Empoli: 3 dottoresse a processo per morte donna incinta

Barbara Squillace, 42enne è deceduta il 19 luglio 2018 mentre si trovava ricoverata alla quarta settimana di gravidanza. Secondo le indagini coordinate dalla pm Ester Nocera, la donna sarebbe morta  a seguito di un’occlusione intestinale non diagnosticata

Il gip di Firenze Fabio Frangini ha rinviato a giudizio tre dottoresse del reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale San Giuseppe di Empoli (Firenze) con l’accusa di omicidio colposo per la morte di Barbara Squillace, 42enne deceduta il 19 luglio 2018 mentre si trovava ricoverata alla quarta settimana di gravidanza.

Secondo le indagini coordinate dalla pm Ester Nocera, la donna sarebbe deceduta a seguito di un’occlusione intestinale non diagnosticata dai medici che invece la curarono per iperemesi gravidica.

Per il pm le tre dottoresse che la seguirono durante il periodo di ricovero avrebbero sbagliato diagnosi nonostante i sintomi manifestati dalla paziente, inoltre la donna non sarebbe mai stata sottoposta alla valutazione di un chirurgo che avrebbe potuto effettuare la diagnosi corretta e salvarle la vita.

Firenze, racket case: 15 rinviati a processo, anche dipendente Inps

Quindici persone rinviate a giudizio dal gup Fabio Frangini nell’ambito dell’inchiesta della procura di Firenze su un presunto racket di appartamenti di proprietà dell’Inps in uno stabile in via Monteverdi, nel capoluogo toscano.

A processo, per il racket di appartamenti, anche un dipendente Inps all’epoca dei fatti, il custode delle abitazioni. La prima udienza del processo è stata fissata per il 12 aprile. Al centro delle indagini, coordinate dal pm Gianni Tei e condotte dai carabinieri, una organizzazione che avrebbe gestito cinque appartamenti di proprietà dell’Inps, occupati abusivamente e affittati al nero. In particolare due fratelli calabresi, gestori di fatto di una cooperativa edile, impiegavano operai romeni che sottopagano e ai quali davano in locale le abitazioni occupate, trattenendo il costo degli affitti dalle buste paga.

In questo modo sarebbero riusciti ad accaparrarsi ingenti somme di denaro, ricorrendo in alcuni casi anche all’uso della violenza e a intimidazioni come il distacco della luce verso chi non pagava, la chiusura del gas e dell’acqua e il danneggiamento di autovetture.

Studentesse Usa: Condanna per Camuffo a 4 anni e 8 mesi

L’ex carabiniere Marco Camuffo era in aula alla lettura della sentenza che lo condanna a 4 anni e 8 mesi per violenza sessuale nella vicenda delle due studentesse americane che accusano lui e il collega Pietro Costa di averle violentate dopo averle riaccompagnate a casa. “Il mio assistito non ha detto niente ascoltando la sentenza”, ha riferito il suo difensore, avvocato Filippo Viggiano, aggiungendo: “Sentenza severa, faremo appello”.

Condannato a 4 anni e 8 mesi: questa la sentenza emessa dal gup al processo con rito abbreviato a Marco Camuffo, uno dei due carabinieri accusati di aver violentato due studentesse Usa nella notte tra il 6 e il 7 settembre 2017 dopo averle riaccompagnate a casa con l’auto di servizio da una discoteca fiorentina. Rinviato a giudizio l’altro carabiniere coinvolto nell’inchiesta, Pietro Costa, che non ha scelto il giudizio abbreviato: prima udienza 10 maggio 2019. Il pm per Camuffo aveva chiesto 5 anni e 8 mesi.

Il pm di Firenze Ornella Galeotti aveva chiesto stamani, in occasione dell’udienza preliminare davanti al gup Fabio Frangini, la condanna in rito abbreviato per Marco Camuffo e il rinvio a giudizio per Pietro Costa, i due carabinieri accusati di aver violentato due studentesse Usa nella notte tra il 6 e il 7 settembre 2017 dopo averle riaccompagnate a casa con l’auto di servizio da una discoteca fiorentina. Per Camuffo il pm ha chiesto 5 anni e 8 mesi di condanna, tenuto conto della riduzione legata al rito abbreviato.

Davanti al gup Camuffo ha reso dichiarazioni spontanee dicendo che il rapporto avuto con una delle due ragazze americane “fu consensuale” e che non fu lui a decidere di accompagnare le ragazze dalla discoteca alla loro casa di Firenze, ma fu iniziativa del collega Costa.

L’ex carabiniere Marco Camuffo era in aula alla lettura della sentenza che lo condanna a 4 anni e 8 mesi per violenza sessuale nella vicenda delle due studentesse americane che accusano lui e il collega Pietro Costa di averle violentate dopo averle riaccompagnate a casa. “Il mio assistito non ha detto niente ascoltando la sentenza”, ha riferito il suo difensore, avvocato Filippo Viggiano, aggiungendo: “Sentenza severa, faremo appello”. “Unico elemento forte in mano all’accusa – ha poi commentato il legale – è la denuncia fatta nell’immediatezza, 20 minuti dopo il fatto. Ma può bastare questo di fronte agli elementi contrari per sostenere la violenza sessuale, argomenti che noi sosteniamo?”. Per il legale la decisione del giudice Fabio Frangini non avrebbe dato importanza allo stato psicofisico delle ragazze che erano ubriache. “Il tasso alcolemico non è stato un argomento molto sviluppato nella discussione – ha detto Viggiano – Vedremo nelle motivazioni la valutazione del giudice”.
C’è un’evidenza probatoria che non poteva essere messa da parte dal giudice, è una condanna che ci soddisfa”: lo ha detto l’avvocato Francesca D’Alessandro, che assiste la studentessa americana che denunciò di essere stata violentata insieme ad una connazionale la notte fra il 6 e il 7 settembre 2017 da parte di due carabinieri a Firenze. L’avvocato D’Alessandro lo ha detto commentando la condanna all’ex carabiniere Marco Camuffo, colui che tra i due militari avrebbe abusato della ragazza assistita dal legale.
“Quella vicenda ha sconvolto la ragazza – ha riferito sempre lo stesso avvocato -. E’ tornata in Italia anche dopo l’incidente probatorio ma non è voluta andare a Firenze e ha preferito essere ospitata da me anzichè andare in albergo. Ora la contatto per comunicarle l’esito di questa prima condanna, che lei aspettava”

