di alterazione più evidenti si concentravano a livello superficiale: il deposito di particellato atmosferico aveva incupito l’aspetto del marmo e la presenza di sostanze residue, dovute alla realizzazione del calco, ne aveva modificato la tonalità.

©Controradio

In podcast le dichiarazioni di Paola D’Agostino, Direttore dei Musei del Bargello, raccolte da Gimmy Tranquillo.

 

Museo di Orsanmichele

Al via il restauro della Sala delle carte geografiche e del mappamondo

Al via a primavera i lavori per la Sala della Guardaroba del museo di Palazzo Vecchio, comunemente nota come Sala delle Carte geografiche, che tornerà all’antico splendore grazie a un intervento di restauro da 500 mila euro che prevede il recupero e la valorizzazione degli arredi, degli impianti, delle carte geografiche e dell’enorme mappamondo che troneggia nel centro della stanza.

Mappamondo e carte geografiche, ad eccezione di alcuni interventi di manutenzione risalenti agli anni Cinquanta del secolo scorso, mai erano stati sottoposti a un restauro con le tecniche moderne. Il progetto, elaborato dalla direzione Servizi tecnici-Fabbrica di Palazzo Vecchio, ha avuto il via libera della giunta comunale su proposta dell’assessore alla cultura Tommaso Sacchi e sarà finanziato grazie a una donazione della fondazione Friends of Florence nell’ambito del programma Florence I Care che mira a creare partnership con privati per il restauro di beni culturali e di interesse pubblico. I lavori complessivamente dureranno un anno e la Sala rimarrà visitabile, anche se parzialmente, durante i cantieri.

“La Sala delle carte geografiche – ha detto l’assessore Sacchi – è uno degli ambienti più preziosi del museo di Palazzo Vecchio. Il meraviglioso globo posto al centro è uno dei più grandi e antichi giunti quasi del tutto intatti fino a noi. Adesso ce ne prenderemo cura grazie alla generosità di Friends of Florence e valorizzeremo tutta la Sala dal pavimento al soffitto e agli armadi alle pareti dove sono collocate una cinquantina di carte su tavole a olio che raffigurano tutto il mondo conosciuto ai tempi di Cosimo I”.

“Da quasi vent’anni Friends of Florence desidera realizzare il restauro della Sala delle carte geografiche e del mappamondo, non solo per l’importanza scientifica ed artistica delle opere, ma anche perché, qui fra le pareti di questa stanza in Palazzo Vecchio, si conserva la testimonianza di come fosse il mondo conosciuto al tempo di Cosimo I. – ha sottolineato Simonetta Brandolini d’Adda, Presidente di Friends of Florence -. E’ un progetto affascinante e altamente necessario per salvaguardare un ambiente così unico al mondo. Ringraziamo il donatore per il loro sostegno al progetto e ai tanti progetti di Friends of Florence”

La Sala delle carte geografiche, posta al terzo piano quasi al termine del percorso espositivo, è uno degli ambienti più visitati del museo di Palazzo Vecchio e di conseguenza è sottoposta a una notevole usura. In particolare necessitano di un restauro urgente sia il pavimento ormai disconnesso, che gli impianti di illuminazione e tecnologici ormai inadeguati al percorso museale e alla valorizzazione delle carte geografiche e dei 13 artistici armadi a parete che le contengono.

Le carte, 53 dipinti a olio su tavola che offrono una dettagliata rappresentazione di terre e mari conosciuti ai tempi di Cosimo I, impreziosite da una miriade di iscrizioni dorate, raffinati cartigli, imprese medicee e creature fantastiche, saranno staccate e restaurate nella sala attigua che già ospitò il restauro del putto che decora il Terrazzo di Giunone al terzo piano del museo, recuperato un anno fa sempre grazie a Friends of Florence. Il mappamondo invece, troppo grande per cambiare sala (ha una circonferenza di oltre due metri), sarà spostato all’interno della sua sede via via che procedono i lavori. I visitatori che saranno dentro al museo durante i cantieri potranno ‘sbirciare’ tra i ponteggi come avvenne già con il restauro della Sala degli Elementi qualche anno fa.

Cenni storici

All’epoca dei Priori la sala oggi detta delle Carte geografiche non esisteva, come testimoniano le tracce delle finestre della confinante Cancelleria visibili nella parete a sinistra dell’ingresso. Quando il duca Cosimo I de’ Medici si trasferì nel palazzo, i locali limitrofi andarono a costituire il quartiere della Guardaroba, dove si custodivano tutti i beni mobili della corte. Questo ambiente fu realizzato successivamente da Giorgio Vasari (1561-1565), su richiesta di Cosimo, per assolvere la duplice funzione di stanza principale della Guardaroba e sala di cosmografia.

Il progetto di allestimento della nuova sala, elaborato dal Vasari con la collaborazione del cosmografo Fra’ Miniato Pitti che, dopo un iniziale affiancamento, cedette il suo ruolo al domenicano perugino Egnazio Danti, al quale successe infine l’olivetano Stefano Bonsignori, prevedeva: nel soffitto, pitture raffiguranti le costellazioni; lungo le pareti, grandi armadi lignei, con tavole di geografia sulle ante e immagini della fauna e flora dei rispettivi territori sulle basi; al di sopra di questi, busti di principi e imperatori e trecento ritratti di uomini illustri. Infine, nel mezzo della sala, due grandi globi sarebbero dovuti apparire dall’alto in modo scenografico, all’apertura dei riquadri centrali del soffitto, quello celeste, rimanendo sospeso in aria, quello terrestre, calando fino al pavimento. L’idea di rappresentare in una stanza tutto il mondo conosciuto alla metà del Cinquecento rifletteva l’interesse di Cosimo per la geografia, le scienze naturali e i commerci. Tradiva però anche l’intento di celebrare il duca come dominatore dell’universo, nel ruolo che peraltro gli veniva allegoricamente attribuito dall’associazione del suo nome alla parola greca “kosmos”.

L’ambizioso progetto rimase in parte incompiuto. Dionigi di Matteo Nigetti realizzò gli armadi in noce (1564-1571) che avrebbero ospitato, prima arazzi e altri paramenti, poi oggetti in argento e oro e infine armi antiche. Delle 53 tavole geografiche portate a compimento, 30 furono dipinte dal domenicano Egnazio Danti (1564-1575) e 23 dal monaco olivetano Stefano Bonsignori (1575-1586). Ventisette furono ricavate dalla Geographia di Tolomeo (II sec. d.C.), aggiornata secondo gli autori moderni, e le altre, tra cui quelle dell’America, da varie fonti più recenti. Egnazio Danti realizzò anche il grande globo terrestre (1564-1571) che però fu collocato altrove e ricondotto alla sua destinazione originaria solo nel secolo scorso. Al centro della parete di fronte all’ingresso fu posto l’Orologio dei Pianeti di Lorenzo della Volpaia che dal 1510 si conservava nell’attigua Sala dei Gigli. Di questo spettacolare orologio, andato distrutto nel XVII secolo, esiste una moderna ricostruzione nel Museo Galileo di Firenze. Cristofano dell’Altissimo cominciò infine a dipingere i ritratti di uomini illustri da sistemare sugli armadi, copiandoli dalla famosa collezione di Paolo Giovio a Como. Nel 1570 i ritratti erano già più di duecento, disposti su tre file, ma nel decennio seguente furono trasferiti nel corridoio della Galleria degli Uffizi, dove si vedono ancora oggi.

Il mappamondo

Lo spettacolare mappamondo al centro della Sala delle Carte Geografiche, con i suoi circa 220 cm di diametro, è il più antico globo di grandi dimensioni giunto fino ai nostri giorni, costruito con grande ingegno in anni in cui la tecnica di costruzione di questo genere di strumenti scientifici era ancora lontana dall’essere messa a punto e codificata. Le prime notizie documentarie sul globo risalgono all’inizio del 1564, quando da una lettera inviata da Giorgio Vasari a Giovanni Caccini il 29 gennaio si apprende che quest’ultimo gli avevo spedito “l’appamondo” da Pisa per via fluviale. Il globo è stato realizzato dal frate Egnazio Danti che già si era occupato di 30 tavole geografiche e non era sicuramente ancora terminato nel 1568, quando Giorgio Vasari così lo descriveva al futuro nelle Vite degl’accademici del disegno: [in una delle “due gran palle, alte ciascuna braccia tre e mezzo”] anderà tutta la terra distintamente, e questa si calerà con un arganetto, che non si vedrà, fino a basso, e poserà in un piede bilicato, che ferma si vedrà ribattere tutte le tavole che sono a torno ne’ quadri degli armari et aranno un contrasegno nella palla da poterle ritrovar facilmente”.

E’ molto probabile che il globo terrestre, una volta terminato, non sia stato collocato nella Sala della Guardaroba, in quanto non citato negli inventari del palazzo del 1570 e del 1574. Potrebbe pertanto essere stato sistemato fin da subito a Palazzo Pitti dove risulta presente in un inventario del 1587. Insieme agli altri manufatti scientifici della Galleria degli Uffizi, nel 1775 passò nel Museo degli Strumenti Antichi annesso alla Specola di Firenze e solo nel 1958, dopo altre vicissitudini, raggiunse la sua sede originaria nella Sala delle Carte Geografiche di Palazzo Vecchio.

Firenze, museo archeologico presenta il riallestimento del Monetiere

Monetiere da 60.000 pezzi torna a brillare a Firenze. Il nuovo allestimento contiene pezzi pregiati e rari. E’ stato possibile grazie al sostegno finanziario di ‘Friends of Florence’.

Al Museo archeologico di Firenze è stato presentato stamani il riallestimento del Monetiere realizzato con il sostegno finanziario della fondazione ‘Friends of Florence’, con una donazione di Laura e Jack Winchester. Lo scopo è di rendere più fruibile al pubblico una delle più grandi raccolte di monete antiche visibili in Italia.