Stupro 21enne: “aggressore non riesce a contenere istinti, giusto il carcere”

Lo scrive il gip di Firenze Fabio Frangini, nell’ordinanza con la quale ha disposto la custodia cautelare in carcere per Arnaut Mustafa, il 25enne  fermato dalla polizia con l’accusa di aver violentato una ragazza di 21 anni nella zona del Varlungo a Firenze.

Un individuo “pericolosissimo”, che ha agito con “una violenza inaudita”, “un soggetto violento”, che “non riesce per nulla a trattenere i suoi impulsi” e “non fa nulla per contenere i suoi istinti”. Lo scrive il gip di Firenze Fabio Frangini, nell’ordinanza con la quale ha disposto la custodia cautelare in carcere per Arnaut Mustafa, il 25enne romeno fermato dalla polizia con l’accusa di aver violentato una ragazza di 21 anni nella zona del Varlungo a Firenze. “Si tratta di un soggetto – ha aggiunto il giudice – che a qualsiasi latitudine si trovi non riesce minimamente a trattenere i suoi impulsi sessuali e la sua aggressività”.
Arnaut Mustafa risulta gravato da una serie di precedenti di polizia per ricettazione, invasione di edifici, lesioni personali e porto di arma impropria. Nei suoi confronti, precisa sempre il gip, sono in corso indagini per verificare se sia l’autore di un altro episodio simile, avvenuto quasi negli stessi luoghi e con modalità analoghe. Il pericolo di reiterazione del reato, ha sottolineato ancora il giudice motivando la scelta della custodia in carcere, “è più che evidente a fronte di soggetto violento e senza freni inibitori”.

Denuncia violenza carabinieri: gup dispone perizia su telefonate ragazze

Il gup Fabio Frangini ha disposto una perizia sulle telefonate intercettate alle ragazze americane che il 7 settembre 2017 denunciarono di esser state violentate dai carabinieri Marco Camuffo e Pietro Costa dopo averle riaccompagnate a casa con l’auto di servizio da una discoteca a Firenze.

I difensori dei carabinieri hanno chiesto la perizia su conversazioni telefoniche che le ragazze tennero fra di loro, coi genitori e con altri. Sono in tutto nove le telefonate ritenute di interesse nel procedimento in corso, che ora è nella fase dell’udienza preliminare, con la richiesta di processo per i due militari per violenza sessuale.

Secondo quanto emerge, dopo esser state interrogate, alle ragazze furono messi i cellulari sotto controllo. Il giudice ha disposto che l”interprete deve depositare la perizia entro il prossimo 5 ottobre. Tra le indicazioni, il perito deve tradurre le conversazioni dall’inglese e trascriverle in italiano

Università di Firenze: assolti professori, niente peculato su fondi Ue

Il giudice Fabio Frangini ha assolto i due professori dell’Università di Firenze accusati di peculato per oltre 1 milione di euro, perché il fatto non sussiste. Il processo si è svolto con rito abbreviato.

I due professori sono Claudio Borri, già direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale dell’università di Firenze (difeso dall’avvocato Enrico Zurli), ed Elisa Guberti (difesa dall’avvocato Sandro Falciani), la project manager di alcuni progetti scientifici internazionali coordinati dallo stesso Borri.

L’accusa contro i professori era relativa a una presunta ‘non corretta’ rendicontazione di spese sostenute in tre progetti internazionali di ricerca finanziati dalla Commissione Europea.

Tutto era partito da un controllo effettuato da una società di revisione incaricata dalla stessa Commissione, che poi aveva chiesto all’Università la restituzione di quasi 300.000 euro di contributi versati. Una somma che l’ateneo fiorentino si era affrettata a restituire.

Ma il processo ha ribaltato le accuse anche grazie a una poderosa consulenza tecnica portata dalla difesa e che è stata curata dal commercialista Stefano Casagni.

Nella relazione è stata ricostruita nel dettaglio la correttezza della rendicontazione effettuata nell’ambito di progetti internazionali.

In particolare, secondo quanto emerso dai consulenti delle difese, per oltre 700.000 euro relativi ad un primo progetto si era trattato, infatti, di una contestazione frutto di un mero errore di lettura degli atti di indagine da parte degli investigatori, un errore materiale.

Mentre per gli altri 300.000 euro, relativi ad altri due progetti, il professor Borri aveva fin da subito contestato le conclusioni dell’audit, diffidando l’Università di Firenze dal restituire quelle somme alla Commissione Europea.

“Adesso – commentano i difensori Zurli e Falciani – Borri non intende fermarsi: qualcuno dovrà restituire all’ateneo fiorentino quei denari troppo frettolosamente rimandati a Bruxelles, e questo non sarà certo lui né la dottoressa Guberti, il cui operato è risultato esente da critiche”.

Lo stesso pm, Leopoldo De Gregorio, ha chiesto per primo l’assoluzione perché il fatto non sussiste.

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