Il Monetiere riunisce circa 60.000 pezzi in oro, bronzo, rame ed elettro, in esemplari che documentano le più belle e importanti emissioni di tutte le città greche, del mondo etrusco e soprattutto di quello romano. Per il nuovo allestimento gli esperti hanno selezionato più di 2.000 esemplari distribuiti in teche corredate di didascalie in italiano e inglese. La raccolta numismatica è ospitata in una delle stanze private di Maria Maddalena de’ Medici, sorella di Cosimo II, oggi decorata con sei arazzi medicei cinque-settecenteschi appositamente restaurati da Lucia Nucci del ‘Polo museale’ insieme ad un team di allieve dell’università di Palermo.

Il nucleo più antico è stato individuato nella collezione di monete e medaglie raccolte da Piero de’ Medici, detto il Gottoso, poi passata al figlio Lorenzo il Magnifico, che la raddoppiò. Di grande interesse la raccolta di Casa d’Este, con ben 252 monete d’oro, recuperate dal cardinale Leopoldo de’ Medici dopo che erano state impegnate al Monte di Pietà di Firenze. Da non perdere la collezione di ‘Casa Savoia’ che nel 1954 la contessina Margherita Nugent lasciò in eredità, a scopo di istruzione pubblica, al ‘Museo archeologico’ di Firenze. Molta attenzione anche intorno al medaglione da 10 aurei di Diocleziano e Massimiano (287 d.C.): un pezzo unico che spicca nella collezione del cardinale Leopoldo de’ Medici.

Grande soddisfazione è stata espressa da Stefano Casciu, direttore del Polo museale della Toscana, da Mario Iozzo, direttore del Museo archeologico, da Fiorenzo Catalli, archeologo numismatico, e da Simonetta Brandolini d’Adda, presidente di Friends of Florence.

Gemme meravigliose

La meravigliosa collezione di gemme antiche dei Medici e dei Lorena al Museo Archeologico di Firenze. In un nuovo allestimento, nel corridoio “segreto”. Proprio da vedere!

 

Il 14 dicembre ha inaugurato quella che non è una mostra ma il riallestimento permanente della stupefacente, meravigliosa, strabiliante collezione di gemme antiche del museo archeologico di Firenze. Si tratta di un vero e proprio tesoro. E’ la collezione più grande e più importante di gemme al mondo!

Sono antichi sigilli, cammei, intagli, paste vitree, gemme magiche e anelli, sia con montature romane che rinascimentali. Tutti pezzi realizzati in pietre come calcedonio, sardonica, corniole, zaffiri, granati…insomma le pietre più preziose dell’antichità.

Infatti collezionare gemme era cosa da imperatori. O da papi.  O da Lorenzo il Magnifico.

Che dette vita alla sua collezione comprando alcuni esemplari dalla raccolta del cardinale veneziano Pietro Barbo – poi papa Papa II . E continuò poi a comprare tutta la vita, mettendo insieme pezzi favolosi, e contagiando di questa “mania” invero molto chic tutta la casata.

I Medici collezionarono infatti gemme preziose fino all’ultimo, come si è visto anche in mostre recenti. Poi fu il turno dei Lorena. E così ora ci ritroviamo a Firenze questa collezione incredibile. Di ben 2300 pezzi.

Dopo due anni di ricerche la collezione è stata appena riallestita per tutti, con la curatela di Riccardo Gennaioli e l’aiuto della benemerita Fondazione Friends of Florence.

E dove si può vedere questo tesoro? Al museo archeologico, in quello che era un corridoio costruito nel Seicento per unire Palazzo della Crocetta con la basilica della Santissima Annunziata. Questo lungo spazio serviva a Maria Maddalena de’ Medici per andare a sentire messa senza essere vista. La poveretta infatti, malata di non si sa  bene cosa (si sa solo che era “deforme in tutte le membra”) non usciva mai in pubblico.

Il “suo” corridoio adesso ospita 432 gemme meravigliose: gemme babilonesi, greche, etrusche, romane, post-classiche – dall’epoca Carolingia al Rinascimento.

Arco temporale? Dal 2300 avanti Cristo, prendere o lasciare qualche annetto, fino al Mille settecento.

Al giorno d’oggi non sappiamo veramente nè apprezzare le gemme nè come guardarle. Ci aiuta una saletta introduttiva che ospita pannelli e touch screens, nonchè bei video e filmati  realizzati da Marcello Fittipaldi e Davide Morena di Sideways, con ottimi testi di Stefania Berutti.

Alla fine del percorso poi si trova un’altra sala che racconta dell’affaccio nascosto sulla basilica, cioè del Coretto dal quale Maria Maddalena seguiva la messa. La sua storia è raccontata da altri pannelli e filmati.

Che fortuna abbiamo di poterci riempire gli occhi di tutta la bellezza di queste gemme. Esposte elegantemente. Di fattura squisita. E di bellezza affascinante.

Margherita Abbozzo

Info pratiche qui.

 

 

 

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